BastaBugie n�708 del 17 marzo 2021

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1 SE MARIO DRAGHI FOSSE IL PAPA...
Il governo italiano ha pubblicato il ''Piano vaccinale'': la Chiesa potrebbe imitarlo con un ''Piano evangelizzatore'' per salvare le anime da un virus peggiore del Covid
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 LA PALLAVOLISTA INCINTA E IL CORTOCIRCUITO DELLA SOCIETA' SENZA FIGLI
La maternità viene difesa solo quando serve alla narrazione femminista, altrimenti è roba da medioevo
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi
3 LA VERA STORIA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO
La fondazione 100 anni fa a Livorno, poi il compromesso storico con la DC, poi il finto scioglimento per cambiare il nome più volte, fino all'attuale presenza al governo
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane
4 LA VERITA' SU FUKUSHIMA: PER IL TERREMOTO 15.500 MORTI, PER L'INCIDENTE NUCLEARE SOLO 1
La tragedia di 10 anni fa in Giappone fu causata da una catastrofe naturale: il quarto più potente terremoto mai registrato, ma l'attenzione è stata alla centrale nucleare (VIDEO: Inverviste a Zichichi, Hack, Veronesi)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 ABOLITO IL VOTO ''INSUFFICIENTE'' PER NON TRAUMATIZZARE I BAMBINI DELLE ELEMENTARI
Entra in vigore la genialata della Azzolina: sostituire ottimo, buono, sufficiente e insufficiente con avanzato, intermedio, base e... in via di prima acquisizione
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi
6 TERREMOTO DI MESSINA E CORONAVIRUS, NULLA ACCADE SENZA UN SIGNIFICATO
Un libro per questo lockdown: una storia romanzata con personaggi reali (tra cui alcuni santi) durante eventi drammatici per sane riflessioni sull'attualità
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radio Roma Libera
7 SCHIAVI DEL VACCINO... CHE NON CI FARA' TORNARE MAI PIU' ALLA SITUAZIONE PRECEDENTE
Nessuno sa quanto duri la copertura dei vaccini (stiamo andando verso un sistema di vaccinazione continua)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 OMELIA V DOM. DI QUARESIMA - ANNO B (Gv 12,20-33)
E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - SE MARIO DRAGHI FOSSE IL PAPA...
Il governo italiano ha pubblicato il ''Piano vaccinale'': la Chiesa potrebbe imitarlo con un ''Piano evangelizzatore'' per salvare le anime da un virus peggiore del Covid
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15-03-2021

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato il 13 marzo scorso il Piano vaccinale anti-Covid. Questo piano, declinato in termini pastorali, potrebbe funzionare benissimo come «Piano evangelizzatore anti-secolarismo». Proviamo ora a tradurre le strategie del Governo per uscire dalla pandemia in strategie pastorali. Le righe che seguiranno sono la fedele riproposizione dei punti programmatici contenuti nel Piano governativo, quasi un copia incolla. Le uniche differenze sono le seguenti: il Piano del Governo ha un ambito di applicazione civile, quello della Chiesa ecclesiale; il primo interessa una nazione, il secondo il mondo intero.

PRINCIPI GUIDA
La finalità di questo Piano è la salvezza delle anime. A tal fine occorre completare al più presto la campagna evangelizzatrice. Capillarità dell'annuncio e spinta alla missionarietà sono i capisaldi per dare nuovo impulso all'evangelizzazione. I citati principi sovrintendono all'intera pianificazione e guidano la logistica di gestione dell'intero processo evangelizzatore. La corretta attuazione del piano prevede il coordinamento da parte del Pontefice di tutte le attività, che saranno svolte con il contributo necessario dei vescovi, degli altri attori istituzionali e delle altre organizzazioni e associazioni, per garantire, in piena sinergia, la continuità della filiera evangelizzatrice, dalla formazione alla vita sacramentale, dai percorsi vocazionali alla somministrazione di sana dottrina.

ATTORI IN CAMPO
I principali attori in campo sono: il Pontificio Consiglio Promozione Nuova Evangelizzazione, la Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, la Congregazione per l'Educazione cattolica. L'azione di questi attori subirà il vaglio della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Congregazione per il Culto Divino e per la Disciplina dei sacramenti. Oltre a questi attori tutto il Sistema Chiesa collabora alla campagna evangelizzatrice: le diocesi, le parrocchie, le associazioni, i movimenti laicali.

FATTORI DI SUCCESSO E VALORI TARGET
Il Piano identifica i presupposti per la condotta di una campagna evangelizzatrice rapida, mediante: efficace e puntuale distribuzione dei sacramenti e della dottrina che è priva di effetti collaterali; costante monitoraggio dei fabbisogni delle anime e approvvigionamento di missionari tra sacerdoti, religiosi e laici; incremento della capacità giornaliera di somministrazione. Un impulso sincrono e sinergico da parte di tutti gli attori lungo le tre linee operative consentirà di ottimizzare e velocizzare l'intero processo evangelizzatore. Il rateo ideale da raggiungere, a regime, è stimato, per fare un esempio, in almeno 500 mila somministrazioni di sacramenti e lezioni di catechesi al giorno per popolazioni intorno ai 60 milioni di persone per raggiungere l'evangelizzazione di massa (almeno l'80% della popolazione evangelizzata) entro il mese di settembre.
L'approvvigionamento di missionari è alla base dell'intera filiera evangelizzatrice e si sviluppa attraverso: costante contatto con i Centri vocazionali e i seminari, ricezione dei missionari e smistamento in tutto il mondo. In merito al monitoraggio del fabbisogno delle anime, Il monitoraggio consente alla Chiesa cattolica di ottimizzare il flusso della filiera, intervenendo proattivamente in modo mirato, selettivo e puntiforme dove necessario, sulla base degli scostamenti alla pianificazione. A tal fine si prevede: la costituzione di una riserva di missionari, accantonando circa l'1,5% di questi, da reindirizzare prontamente in caso di emergenza nelle aree che manifestano criticità; l'utilizzo di rinforzi del sistema da parte della Congregazione per il Clero e quella della Vita consacrata o di altre organizzazioni, gravitando con tempestività, flessibilità e aderenza nelle aree maggiormente in difficoltà. Sarà possibile intervenire secondo il principio del punto di accumulo, ovvero concentrando tutte le risorse necessarie verso quelle aree cluster e di piccole dimensioni che versano in stato di particolare criticità.
La capillarizzazione dell'evangelizzazione è una condizione per il successo della campagna e si realizza incrementando la platea dei missionari e i punti di diffusione della fede. L'ampliamento della platea dei missionari si realizza: con la catechesi, con il reclutamento di sacerdoti anche diocesani e ricorrendo ai laici, inclusi gli sposati. La capillarizzazione trova giovamento anche nel potenziamento della rete evangelizzatrice esistente con criterio di progressività ad esempio usando parrocchie, oratori, associazioni di volontariato e sportive di ispirazione cattolica, scuole, etc. È necessario il richiamo periodico dell'azione di evangelizzazione.

