BastaBugie n�694 del 09 dicembre 2020

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1 GLI ITALIANI SONO PRONTI A RINUNCIARE AD OGNI LIBERTA' AL GRIDO DI ''MEGLIO SUDDITI CHE MORTI''
Il rapporto del Censis mostra che gli italiani sognano il modello cinese perché sono impauriti e confidano solo nello Stato (e cede volentieri la libertà in cambio della protezione contro la morte)
Autore: Emanuele Boffi - Fonte: Tempi
2 GISCARD D'ESTAING FAVORI' L'INVASIONE ISLAMICA
È morto l'ex presidente francese che ruppe col suo partito per introdurre l'aborto e il divorzio, rifiutò anche solo di leggere l'appello di Giovanni Paolo II per riconoscere le radici giudaico-cristiane dell'Europa
Autore: Luca Volontè - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 SOPRA LA CROCE DI GESU' LA SCRITTA IN EBRAICO RIVELA CHE EGLI E' DIO
Il Titulus Crucis, conservato a Roma nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, riporta la scritta in greco, in latino (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, il cui acronimo è INRI) e in ebraico (il cui acronimo è YHWH, cioè Jahvè, il nome di Dio dell'Antico Testamento)
Autore: Daniele Di Luciano - Fonte: Sito del Timone
4 IL COLLASSO DELLA POLITICA CINESE DEL FIGLIO UNICO
Sembra impossibile che gli ambientalisti occidentali vogliano imitare il modello cinese (eppure nei prossimi trent'anni la Cina perderà 200 milioni di lavoratori ed il 40% della popolazione avrà più di 60 anni)
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi
5 DIVORZIO, LA ''CONQUISTA'' CHE 50 ANNI FA SFASCIO' FAMIGLIA E SOCIETA'
E da allora le leggi peggiori furono approvate grazie a utili idioti al governo, tutti ''cattolici'': Colombo promulgò il divorzio (1970), Andreotti l'aborto (1978), Renzi le unioni civili anche omosessuali (2016) e forse con Conte avremo la legge sull'omofobia
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 IL GENDER ALLE ELEMENTARI E MEDIE DI FIRENZE
Intanto in Australia ai genitori cristiani possono togliere i figli: un tribunale ha tolto ai genitori la custodia della figlia per non aver concesso il via alle terapie ormonali per ''diventare'' maschio
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Provita & Famiglia
7 LETTERE ALLA REDAZIONE: LA STORIA DI SANTA MARIA MADDALENA DE' PAZZI MI SCONCERTA
L'articolo che avete pubblicato su questa santa non riesco ad accettarlo: mi fa male e mi sembra contrario a tutto ciò che ho appreso sul cristianesimo
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
8 OMELIA III DOM. DI AVVENTO - ANNO B (Gv 1,6-8.19-28)
Rendete diritta la via del Signore
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - GLI ITALIANI SONO PRONTI A RINUNCIARE AD OGNI LIBERTA' AL GRIDO DI ''MEGLIO SUDDITI CHE MORTI''
Il rapporto del Censis mostra che gli italiani sognano il modello cinese perché sono impauriti e confidano solo nello Stato (e cede volentieri la libertà in cambio della protezione contro la morte)
Autore: Emanuele Boffi - Fonte: Tempi, 5 dicembre 2020

Prendiamo sempre con le molle i sondaggi e le analisi statistiche e sociologiche, ma non possiamo negare di aver trovato nell'ultimo Rapporto Censis, presentato ieri a Roma, la conferma di una situazione che sentiamo come veritiera. Il Rapporto è pieno di considerazioni interessanti, ma qui ci limiteremo a riportare quelle che, a nostro avviso, fotografano molto bene un "clima" - non sapremmo altrimenti come definirlo - che vige nel nostro paese. Significativo ci pare il fatto che si dica che gli italiani preferiscano essere «sudditi piuttosto che morti».
La citazione, tratta dalla sintesi del Rapporto, è un po' lunga ma merita di essere riproposta.

MEGLIO SUDDITI CHE MORTI
«Spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza: ecco l'Italia nell'anno della paura nera, l'anno del Covid-19. Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell'ignoto e nell'ansia conseguente il sentimento prevalente in famiglia. In questi mesi, il 77% ha visto modificarsi in modo permanente almeno una dimensione fondamentale della propria vita: lo stato di salute o il lavoro, le relazioni o il tempo libero. Lo Stato, pur percepito come impreparato di fronte all'ondata dei contagi, si è palesato come il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo. Ma, oltre al ciclopico debito pubblico, le scorie dell'epidemia saranno molte, diversificate e di lungo periodo. La prima scoria è la propensione a rinunciare volontariamente alla solitamente apprezzatissima sovranità personale:
- il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al Governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato e cosa non lo è, sulle persone che si possono incontrare, sulle limitazioni della mobilità personale;
- il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, introducendo limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione, di organizzarsi, di iscriversi a sindacati e associazioni. La paura pervasiva dell'ignoto porta alla dicotomia ultimativa: "meglio sudditi che morti". E porta a vite non sovrane, volontariamente sottomesse al buon Leviatano. Cresce allora il livore della logica "o salute o forca":
- il 77,1% degli italiani chiede pene severissime per chi non indossa le mascherine di protezione delle vie respiratorie, non rispetta il distanziamento sociale o i divieti di assembramento;
- il 76,9% è fermamente convinto che chi ha sbagliato nell'emergenza, che siano politici, dirigenti della sanità o altri soggetti, deve pagare per gli errori commessi, che hanno provocato la diffusione del contagio negli ospedali e nelle case di riposo per gli anziani;
- il 56,6% vuole addirittura il carcere per i contagiati che non rispettano rigorosamente le regole della quarantena e dell'isolamento, e così minacciano la salute degli altri;
- il 31,2% non vuole che vengano curati (o vuole che vengano curati solo dopo, in coda agli altri) coloro che, a causa dei loro comportamenti irresponsabili o irregolari, hanno provocato la propria malattia;
- e il 49,3% dei giovani vuole che gli anziani siano curati dopo di loro. C'è un rimosso in cui pulsano risentimenti antichi e recentissimi di diversa origine, intensità, cause. Non sorprende, quindi, che persino una misura assolutamente indicibile per la società italiana come la pena di morte torni nella sfera del praticabile: quasi la metà degli italiani (il 43,7%) è favorevole alla sua introduzione nel nostro ordinamento (e il dato sale al 44,7% tra i giovani)».

