BastaBugie n�669 del 17 giugno 2020

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1 CORONAVIRUS: I GUANTI SONO INUTILI E DANNOSI
La pericolosità dei guanti è ormai riconosciuta da OMS, Conferenza delle Regioni e Istituto Superiore di Sanità (speriamo che almeno per questo, se non per il sacrilegio in sé, i sacerdoti non li utilizzino più)
Autore: Maria Stella Lopinto - Fonte: Stilum Curiae
2 SE L'AUTORITA' CIVILE VIETA LE MESSE E IL VESCOVO UBBIDISCE, COSA DEVONO FARE SACERDOTI E FEDELI?
I martiri di Abitene risposero che senza la messa il cristiano non può vivere... e affrontarono torture indicibili e la morte
Fonte: Aleteia
3 CLAMOROSO AL CIBALI: QUANDO IL CALCIO PUNISCE CHI MANCA DI UMILTA'
Quando nel 1961 l'Inter di Herrera perse contro il modesto Catania Sandro Ciotti pronunciò la frase diventata proverbiale per i campioni che sottovalutano gli avversari (VIDEO: Fiorentina Juventus 4-2)
Fonte: I Tre Sentieri
4 I PIU' GRANDI SCHIAVISTI DI NERI ERANO MUSULMANI
Si crede che la schiavitù nei confronti dei neri sia stata soprattutto opera degli Occidentali, ma gli islamici sono stati autori della schiavitù di circa 20 milioni di neri (anche perché il corano legittima la schiavitù)
Autore: Marco Di Matteo - Fonte: Il Timone
5 LE INGERENZE DELLO STATO NELLA VITA DELLA CHIESA, CORSI E RICORSI STORICI
Il Coronavirus ha provocato una intromissione dello Stato nella vita della Chiesa: comunione in mano e con i guanti, chiusura delle chiese, poliziotti che interrompono la messa, mancato rispetto del Concordato, ecc.
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 FIREPROOF, COME RICOSTRUIRE UN MATRIMONIO IN 40 GIORNI
Un film straordinario da consigliare a tutti gli sposati e chi si prepara al matrimonio: analizziamo i cinque verbi che evitano di mandare in fumo una relazione sentimentale pluriennale
Autore: Antonio e Luisa De Rosa - Fonte: Matrimonio Cristiano
7 LEGGE SULL'OMOFOBIA: IL COMUNICATO DELLA CEI E' BUONO... MA NON COLPISCE NEL SEGNO
Il comunicato non va alla radice del problema: si deve dire no non tanto perché sarebbe un attentato alla libertà di parola, ma perché l'omosessualità non fa il bene della persona e quindi contraddice il bene comune
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 DIRIGENTI DI PLANNED PARENTHOOD CONFESSANO LA VENDITA DI TESSUTI DI BAMBINI ABORTITI
Tutti lo sapevano, anche se la legge ne proibisce espressamente la vendita (VIDEO: le interviste alle dirigenti di Planned Parenthood sulla vendita illegale di parti dei bambini abortiti)
Fonte: Aleteia
9 OMELIA XII DOM. TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 10,26-33)
Due passeri non si vendono forse per un soldo?
Autore: Massimo Rossi - Fonte: La Chiesa

1 - CORONAVIRUS: I GUANTI SONO INUTILI E DANNOSI
La pericolosità dei guanti è ormai riconosciuta da OMS, Conferenza delle Regioni e Istituto Superiore di Sanità (speriamo che almeno per questo, se non per il sacrilegio in sé, i sacerdoti non li utilizzino più)
Autore: Maria Stella Lopinto - Fonte: Stilum Curiae, 9 giugno 2020

La Conferenza delle Regioni [...] ha emanato il 25 maggio un'ordinanza che esclude l'uso dei guanti in tutte le attività pubbliche, a partire dalle attività di ristorazione, bar, attività turistiche, strutture ricettive, servizi alla persona, commercio al dettaglio, piscine, palestre, ma anche uffici con contatto col pubblico come gli uffici postali.
La novità non ha "stranamente" avuto una neppur minima risonanza, considerato il rilievo che ha sia a livello informativo che psicologico per tutti gli italiani, e comunque per il clamore che ha avuto la questione dei guanti negli ambienti cattolici a seguito del protocollo del 7 maggio scorso intervenuto fra la Cei e il Governo italiano per la distribuzione dell'Eucarestia.
Insomma i guanti non sono più considerati fra "le misure di prevenzione e contenimento riconosciute a livello scientifico per contrastare la diffusione del contagio", tanto che si precisa che "relativamente all'utilizzo dei guanti monouso, in considerazione del rischio aggiuntivo derivante da un loro errato impiego, si ritiene di privilegiare la rigorosa e frequente igiene delle mani con acqua e sapone o soluzione idro-alcolica".
Il lungo elenco delle attività cui si riferisce la suddetta precisazione la dice lunga in ordine al convincimento a cui è giunta la Conferenza delle Regioni, che del resto è esplicita nel dire che "tutte le indicazioni riportate nelle singole schede tematiche devono intendersi come integrazioni alle raccomandazioni igienico-comportamentali finalizzate a contrastare la diffusione di SARS-CoV-2 in tutti i contesti di vita sociale".
La Conferenza delle Regioni precisa inoltre che "le indicazioni si pongono in continuità ..con i criteri generali di cui ai documenti tecnici prodotti da INAIL e Istituto Superiore di Sanità, con il principale obiettivo di ridurre il rischio di contagio per i singoli e per la collettività".

GUANTI INUTILI? SI SAPEVA DA TEMPO, MA NON VENIVA DETTO
La Conferenza delle Regioni infine raccomanda che "le indicazioni operative di cui al presente documento, eventualmente integrate con soluzioni di efficacia superiore, siano adattate ad ogni singola organizzazione, individuando le misure più efficaci in relazione ad ogni singolo contesto" e che le procedure/istruzioni in atto siano opportunamente integrate.
L'ordinanza della Conferenza delle Regioni è stata recepita da ogni singola Regione, come evincibile dalle ordinanze rinvenibili sui rispettivi siti, e del resto basta andare in qualsiasi bar, ristorante, o anche presso gli uffici postali per riscontrare l'assenza dei guanti e il disinvolto passaggio dei più diversi oggetti (dalle bottigliette, ai piatti, ai bollettini postali) a mani nude. [...]
Quale sorpresa poi nel leggere che qualche ora fa l'Oms ha a sua volta disincentivato l'uso dei guanti perché pericolosi: "L'Oms non raccomanda l'uso di guanti per contenere la diffusione del coronavirus perché può aumentare il rischio di infezione, dal momento che può portare ad una autocontaminazione o a una trasmissione ad altri quando si toccano le superfici contaminate e quindi il viso".
La successione cronologica mi fa addirittura pensare che il dato sulla pericolosità dei guanti fosse ormai acquisito da tempo (la Federazione dell'Ordine dei Medici è rimasta purtroppo a lungo inascoltata), visto che è già sfociato a livello di Conferenza delle Regioni fin dal 25 maggio e oggi è assurto a dato mondiale con l'OMS. E a maggior ragione mi chiedo perché il dato è rimasto oscurato. Soprattutto è stato portato all'attenzione a tu per tu, quasi segreta, dei singoli esercenti e utenti pubblici, ma non dei cattolici.
Insomma, sarebbe urgente che nel giro di qualche ora i Vescovi e i sacerdoti, consapevoli che l'uso dei guanti è addirittura pericoloso, non li utilizzino più per la distribuzione delle Ostie. Se non li ha convinti la "sacrilegalità", speriamo che li convinca la pericolosità. [...]