GOVERNANCE
Struttura: catena snella, organizzazione funzionale. Procedure: pianificazione a tutti i livelli, controllo accentrato della Santa Sede, esecuzione decentrata diocesana, collegamenti diretti, tavolo permanente.
Fin qui il fantomatico «Piano evangelizzatore anti-secolarismo». Vero, una burla, quasi un gioco retorico, ma fino ad un certo punto. Pensiamo se realmente chi governa la Chiesa sentisse l'urgenza e l'importanza di salvare le anime tanto quanto i governi oggi sentono l'urgenza e l'importanza di salvare le persone dal Covid. Di certo appronterebbe un piano evangelizzatore simile, almeno nello spirito, nella ratio, a quello redatto dal Governo italiano per combattere la pandemia. La sua mancanza potrebbe dunque essere indice del fatto che le gerarchie hanno dimenticato che il virus peggiore è il peccato il quale ha moltissime varianti, peccato che però si può prevenire o curare con la formazione, la preghiera, i sacramenti e le opere di carità.

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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DOSSIER "MARIO DRAGHI"
Il banchiere prestato alla politica

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15-03-2021

2 - LA PALLAVOLISTA INCINTA E IL CORTOCIRCUITO DELLA SOCIETA' SENZA FIGLI
La maternità viene difesa solo quando serve alla narrazione femminista, altrimenti è roba da medioevo
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi, 11 marzo 2021

Un post, e nel giro di poche ore la storia della "gravidanza vietata" della pallavolista Lara Lugli era già diventata l'emblema «di un diritto ancora negato», «della condizione femminile in Italia», «del patriarcato che vede le donne un oggetto di proprietà altrui», di come la donna sia ancora «vittima di atteggiamenti che hanno radici medievali», «questa vergogna deve finire», «porterò il caso in Parlamento».
Dal Corriere a Repubblica, dall'Ansa a Wired, da Susanna Camusso alla senatrice Iv Daniela Sbrollini, da Maria Elena Boschi a Laura Boldrini, l'8 marzo scorso politica, giornali e mondo dello sport sollevavano gli scudi contro l'ennesima storia di «violenza contro le donne» (dal tweet della presidente del Senato Elisabetta Casellati).
La storia di Lara Lugli è quella di una pallavolista con un passato in serie A e che nella stagione 2018/2019 è sotto ingaggio del Volley Pordenone, serie B1. A marzo la donna comunica alla società di non poter concludere il campionato perché in gravidanza, la società risolve quindi il contratto e, quando Lugli chiede con decreto ingiuntivo gli arretrati di una mensilità, cita la ragazza per danni. Il caso è drammatico, non solo perché Lugli ha poi perso il bambino, ma perché mette a tema la questione, serissima, dei contratti e delle tutele delle atlete nel mondo dello sport, ed è paradossalmente la risposta, definita "piccata" dal Corriere, del Volley Pordenone ad attestarne la gravità.

DISCRIMINARE LA MATERNITÀ È DA MEDIOEVO?
La società parla di «verità ribaltata», il contratto, presentato dall'agente stesso di Lugli, prevedeva clausole penalizzanti per l'atleta in caso di interruzione anticipata, «di fronte alla maternità ci siamo limitati a interrompere consensualmente il rapporto mantenendoci in costante contatto con la giocatrice anche nel doloroso momento che ha affrontato poche settimane dopo (...) Solo quando ci è arrivata l'ingiunzione di pagamento ci siamo opposti e abbiamo attivato le clausole del contratto».
Secondo il Pordenone, che a causa della pandemia ha smesso di pagare gli stipendi, interrotto l'attività e rinunciato all'iscrizione al campionato successivo, il rimborso non è dovuto. Secondo Lugli lo è eccome, tanto più che in seguito all'ingiunzione «nessuno le ha poi chiesto di tornare a giocare». Son cose da contratti, carte, avvocati, e sì, in quanto al riconoscimento del professionismo femminile si apre un tema enorme che ha visto l'Assist, associazione che si batte per la tutela dei diritti delle sportive, chiedere un incontro a Draghi e al presidente del Coni Malagò.
Questa è la storia di Lara Lugli. E poi c'è la narrazione della storia di Lara Lugli, quella in cui la maternità vissuta come un peso, una discriminazione, una colpa da punire sarebbe roba da Medioevo. Ed è qui che vale la pena ricordare che no, questa dottrina della maternità penalizzata e giudicata irrilevante nella sua dimensione sociale, di retrogrado non ha nulla. E che in pieno inverno demografico, di scudi sollevati in difesa della sua dimensione tutt'altro che privata, quando non sia minacciata dalla società maschile, se ne vedono ben pochi. Anzi.
Tutti ci ricordiamo l'attacco isterico di Boldrini contro l'immagine dell'app Immuni che un anno fa mostrava una donna col bambino in braccio e l'uomo al pc, «un'app inquinata in partenza da insopportabili e anacronistici stereotipi», «fuori dal tempo e dalla storia (...) le donne italiane non meritano tutto questo» aveva rincarato Paola Concia. Ci ricordiamo le ovazioni dei giornali alle società della Silicon Valley così avanti nei diritti da proporre alle dipendenti di congelare i propri ovuli al grido "prima la carriera", un benefit modernissimo per definire inequivocabilmente la maternità un intralcio.