GLI ITALIANI SOGNANO IL MODELLO CINESE
Sono numeri impressionanti che mostrano come l'unico vero sentimento oggi imperante nel paese è la paura con tutte le sue conseguenze. C'è lo Stato, identificato come un dio imperfetto, ma pur sempre l'unico cui affidarsi. C'è l'odio per chi si sottrae alle regole che va punito o non curato (c'è persino la forca per chi ha sbagliato). C'è il risentimento generazionale che colpisce gli anziani, cui è addossata la colpa delle proprie limitazioni.
Oggi sulla Terra esiste un paese dove lo Stato è tutto, chi sbaglia è punito, il sospetto e il risentimento sono forme di controllo sociale, la libertà è limitata al massimo: è la Cina. Su questo giornale, già da tempo, discutiamo della tendenza da parte, per ora, di alcuni intellettuali di proporre quello cinese come modello più efficiente della democrazia per affrontare le sfide di un mondo sempre più veloce e senza punti di riferimento ideali stabili. Ora, almeno a giudicare dallo studio del Censis, sembra che inizino a pensarlo anche gli italiani. Forse bisognerebbe far notare loro che è proprio all'interno di quel "paradiso" che è nato e si è diffuso il virus e che è lo Stato cinese ad averlo tenuto nascosto provocando i danni che conosciamo. E forse bisognerebbe far notare loro cosa sta succedendo a Hong Kong.
Oltre a questo, c'è un altro aspetto da sottolineare: di cosa si ha paura? Si ha paura di perdere la vita, l'unica cosa che abbiamo. Qui si torna all'analisi di Olivier Rey, il matematico francese di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa, autore di un saggio che spiega molte cose sul tempo presente. Se la vita ristretta alla sola accezione biologica è l'unico valore, essa diventa "tirannica". In suo nome si può e si deve fare tutto e chi "può e deve" fare tutto è lo Stato, cui si dà pieno potere. Scriveva infatti Rey che il mondo all'era del Covid certifica la vittoria di Hobbes: stiamo costruendo una società «nella quale l'individuo accetta di sottomettersi al potere assoluto del Leviatano in cambio della protezione che dovrebbe assicurargli contro la morte».

Nota di BastaBugie: la redazione di Tempi (composta da Alessandro, Gianpaolo, Matteo, Michele, Raffaele, Tommaso) nell'articolo seguente dal titolo "Vivi. Né morti, né tantomeno sudditi" parla del Rapporto Censis sulla situazione in cui si trova l'Italia.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 6 dicembre 2020:
Nel leggere alcuni passaggi del Rapporto Censis pubblicato il 4 dicembre 2020, siamo sobbalzati sulla sedia. Nel comunicato stampa che lo accompagna, l'analisi è impietosa: «Spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza: ecco l'Italia nell'anno della paura nera. Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell'ignoto e nell'ansia conseguente il sentimento prevalente. Che porta alla dicotomia ultimativa: meglio sudditi che morti».
L'immagine del suddito ci ha colpiti.
Il suddito è colui che rinuncia a vivere, in nome della tranquillità, della sicurezza e della paura della morte. Il suddito ritiene che la propria libertà, il proprio cuore che esprime un desiderio di pienezza e felicità, e la stessa propria vita non siano esigenze assolute. Anzi: il suddito ha paura di disturbare i sapienti, di compiere errori e mettere a repentaglio se stesso e gli altri, quando esercita le proprie scelte e le proprie decisioni. Meglio attendere istruzioni, e seguirle in nome del "benessere della collettività".
Il potere (il sovrano) è ben felice di trovare di fronte a sé tali sudditi. Ritenendo di conoscere meglio di loro il bene e il male, e in ultima analisi i loro desideri, ben si presta all'arduo ruolo di "compiere scelte difficili". Il sovrano solleva il suddito della rischiosa scelta di come impiegare la propria libertà, fornendo dettagliate istruzioni e indicazioni: le regole, che nella visione del sovrano (colto e istruito, a volte) salveranno il mondo. E così, procede con Dpcm onnicomprensivi e con Faq esplicative.
Una tale situazione è per noi intollerabile.
La nostra esperienza e il nostro cuore si ribellano a una alternativa stupida tra l'autoriduzione in schiavitù (la sudditanza) e il mettere in atto comportamenti irresponsabili e folli (la morte). Siamo consapevoli che il periodo storico che viviamo richieda prudenza e attenzione. Ma dentro una tale ragionevole attenzione, vogliamo essere liberi di seguire quello che rende la vita vera: il tempo speso con gli amici veri, l'esperienza educativa dei nostri figli, l'affetto per i nostri genitori, la possibilità di assistere un malato, la vista dalla cima di una montagna innevata, la Messa per celebrare il Natale.
Soprattutto, non tolleriamo che questa dimensione di pienezza della vita sia banalizzata da regolette scritte da un sovrano autodefinitosi illuminato, che forte della propria laurea in legge o in medicina ci voglia spiegare (o imporre!) come vivere il periodo delle feste, o come abbracciare un nostro caro alla fine del proprio cammino.
È possibile essere vivi, liberi e non sudditi anche in questo momento perché la libertà è la possibilità di aderire al vero riconosciuto e riconoscibile nella nostra vita, in tutte le circostanze. Un desiderio, un grido che resiste e che chiede un senso, appartiene alla nostra natura umana e si ridesta in tutta la sua portata quando troviamo davanti a noi una Presenza che risponde.
L'esperienza della pienezza che abbiamo sperimentato mettendoci in gioco dentro le questioni della vita (il lavoro, la famiglia, l'amicizia, le passioni) è troppo bella, e troppo forte, per arrendersi di fronte alla pandemia. E non può temere il tiranno, o aver paura della morte. [...]


DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: Tempi, 5 dicembre 2020

2 - GISCARD D'ESTAING FAVORI' L'INVASIONE ISLAMICA
È morto l'ex presidente francese che ruppe col suo partito per introdurre l'aborto e il divorzio, rifiutò anche solo di leggere l'appello di Giovanni Paolo II per riconoscere le radici giudaico-cristiane dell'Europa
Autore: Luca Volontè - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04-12-2020

L'ex presidente della Repubblica francese Valéry Giscard d'Estaing è morto ieri, 3 dicembre, a 94 anni. Tutto il globo terracqueo ne ha fatto memoria, quasi fosse stato un 'santo laico' della modernità francese ed europea. In realtà è stato uno sterminatore dei costumi cristiani, della vita umana sacra dal concepimento. 'Padre europeo', è stato definito. Ma si può dire così di chi rifiutò di ricevere una lettera del Santo Giovanni Paolo II per confermare il suo disprezzo verso le radici giudaico-cristiane europee? Piuttosto è stato l'uomo che ha iniziato il processo di immigrazione selvaggia, primo ispiratore delle attuali trasandate pulsioni favorevoli alla liberalizzazione dell'immigrazione dai paesi islamici. Può essere così ipocriticamente celebrato un uomo che piantò il seme dell'aborto e quello del divorzio, dai quali son cresciuti milioni di morti innocenti e l'erosione della coseione sociale francese? No. Punto. L'unica celebrazione possibile è quella di prender atto dei suoi malvagi intenti e delle sue devastanti decisioni e porvi rimedio.