NO GUANTI & PINZETTE
Mi chiedo poi se, in un futuro ipotetico scenario epidemico, le foto dei sacerdoti che nel 2020 hanno distribuito la Comunione con i guanti potranno mai diventare argomento per affermarne la liceità liturgica e diventare fonte autorevole per la ripetibilità di tali gesti. Che un fatto sia accaduto ne prova solo l'accadimento ma non l'intrinseca bontà, né la consacrazione a rito liturgico. Le foto di oggi come le stampe di ieri che riproducono sacerdoti con le pinze, non possono costituire una fonte che conferma la bontà di un comportamento, addirittura riconosciuto dalla Chiesa. In questo caso sì che l'uso della ragione dovrebbe approfondire e considerare come, così come oggi il terrorismo covid l'ha fatta da padrone inducendo a scelte scellerate e autolesioniste su ogni fronte, altrettanto dicasi per ipotesi analoghe svoltesi secoli fa in tempi di peste ed epidemie, per di più non accompagnate da altrettanta "scienza" come oggi. E se oggi, nonostante cotanta scienza che ci contraddistingue, si sono fatte scelte prive di ogni logica oltre che di scientificità, a maggior ragione quelle raffigurazioni con le pinze risalenti a secoli fa possono solo essere il racconto doloroso di quanto avvenuto in occasione di altre epidemie, senza che vi possa essere una seppur minima pretesa di liceità, ma semmai godere di un'attenuante in ordine alla gravità di quei comportamenti. Non si può dire altrettanto oggi. Oggi non ci sono attenuanti. Perché è banalmente rilevabile ad occhio nudo come le pinze non preservino da nulla.
Saranno sufficienti [...] l'OMS e la Conferenza delle Regioni e l'INAIL e l'Istituto Superiore di Sanità per vedere scomparire immediatamente lo scempio dei guanti?

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: Stilum Curiae, 9 giugno 2020

2 - SE L'AUTORITA' CIVILE VIETA LE MESSE E IL VESCOVO UBBIDISCE, COSA DEVONO FARE SACERDOTI E FEDELI?
I martiri di Abitene risposero che senza la messa il cristiano non può vivere... e affrontarono torture indicibili e la morte
Fonte Aleteia, 12 febbraio 2020

"Sine dominico non possumus". Da chi e perché è stata pronunciata questa frase e quale significato profondo è racchiuso nel termine latino dominicum, da spingere i martiri ad affrontare la morte piuttosto che rinunciarvi? Sono interrogativi che non si possono eludere se non si vuole ridurre questa espressione ad un incomprensibile slogan.
Abitene era una città della provincia romana detta Africa proconsularis, nell'odierna Tunisia, situata, secondo un'indicazione di S. Agostino, a sud ovest dell'antica Mambressa, oggi Medjez el-Bab, sul fiume Medjerda.
Nel 303 d.C. l'imperatore Diocleziano, dopo anni di relativa calma, scatena una violenta persecuzione contro i cristiani ordinando che "si dovevano ricercare i sacri testi e santi Testamenti del Signore e le divine Scritture, perché fossero bruciati; si dovevano abbattere le basiliche del Signore; si doveva proibire di celebrare i sacri riti e le santissime riunioni del Signore" (Atti dei Martiri, I).

SINE DOMINICO NON POSSUMUS
Ad Abitene un gruppo di 49 cristiani, contravvenendo agli ordini dell'Imperatore, si riunisce settimanalmente in casa di uno di loro per celebrare l'Eucaristia domenicale. È una piccola, ma variegata comunità cristiana: vi è un senatore, Dativo, un presbitero, Saturnino, una vergine, Vittoria, un lettore, Emerito...
Sorpresi durante una loro riunione in casa di Ottavio Felice, vengono arrestati e condotti a Cartagine davanti al proconsole Anulino per essere interrogati. Al proconsole, che chiede loro se possiedono in casa le Scritture, i Martiri confessano con coraggio che "le custodiscono nel cuore", rivelando così di non voler distaccare in alcun modo la fede dalla vita.
Il loro stesso martirio si trasforma in una liturgia "eucaristica"; tra i tormenti, infatti, si possono ascoltare dalle labbra dei Martiri espressioni come queste: «Ti prego, Cristo, esaudiscimi. Ti rendo grazie, o Dio... Ti prego, Cristo, abbi misericordia». La loro preghiera è accompagnata dall'offerta della propria vita e unita alla richiesta di perdono per i loro carnefici.
Tra le diverse testimonianze, significativa è quella resa da Emerito. Questi afferma, senza alcun timore, di aver ospitato in casa sua i cristiani per la celebrazione. Il proconsole gli chiede: "Perché hai accolto nella tua casa i cristiani, contravvenendo così alle disposizioni imperiali?". Ed ecco la risposta di Emerito: «Sine dominico non possumus»; non possiamo, cioè, né essere né tanto meno vivere da cristiani senza riunirci la domenica per celebrare l'Eucaristia.
Il termine dominicum racchiude in sé un triplice significato. Esso indica il giorno del Signore, ma rinvia anche, nel contempo, a quanto ne costituisce il contenuto: alla Sua resurrezione e alla Sua presenza nell'evento eucaristico.

UN ELEMENTO COSTITUTIVO DELL'ESSERE CRISTIANO
Questi 49 martiri di Abitene hanno affrontato coraggiosamente la morte, pur di non rinnegare la loro fede nel Cristo risorto e non venir meno all'incontro con Lui nella celebrazione eucaristica domenicale. Perché? non certamente per la sola osservanza di un "precetto", visto che solo in seguito la Chiesa stabilirà il precetto festivo. Allora, perché? Perché i cristiani, fin dall'inizio, hanno visto nella domenica e nell'Eucaristia celebrata in questo giorno un elemento costitutivo della loro stessa identità. È quanto emerge con chiarezza dal commento che il redattore degli Atti dei martiri fa alla domanda rivolta dal proconsole al martire Felice: "Se sei cristiano non farlo sapere. Rispondi piuttosto se hai partecipato alle riunioni". Ed ecco il commento: «Come se il cristiano potesse esistere senza celebrare i misteri del Signore o i misteri del Signore si potessero celebrare senza la presenza del cristiano! Non sai dunque, satana, che il cristiano vive della celebrazione dei misteri e la celebrazione dei misteri del Signore si deve compiere alla presenza del cristiano, in modo che non possono sussistere separati l'uno dall'altro? Quando senti il nome di cristiano, sappi che si riunisce con i fratelli davanti al Signore e, quando senti parlare di riunioni, riconosci in essa il nome di cristiano».
Il proconsole Anulino, al termine della giornata impiegata per gli interrogatori, 12 febbraio 304, e constatato la loro professione di fede cristiana, li fece rinchiudere in carcere. Negli Atti non è riportato come morirono, ma sembra che siano stati alcuni giustiziati, altri morti di fame e torture nel carcere, comunque in tempi diversi.