QUANDO VERONA FACEVA SCHIFO
Abbiamo visto mobilitazioni di ogni sorta per il diritto delle cinquantenni a fare figli, in lotta contro l'orologio biologico e l'inchiodamento delle giovani donne al destino della maternità, per il diritto a interrompere gravidanze in qualunque momento per qualunque motivo. Una maternità svilita ogni giorno dagli stessi giornali e politici (e dai tribunali), che oggi si stracciano le vesti per un "diritto negato" ma che trovano assolutamente normale che una donna infili i gameti in freezer, congeli gli ovuli, usi il proprio utero come un attrezzo o che una coppia di uomini possa farne le veci.
Ecco a cosa ci ha portato la sindacalizzazione della "questione femminile", l'industria dei diritti e una battaglia per l'emancipazione eternamente sbilanciata ad assicurare libertà alle donne che di figli non ne possono o non ne vogliono avere. Un contratto come quello proposto dal procuratore di Lugli, e firmato dalla pallavolista e dal Volley Pordenone non dovrebbe avere cittadinanza perché la genitorialità non andrebbe mai discussa secondo le leggi di mercato: ma quando si è visto un altrettanto giusto sollevamento di scudi, in questa società dell'uguaglianza, a favore della maternità come valore sociale e non solo come arma di rivendicazione o diritto nel mercato del lavoro?
È uno strano doppio standard. Non era forse medievale anche chiamare Verona «città a favore della vita»? Quando il consiglio comunale nel 2018 varò un'iniziativa per sostenere economicamente le donne incinte in difficoltà, senza mezzi o lavoro, Monica Cirinnà si disse «esterrefatta e schifata», e Pd, Leu e M5S si scagliarono contro una sorta di indebita classifica di valore che ponesse la scelta della maternità al primo posto, relativizzando le altre. Non è diverso da quello è che stato scritto in questo 8 marzo, quando medievale è diventato discriminare chi sceglie di diventare madre. Ma allora Verona era emblema di un altro diritto negato, quello di chi di figli non ne vuole sapere, e di un valore attribuito alla maternità per cui, quando non è l'8 marzo o non c'è qualcuno da salvare dal patriarcato, non si alza alcuno scudo.

Nota di BastaBugie: nell'articolo si citano l'app immuni che ha causato le proteste della Boldrini e il congresso delle famiglie tenuto a Verona. Per approfondire si possono cliccare i seguenti link.

L'APP IMMUNI SVELA LA PREPOTENZA DELLE FEMMINISTE AL POTERE IN ITALIA
Laura Boldrini e altre si scagliano contro l'immagine di una mamma che tiene in braccio il figlio e il marito che lavora: il ministro Paola Pisano prontamente inverte i ruoli (VIDEO: La verità sulle app di tracciamento)
di Andrea Zambrano
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6160

DOSSIER "CONGRESSO DELLE FAMIGLIE"
Cosa è successo a Verona nel 2019
https://www.bastabugie.it/it/dossier.php?id=10

Fonte: Tempi, 11 marzo 2021

3 - LA VERA STORIA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO
La fondazione 100 anni fa a Livorno, poi il compromesso storico con la DC, poi il finto scioglimento per cambiare il nome più volte, fino all'attuale presenza al governo
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane, 12 Marzo 2021

Il Partito Comunista d'Italia nacque a Livorno il 21 gennaio 1921 da una scissione del Partito Socialista. I suoi principali fondatori furono Antonio Gramsci (1891-1937), Palmiro Togliatti (1893-1964) e Amedeo Bordiga (1889-1970), poi espulso e sottoposto a damnatio memoriae, secondo la dialettica interna tipica di ogni partito comunista.
Nel 1917 il partito bolscevico aveva conquistato il potere in Russia, sotto la guida di Vladimir Lenin e Lev Trotzski. Il PCI fu la sezione italiana del Komintern, l'organizzazione internazionale fondata a Mosca nel 1919, con lo scopo di diffondere la rivoluzione comunista nel mondo. Nella storia del comunismo, la Rivoluzione russa è un evento più importante della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista con cui Karl Marx e Friederich Engels, nel febbraio del 1848, lanciarono un appello ai proletari di tutto il mondo per abbattere la borghesia e realizzare la «società senza classi».
Nella «undicesima tesi» del suo commento alla filosofia di Feuerbach, Marx sostiene che il compito dei filosofi non è di interpretare il mondo, ma di «trasformarlo». Questa affermazione sembrò realizzarsi nel 1917 a Mosca, dove, per la prima volta nella storia, il comunismo prese il potere e iniziò a diffondersi nel mondo. A Lenin, morto nel 1924, successe Stalin, eliminando la dissidenza di Trotzski, che lo accusava di "tradire" la Rivoluzione. In Italia, mentre Gramsci, imprigionato dal fascismo, elaborava, nei Quaderni dal carcere, la sua «filosofia della prassi», Palmiro Togliatti, il più fedele tra gli stalinisti, guidò il Partito Comunista nella clandestinità e poi nel dopoguerra. Con l'aiuto, anche finanziario, dell'Unione Sovietica, il Partito Comunista divenne il secondo partito italiano dopo la Democrazia Cristiana.