INVASIONE ISLAMICA
Giscard d'Estaing (presidente dal 1974 al 1981) recentemente aveva espresso un certo rammarico per il "ricongiungimento familiare", la legge introdotta con un semplice decreto di Jacques Chirac nel 1976. "L'idea di far entrare famiglie di immigrati sembrava naturale in quel momento. Con l'aumento massiccio dell'immigrazione dai Paesi musulmani, ha invece prodotto profonde divisioni nella società francese". Raymond Barre (Primo Ministro dal 1976 al 1981), la  sospese per tre anni, prima che il Consiglio di Stato annullasse questa decisione con la motivazione che il "ricongiungimento familiare faceva ormai parte dei principi generali del diritto". A causa di questa decisione di Giscard è iniziata l'invasione in Francia e, senza ombra di dubbio, in questa decisione possiamo ritrovare tante delle attuali idee político-istituzionali europee, favorevoli alla immigrazione incontrollata e ferocemente contrarie a chiunque vi si opponga, o ne chieda una valutazione temperata. Oggi la Francia è preda di una intolleranza, cristianofobia ed islamizzazione senza precedenti  [leggi: ATTENTATO ISLAMICO A NIZZA, LA SHARIA E' LEGGE IN FRANCIA, clicca qui, N.d.BB].
Giscard d'Estaing, ricordato sui giornali transalpini di ieri come un grandissimo innovatore sociale, dovrebbe invece esser ricordato come il più sistematico distruttore della coesione sociale e culturale di Francia: promosse ed approvò la legge del divorzio ed indebolì l'istituzione familiare, l'unità fondamentale della società, con la legge dell'11 luglio 1975 , introducendo il divorzio "per mutuo consenso" o "per la rottura della vita comune".  In quello stesso anno, fu ancora Giscard a promuovere e approvare la legge sull'aborto. Il 17 gennaio 1975 si depenalizzava l'aborto e si forniva un quadro di riferimento per l'interruzione volontaria della gravidanza (aborto) e l'interruzione medica della gravidanza (IMG). La norma, promossa anche dall'allora Ministro della Salute, Simone Veil, incontrò una forte opposizione degli stessi deputati e senatori gollisti e fu infine adottata con il voto dei deputati di sinistra e di centro-sinistra. La visita in Vaticano nelle settimane successive, la gelida accoglienza di Paolo VI e la crisi diplomatica che ne seguì, segnarono la profonda rottura tra il presidente e i cattolici. L'attuale discussione parlamentare sulla nuova Legge di Bioetica, con le devastanti previsioni inumane che contiene, non sarebbe stata possibile senza le rotture compiute da Giscard d'Estaing nel 1975.

NEGATE LE RADICI GIUDAICO-CRISTIANE DELL'EUROPA
Giscard è stato anche il Presidente della Costituente, o Convenzione Europea (2002-2003), e redattore di quel testo poi approvato col nome di "Trattato di Lisbona". Tutti ricordiamo gli appelli accorati di San Giovanni Paolo II affinché si inserissero le radici giudaico cristiane nel testo 'costituzionale' europeo, ricordiamo anche quali e quanti interessi si mossero per evitare che ciò avvenisse. Tuttavia un fatto è certo, Giovanni Paolo II scrisse una lettera da consegnare al presidente della Convenzione europea Valery Giscard d'Estaing per perorare direttamente con lui la causa dell'inserimento del riferimento alle radici giudaico-cristiane dell'Europa nella Costituzione europea cui la Convenzione stava lavorando. Giscard D'Estaing rifiutò la consegna della missiva rispondendo che "se la poteva tenere in tasca".
Le recenti rivelazioni di Mons.Fisichella confermano e storicizzano i sospetti di molti:  "Giscard d'Estaing disse che 'altri' non avevano voluto accettare quel riferimento, ma da mie fonti so che lui stesso non volle". Da questa scelta cosciente e determinata, ben al di là della superbia illimitata che quel gran rifiuto rappresentò, oggi possiamo ben dire che la eliminazione sistematica del cristianesimo, promossa attivamente anche dalle stesse istituzioni europee, ed il tentativo ridicolo e rabberciato di sostituire le radici giudaico cristiane con un neo paganesimo ambientalista e un libertinaggio tanto innaturale quanto aggressivo, sono parte della eredità di Giscard d'Estaing. Non c'è da stupirsi se Macron lo abbia celebrato, vengono entrambi dalla medesima covata anti cristiana. L'Europa piuttosto dovrebbe piangere e redimersi per quel 'gran rifiuto' di Giscard a San Giovanni Paolo II, dal quale discendono le terribili conseguenze e follie che oggi ci troviamo a vivere, inclusa l'inimicizia promossa dai Paesi dell'Ovest verso quelli dell'Est.

DOSSIER "PERSONE FAMOSE"
Decedute dal 2020 in poi

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04-12-2020

3 - SOPRA LA CROCE DI GESU' LA SCRITTA IN EBRAICO RIVELA CHE EGLI E' DIO
Il Titulus Crucis, conservato a Roma nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, riporta la scritta in greco, in latino (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, il cui acronimo è INRI) e in ebraico (il cui acronimo è YHWH, cioè Jahvè, il nome di Dio dell'Antico Testamento)
Autore: Daniele Di Luciano - Fonte: Sito del Timone, 5 febbraio 2016

In Esodo 20,2 Dio rivela il suo nome a Mosè: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto". La parola tradotta con "il Signore" è il famoso Tetragramma che gli ebrei non possono neanche pronunciare: "YHWH", vocalizzato in diversi modi tra i quali "Yahweh". Le quattro lettere ebraiche che lo compongono sono queste: "יהוה", yod-he-waw-he. Ricordiamo che l'ebraico si legge da destra verso sinistra.
Nel Vangelo di Giovanni, capitolo 19 versetti 16-22, leggiamo:
"Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: «Il re dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei»». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto»."

IL TITULUS CRUCIS
Nonostante il brano in questione sia famosissimo, la scena che si è svolta davanti a Gesù crocifisso dev'essere stata un po' diversa da come ce la siamo sempre immaginata. Giovanni, forse, ha provato a sottolinearlo, ma il lettore, non conoscendo la lingua ebraica, è impossibilitato a comprendere.
L'iscrizione di cui parla Giovanni è la famosa sigla "INRI", raffigurata ancora oggi sopra Gesù crocifisso. L'acronimo, che sta per il latino "Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum", significa appunto "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei".
Ma Giovanni specifica che l'iscrizione era anche in ebraico. Non solo: in un momento così importante l'evangelista sembra soffermarsi su dei particolari apparentemente di poco conto:
1) il fatto che molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città
2) i capi dei sacerdoti che si rivolgono a Pilato per far modificare l'iscrizione
3) Pilato che si rifiuta di cambiarla.
Ponzio Pilato, che era romano, probabilmente non capiva che, senza volerlo, aveva creato un po' d'imbarazzo - se vogliamo definirlo così - agli ebrei che osservavano Gesù crocifisso con quell'iscrizione sopra la testa.

LA CLAMOROSA SCOPERTA
Henri Tisot, esperto di ebraico, si è rivolto a diversi rabbini per chiedere quale fosse l'esatta traduzione ebraica dell'iscrizione fatta compilare da Pilato. Ne parla nel suo libro "Eva, la donna" nelle pagine da 216 a 220.
Ha scoperto che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico, scrivere "Gesù il Nazareno e re dei Giudei". Con le lettere ebraiche otteniamo "ישוע הנוצרי ומלך היהודים". Ricordiamo la lettura da destra verso sinistra.
Queste lettere equivalgono alle nostre "Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim" vocalizzate "Yeshua Hanotsri Wemelek Hayehudim".
Quindi, come per il latino si ottiene l'acronimo "INRI", per l'ebraico si ottiene "יהוה", "YHWH".
Ecco spiegata l'attenzione che Giovanni riserva per la situazione che si svolge sotto Gesù crocifisso. In quel momento gli ebrei vedevano l'uomo che avevano messo a morte, che aveva affermato di essere il Figlio di Dio, con il nome di Dio, il Tetragramma impronunciabile, inciso sopra la testa.
Non poteva andar bene che YHWH fosse scritto lì, visibile a tutti, e provarono a convincere Pilato a cambiare l'incisione. Ecco che la frase del procuratore romano "Quel che ho scritto, ho scritto" acquista un senso molto più profondo.
Sembra incredibile? Pensate che Gesù aveva profetizzato esattamente questo momento. In Giovanni 8,28 troviamo scritto: "Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono"
Per "innalzare" Gesù intende la crocifissione. "Io Sono" allude proprio al nome che Dio ha rivelato a Mosè in Esodo 3,14:
"Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi»"