Nota di BastaBugie: sul processo ai martiri di Abitene si possono leggere su Wikipedia i seguenti importanti particolari. Eccoli:
Il processo iniziò il 12 febbraio, davanti al proconsole Anulino. Un componente del gruppo, di nome Dativo, era senatore. Interrogato, dichiarò di essere cristiano e di aver preso parte alle riunioni dei cristiani, ma anche sotto tortura rifiutò di rivelare chi le avesse presiedute. Durante gli interrogatori l'avvocato difensore Fortunaziano, fratello di Vittoria, una degli accusati, incolpò Dativo di avere istigato lei e altre ingenue giovani a partecipare alla funzione religiosa; ma lei replicò di avere partecipato con libera volontà e piena consapevolezza. Il proconsole sospese la tortura per chiedere a Dativo se avesse preso parte alla riunione, e Dativo confermò la sua partecipazione. [...] Condotto in prigione, presto morì a causa delle torture subite.
Il presbitero Saturnino, interrogato, non abiurò la sua fede nemmeno sotto tortura; il suo esempio fu seguito da tutti gli altri, uomini e donne, compresi i suoi quattro figli.
Una delle risposte degli accusati è stata citata spesso. A Emerito, che aveva dichiarato che i cristiani si erano incontrati nella sua casa, fu chiesto perché avesse disobbedito all'ordine dell'Imperatore. Rispose: "Sine dominico non possumus", cioè: "Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore". Si riferiva alla celebrazione che l'Imperatore aveva messo fuori legge, alla quale avevano deciso di partecipare anche a costo della tortura e della condanna a morte.

Fonte: Aleteia, 12 febbraio 2020

3 - CLAMOROSO AL CIBALI: QUANDO IL CALCIO PUNISCE CHI MANCA DI UMILTA'
Quando nel 1961 l'Inter di Herrera perse contro il modesto Catania Sandro Ciotti pronunciò la frase diventata proverbiale per i campioni che sottovalutano gli avversari (VIDEO: Fiorentina Juventus 4-2)
Fonte I Tre Sentieri, 3 giugno 2020

È il 4 giugno del 1961. L'Internazionale del "mago" Helenio Herrera, team che si stava preparando nel giro di pochissimo a divenire la Regina d'Europa, va a giocare contro il modesto Catania, nelle cui file giocava anche un rognoso centromediano, che poi sarà conosciuto da tutti gli amanti italiani del calcio, un certo Bruno Pizzul. Abbiamo utilizzato l'aggettivo "rognoso", perché nel gergo "pizzulliano" era tra quelli da lui più usati.
Ma torniamo al "Cibali", stadio della città siciliana. Il radiocronista Sandro Ciotti (figlioccio di battesimo del poeta Trilussa) si collega è dice a tutta l'Italia: "Clamoroso al Cibali!", comunicando in tal modo che il modesto Catania stava surclassando lo squadrone nerazzurro, facendo così dissolvere le ambizioni di scudetto della squadra meneghina.

CLAMOROSO AL CIBALI
Questa frase è poi divenuta l'emblema della storica trasmissione radiofonica, Tutto il calcio minuto per minuto, anche se vi è da dire che non se ne conserva registrazione sonora. D'altronde - si sa - molte frasi famose sono sì verosimili, ma non sempre sono state pronunciate nel modo come vengono immortalate.
Soffermiamoci su quel "clamoroso". L'Internazionale con ogni probabilità pensava di fare della squadra rossoazzurra un solo boccone. Cosa che non fu. Come si dice: andò per pifferare, e rimase pifferata. Il tecnico nerazzurro Herrera, dopo la vittoria all'andata per ben 5-0, era arrivato a definire la compagine etnea: "Una squadra di postelegrafonici".
Non sappiamo se di fatto la debacle nerazzurra fu dovuta a questo, ma, al di là di spiegazioni che non conosciamo, possiamo dire che senza l'umiltà non si va da nessuna parte. Guai a sottovalutare l'avversario! Accade in tutti gli sport, a maggior ragione può accadere - e accade - nel calcio, la cui bellezza sta proprio nel fatto che basta poco, molto poco, per decidere una partita a proprio favore e dove le differenze riconosciute teoricamente, sul prato verde (cioè praticamente) non sempre vengono fuori con chiarezza.

IL GIGANTE GOLIA CONTRO DAVIDE
Ma succede anche e soprattutto nella vita. E meno male! Si tratta - diciamocelo francamente - di una grande pedagogia di Dio. Golia andò baldanzoso in battaglia, vide il piccolo Davide e lo derise... e il risultato fu quello che fu.
Si può avere la forza che si vuole, si possono possedere tanti e ottimi talenti, si può utilizzare tutta la maestria possibile ed immaginabile, ma se non ci si pone nella dimensione giusta, che è quella dell'umiltà, si viene prima o poi bastonati.
Perché l'umiltà è l'unica prospettiva giusta? La risposta è semplice: perché è l'unica prospettiva davvero ragionevole. E ciò per due motivi.
Primo: anche se l'uomo si sente potente e capace, è sempre infinitamente meno potente e capace di Dio, che rimane comunque Signore della Storia e di tutto. Possiamo crederci chissà chi, ma alla fine il tempo trascorre senza che possiamo farci nulla, ci ammaliamo senza che possiamo farci nulla, moriamo senza che possiamo farci nulla.
Secondo: tutto ciò che l'uomo ha di grande e di talentuoso non è di sua proprietà. Ciò che possediamo non lo possediamo per nostre capacità, ma per dono. E questo dono ha dei diritti, nel senso che obbliga ad essere riconosciuto come tale. Per cui va tutelato e conservato con umiltà. Dio come dona, può anche togliere.
Stiamo dunque attenti, perché anche nella nostra vita non accada un ...Clamoroso al Cibali!

Nota di BastaBugie: dopo il "clamoroso al Cibali" del 1961, tante altre volte nel calcio alle squadre superfavorite sono state inflitte incredibili sconfitte. Ecco due esempi clamorosi.

ROMA - LECCE (20 APRILE 1986)
Nel campionato 1985-1986 ci fu in serie A un testa a testa tra la Juventus e la Roma. La squadra giallorossa era in gran rimonta e galvanizzata dall'aver vinto anche lo scontro diretto all'Olimpico a un mese e mezzo dalla fine del campionato. Alla penultima giornata Juventus e Roma erano appaiate in classifica e ormai si guardava allo spareggio-scudetto come probabile. La Roma doveva affrontare in casa l'ultima in classifica, il Lecce, ormai già retrocesso matematicamente. I giornali sportivi del giorno davano le percentuali di probabilità di vittoria della Roma al 98%, il pareggio all'1% e la vittoria del Lecce all'1% (da notare che 1% era il minimo possibile non potendo, per ovvie ragioni, scrivere 0%). Accadde l'impronosticabile: la Juventus vinse sul Milan con un risicato gol di scarto, ma soprattutto... il Lecce (ripetiamo: ultimo in classifica e già retrocesso) vinse 3 a 2 sulla Roma (fino allora prima in classifica)! Clamoroso al Cibali, anzi all'Olimpico.