OSTPOLITIK
Il 7 marzo 1963 Giovanni XXIII ricevette in Vaticano Alexis Adjubei, genero di Krusciov e direttore dell'agenzia Izvestija. Pochi giorni dopo Togliatti, in piena campagna elettorale, propose ufficialmente una collaborazione tra cattolici e comunisti (Rinascita, 30 marzo 1963). Nelle elezioni del 29 aprile, il PCI aumentò di un milione di voti, provenienti soprattutto da ambienti cattolici. Togliatti morì a Yalta nel 1964, mentre la Democrazia Cristiana, con la benedizione del nuovo Pontefice, Paolo VI, formava i primi governi di "centro-sinistra". Il Concilio Vaticano II si chiuse l'8 dicembre 1965 senza aver pronunciato una sola parola sul comunismo, sebbene quasi 500 Padri conciliari ne avessero chiesto un'ufficiale condanna.
Nel 1973, dopo l'ascesa e la caduta del governo socialcomunista di Salvador Allende, in Cile, il nuovo segretario del PCI Enrico Berlinguer (1922-1984) pubblicò sulla rivista del partito Rinascita, una serie di Riflessioni sull'Italia dopo i fatti del Cile, in cui avanzava la proposta di un «compromesso storico», che portasse i comunisti al governo in maniera indolore, con l'appoggio della Democrazia Cristiana. L'interlocutore privilegiato di Berlinguer era Aldo Moro, che godeva della piena fiducia di Paolo VI e che iniziò a tessere la trama di un governo con i comunisti.

IL COMPROMESSO STORICO
Gli anni fra il 1974 ed il 1976 furono quelli del maggior successo elettorale del PCI, che nelle elezioni del 21 giugno 1976 raggiunse il 34,4% dei voti espressi. Nel 1978, tuttavia, la morte tragica di Aldo Moro, a cui seguì, pochi mesi dopo, quella di Paolo VI, rallentò la realizzazione del "compromesso storico", mentre in Unione Sovietica, colpita da una colossale crisi economica, nasceva la perestrojika di Mikail Gorbaciov. Nel 1989 crollò il Muro di Berlino e l'Unione Sovietica iniziò la sua auto-dissoluzione. «La decomposizione dell'Unione Sovietica e di conseguenza del suo impero per il modo in cui è avvenuta resta misteriosa», scrive François Furet nel suo studio su Il passato di un'illusione (Mondadori, Milano 1995, p. 354). Senza spargimenti di sangue, tra il 1989 e il 1991, la nomenklatura sovietica sciolse la vecchia azienda e si mise alla testa della nuova. Il comunismo si liberò del suo apparato burocratico, in Russia e nel mondo, lasciando che l'idea comunista potesse esprimersi in nuove forme e modalità di azione.
Il 3 febbraio 1991 anche il Partito Comunista Italiano deliberò il proprio scioglimento, promuovendo la costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS). Il 14 febbraio 1998 il PDS, al termine degli Stati Generali della Sinistra, cambiò ulteriormente nome in Democratici di Sinistra (DS), una compagine che fu a sua volta soggetto fondatore dell'Ulivo, sorto per iniziativa di Romano Prodi, che finalmente, nel 1996 portò i comunisti al governo in Italia. L'Ulivo confluì poi nel Partito Democratico (PD), fondato nel 2007 e oggi al governo.

Nota di BastaBugie: in Italia c'è stato il più grosso Partito Comunista d'occidente, ma sembra che in Italia nessuno sia stato comunista. Si può approfondire il tema leggendo il seguente articolo.

IL PCI COMPIE CENTO ANNI ED E' AL POTERE IN ITALIA (SOTTO ALTRO NOME)
I dirigenti del Partito Comunista si sono autoassolti senza chiedere scusa, hanno accantonato la bandiera marxista, ma non l'arroganza ideologica, la pretesa superiorità morale e la demonizzazione degli avversari
di Antonio Socci
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6322

Fonte: Radici Cristiane, 12 Marzo 2021

4 - LA VERITA' SU FUKUSHIMA: PER IL TERREMOTO 15.500 MORTI, PER L'INCIDENTE NUCLEARE SOLO 1
La tragedia di 10 anni fa in Giappone fu causata da una catastrofe naturale: il quarto più potente terremoto mai registrato, ma l'attenzione è stata alla centrale nucleare (VIDEO: Inverviste a Zichichi, Hack, Veronesi)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12-03-2021