Fonte: Sito del Timone, 5 febbraio 2016

4 - IL COLLASSO DELLA POLITICA CINESE DEL FIGLIO UNICO
Sembra impossibile che gli ambientalisti occidentali vogliano imitare il modello cinese (eppure nei prossimi trent'anni la Cina perderà 200 milioni di lavoratori ed il 40% della popolazione avrà più di 60 anni)
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi, 2 dicembre 2020

A Vancouver, Canada, la campagna "One Planet One Child" promossa dalla Ong statunitense World Population Balance ha conosciuto un increscioso incidente di percorso: avendo scelto di pubblicizzare il suo messaggio secondo cui «il dono più amorevole che puoi fare al tuo primo figlio è di non averne un altro» con la gigantografia di un neonato afroamericano, è incorsa in accuse di razzismo. I promotori della campagna si sono affrettati a chiedere scusa e ad assicurare che non avevano alcuna intenzione di perorare una diminuzione del numero dei neri a vantaggio di altri gruppi razziali ed etnici, ma soltanto di diffondere il messaggio che i figli unici di qualunque colore sono la scelta migliore che una famiglia può fare per garantire un futuro felice al bambino in questione: anche se non avrà fratelli o sorelle avrà però a disposizione maggiori risorse ambientali.
Hanno però dimostrato di non credere veramente che le loro spiegazioni sarebbero state accettate, perché il manifesto in questione, dopo essere scomparso dalle strade e dalle vie di Vancouver, è sparito anche dalla pagina del sito internet di World Population Balance (Wpb) che ospita i numerosi "transit ads" della campagna, cioè le pubblicità stradali. Infatti nel settembre scorso la campagna pubblicitaria, con grandi cartelloni stradali recanti la scritta "We chose one!" abbinata alla foto di coppie di genitori con un solo figlio, ha fatto la sua apparizione non solo a Vancouver, ma lungo le strade del Colorado e del Minnesota. L'obiettivo della campagna è convincere le coppie di tutto il mondo, cominciando da quelle dei paesi occidentali, a non avere più di un figlio per combattere la sovrappopolazione, che secondo gli attivisti è la causa principale del degrado dell'ambiente e dell'esaurimento delle risorse.

L'ESPERIMENTO (CON 336 MILIONI DI ABORTI) IN CINA
Secondo una cervellotica proiezione di Wpt, se da oggi in avanti per 100 anni di seguito la media dei figli per donna diminuisse e restasse stabile a 1, la popolazione mondiale scenderebbe da 7,8 a 3 miliardi di persone, e tutti i problemi di inquinamento ambientale ed esaurimento delle risorse sarebbero risolti. A chi obietta che a creare pressioni sull'ambiente non è tanto il numero degli esseri umani, quanto l'eccesso di consumi, la Ong ribatte che «conseguire la sostenibilità attraverso la riduzione dei consumi comporterebbe che dovremmo vivere tutti in povertà. Risolvere il problema della sovrappopolazione in tutto il mondo migliorerebbe le vite ovunque. Molte famiglie nel mondo hanno scelto famiglie sempre più piccole negli ultimi sessant'anni, mentre molto poche hanno scelto di abbassare il loro standard di vita. Perché non incoraggiare ciò che è già riuscito - la riduzione volontaria dei tassi di fertilità - piuttosto che riporre tutte le nostre speranze in qualcosa che nessuna società ha mai scelto di fare?».
Quello che Wpb dimentica di dire, è che l'esperimento sociale del figlio unico è già stato condotto, per più di trent'anni, in un grande paese del mondo, e che i costi umani ed economici di tale politica sono stati così negativi da convincere il governo a cambiare politica. Stiamo parlando della Cina, che nonostante avesse conosciuto una forte diminuzione dei tassi di fertilità nel corso degli anni Settanta senza bisogno di politiche draconiane, a partire dai primi anni Ottanta decise di imporre con le cattive la politica del figlio unico alla sua popolazione. Per raggiungere gli obiettivi fissati, in Cina sono stati procurati 336 milioni di aborti in un trentennio, molti dei quali forzati; sono state sterilizzate 196 milioni di donne ed altre 403 milioni hanno avuto impiantata una spirale: anche in questo caso spesso si è ricorsi alla forza. Molti secondi figli, soprattutto se femmine, sono stati soppressi o lasciati morire subito dopo la nascita per non subire le sanzioni legali, che andavano dall'imprigionamento dei genitori a salatissime multe. Si calcola che per un lungo periodo l'ente pubblico abbia incassato l'equivalente di 3 miliardi di dollari all'anno dalle contravvenzioni pagate dalle famiglie che avevano un secondo o terzo figlio, e che buona parte di questa cifra sia finita nelle tasche dei rappresentanti delle autorità locali, i più motivati fra tutti i pubblici ufficiali a vedere applicate le leggi sul numero dei figli.

LA GENERAZIONE DEL PICCOLO IMPERATORE
Sulla personalità e sui comportamenti della generazione dei figli unici cinesi, definita "la generazione del Piccolo Imperatore", sono stati condotti studi sociologici e scritti libri da autori cinesi. [...] Crescendo questi bambini hanno dimostrato di essere meno generosi, meno capaci di fiducia e meno onesti dei loro predecessori nati negli anni Settanta, più paranoici, pessimisti e timorosi di assumersi responsabilità. La giornalista Helen Gao ha elencato sul New York Times i loro ricorrenti comportamenti problematici, come fare scenate al partner in pubblico, gettare rifiuti spensieratamente per la strada, l'essere soffocanti nelle relazioni affettive e tutti i comportamenti che rivelano l'aspettativa di essere serviti da altri.
Alcuni sociologi spiegano le scarse performance dei cinesi negli sport di squadra con la teoria della "palla grande, palla piccola": gli atleti cinesi eccellono soprattutto negli sport individuali come il ping pong e il badminton, che richiedono alti livelli di precisione e ripetitività, ma afflitti dall'egoismo e dalla paranoia che dominano la generazione dei figli unici, non riescono a coinvolgersi nello spirito degli sport di squadra come calcio e basket, e così normalmente hanno risultati scadenti negli sport della "palla grande".