FIORENTINA - JUVENTUS (20 OTTOBRE 2013)
Un altro caso clamoroso è stato nel campionato di serie A 2013-2014. Il 20 ottobre la Juventus affronta la Fiorentina sul suo campo, l'Artemio Franchi. I bianconeri erano primi in classifica avendo vinto 6 partite su 7 (unico pareggio con l'Inter), lanciatissimi a vincere il loro terzo scudetto consecutivo con il record di punti in classifica (102). Con la sfrontatezza di chi sa di essere superiore, nel primo tempo i giocatori che segnano i due gol per la Juventus (Tevez e Pogba) esultano mimando la mitragliatrice proprio sotto la curva Fiesole. Questo gesto era usato dal beniamino dei tifosi della Fiorentina, Gabriel Batistuta, quando segnava un gol. Con questo comportamento i giocatori bianconeri intendevano umiliare i tifosi viola. Ma nel secondo tempo accade l'impensabile: la Fiorentina segna ben quattro gol in un quarto d'ora (con tripletta di Rossi). Clamoroso al Cibali, anzi all'Artemio Franchi.
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Fonte: I Tre Sentieri, 3 giugno 2020

4 - I PIU' GRANDI SCHIAVISTI DI NERI ERANO MUSULMANI
Si crede che la schiavitù nei confronti dei neri sia stata soprattutto opera degli Occidentali, ma gli islamici sono stati autori della schiavitù di circa 20 milioni di neri (anche perché il corano legittima la schiavitù)
Autore: Marco Di Matteo - Fonte: Il Timone, luglio 2018 (n° 175)

Tra le tante menzogne storiografiche c'è la convinzione che la tratta degli schiavi rappresenti una pagina nera della storia umana da addebitare solo all'Occidente cristiano, mentre le comunità musulmane sarebbero state immuni da discriminazioni e pregiudizi razziali.
In realtà, come riconosce lo storico francese Pétré-Grenouilleau, «ci sono tanti esempi, sparsi nel tempo e nello spazio, che ci indicano come la presenza di schiavi non fosse di minore importanza nel mondo musulmano». Anzi, ribadisce l'economista belga Paul Bairoch, «rispetto al commercio di schiavi neri organizzato dagli Europei, il commercio di schiavi del mondo musulmano è iniziato prima, è durato più a lungo e, cosa più importante, ha colpito un numero maggiore di schiavi». D'altra parte il Corano legittima la schiavitù dei non musulmani.
Per lo studio del fenomeno è utile distinguere tre periodi: VII-XII secolo, XVI-XVIII secolo, XIX-XX secolo.

1) LA SCHIAVITÙ ALLE ORIGINI DELL'ISLAM E NELL'IMPERO ABBASIDE (750-1258)
Il commercio degli schiavi nell'Islam cominciò già nel 652, allorché il generale Abdallah ben Said impose ai cristiani della Nubia (alta valle del Nilo) la consegna di 360 schiavi all'anno. Nelle grandi estensioni mesopotamiche, all'inizio dell'era musulmana, gli schiavi neri erano impiegati per togliere lo strato di natron che ricopriva il terreno. Nell'impero dei califfi della dinastia degli Abbasidi, la schiavitù rappresentò uno dei pilastri economici. Fondamentale fu il loro utilizzo nella bonifica della regione del basso Iraq, che allora era un'immensa palude. Vi lavoravano soprattutto gli Zandj dell'Africa Orientale, che costituivano, per l'immenso numero, «greggi di uomini macchina» (Pétré-Grenouilleau) che, a causa delle durissime condizioni in cui operavano, morivano come mosche. Anche l'estrazione mineraria delle pietre preziose e dell'oro della Nubia, l'estrazione del sale di Tegazza e Taoudeni nel Sahara, nonché la pesca delle perle nelle regioni del Mar Rosso, erano affidate agli schiavi di colore. Questi potevano svolgere anche la funzione di scorta per le carovane, guardiani delle merci, portatori, magazzinieri, eunuchi addetti alla custodia degli harem, soldati negli eserciti.

2) LA TRATTA DEI NERI TRA XVI E XVIII SECOLO
Nel XVI secolo in prima linea nello sfruttamento della popolazione di colore fu il Marocco, che fece prosperare le sue piantagioni di canna da zucchero grazie al massiccio ricorso alla manodopera schiavile. La conquista marocchina della grande ansa del Niger ebbe come scopo principale proprio quello di procurarsi i prigionieri necessari a quell'impiego. Nel 1698 la conquista delle isole di Zanzibar e Pemba da parte del sultanato di Oman innescò un cospicuo traffico di schiavi neri, che venivano sfruttati sia nel commercio delle spezie che nella produzione di avorio, trasportato in condizioni disumane.
A volte gli schiavi servivano anche come moneta di scambio per mercanzie e servizi vari. Oltre all'avorio, Zanzibar e Pemba detenevano il monopolio mondiale nella produzione di chiodi di garofano. Il lavoro dei neri era utilizzato anche nella produzione di miglio, sesamo e noci di cocco, nelle piantagioni di canna da zucchero di Pangani e in quelle di cereali sulle coste del Kenya. Nelle zone sahariane dell'Africa del Nord, così come negli spazi saheliani del Sud, gli schiavi furono addetti alla costruzione e manutenzione dei sistemi di irrigazione, in particolare delle foggara, gallerie in gran parte sotterranee che servivano a convogliare l'acqua. Nei dintorni del lago Ciad la tratta fu intensamente praticata dagli stati musulmani di Baguirmi, Wadai e Darfur. Nelle regioni del golfo Persico gli schiavi coltivavano la terra, curavano i palmeti, facevano la raccolta dei datteri.

3) LO SCHIAVISMO TRA XIX E XX SECOLO
Nell'Ottocento il ruolo degli schiavi impegnati nell'agricoltura nelle regioni saheliane crebbe ulteriormente. Senza di loro le oasi non avrebbero potuto funzionare e il deserto avrebbe rappresentato una barriera impenetrabile tra l'Africa tropicale e il mondo mediterraneo. Le montagne e le oasi del Sahara possono essere considerate l'equivalente arabo delle isole dell'Atlantico, cuore della tratta occidentale.
Molto importante era anche la rotta che seguiva lo spartiacque tra il Nilo e il fiume Congo, frequentata da negrieri (come il famoso Tippu Tip di Zanzibar) provenienti dell'Africa orientale, dove promotori del commercio di schiavi furono i popoli musulmani Yao, Fipa, Sangu e Bungu. Il sultanato di Jumbe, che si sviluppava intorno al lago Nyasa, fu istituito nel 1846 proprio con lo scopo di favorire la tratta. Nelle regioni del Mar Rosso in questo periodo fu ulteriormente incrementata, mediante l'utilizzo massiccio di schiavi, la pesca delle perle.
In tutti questi casi, il trattamento riservato agli schiavi di colore da parte degli arabo-islamici era durissimo: conferma di ciò è l'assenza nei paesi arabo-musulmani di comunità di colore numerose e originali, a differenza delle Americhe, dove vivono oggi 70 milioni di discendenti di schiavi o meticci africani. Tra le cause principali dell'esiguità e insignificanza delle comunità nere nei paesi arabi, sono da menzionare: l'altissima mortalità, dovuta alle disumane condizioni di lavoro e alla crudeltà dei padroni, la forzata assenza di prole degli eunuchi, il mancato sostegno alla loro riproduzione da parte dei proprietari.