Se sentite la parola Fukushima, a cosa pensate? All'incidente nucleare, sicuramente. I media, in occasione del 10mo anniversario del terremoto, del maremoto e dell'incidente nucleare nel Giappone nordorientale, hanno parlato quasi esclusivamente dell'incidente nucleare. Come se non bastasse la paura diffusa a piene mani per il Covid, tutti i notiziari ci hanno ricordato che dobbiamo aver paura anche dell'atomo. Ma è stato il modo giusto per ricordare le vittime della tragedia dell'11 marzo in Giappone? È giusto trarre la conclusione, dalla lezione di Fukushima, che il nucleare è pericoloso e bisogna puntare su altre fonti energetiche? Se solo riuscissimo a liberarci dalle emozioni del momento e a riflettere lucidamente su quanto è successo, numeri alla mano, la risposta è: no, ad entrambe le domande.
Non è stato il modo giusto per ricordare le vittime della tragedia dell'11 marzo 2011. Quasi tutte sono infatti morte (o la loro vita è cambiata per sempre) a causa di una catastrofe naturale. Il terremoto di magnitudo 9 della scala Richter, il quarto più potente mai registrato, ha causato 15.500 morti (dato ufficiale del governo nipponico) a cui si aggiungono 3mila persone ancora disperse. Il terremoto ha distrutto le infrastrutture, il successivo tsunami, con onde alte da 13 a 15 metri, ha spazzato via ciò che restava in un'ampia fascia costiera. E questo in un Paese all'avanguardia quanto a costruzioni anti-sismiche, sistemi di allarme e protezione dai maremoti.
È all'interno di questa tragedia, che non va dimenticata, che si consuma l'incidente di Fukushima. Ed è solo di questo che si parla, per dimostrare che anche una centrale moderna, se sottoposta a uno stress straordinario, può causare una catastrofe. Fukushima è spesso accostata a Chernobyl come secondo peggior disastro nucleare. La Tepco, la compagnia che gestisce la centrale, ha riconosciuto la sua responsabilità e risarcito le vittime. Ma, oltre al fatto che la centrale di Fukushima non era affatto di ultima generazione, quanti morti ha provocato l'incidente nucleare? Probabilmente 1. È d'obbligo il condizionale perché il defunto, un operaio che lavorava alla centrale, è morto a seguito di un tumore e, anche se lo Stato ha risarcito la famiglia riconoscendola come vittima dell'incidente, il nesso fra il tumore mortale e le radiazioni è ancora oggetto di dibattito. Delle 170mila persone evacuate, il numero di contaminati con potenziali conseguenze cliniche è: 9. Nessuno di essi è morto o soffre di patologie gravi.

LA SICUREZZA DELLE CENTRALI NUCLEARI
Il basso numero di vittime viene solitamente attribuito alla rapidissima evacuazione dell'area. Ma il rilascio di radioattività dalla centrale è stato inferiore a un decimo di quello misurato a Chernobyl. Fukushima, benché si stenti ad ammetterlo, è la dimostrazione che i sistemi di sicurezza delle centrali nucleari funzionano anche in condizioni realmente estreme. E anche quando saltano, è possibile contenere i danni al minimo. I sistemi di sicurezza funzionano: nell'area colpita da sisma e tsunami due centrali su tre, Fukushima Daini e Onagawa, hanno continuato a funzionare. Solo Fukushima Daiichi ha dato il nome all'incidente nucleare ed è balzata all'onore della cronaca. Ma la perdita di radiazioni è stata prontamente contenuta, anche perché i reattori erano spenti. Sono le vecchie barre di combustile del reattore 4 ad aver causato il problema, surriscaldate perché il sistema di raffreddamento si era guastato a seguito della catastrofe naturale. Ma gli effetti sui lavoratori più esposti e sulla popolazione vicina sono stati minimi, appunto. Secondo uno studio effettuato dall'Unscear (Comitato Scientifico delle Nazioni Unite sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche), redatto nel 2013, "Non sono stati osservati casi di morti o di malattie indotte dalle radiazioni, né tra i lavoratori della centrale né tra i cittadini esposti alle conseguenze dell'incidente. Le dosi assorbite dalla popolazione nell'anno successivo all'incidente sono generalmente basse o molto basse, e ci si aspetta che rimangano tali per il resto della loro vita. Non si ci aspetta nessun tipo di aumento dell'incidenza di effetti sulla salute dovuti alle radiazioni sui cittadini esposti alla contaminazione o sui loro discendenti. Le conseguenze maggiori si sono avute dal punto di vista psicologico e sociale". Un aggiornamento pubblicato all'inizio di marzo, conferma gli stessi risultati. Piuttosto non esiste ancora una stima certa sulle vittime dell'operazione di evacuazione in sé. Soprattutto anziani e ammalati, rimasti privi di cure, sono morti nell'ordine delle centinaia, secondo alcuni studi sarebbero addirittura più di 2mila, molto di più di quelli che sarebbero morti per le radiazioni nello scenario peggiore immaginabile (a Chernobyl, un incidente di gran lunga peggiore, i morti per radiazioni furono meno di 50, le vittime di lungo periodo, per tumore alla tiroide ricollegabile all'incidente, furono poco meno di 4mila in 30 anni).

LA TRAGEDIA FU QUELLA NATURALE
Si parla ancora delle conseguenze di lungo periodo. Ma quali? L'utilizzo di acqua di mare per raffreddare i reattori aveva generato una vera e propria psicosi per il pesce giapponese, mandando in crisi tutto il settore. Ma questa operazione di salvataggio, sebbene abbia causato un iniziale aumento della radioattività nella zona, già nel 2012 non era più un problema. Nel pesce pescato al largo di Fukushima i livelli di radioattività erano analoghi a quelli del resto del mondo. Solo nei pesci che nuotano più in profondità si notava, ancora, un piccolo aumento, ma entro i limiti fissati dalla legge giapponese. A terra, invece, la zona rossa, attorno alla centrale danneggiata, non registra più livelli di radiazioni anomali.
L'incidente nucleare di Fukushima, insomma, fu un piccolo tassello di un'immensa tragedia. La tragedia fu quella naturale. Sarebbe ingiusto parlare di Fukushima come di una "tragedia nucleare" e accostare, nei titoli, la conta totale delle vittime del terremoto e dello tsunami (18mila morti). A questo punto, nell'ambito della catastrofe naturale, fu peggio un altro incidente, in un'altra centrale elettrica, idroelettrica in questo caso, di cui però non si parla mai. Il cedimento della diga di Fujinuma, nella stessa prefettura di Fukushima, distrusse cinque case e provocò 8 dispersi, di cui 4 morti accertati. Almeno 4 volte superiore al bilancio delle vittime della centrale nucleare di Fukushima. A questo punto, visto che è di una centrale idroelettrica che si parla, è legittimo affermare che le rinnovabili siano più pericolose del nucleare. Ma non vogliamo essere troppo provocatori.