40 MILIONI DI MASCHI SENZA COMPAGNA E 300 MILIONI DI ANZIANI
Un altro vistoso fenomeno sociale conseguenza delle politiche del figlio unico in Cina è il soprannumero di maschi. La tradizionale preferenza per il figlio maschio ha prodotto un vasto fenomeno di aborto selettivo delle femmine (problema che esiste anche in India) quando dalle ecografie risultava che questo era il sesso del concepito. Oggi in alcune province cinesi il numero dei maschi supera del 38 per cento quello delle femmine, e nel complesso dell'intera Cina nascono 119 ragazzi ogni 100 ragazze. Di conseguenza il paese oggi si trova con un surplus di 40 milioni di maschi in età da matrimonio (più di tutta la popolazione della Polonia o del Canada) che non può trovare una compagna in Cina.  Il problema viene risolto svuotando i paesi vicini dalle donne appartenenti a minoranze etniche e a famiglie poverissime. Vengono attirate in Cina col miraggio di un buon impiego o puramente e semplicemente "vendute" dalle loro famiglie. Provengono in maggioranza da Vietnam, Cambogia, Myanmar, Pakistan e Corea del Nord.
Infine ci sono le conseguenze economiche della politica del figlio unico: nei prossimi trent'anni la Cina perderà 200 milioni di lavoratori che avrebbe avuto senza le politiche di controllo delle nascite e accumulerà 300 milioni di anziani. Il miracolo economico cinese finirà e la Cina dovrà affrontare il problema di una popolazione anziana che difficilmente può essere sostenuta dalle generazioni che lavorano: a metà di questo secolo il 39 per cento dei cinesi avrà più di 60 anni.
Di fronte a questi problemi il governo comunista ha reagito sostituendo alla politica del figlio unico quella degli almeno due figli per famiglia, ma finora con scarso successo: i cinesi hanno fatto proprie le tendenze dei paesi ricchi in materia di fertilità, che sommate all'eredità delle violente politiche antinataliste fanno sì che la fertilità delle donne cinesi continui ad essere molto bassa, cioè un po' più di 1,6 figli per donna. Il 2019 è stato l'anno col minor numero di nascite ogni 1.000 abitanti da quando si tengono statistiche, appena 10,5. Il baby-boom che il governo si aspettava come conseguenza della politica inaugurata cinque anni fa non ha avuto luogo, e chissà se mai ci sarà. [...]

Fonte: Tempi, 2 dicembre 2020

5 - DIVORZIO, LA ''CONQUISTA'' CHE 50 ANNI FA SFASCIO' FAMIGLIA E SOCIETA'
E da allora le leggi peggiori furono approvate grazie a utili idioti al governo, tutti ''cattolici'': Colombo promulgò il divorzio (1970), Andreotti l'aborto (1978), Renzi le unioni civili anche omosessuali (2016) e forse con Conte avremo la legge sull'omofobia
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-12-2020

Poco prima del sorgere dell'alba del 1 dicembre 1970, al termine di una tra le sedute notturne più lunghe nella storia del Parlamento italiano, l'allora presidente della Camera dei deputati, il socialista Sandro Pertini, annunciò l'approvazione definitiva della contrastata proposta di legge "Fortuna-Baslini" (dal nome dei due deputati che l'avevano promossa), la quale prevedeva l'introduzione dell'istituto del divorzio in Italia. Esattamente cinquant'anni fa la Legge 1 dicembre 1970, n.898 legalizzava lo scioglimento del matrimonio.
In realtà, quell'evento costituì il primo passo della rivoluzione antropologica che stiamo tuttora vivendo. L'indissolubilità del matrimonio, infatti, rappresentava la linea Maginot di quella società che era ancora in grado di mantenere e garantire una certa solidità. Prima di ridursi nell'attuale forma liquida ben descritta da Zygmunt Bauman.
Lo aveva capito anche un toscanaccio come Amintore Fanfani, che il 26 aprile 1974 a Caltanissetta, durante un comizio, lo spiegò alla sua maniera e a prova di popolo: «Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l'aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva!». Non ci volevano particolari doti divinatorie per comprendere come sarebbe andata a finire, e come, purtroppo, è poi andata a finire.
Anche per il divorzio, come successivamente per l'aborto e le altre "conquiste" della modernità, si utilizzò la logica del male minore e il falso presupposto di dover affrontare situazioni eccezionali e transitorie. Il caso francese, da questo punto di vista, è emblematico. In Francia, infatti, il divorzio fu introdotto per legge nel 1884, nonostante gli ammonimenti che Papa Leone XIII lanciò nella sua enciclica Arcanum Divinae del 10 febbraio 1880, nella quale evidenziava lucidamente le prevedibili conseguenze di quella legge. I sostenitori del divorzio dicevano il contrario: il divorzio avrebbe sciolto i matrimoni male assortiti che attendevano una soluzione, poi si sarebbe rientrati nella normalità. I fatti dimostrarono, invece, l'esatto contrario. Mentre nel 1883 si aveva in Francia una media annua di circa 700 separazioni legali, che sembrava potessero rappresentare la somma dei matrimoni infelici in cui la convivenza appariva impossibile, nell'anno seguente, con la nuova legge, si ebbero subito 1.675 divorzi, e questi, con una continua corsa ascendente, arrivarono nel 1921, quindi dopo trentasette anni, al numero di 32.557, mentre la natalità diminuiva spaventosamente.

L'INIZIO DELLA DISSOLUZIONE
Resta oggettivo il fatto che, in tutto il mondo, il divorzio abbia reso le relazioni umane e la società molto più liquide e che la solubilità del matrimonio abbia incrinato la stessa stabilità della convivenza civile. Questo lo si deve onestamente ammettere, prescindendo da qualunque valutazione di carattere religioso, sacramentale, teologico. È possibile, infatti, parlare di matrimonio indissolubile anche da un punto di vista squisitamente laico. Pure un laico, per esempio, può comprendere che l'indissolubilità del matrimonio difende innanzitutto la dignità della donna, la parte più debole in caso di abbandono, che dopo aver dato al marito il meglio di sé, dopo aver sacrificato la propria vita per la famiglia, non merita certo di essere sostituita quasi fosse un prodotto scaduto. E tutti possono comprendere la necessità del matrimonio indissolubile per il destino dei figli, il loro sostentamento e la loro educazione. Abbiamo sotto gli occhi quotidianamente gli effetti devastanti del divorzio su intere generazioni di giovani.
Come sosteneva il grande filosofo-contadino Gustave Thibon «gli sposi non si impegnano soltanto l'uno verso l'altro, ma anche l'uno e l'altro verso una realtà di cui fanno parte e che li supera: la famiglia innanzi tutto, di cui sono la sorgente e il sostegno, e in seguito la Nazione e la Chiesa, corpi viventi di cui le famiglie sono le cellule». Ecco perché un'istituzione così importante come il matrimonio ha bisogno d'essere protetta contro le mille vicissitudini dell'istinto e dell'interesse personale, perché proprio il matrimonio costituisce il fondamento della comunità umana; se quello si spezza, questa si sfascia.
Ha proprio ragione Thibon: oggi noi assistiamo al sorgere, per reazione, di una specie di mistica del matrimonio, che si preoccupa più della qualità del vincolo personale tra gli sposi che delle sue conseguenze sociali. Viviamo in un'epoca in cui pare dilagare e dominare una sorta d'iperestesia dell'io e di ugualitarismo grossolano, che considera la felicità dell'individuo un diritto «assoluto». Ma non è così. Se uno nella vita fa una scelta sbagliata sulla persona che ha deciso di sposare, non può presentare il conto alla collettività. Paga privatamente. Come paga privatamente l'imprenditore che fallisce. Tra il sacrificio individuale per un'errata decisione della sfera privata e l'interesse collettivo della società alla sua tenuta complessiva, è quest'ultimo che deve prevalere. Una persona adulta si assume la responsabilità delle proprie azioni e se sbaglia se ne deve accettare le conseguenze. Una scelta, del resto, è davvero libera solo quando è responsabile.