LA TRATTA CONTINUA ANCORA OGGI...
Da questo sommario quadro emerge che la tratta fu uno degli elementi fondamentali della dinamica espansionistica musulmana, sia politica che economica, dando origine, come ha affermato lo storico Claude Cahen, ad una vera e propria «società di schiavi». Questo sistema schiavile ebbe anche dei risvolti negativi, perché rallentò lo sviluppo tecnico-scientifico e contribuì alla stagnazione sociale dei paesi islamici.
Volendo trarre un bilancio numerico, gli esperti hanno valutato che più di 20 milioni di Africani sono stati venduti come schiavi dai musulmani fra il VII e il XX secolo (perlopiù donne e bambini). Ma la tratta continua ancora oggi...
Tra le tante sure coraniche sulla schiavitù, particolarmente significativa ci sembra la seguente: «quando incontrerete quelli che non credono, uccideteli fino a che non ne abbiate fatto strage; allora, rafforzate le catene dei rimanenti» (XLVII, 4).

Fonte: Il Timone, luglio 2018 (n° 175)

5 - LE INGERENZE DELLO STATO NELLA VITA DELLA CHIESA, CORSI E RICORSI STORICI
Il Coronavirus ha provocato una intromissione dello Stato nella vita della Chiesa: comunione in mano e con i guanti, chiusura delle chiese, poliziotti che interrompono la messa, mancato rispetto del Concordato, ecc.
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09-06-2020

Il covid-19, tra i tanti suoi effetti, ha anche provocato una nuova secolarizzazione della religione cristiana nel nostro Paese. Il divieto di inginocchiarsi, la sostituzione dei banchi con le sedie, la comunione obbligatoriamente in mano, i sacerdoti con i guanti, la chiusura delle chiese, pezzi di liturgia appaltata al governo, poliziotti che interrompono la messa,  il mancato rispetto del Concordato [vedi nota in fondo all'articolo, N.d.BB]... tutta una serie di piccoli/grandi interventi che senz'altro hanno tolto alla liturgia domenicale qualche risonanza di sacro.
Per indicare questi atteggiamenti dello Stato gli storici hanno creato i termini di giuseppinismo, regalismo e giurisdizionalismo, ossia l'allargamento delle prerogative statali - allora regie ora repubblicane -  a danno della Chiesa.  

CORSI E RICORSI STORICI
Nella lunga storia della Chiesa, le ingerenze dello Stato sono state copiose. Può essere utile leggere l'agile libretto di Giovanni Turco dal titolo "Il problema dei cattolici tra Italia e Germania", edito da Solfanelli nel 2019. Lì si può vedere i molti tentativi di secolarizzazione della religione cattolica, certamente più acuti ed aspri di quelli di oggi ma con alcuni aspetti dii comune interesse.
Già gli Stati italiani precedenti l'unità si erano molto impegnati nel settore. Nel Granducato di Toscana, nelle regioni italiane dell'Impero e nel Regno di Napoli il potere politico arrivava a decidere il numero dei novizi da ammettere nelle congregazioni religiose, la nomina dei docenti nei seminari, la regolamentazione dell'uso delle campane, la lunghezza delle candele votive, fino al condizionamento degli indirizzi teologici nella formazione del clero. L'uso del placet e dell'exequatur, ossia del consenso governativo alla nomina dei vescovi, accompagnò spesso il sostegno all'eterodossia
Con la nascita del nuovo Stato italiano unitario, dal 1861 al 1867, vennero soppresse tutte le congregazioni religiose e i loro beni incamerati dallo Stato. Nel meridione "conquistato" le Opere pie vennero soppresse, le mense vescovili eliminate, limitate le funzioni religiosi vespertine e notturne, abolita l'esenzione dei chierici dal servizio militare, ostacolato l'obolo di san Pietro, imposto il giuramento ai cattolici dichiarati. Nel 1864 ben 34 vescovi vengono estromessi dalle loro sedi per ordine governativo per non avere sottoposto al governo le Bolle pontificie e chiesto l'exequatur.

DIFFERENZE TRA IERI ED OGGI
In Germania, durante il Kultukampf voluto da Bismark tra il 1871 e il 1874, ci fu un'ondata laicizzatrice sulla scorta del principio del primato dello Stato. Per essere designati ad un incarico ecclesiastico bisognava essere tedeschi, giurare obbedienza alle leggi del Reich ed avere il permesso dello Stato. Venne esclusa ogni giurisdizione del Papa in Germania. Tutti gli ordini religiosi vennero aboliti, ad eccezione di quelli ospedalieri e fu esteso alle scuole religiose il controllo statale. I vescovi sostenitori del dogma dell'infallibilità pontificia vennero colpiti. La legge "del pulpito" vietava di accennare qualsiasi critica alle leggi ecclesiastiche dello Stato durante le omelie.
In Svizzera nel 1874 fu fatto divieto di fondare nuovi conventi, furono soppresse le giurisdizioni ecclesiastiche e fu stabilito il matrimonio civile.
In tutte queste vicende si nota una costante, che rappresenta un punto interessante anche oggi. Parti consistenti di Chiesa resistettero, ma sempre ci fu una parte che dall'interno della Chiesa appoggiava il laicismo di Stato. In Austria i vescovi cattolici coraggiosamente si rifiutarono di obbedire alle legge che imponeva loro di consegnare allo Stato i registri dei matrimoni, rinunciando così alla giurisdizione della Chiesa sul matrimonio. Ma in Germania gruppi di cattolici scelsero il lealismo nei confronti del Reich. Anzi, tutte le leggi del Kulturkampf provenivano dai membri cattolici del Reichspartei. Alfonso Maria de' Liguori si schierò contro la soppressione dei Gesuiti e contro i giansenisti e i "novatori" che dall'interno della Chiesa invece la appoggiarono.
È sempre stato così e ancora adesso è così. Ci sono solo due differenze. La prima è che quei territori interni alla Chiesa sono già stati ampiamente invasi e rimane ormai ancora poco da invadere. Il secondo è che, contrariamente ad oggi, a quei tempi coloro che resistevano erano in molti e i "novatori" in pochi.