Nota di BastaBugie: ecco i video di tre interviste di alcuni anni fa dopo l'incidente a Fukushima a scienziati italiani favorevoli all'energia nucleare.

1) Antonino Zichichi (1929 - vivente)

www.youtube.com/watch?v=CNYSJ3gL4aw

2) Margherita Hack (1922 - 2013)

www.youtube.com/watch?v=McfeqarkxFQ

3) Umberto Veronesi (1925 - 2016)

www.youtube.com/watch?v=IG30QxgBUso

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12-03-2021

5 - ABOLITO IL VOTO ''INSUFFICIENTE'' PER NON TRAUMATIZZARE I BAMBINI DELLE ELEMENTARI
Entra in vigore la genialata della Azzolina: sostituire ottimo, buono, sufficiente e insufficiente con avanzato, intermedio, base e... in via di prima acquisizione
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi, 3 marzo 2021

Periodicamente la scuola italiana rivoluziona le modalità di giudizio sul rendimento degli studenti, e puntualmente le reazioni vanno dal perplesso all'indignato. Adesso è la volta delle scuole elementari, dove per disposizioni prese quando ministro dell'Istruzione era Lucia Azzolina ai voti numerici in pagella e ai tradizionali giudizi ("ottimo", "buono", "insufficiente", ecc.) nelle verifiche e nelle interrogazioni è stata sostituita una nuova nomenclatura dei livelli di apprendimento che suona così: "avanzato", "intermedio", "base", "in via di prima acquisizione". Quest'ultima espressione è l'oscuro ma anche esilarante eufemismo che permette di evitare l'inequivocabile "insufficiente", considerato evidentemente troppo stigmatizzante.
Perché da anni ministri dell'Istruzione e mondo della scuola si arrovellano attorno ai sistemi di valutazione, con esiti che diventano puntualmente oggetto di pesanti critiche e di polemiche? I voti numerici pare che li abbia inventati e introdotti Napoleone Bonaparte, e hanno tenuto botta grosso modo fino al Sessantotto, anche se non andavano più da 0 a 20 come aveva stabilito il condottiero còrso ma da 0 a 10. Poi ha preso il sopravvento la riflessione secondo la quale i numeri danno un'idea sbagliata, puramente quantitativa, del processo dell'apprendimento e della sua natura relazionale, di rapporto fra l'insegnante e lo studente. Sono stati introdotti, pur con discontinuità e con molti ripensamenti, i giudizi aggettivati: "ottimo", "distinto", ecc. Dopodiché qualcuno ha pensato che anche questi rischiavano di essere diseducativi, perché potevano essere intesi come giudizi sulla persona e non sulle sue performance scolastiche. Da qui nascono i ragionamenti che hanno portato alla formulazione delle nuove modalità di valutazione: se uso termini come "avanzato", "base", "in via di acquisizione", è inequivocabile che mi sto riferendo al processo di apprendimento e non a qualità e difetti della persona, che la farebbero sentire giudicata. Non sto reificando (voto), non sto stigmatizzando (giudizio aggettivale) nessuno: sto descrivendo i risultati dello sforzo che insegnante e studente stanno compiendo (o non compiendo) in vista dell'apprendimento.

IL VOTO E LA NOSTRA IDENTITÀ
Ma siamo sicuri che questa separazione radicale fra la persona e le sue azioni sia educativa, sia benefica per la persona, in particolare trattandosi delle persone di bambini delle scuole elementari? Per rispondere basta andare con la mente alla nostra personale esperienza scolastica, al modo in cui ci rapportavamo alla questione del giudizio o del voto quando avevamo 6-10 anni. Era un misto di apprensione e di desiderio. Desiderio spasmodico del bel voto, apprensione per il timore che non arrivasse. Perché ci andava di mezzo la nostra persona: volevamo essere riconosciuti, affermati, desiderati, amati dall'Altro che erano il maestro, la mamma, il babbo, e il conseguimento del successo scolastico era la prestazione che ci permetteva di ottenerlo, perché era la conferma, ai nostri e ai loro occhi, del nostro valore. La controprova di questo l'abbiamo avuta alle scuole superiori, dove qualche voto o giudizio negativo inevitabilmente prima o poi ci scappavano: il dispiacere che provavamo non aveva niente a che fare col timore di non essere accettati/amati dai genitori - questa paura infantile negli anni dell'adolescenza non c'è più -, ma con la ferita al nostro amor proprio. A essere messa in discussione da un 4 in greco o in matematica era la nostra identità, che è sempre rapporto con noi stessi e con gli altri. L'insuccesso scolastico modificava in peggio lo sguardo che noi avevamo su noi stessi e che gli altri avevano su di noi. In un caso come nell'altro, il voto/giudizio scolastico non era separabile dalla nostra persona. In un caso come nell'altro, eravamo noi i primi a pensare che il voto/giudizio non poteva non essere anche un giudizio sulla nostra persona.
Tutto ciò - che nessuno può negare che corrisponda al suo vissuto - non smentisce la bontà dell'approccio che vuole evitare l'identificazione del giudizio sul rendimento scolastico col giudizio sulla persona come tale dello studente. L'essere umano è sempre più delle sue azioni: il peccatore non coincide col suo peccato, il carcerato non può essere ridotto al crimine commesso, chi fa uno sbaglio non è tutt'uno col suo errore. In tutti i sensi possibili dell'espressione, l'uomo - come scriveva Pascal - supera infinitamente l'uomo. Ma ognuno di noi è anche le sue azioni, e noi siamo i primi a saperlo: non si giustificherebbero la fierezza o la vergogna con cui ripensiamo a cose che abbiamo fatto nel corso della nostra vita. Perché se non integrassimo le nostre azioni a noi stessi, non sapremmo più chi siamo: non avremmo più un'identità. Come scrive lo psicanalista Mario Binasco, «la nostra identità non è solo qualcosa che precede e fonda il nostro agire, ma soprattutto è ciò che risulterà dal nostro agire; gli atti che compiamo non sono una semplice esplicazione o conseguenza della nostra identità, cioè di chi siamo, ma sono un modo drammatico in cui noi andiamo incontro a ciò che siamo, correndo il rischio di non riconoscerci, o almeno di non compiacerci, in ciò che incontriamo di noi stessi».