GLI UTILI IDIOTI SONO NECESSARI PER REALIZZARE LA RIVOLUZIONE
Non vale neppure l'obiezione che l'indissolubilità del matrimonio si opponga all'amore. Anzi, è vero il contrario. Lo spiega bene lo stesso Thibon distinguendo la fase antecedente e quella successiva del matrimonio. Prima di sposarsi, infatti, l'individuo consapevole dell'irrevocabilità del matrimonio è «indotto a non avventurarsi alla leggera in quel vicolo cieco che ha il muro di chiusura alle spalle; come il conquistatore che brucia i suoi vascelli per togliersi prima della battaglia ogni possibilità di ritirata, i fidanzati che acconsentono a legarsi l'uno all'altro fino alla morte attingono a questa "idea-forza" una garanzia preliminare contro tutti gli eventi del destino che minacceranno il loro amore». Al contrario, «la sola idea del divorzio possibile prende dimora tacitamente nel profondo dell'anima, come un verme deposto da una mosca in un frutto in formazione e che ne divorerà un giorno la sostanza».
L'esperienza ha più volte dimostrato, infatti, che in alcune circostanze, specie quando si tratta di grandi prove, è sufficiente considerare una cosa come possibile perché essa divenga necessaria. Si tratta di un dato psicologico elementare che da solo basta a sfatare, tra l'altro, il mito del cosiddetto "matrimonio di prova". Dopo il matrimonio vero, invece, «il patto nuziale, situando una volta per sempre la sostanza dell'amore al di là delle contingenze, contribuisce necessariamente a decantare, a purificare l'amore; così come una diga non solo contiene il corso del fiume, ma rende le sue acque più limpide e più profonde; la necessità di subire e di superare la prova del tempo agisce sull'affetto degli sposi come vaglio che separa la pula dal chicco del frumento; essa lo spoglia a poco a poco dei suoi elementi accidentali e illusori e ne conserva solo il nocciolo incorruttibile, trasformando la passione in vero amore».
In questa triste ricorrenza del cinquantesimo anniversario dall'approvazione della legge sul divorzio, appaiono ancor più vere le parole del grande scrittore cattolico Igino Giordani: «Salvare la famiglia è salvare la civiltà. Lo Stato è fatto di famiglie; se queste decadono, anche quello vacilla».
Se lo ricordino bene i politici che si definiscono "cattolici", e che magari si sentono pure "adulti". La Storia ci ha mostrato, infatti, i danni che costoro sanno infliggere ad una nazione: fu proprio il governo guidato dal cattolico Emilio Colombo che introdusse in Italia il divorzio (1970), il governo del cattolico Giulio Andreotti che promulgò l'aborto (1978), e il governo del cattolico Matteo Renzi che approvò le unioni civili omosessuali (2016). E forse toccherà pure al governo del cattolico Giuseppe Conte approvare la legge sull'omofobia e sull'eutanasia. Non c'è nulla da fare, servono sempre gli "utili idioti" per realizzare la rivoluzione antropologica della sinistra radicale e anticristiana.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-12-2020

6 - IL GENDER ALLE ELEMENTARI E MEDIE DI FIRENZE
Intanto in Australia ai genitori cristiani possono togliere i figli: un tribunale ha tolto ai genitori la custodia della figlia per non aver concesso il via alle terapie ormonali per ''diventare'' maschio
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Provita & Famiglia, 17 novembre 2020

"Un laboratorio sugli stereotipi di genere, intercultura e bullismo omofobico" denominato "Le Chiavi della Città" rivolto alle scuole fiorentine primarie e secondarie di primo grado.
È l'ultimo, grande, frutto della singolare collaborazione tra l'Assessorato all'educazione e al welfare del Comune di Firenze, l'Ufficio Regionale Scolastico Toscana, l'Ufficio Provinciale Scolastico Firenze e la Fondazione CR Firenze che, come apprendiamo proprio dal sito del progetto "Le Chiavi della Città", avrebbero creato una rete "per il sostegno delle scuole di ogni ordine e grado del Comune di Firenze, nella progettazione di percorsi di Cittadinanza e Costituzione - Educazione Civica per le scuole fiorentine".

LE SOLITE ESPRESSIONI AMBIGUE
Il progetto si articola in diverse sezioni, tra cui: formazione alla cittadinanza e all'impegno civile, eventi celebrativi e ricorrenze, tradizioni popolari fiorentine, nuove tecnologie, media, social network e nuovi linguaggi, ma non poteva mancare anche il laboratorio sugli stereotipi di genere: "Il progetto - come si legge sul sito - si propone come obiettivo generale quello di contrastare la formazione di stereotipi di genere, prevenendo la discriminazione di chi non si conforma ad essi, favorendo un'educazione alle differenze." Le solite espressioni ambigue che costituiscono il cavallo di Troia per l'instillazione di teorie che già consociamo bene.
Ad esempio, per la scuola primaria il progetto prevede di andare a scomodare libri e personaggi delle fiabe per individuare gli stereotipi di genere presenti in essi, stessa cosa anche per i giocattoli. Insomma, una fastidiosa invasione nell'immaginario fantastico dei bambini, in cui si entra a gamba tesa con la pretesa di insegnare un punto di vista che, in nome della tolleranza e della non discriminazione, pretende di imporsi come l'unico possibile. Non lasciando nemmeno che i bambini facciano semplicemente i bambini, non venendo costretti ad occuparsi di questioni da adulti che è bene rimangano tali.
Altri punti del progetto sono: "sensibilizzare e favorire un atteggiamento di consumo consapevole e critico dei contenuti dei mass media". E qui sorge la domanda su cosa si intenda per "consumo critico e consapevole" e da quale punto di vista. Ma il cuore di tutto è questo "prevenire ogni manifestazione di bullismo, favorendo un atteggiamento critico verso ogni forma di discriminazione e favorendo un atteggiamento di accoglienza nei confronti delle differenze individuali.

LA CILIEGINA SULLA TORTA
Favorire l'integrazione delle diversità culturali e di genere e promuovere una formazione dell'identità più libera e autentica." Insomma, siamo alle solite, per prevenire le discriminazioni bisogna andare ad abbattere il senso dell'identità stesso e aprirsi alle "differenze", prima ancora che sia formata la PROPRIA identità. Perché questo sembra il vero obiettivo di chi promuove certi corsi sin dalla più tenera età: sradicare all'origine tutto ciò che è stabile nella mente del bambino che potrà anche tradursi in quelli che vengono definiti "stereotipi" ma che forniscono loro delle certezze sull'identità maschile e femminile e sui diversi ruoli ricoperti dai due generi. E la stessa cosa vale per la scuola secondaria di primo grado a cui questi corsi sono anche rivolti, dato che si sta parlando sempre e comunque di personalità in formazione.
E infatti ci si chiede, come si possa entrare in dialogo con un'identità altra, se prima non si è formato la PROPRIA identità.
Ma la ciliegina sulla torta è, come si legge sulla scheda del progetto, nella parte rivolta ai docenti l' incontro finale con gli psicologi "utile per avere un feedback rispetto agli esiti del progetto e per condividere buone prassi di educazione alle differenze." E anche l'indottrinamento degli insegnanti, è servito!

Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "Se sei cristiano ti tolgo i figli" parla del caso dei genitori australiani che hanno perso la custodia della figlia per non aver concesso il via alle terapie ormonali per apparire maschio. Una frontiera pericolosa per cui una famiglia cristiana non ha il diritto di esistere.
Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'8 dicembre 2020:
Le famiglie cristiane di genitori maschi e femmine ne rischiano di tutti i colori in Australia [...] perché si oppongono al politically correct della ideologia LGBTI e pretendono rispetto per coloro che credono alla natura umana, amano i propri figli e confidano nella sessualità biologica, nei dettati biblici ed evangelici. La tirannia dell' 'io' (volubile, emozionale e manipolata dalla ideologia LGBTI) prende il posto di Dio e fagocita tutti i diritti umani. [...]
Un adolescente è stato preso in cura dai Servizi Sociali del Qeensland nel primo caso conosciuto in Australia, perché i genitori sono stati giudicati "abusatori e potenzialmente dannosi" per lei. La colpa di questa coppia di genitori? Non aver acconsentito all'identità transgender autodichiarata dalla propria figlia e vietare che si sottoponga ad un trattamento ormonale irreversibile.
Un magistrato del Tribunale Statale del Queensland australiano per i minori ha deliberato che esiste un serio rischio di "autolesionismo" per la ragazza, nel suo ordine perentorio dello scorso ottobre, quasi un anno dopo l'allontanamento della ragazza quindicenne dalla famiglia.
"Le autorità dicono che non le permetteremo di cambiare sesso, quindi è pericoloso per lei tornare a casa nostra perché abuseremo mentalmente di lei - vogliono che acconsentiamo al trattamento con testosterone. Noi non lo faremo mai", ha detto il padre a The Weekend Australian. I genitori si stanno opponendo con tutte le forze a questo bullismo da parte delle autorità statali, tutti gli amici sono rimasti scioccati dalla loro storia, gli australiani non riescono a credere che ciò accada in Australia.
In Tribunale i genitori hanno ribadito che sapevano del bisogno di aiuto e della depressione della loro figlia e perciò volevano per lei le cure di un buono psicologo che potesse aiutarla a risolvere le cause di fondo e non, tragicamente e sbrigativamente, assecondare le pulsioni stimolate dalla ideologia LGBTI e passare alle transizioni chimiche. Il Preside dell'Università del Queensland, Patrick Parkinson, parlando a titolo personale come esperto di diritto di famiglia e critico del trattamento medico "gender affirming" per i giovani a cui è stata diagnosticata una dolorosa "disforia di genere", ha dichiarato di credere che l'allontanamento della bambina sia stato il primo del suo genere e sia "uno sviluppo molto preoccupante" per il futuro della società.
Le autorità per la tutela dei minori devono ancora approvare il trattamento ormonale per la ragazza e hanno accettato la richiesta dei genitori di un secondo parere prima di qualsiasi decisione. Lo scorso 20 novembre i genitori si sono appellati decisione del magistrato che aveva sostenuto gli avvenuti abusi verbali "direttamente collegati ai sentimenti e all'espressione dell'identità di genere della ragazza da parte dei genitori". Una affermazione totalmente negata dalla famiglia che comunque si oppone ai trattamenti chimici di transizione, insiste per riavere la propria figlia a casa e per iniziare una cura psicologica. Diversante, le iene arcobaleno delle lobbies LGBTI si sono messe all'opera e richiesto che subito inizino le terapie ormonali, con un'udienza preliminare martedì al Tribunale della Famiglia. Sarà il primo caso del genere in cui entrambi i genitori si oppongono al trattamento.
Gli sciacalli delle lobbies trans e LGBTI australiane si sono invece gettati sul caso e chiesto al Tribunale di iniziare al più presto le terapie ormonali. Anche questa una tragedia che ci racconta di genitori cristiani, attenti verso la propria figlia che si vedono privare della patria potestà ed accusare di ogni malvagità, pur di soddisfare la bramosia del politicamente corretto. [...]
I genitori cristiani, le famiglie cristiane possono ancora esistere o no? Per ideologi e propagatori della futura inumanità, fluida e mentalmente instabile, essere cristiano e per di più genitore è un peccato originale incancellabile. Questo è l'incubo del mondo moderno, dove una eccezione diviene la regola, nel quale la non discriminazione di una minoranza si impone come regola inviolabile dalla maggioranza, dove la dignità umana e l'immagine di Dio si è sostituita ad ogni volubile desiderio mio.

Fonte: Provita & Famiglia, 17 novembre 2020

7 - LETTERE ALLA REDAZIONE: LA STORIA DI SANTA MARIA MADDALENA DE' PAZZI MI SCONCERTA
L'articolo che avete pubblicato su questa santa non riesco ad accettarlo: mi fa male e mi sembra contrario a tutto ciò che ho appreso sul cristianesimo
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 8 dicembre 2020

Gentile redazione di BastaBugie,
sono una vostra assidua lettrice. Mi piacciono particolarmente le storie dei santi che pubblicate e, ultimamente, ho scoperto la possibilità di ascoltare gli articoli scaricando il file audio nel cellulare. Complimenti alle vostre lettrici che prestano la loro voce per questo bel servizio.
Ora vengo alle dolenti note. Ascoltando la storia di Santa Maria Maddalena de' Pazzi faccio davvero tanta fatica ad accettare una storia come questa, il dolore è un mistero doloroso appunto e grandissimo per donare Grazia dentro e attorno a tutti noi, ma questa vita di Santa Maria Maddalena non riesco ad accettarla, mi fa male mi sembra contraria a tutto ciò che ho appreso fino ad oggi sul cristianesimo.
Vi prego di illuminarmi sul senso di una vita vissuta con così tanta sofferenza. Come può Dio permetterla in un'anima così tanto devota a Lui.
Irene