Nota di BastaBugie: Gianfranco Amato nell'articolo seguente dal titolo "Domande alla Santa Sede dopo la violazione del Concordato" si chiede perché, dopo l'emergenza Coronavirus, la Santa Sede non abbia denunciato la violazione del Concordato da parte dello Stato Italiano. Il problema sta nel fatto che non si capisce se la Santa Sede si ritenga ancora uno Stato indipendente. Sono domande lecite e soprattutto che hanno bisogno di una risposta chiara.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 23 maggio 2020:
Alcuni cattolici vorrebbero rivolgere tre semplici domande alla Santa Sede e alla Conferenza Episcopale Italiana a seguito dell'atteggiamento assunto di fronte ai provvedimenti amministrativi del governo Conte in tema di pandemia Covid-19.
1) PRIMO QUESITO
Tra la Repubblica italiana e la Santa Sede esiste un trattato internazionale, noto come Concordato Lateranense, modificato nel 1985 attraverso quello che la storia conosce come "Accordo di Villa Madama", voluto dall'allora Presidente del consiglio dei ministri Bettino Craxi. Quell'accordo, riconfermando alcuni importanti diritti dei Patti Lateranensi, riconosceva fin dall'art. 1 che «La Repubblica italiana e la Santa Sede sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Si tratta, pertanto, di un trattato internazionale tra due soggetti «indipendenti e sovrani». In questo accordo, peraltro, è espressamente sancito che «la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione», assicurando in particolare «alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica» (art.2). Ora, è accaduto che il governo italiano, attraverso semplici atti amministrativi - peraltro di dubbia costituzionalità - quali i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri Conte, ha palesemente violato l'Accordo sottoscritto con la Santa Sede, disponendo unilateralmente la sospensione del «pubblico esercizio del culto», e stabilendo quali celebrazioni potessero essere svolte e a quali condizioni.
È come se, per esempio, in un trattato internazionale tra l'Italia e la Francia, il nostro Paese avesse violato uno dei punti dell'accordo. È difficile non immaginare reazioni da parte dell'altro stato contraente. Per non parlare di ciò che potrebbe accadere se l'Italia decidesse unilateralmente di non rispettare un trattato europeo. La domanda che alcuni cattolici vorrebbe porre è la seguente: Perché la Santa Sede non ha formalmente denunciato la violazione del Concordato con la Repubblica italiana?
2) SECONDO QUESITO
Il trattato internazionale tra Italia e Vaticano prevede all'art.14 che in caso di violazioni, difficoltà di interpretazione o di applicazione degli accordi stipulati le parti contraenti affidino «la ricerca di un'amichevole soluzione ad una Commissione paritetica da loro nominata». A questo riguardo, la domanda che alcuni cattolici vorrebbero porre è: perché la Santa Sede, di fronte alla violazione del governo italiano, non ha attivato la procedura dell'art.14, richiedendo la nomina della Commissione paritetica per dirimere la controversia?
3) TERZO QUESITO
Tutti i trattati internazionali, come il Concordato tra Italia e Vaticano, sono soggetti al rischio della della disapplicazione e della desuetudine. Per mantenere gli effetti giuridici del Concordanto non è sufficiente la sua pacifica applicazione da parte dei contraenti, ma è necessaria, piuttosto, la denuncia - nelle forme previste dagli stessi Trattati o comunque contemplate dal diritto internazionale - delle violazioni e delle disapplicazioni, al fine di costringere il contraente inadempiente a rispettare i patti.
La domanda che alcuni cattolici vorrebbero porre è la seguente: la Santa Sede intende far cessare gli effetti del Concordato per disapplicazione e desuetudine? Non è più interessata a quel particolare trattato internazionale? La grave inerzia di fronte alle violazioni del governo italiano è dovuta ad una limitata conoscenza giuridica o ad una deliberata volontà di non volersi più avvalere dei diritti e delle prerogative contemplate nel Concordato? Se, infatti, si trattasse di una precisa volontà, sarebbe giusto comunicarlo esplicitamente ai fedeli. E sarebbe anche opportuno essere consapevoli di tutte le conseguenze pratiche di tale rinuncia. Alcuni esempi per capire.
La rinuncia al Concordato farebbe venire meno il terzo comma dell'art.2 che garantisce «ai cattolici e alle loro associazioni ed organizzazioni la piena libertà di riunione o di manifestazione del pensiero», farebbe cessare anche l'art.4 il quale prevede che gli «ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero». Verrebbero meno anche gli effetti dell'art.5 che sancisce «il divieto di requisizione, occupazione, espropriazione o demolizione degli edifici aperti al culto in mancanza di previo accordo con la competente autorità ecclesiastici», e che «salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, per l'esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all'autorità ecclesiastica».
Il protocollo sottoscritto il 7 maggio 2020 tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro dell'Interno e il Presidente della Conferenza Episcopale italiana non è stato fatto rientrare nel quadro del trattato internazionale tra Stato e Chiesa. Quello stesso protocollo - che non a caso omette qualunque riferimento o rinvio al Concordato lateranense e al successivo Accordo di Revisione - potrebbe domani essere invocato come prova della volontà di far cessare gli effetti dei citati patti internazionali per disapplicazione e desuetudine.
La questione è molto semplice: la Santa Sede si ritiene ancora uno Stato indipendente e sovrano? E la Chiesa cattolica italiana intende ancora essere riconosciuta dallo Stato italiano come un'istituzione «indipendente e sovrana» in virtù di un trattato internazionale, o si accontenta di essere trattata come qualunque altra istituzione? Sono domande lecite a cui pare doveroso rispondere in maniera chiara, esplicita ed onesta. Qualcuno da Oltretevere batta un colpo.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09-06-2020

6 - FIREPROOF, COME RICOSTRUIRE UN MATRIMONIO IN 40 GIORNI
Un film straordinario da consigliare a tutti gli sposati e chi si prepara al matrimonio: analizziamo i cinque verbi che evitano di mandare in fumo una relazione sentimentale pluriennale
Autore: Antonio e Luisa De Rosa - Fonte: Matrimonio Cristiano, 17 ottobre 2017

Fireproof. La prova del fuoco. Si perché a volte il matrimonio diventa un incendio dove, se non si è pronti ad intervenire, se non si fa squadra con il compagno, c'è il rischio concreto di mandare tutto in fumo. Di bruciare la nostra relazione, la nostra unione, la nostra vocazione, la nostra famiglia. In una parola: la nostra vita.
Torniamo al film. Per chi non lo conosce, è un film americano del 2008. Un film cristiano. [...] La trama si snoda intorno alla vita matrimoniale dei due protagonisti. Caleb, comandante dei vigili del fuoco. Catherine, cura le pubbliche relazioni dell'ospedale della città. Presi dai rispettivi lavori si perdono. Non hanno più quella intimità, quella complicità, quello sguardo, quella tenerezza che rende vivo e bello un matrimonio. Ognuno è incentrato sulla propria vita e vede nell'altro solo le mancanze. La loro vita insieme diventa un inferno di recriminazioni e litigi e un deserto sentimentale e sessuale. Lui è scivolato nella pornografia on line. La pornografia succhia energie, tempo e interesse alla coppia. Non è qualcosa di innocuo, distrugge la coppia per tante ragioni. [...]
La frase più brutale detta da lei su questo vizio del marito esprime tutta la sofferenza, l'umiliazione, lo scoraggiamento che colpisce una donna quando scopre che il marito fruisce di contenuti pornografici. Catherine dice: "Da quando non gli sono bastata più io?". È una frase terribile detta da una moglie. Sembra tutto perso. Tanto che anche lei trova nelle attenzioni di un medico dell'ospedale dove lavora quello che non riceveva più dal marito e desiderava nel cuore.
Prima del tracollo interviene il padre di Caleb che chiede al figlio un ultimo tentativo prima di arrendersi alla separazione. Attraverso un diario Caleb deve mettere in atto ogni giorno un'azione verso la moglie. Naturalmente la moglie non crede a questi gesti e tratta il marito con indifferenza e freddezza. Lui non molla e alla fine riesce a riconquistare l'amore perduto. Vediamo ora quali sono i verbi che hanno permesso a Caleb di ricostruire un matrimonio che sembrava ormai morto.

1) SPOSTARE
Caleb riesce, con impegno e determinazione, a spostare il centro del suo sguardo, del suo interesse. Capisce che la priorità non sono i suoi desideri, i suoi pensieri e le sue aspirazioni. Il centro deve essere volere la felicità del coniuge e fare di tutto per ottenerla. Anche rinunciare a qualcosa per sé. Rinunciare all'orgoglio è la cosa più difficile.

2) NUTRIRE
Si sono persi perché non hanno nutrito il loro rapporto di tenerezza e cura reciproca. La loro relazione come una pianta senza acqua è seccata. Caleb, con tanta difficoltà, riesce a ricostruire questa modalità di essere coppia. Riescono ancora a guardarsi con gli occhi di chi ama ed è amato. Il cuore di pietra grazie alla tenerezza, linguaggio d'amore imprescindibile torna a battere e ad essere di carne.