AL VOTO NUMERICO SI SOSTITUISCE L'ANONIMATO PROTOCOLLARE
Giudizi scolastici modellati esclusivamente sull'andamento dei processi di apprendimento in un modo così radicale che lo studente - in questo caso un bambino delle elementari - non possa riconoscervi l'implicazione della sua persona, rischiano di fare più male che bene. Rischiano di creare nel bambino l'impressione che all'insegnante e ai genitori (che accettano il sistema) importi poco di lui, che a loro non interessi creare un legame con lui, riconoscere la sua unicità, personalizzare il rapporto. Alla riduzione quantitativistica del rapporto di cui era accusato il voto numerico si sostituisce l'anonimato protocollare. "Intermedio" significa che il tuo livello di competenze è stato certificato così: «L'alunno porta a termine compiti in situazioni note in modo autonomo e continuo; risolve compiti in situazioni non note utilizzando le risorse fornite dal docente o reperite altrove, anche se in modo discontinuo e non del tutto autonomo». Sicuro che questa spersonalizzazione del rapporto, rafforzata dal taglio burocratico del linguaggio, non sia peggio di un giudizio che va da "ottimo" a "insufficiente" e che inevitabilmente coinvolgerà sempre insieme il soggetto e il suo operato, cioè la persona dello studente e il suo rendimento?
Apparentemente sembra un dilemma senza vie d'uscita, ma non è così. La stima reciproca fra alunno e maestro, fra studente e professoressa si costruisce nel corso dell'anno scolastico. Se avverto su di me lo sguardo costantemente valorizzante di un adulto, non mi sentirò castrato da un brutto voto o da un giudizio di insufficienza, se me li sono meritati. Sarà il campanello di allarme che mi avverte che devo cambiare qualcosa nel mio modo di studiare. Sarà la prova che gli adulti mi considerano abbastanza forte da portare il peso di una frustrazione. E abbastanza maturo da potermi paragonarmi con la realtà così com'è.

Fonte: Tempi, 3 marzo 2021

6 - TERREMOTO DI MESSINA E CORONAVIRUS, NULLA ACCADE SENZA UN SIGNIFICATO
Un libro per questo lockdown: una storia romanzata con personaggi reali (tra cui alcuni santi) durante eventi drammatici per sane riflessioni sull'attualità
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radio Roma Libera, 15 Marzo 2021

"L'Isola misteriosa" è il titolo di una storia romanzata che ho pubblicato nel 2020, e che può essere una lettura adatta ad un periodo di lockdown come quello che passerà l'Italia dal 15 marzo al 6 aprile (Editore Marco Solfanelli, pp. 140, euro 11).
Storia romanzata significa che il libro non è una storia inventata all'interno di un quadro storico, come accade per i romanzi storici, ma è una storia vera, abbellita da qualche elemento di fantasia. I protagonisti di questa storia sono personaggi reali e autentiche sono le loro parole e gli eventi a cui partecipano, in particolare il terribile terremoto di Messina del 28 dicembre 1908.

L'ISOLA MISTERIOSA È LA SICILIA
Sant'Annibale Maria di Francia e san Luigi Orione sono tra i protagonisti, accanto a due aristocratiche italiane anch'esse in odore di santità, Angelina Paternò Castello e Maria Cristina Giustiniani Bandini, e ad altri personaggi, tra i quali svolge un ruolo centrale un professore siciliano, di cui preferisco non rivelare l'identità, ma anch'egli realmente vissuto,
L'isola misteriosa è la Sicilia, con il suo fascino, i suoi enigmi, la sua storia e soprattutto la sua vocazione, perché ogni popolo, come ogni uomo, ha una vocazione nei piani di Dio. Siciliani, di nascita, o di adozione, come il duca di Bronte Alexander Nelson-Hood, discendente del famoso ammiraglio, sono i suoi protagonisti.
Questo libro è stato scritto prima che il coronavirus si affacciasse sulla scena, ma tra i protagonisti, il principale è un medico, l'incognito professore, docente di batteriologia e di igiene all'università di Catania, allievo di Pasteur a Parigi e di Koch a Berlino, specializzatosi sulle malattie infettive e sulle epidemie, uno dei pionieri della vaccinazione e della lotta alle malattie endemiche, come la malaria, in Italia.
Le sciagure che possono colpire l'umanità, come le epidemie e i terremoti sono dunque motivo di riflessione in queste pagine, in cui la parola viene data ai santi. E fin dalla prima riga della storia si ricorda che "Nulla accade nella nostra vita che non abbia un significato". "Il terremoto di Messina - afferma sant'Annibale Maria di Francia - ha colpito una città, ma è la prefigurazione di un castigo più vasto che incombe sul mondo. Pensate solo alla possibilità di una nuova guerra mondiale, dopo quella che si è conclusa, o a una pandemia peggiore della Spagnola. Se solo la gente conoscesse quant'è grave il peccato e quanto drammatiche sono le sue conseguenze!"