RISPOSTA DEL DIRETTORE

Cara Irene,
in effetti la vita di Santa Maria Maddalena de' Pazzi non può lasciare indifferenti coloro che la leggono e suscita delle domande importanti riguardanti la nostra fede.
Per noi è difficile accettare così tanto dolore. Ci sembra una prova tanto grande e può sembrare strano che Dio la permetta in una creatura che Egli ama.
Però a pensarci bene lei è una santa e quindi se le nostre idee sul dolore e su Dio contrastano con la sua vita, forse dobbiamo cambiare noi le nostre idee. Non si può cambiare il fatto che la sua vita è questa e che è stata proclamata santa dalla Chiesa.
Allora, con un po' di sforzo, dobbiamo abbandonare l'idea che in paradiso ci si vada in carrozza. Che Dio perdoni sempre e che ci chieda di andare alla Messa, dire qualche preghiera e mandare i figli a catechismo. Certo sono cose buone, ma non bastano per essere cristiani. Gesù dice chiaramente nel vangelo "Chi vuol essere mio discepolo, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua". Evidentemente per seguire Gesù dobbiamo rinnegare noi stessi e quindi non puntare a "realizzare noi stessi", ma abbandonare la nostra realizzazione come scopo di vita, bensì nel rinunciare alle comodità, alla vita agiata, a soddisfare ogni nostro desiderio. Del resto tutti i santi ci insegnano che sono diventati tali con forti privazioni e scelte radicali.
Ma anche rinunciare a noi stessi non è sufficiente. Prendere la croce ogni giorno è pesante e comporta grandi sacrifici. Ma del resto se vogliamo seguire Gesù non possiamo non seguirlo nella via della croce.
Se poi ci chiediamo come Dio padre possa aver permesso le grandi sofferenze di Maria Maddalena de' Pazzi, beh allora dobbiamo prima chiederci come ha potuto permettere che suo figlio morisse in croce tra atroci sofferenze (hai presente il film della Passione di Mel Gibson?). E poi la sofferenza di Maria in vedere così straziato il figlio? Flagellato, crocifisso e morto. Beh anche la Madonna ha sofferto tantissimo.
Insomma la vita cristiana è questa roba qua. E se uno dicesse: allora non voglio essere cristiano perché non voglio soffrire tanto così. La cosa sarebbe curiosa in quanto anche i non cristiani soffrono e muoiono. La differenza è che il cristiano sa perché soffre (per avere il paradiso) ed ha accanto a sé Gesù e la Madonna che lo aiutano con il loro conforto. Invece il non cristiano soffre e non sa perché soffre e non ha nessuno a cui rivolgersi per avere conforto. E poi, in definitiva, muore anche il non cristiano e non sa che senso abbia la vita, visto che pensa che dopo non ci sia più nulla. Invece il cristiano sa che le sue sofferenze saranno premiate dal buon Gesù che ha sofferto per amor nostro.
Insomma la vita cristiana non è una roba per stomaci delicati, una minestrina riscaldata che non sa di nulla. Il cristianesimo è fatto per uomini (e donne, ovviamente) veri e forti. E la forza non ci viene dalla nostra buona volontà, ma dall'aiuto che Gesù ci da facendoci partecipare al suo sacrificio. In fondo la Santa Messa è proprio questo: partecipare al sacrificio di Cristo che viene attualizzato nella consacrazione del pane e del vino. Lo dice anche il sacerdote prima della consacrazione: "il mio e il vostro sacrificio sia gradito a Dio padre onnipotente". Non è riferito al sacrificio di andare la mattina alla Messa, ma il sacrificio della nostra vita unito al sacrificio di Cristo sulla croce.
Questo è il cristianesimo di cui ci parlano i santi. Santa Maria Maddalena è un fulgido esempio di accettazione della sofferenza per amore di Cristo. Del resto l'amore può esprimersi solo con la sofferenza per l'amato. Santa Gianna Beretta Molla che ha sacrificato la sua vita per partorire la quarta figlia (ha rimandato le cure per non far morire la figlia nel suo grembo) diceva: "Se amare non ci costa nulla, significa che non si ama veramente". Del resto ogni mamma che partorisce il figlio soffre per il parto, ma siccome sa perché soffre, accetta la sofferenza per amore del figlio. Insomma non c'è amore se non c'è sofferenza. Santa Maria Maddalena de' Pazzi ci testimonia questa verità cristiana. Se è difficile per noi accettarlo, chiediamo a Dio la forza di accettare il suo amore costi quel che costi. Il Signore vincerà la resistenza che facciamo ad accettare l'amore come legge suprema della nostra vita.
Spero che queste parole scritte di getto ti possano essere utili per iniziare a capire come mai facciamo tanta fatica ad accettare la vita cristiana per quello che è: una via crucis che ha come obiettivo la risurrezione.

CONOSCI LA STORIA DI SANTA MARIA MADDALENA DE' PAZZI? LEGGILA E NON LA DIMENTICHERAI MAI
La vita cristiana è fatta per le anime forti e, se non lo si è, la Grazia trasforma e rende capaci di superare qualsiasi prova
da I Tre Sentieri
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6157

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 8 dicembre 2020

8 - OMELIA III DOM. DI AVVENTO - ANNO B (Gv 1,6-8.19-28)
Rendete diritta la via del Signore
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Possiamo riassumere in tre parole l'insegnamento delle letture di oggi: luce, gioia e umiltà.

1) LUCE
Prima di tutto, questa terza domenica d'Avvento ci presenta la luminosa figura di san Giovanni Battista, il Precursore del Signore. Di lui l'evangelista Giovanni dice che «non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce» (Gv 1,8). In un altro passo di questo Vangelo, Gesù afferma che il Battista «era una lampada che arde e risplende» (Gv 5,35). La lampada non è la luce, ma porta in sé la luce, che illumina tutti quelli che sono nella casa. Così era san Giovanni Battista che preparò le vie al Signore, predisponendo i cuori ad accoglierlo con fede. Così è ogni cristiano, quando riesce a dare buona testimonianza.
In questo periodo d'Avvento siamo chiamati a rivedere tutta la nostra vita, per renderla sempre più un segno vivente dell'amore di Dio. La luce di Cristo brillerà in noi se allontaneremo da noi le tenebre del peccato. San Paolo, nella seconda lettura, invita pertanto tutti i cristiani a tendere alla perfezione. Egli dice: «Pregate ininterrottamente [...] astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (1Ts 5,17-23).
Un giorno, un pellegrino volle andare a conoscere san Giovanni Maria Vianney. Dopo averlo incontrato, così testimoniò: «Ho visto Dio in un uomo». Un santo è come una spugna imbevuta di Dio, o, per meglio dire, è come una lampada che irradia la luce divina.

2) GIOIA
Quanto più uno farà risplendere in sé la luce di Gesù Cristo, tanto più egli vivrà nella gioia. San Paolo, nella seconda lettura, dice: «Siate sempre lieti» (1Ts 5,16). La gioia, quella autentica, sgorga sempre da un cuore puro, da un cuore che ama Dio al di sopra di ogni cosa.
San Leonardo da Porto Maurizio, ad un certo punto della sua vita, così affermò: «Ho settantadue anni e non sono stato un solo giorno triste»; al contrario, un famoso personaggio di questo mondo disse: «Ho settantadue anni e non sono stato un solo giorno felice». Solo chi è nell'amicizia con Dio gioisce. Possiamo dire con certezza che i Santi sono stati le persone più felici di questo mondo, proprio perché avevano Dio nel cuore e, con Lui, godevano di una profonda letizia interiore, pur in mezzo alle grandi prove che hanno dovuto affrontare. Aggiungeva santa Bertilla Boscardin: «Vi è un'unica felicità: essere santi; e vi è un'unica tristezza: non esserlo».
La gioia si raggiunge dopo un serio cammino spirituale che ci fa esclamare con il profeta Isaia: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza» (Is 61,10). Questo canto di esultanza del profeta Isaia si riferiva a Gerusalemme, salvata e ricostruita dopo l'esilio di Babilonia. Questo inno deve diventare anche il nostro grido, che nasce da un cuore liberato dal peccato.

3) UMILTA'
A questa prima lettura fa eco il cantico del Magnificat, uscito dal cuore e dalle labbra della Vergine Maria. Il Magnificat è il canto della gioia, con il quale la Madonna ringrazia Dio e lo riconosce come suo Salvatore. Vera umiltà è quella che ci fa riconoscere tutti i benefici ricevuti dal Signore e ci fa attribuire unicamente a Lui la causa di tutto il bene che è in noi. Quanto più un'anima è umile, tanto più il Signore si compiace di compiere in essa delle meraviglie. Per questo, la Madonna esclamò: «Perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome» (Lc 1,47-48). L'umiltà è la base della santità. Se vi è questo solido fondamento, allora Dio potrà anche in noi operare grandi cose e riversare la sua misericordia nei nostri cuori.
Quanto più un'anima è umile, tanto più glorifica il Creatore e tanto più esulta in Lui. Per questo, la Madonna esclamava: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore» (Lc 1, 46).
Questa umiltà la possiamo ammirare anche in san Giovanni Battista. A chi lo interrogava su chi egli fosse, il Precursore così rispondeva: «In mezzo a voi – e si riferiva chiaramente a Gesù – sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non son degno di slegare il laccio del sandalo» (Gv 1,26-27).
La Madonna, stella luminosa che illumina questo periodo d'Avvento, e san Giovanni Battista, il Precursore di Gesù, ci insegnano la via dell'umiltà, la sola che conduce alla gioia. Sia questa anche la nostra via che ci conduca al Natale ormai vicino.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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