3) FARE SQUADRA
Tutto il film ruota attorno al lavoro di Caleb. Un lavoro dove il gioco di squadra è determinate e può fare la differenza tra la vita e la morte. Così è per il matrimonio. Bisogna saper condividere gioie, sofferenze e dolori. In una scena del film un amico di Caleb dice: "Ci si sposa promettendo fedeltà e amore nella buona e cattiva sorte, ma in realtà si intende solo nella buona". Se non c'è la volontà di entrambi di superare la crisi non c'è possibilità che la relazione sopravviva.

4) TAGLIARE
Tagliare con i nostri vizi è fondamentale. Caleb per riconquistare Catherine lotta con determinazione per uscire dalla dipendenza della pornografia. La tentazione è lacerante. Arriva a distruggere il PC con una mazza da baseball.

5) PERDONARE
Questo verbo l'ho indicato per ultimo, ma è forse il più importante. Se non ci perdoniamo non si può ricominciare. Il perdono trasforma una crisi in un'occasione che fortifica e accresce l'amore.

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Fonte: Matrimonio Cristiano, 17 ottobre 2017

7 - LEGGE SULL'OMOFOBIA: IL COMUNICATO DELLA CEI E' BUONO... MA NON COLPISCE NEL SEGNO
Il comunicato non va alla radice del problema: si deve dire no non tanto perché sarebbe un attentato alla libertà di parola, ma perché l'omosessualità non fa il bene della persona e quindi contraddice il bene comune
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11-06-2020

Un raggio di sole dalla Cei. Un comunicato dei vescovi italiani sulla proposta di legge Zan sulla cosiddetta omofobia che è adamantino sin dal titolo: «Omofobia, non serve una nuova legge». Peccato solo per aver accettato di usare il termine "omofobia" che ha una accezione fortemente ideologica. Ma passiamo oltre e andiamo a leggere il contenuto di questo comunicato.
Dopo aver condannato giustamente ogni forma di ingiusta discriminazione verso le persone omosessuali, la Conferenza episcopale sottolinea il fatto che «un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell'ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio». E aggiunge che in merito ai nuovi reati che si vogliono introdurre «non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l'urgenza di nuove disposizioni».

LA LIBERTÀ DI PAROLA E DI OPINIONE
Il comunicato della Cei addirittura rilancia e lo fa sul tavolo della liberta di parola e di opinione: «Anzi, un'eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui - più che sanzionare la discriminazione - si finirebbe col colpire l'espressione di una legittima opinione, come insegna l'esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte». I vescovi italiani poi ricorrono ad un esempio paradigmatico e assolutamente azzeccato: «Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma - e non la duplicazione della stessa figura - significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l'esercizio di critica e di dissenso». In chiusura la Cei suggerisce di puntare non tanto sulla repressione penale, bensì sulla educazione delle coscienze.
Il raggio di sole di cui sopra però fa fatica a fendere alcune spesse nubi. Ci spieghiamo meglio. Bene sottolineare il fatto che la persona omosessuale è già tutelata in quanto persona dal nostro ordinamento giuridico. Bene rimarcare il fatto che il Ddl Zan si presta a probabili derive liberticide. Ma quello che fa problema di questa proposta di legge non sono tanto questi due aspetti, o altri aspetti giuridici, bensì che il Ddl Zan volendo tappare la bocca a chi critica l'omosessualità e le condotte omosessuali presuppone che l'omosessualità sia una bene giuridico, che sia una condizione tutelata dallo Stato e che le condotte omosessuali siano diritti legittimi, tutte realtà giuridiche che in effetti sono state già introdotte nel nostro ordinamento dalla legge Cirinnà sulle Unioni civili. In breve il Ddl presuppone il fatto che l'omosessualità sia una variabile dell'orientamento sessuale moralmente accettabile.

L'OMOSESSUALITÀ NON FA IL BENE DELLA PERSONA
Dunque il comunicato Cei, pur essendo lodevole, non va alla radice del problema: si deve dire No al Ddl Zan non tanto perché non ci sono lacune normative sulla materia o perché sarebbe un attentato alla nostra libertà di parola, bensì perché l'omosessualità non fa il bene della persona e quindi contraddice il bene comune. Il giudizio morale in questo caso si riflette anche in ambito giuridico-politico. In effetti questa critica di fondo difficilmente sarebbe potuta venire dalla Cei perché la stessa più volte è rimasta inerte di fronte alle veglie arcobaleno tenute in molte chiese di Italia, ai corsi parrocchiali che da inclusivi delle persone omosessuali si trasformavano di fatto in inclusivi dell'omosessualità, alla permanenza in ambito ecclesiale e parrocchiale di persone omosessuali che rivestivano ruoli importanti e che non avevano nessuna intenzione di abbandonare il loro stile di vita gaio (famigerato il caso del capo scout che si "sposò " in comune, con benedizione del vicario parrocchiale presente alla cerimonia), contraddicendo in tal modo quanto disposto al n. 11 dal documento «Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali» della Congregazione per la Dottrina della Fede.
In breve non si può dire No all'omosessualità solo a metà, solo sul versante giuridico. Bene ha fatto la Cei a ricordare l'impegno educativo delle coscienze, ma questa educazione deve essere promossa non solo versante del rispetto delle persone omosessuali, ma ancor prima sul versante del rispetto della verità tutta intera sull'uomo. Dunque se non si ritorna a livello pastorale a formare rettamente le coscienze sul tema omosessualità si avranno sempre le armi spuntate sui vari Ddl Zan che verranno proposti. Infatti questi progetti di legge non nascono come funghi dall'oggi al domani, ma sono il precipitato giuridico di una sensibilità diffusa costruita nel tempo. Si propongono queste norme proprio perché ormai, ben prima, il percepito collettivo ha già accettato l'omosessualità. Per contrastare queste leggi certamente è meritorio appuntare aporie ed errori giuridici in esse presenti, ma appare come il tentativo di curare i sintomi e non la patologia. Il problema dunque sta a monte, sul piano culturale, non a valle, sul piano giuridico, piano che ha recepito solo i frutti di un lavoro pluridecennale volto a far accettare a tutti il mondo arcobaleno.
Dunque lodevole aver richiuso il recinto per non far scappare altre vacche, ma nella consapevolezza che la maggior parte della mandria è già scappata.

Nota di BastaBugie: come insegna (in senso sbagliato) questo comunicato della CEI, quando si fa una battaglia culturale bisogna poi anche concretizzare dal punto di vista politico. In entrambi i campi, culturale e politico, coloro che difendono i principi non negoziabili hanno già perso. Per scoprire il perché si possono leggere i seguenti articoli cliccando sul relativo link.

LEGGE SULL'OMOFOBIA: ECCO COME I CATTOLICI HANNO GIA' OGGI PERSO LA BATTAGLIA
Non è vero che con la legge Zan sacerdoti e catechisti rischieranno la prigione perché già ora si sono chiusi la bocca da soli ben prima che la legge Zan gliela chiuda
di Stefano Fontana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6155

MATRIMONI GAY: COME I CATTOLICI PERDERANNO QUESTA BATTAGLIA IN DIECI PASSI
Con le leggi sull'omofobia l'uomo viene demolito un pezzo alla volta nel trionfale plauso dei nemici della Chiesa
di Mario Palmaro
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3034

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11-06-2020

8 - DIRIGENTI DI PLANNED PARENTHOOD CONFESSANO LA VENDITA DI TESSUTI DI BAMBINI ABORTITI
Tutti lo sapevano, anche se la legge ne proibisce espressamente la vendita (VIDEO: le interviste alle dirigenti di Planned Parenthood sulla vendita illegale di parti dei bambini abortiti)
Fonte Aleteia, 3 Giugno 2020

L'organizzazione statunitense Center for Medical Progress (CMP) ha diffuso il 26 maggio in video delle dichiarazioni in base alle quali alcune funzionarie della rete di cliniche abortive Planned Parenthood confessano di aver partecipato alla vendita illegale di parti dei corpi di bambini abortiti.
Nella testimonianza, risalente al 26 maggio, il CMP sottolinea che le dichiarazioni delle funzionarie "contraddicono le affermazioni precedenti di Planned Parenthood in base alle quali la rete non ha mai partecipato alla vendita di parte dei corpi dei bambini abortiti e li ha semplicemente donati ricevendo un rimborso per le spese".
Lo scandalo del traffico di organi e tessuti infantili, ottenuti dopo aborti perpetrati in strutture appartenenti alla rete di cliniche, è venuto alla luce nel 2015, quando il CMP ha diffuso i primi video in cui delle funzionarie dell'organizzazione ammettevano questo commercio.
La rete ha tuttavia negato enfaticamente il crimine, arrivando a processare a livello giudiziario chi diffondeva i video-denuncia. Gli Stati Uniti proibiscono la commercializzazione di tessuti e organi di bambini abortiti. La legislazione ne permette solo la donazione a scopi di ricerca, con il rispettivo rimborso dei costi di trasporto e processamento.
Le dichiarazioni delle funzionarie, però, fanno emergere la pratica della vendita propriamente detta: le parti del corpo dei bambini abortiti venivano vendute al laboratorio StemExpress, che effettua ricerche sulle cellule staminali, e il laboratorio pagava solo quando le parti ottenute erano ritenute "utili" per le sue ricerche.
Tra le dichiarazioni che appaiono nel video ci sono quelle di Tram Nguyen, direttrice regionale senior di Planned Parenthood, e delle dottoresse Dorothy Furgerson, direttrice di una delle cliniche della rete, e Deborah Nucatola, ex direttrice senior per i Servizi Medici della rete in ambito nazionale.
Altri documenti divulgati verificano che le funzionarie della sede nazionale della rete erano a conoscenza della pratica illegale. Al riguardo, il CMP ha dichiarato: "I documenti mostrano che alcuni centri di Planned Parenthood ricevevano più di 10.000 dollari in appena un mese.
È arrivato il momento di conseguenze federali per Planned Parenthood. Ha mentito alla popolazione e al Congresso, ma non c'è più alcun dubbio ragionevole sul fatto che abbia venduto parti del corpo di feti, commercializzando bambini vivi nell'utero materno e trattando le donne incinte come oggetto di commercio.
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti deve applicare le leggi contro il traffico fetale con la massima priorità". Il coinvolgimento dell'organizzazione Planned Parenthood in scandali morali e finanziari non è una novità.
Di recente, la rete è stata accusata di aver ottenuto in modo fraudolento 80 milioni di dollari da un programma governativo degli USA destinato ad aiutare le piccole imprese a seguito della crisi provocata dalla pandemia di Covid-19.

Nota di BastaBugie: nei seguenti quattro video si possono vedere, con i sottotitoli in italiano, le interviste alle dirigenti di Planned Parenthood sulla vendita illegale di parti dei bambini abortiti.

1° VIDEO

Dottoressa di Planned Parenthood vende organi di bambini abortiti


https://www.youtube.com/watch?v=s0MxjFWR_Bg

2° VIDEO

A Planned Parenthood vendono organi di feti umani per comprarsi una Lamborghini


https://www.youtube.com/watch?v=11jIg-CiBqw

3° VIDEO

Dissezione e traffico di organi di bambini abortiti a Planned Parenthood


https://www.youtube.com/watch?v=cVg3mvLUIls

4° VIDEO

Per Planned Parenthood i bambini abortiti sono "voci del bilancio"


https://www.youtube.com/watch?v=PgkE7oZz7sE

Fonte: Aleteia, 3 Giugno 2020

9 - OMELIA XII DOM. TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 10,26-33)
Due passeri non si vendono forse per un soldo?
Autore: Massimo Rossi - Fonte: La Chiesa

Per ben quattro volte, in poche righe di Vangelo, Gesù menziona la paura: paura degli uomini; paura di chi uccide il corpo; paura di non valere abbastanza; paura di perire nella eterna Geenna.
Le prime tre citazioni sono altrettante esortazioni al coraggio; la quarta è invece un avvertimento contro chi pensa a salvarsi la pelle, ma trascura l'anima...
Il Maestro di Nazareth sceglie coloro che vivranno con lui, condividendo l'impegno dell'annuncio; dà loro alcuni poteri straordinari, come quello di praticare esorcismi e guarire; consegna il kit delle istruzioni su come si annuncia il Vangelo, dove e a chi.
Non ama girare attorno alle questioni, detesta l'accademia verbosa e ipocrita, e soprattutto non indora la pillola, (Gesù) dichiara apertamente agli Apostoli che la loro missione non sarà propriamente una gita in barca...
Non tutti ascolteranno, non tutti si convertiranno; non tutti accoglieranno pacificamente e docilmente la (nuova) dottrina cristiana, specie in quelle parti che innovano profondamente prendendo le distanze dalla tradizione (religioso/morale) ebraica: "Avete inteso che fu detto (...), ma io vi dico (...)."
I Dodici potrebbero addirittura rischiare la vita! La paura divenne la compagna fedele dei cristiani della prima, seconda e terza generazione, dal momento che i tradimenti, le delazioni contro di loro erano all'ordine del giorno nella società; potevano avere origine dovunque: in famiglia, sul posto di lavoro, tra i capi, tra i servi, i commilitoni dell'esercito, gli avversari politici; e naturalmente negli ambienti religiosi giudaici e non: ci si vendeva gli uni gli altri per un tozzo di pane, per pochi spiccioli... proprio come Giuda vendette Gesù per trenta miserrimi denari.
In fondo, non c'era da stupirsi se il messaggio cristiano suscitasse e ancora susciti una così accesa polemica: il vecchio sacerdote Simeone, colui che aveva accolto nel tempio Maria, Giuseppe e il bambino, aveva profetato: questo bambino "è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori..." (Lc 2,34-35). Dunque segno di divisione, anziché di unione.
Il primo evangelista sottolinea la durezza delle parole del Signore che parla ai primi missionari: il Figlio di Dio esige un'adesione totale e indivisibile alla sua persona: la comunione con Lui dev'essere preferita anche ai vincoli umani più sacri.
La proposta, forte e chiara è quella di seguire Cristo senza opporre condizioni, anche a costo della vita. Del resto, la perdita della vita terrena ha come contropartita l'ingresso in una vita eterna.
Il testo si può riassumere in poche parole: Gesù non ammette mezze misure, né compromessi in coloro che scelgono di aderire a Lui. I cristiani tiepidi sono una grossolana contraddizione!

Fonte: La Chiesa

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