IL MISTERO DEL MALE
E san Giuseppe Moscati, intervenendo in un colloquio tra il professore e un altro celebre medico, il napoletano Antonio Cardarelli, di cui era assistente, così interviene: "Tutto ciò che accade, anche la malattia, ha una ragione e un significato. E il mistero del male, fisico e morale, dell'universo, non ha la sua spiegazione nella scienza medica, ma nella scienza teologica". Poi, chinando leggermente la testa verso i due professori ammutoliti, così continua: "Mi siete maestri e nessuno più di me apprezza il vostro ingegno e la vostra competenza. Ma permettete al giovane e inesperto medico che io sono di alzare lo sguardo al Cielo nell'esercizio della mia professione. Io credo che come medici dobbiamo ricordare che i nostri pazienti non hanno solo un corpo, ma anche un'anima, e dobbiamo mirare oltre che alla salute del corpo, all'eternità felice della loro vita. La scienza medica è fallibile, e ancora più lo siamo noi medici, una sola scienza è incrollabile e incrollata, quella rivelata da Dio, la scienza dell'al di là. Solo Dio, signori, è Medico e Medicina".
Queste parole, che furono realmente pronunciate da san Giuseppe Moscati, ci aiutano a comprendere perché la scienza medica si rivela oggi incapace ad affrontare le grandi emergenze della nostra epoca: tragedie, come quella del coronavirus, in cui, chi sa cogliere i segni dei tempi, vede la mano Provvidente di Dio, perché, occorre ribadirlo, nulla accade nella storia, come nella nostra vita, che non abbia un significato.

Nota di BastaBugie: per acquistare il "L'Isola misteriosa", Editore Marco Solfanelli, pp. 140, euro 11,00 clicca sul seguente link.
https://www.edizionifiducia.it/products/lisola-misteriosa

Fonte: Radio Roma Libera, 15 Marzo 2021

7 - SCHIAVI DEL VACCINO... CHE NON CI FARA' TORNARE MAI PIU' ALLA SITUAZIONE PRECEDENTE
Nessuno sa quanto duri la copertura dei vaccini (stiamo andando verso un sistema di vaccinazione continua)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15-03-2021

Uno degli argomenti più diffusi a favore della vaccinazione di massa anti-Covid è che si tratta dell'unico modo per uscire da questa situazione di pandemia e lockdown. Che sia rassegnazione o convinzione poco conta, fatto sta che c'è una generale convinzione che una volta vaccinata la stragrande maggioranza della popolazione, si potrà chiudere questo lungo capitolo di sofferenza. E le diffuse reazioni avverse - febbre alta, spossatezza, malessere generale per alcuni giorni - diventano un prezzo accettabile da pagare per riconquistare la normalità.
C'è però un doppio calcolo sbagliato in tutto questo. Anzitutto dalle élite che ci governano non è previsto il ritorno alle condizioni di vita pre-Covid, ci è stato detto esplicitamente in tutte le salse. Anche il presidente del Consiglio Mario Draghi, nel discorso programmatico del governo, pronunciato al Senato lo scorso 17 febbraio, ha detto molto chiaramente - rifacendosi alla Parola della Scienza - che «uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce». Ma di questo avremo ancora modo di parlare.

UNA LOGICA VACCINALE SENZA FINE
Qui invece vorremmo soffermarci sul secondo calcolo sbagliato, quello dei vaccini. Ciò che abbiamo di fronte infatti non è l'ipotesi di un vaccino una tantum che sradica una malattia, ma l'introduzione a una logica vaccinale tendenzialmente senza fine. Qui non c'entra essere no-vax - non lo siamo affatto - ma è una pura questione di logica e buon senso.
I vaccini che stanno venendo inoculati hanno infatti una copertura limitata. Quanto? Nessuno lo sa. L'Istituto Superiore di Sanità (ISS) afferma che «le osservazioni fatte nei test finora hanno dimostrato che la protezione dura alcuni mesi, mentre bisognerà aspettare periodi di osservazione più lunghi per capire se una vaccinazione sarà sufficiente per più anni o servirà ripeterla».
Ma la possibilità di una copertura pluriennale del vaccino, ventilata dall'ISS, non trova riscontro nelle dichiarazioni delle case farmaceutiche interessate. Sia Pfizer che Moderna, a proposito della "durata della protezione" affermano: «La durata della protezione offerta dal vaccino non è nota; sono tuttora in corso studi clinici volti a stabilirla». Per quanto riguarda Astrazeneca invece non si dice proprio nulla.
Dunque, non si sa. Ed è per questo - spiega il Center for Control Disease degli Stati Uniti - che chi ha fatto il vaccino deve comunque continuare a indossare la mascherina e mantenere il cosiddetto distanziamento sociale. In ogni caso nessuno scommette su una copertura che duri oltre i 9-12 mesi. Ciò significa che a meno che il coronavirus decida di togliere spontaneamente il disturbo, la prospettiva più probabile è una vaccinazione annuale. Peraltro, anche ammesso che si raggiunga - secondo gli ultimi impegni assunti dal governo - l'immunità di gregge per settembre grazie alla campagna vaccinale, ecco che a quel punto sarà già ora di ricominciare da capo, visto che nel frattempo sono già passati nove mesi.

LE VARIANTI
Inoltre per le tante varianti del virus che sono in giro e che fanno paura (anche se non è verificata la maggiore pericolosità), è tutto da dimostrare che i vaccini già in distribuzione siano ugualmente efficaci: tutto è da vedere, ma anche qui lo scenario probabile è quello di una continua rincorsa alle varianti e relativa somministrazione sistematica di vaccini.
Anche il probabile passaporto vaccinale, già introdotto dalla Cina e che potrebbe presto diventare realtà nell'Unione Europea (la proposta verrà presentata il 17 marzo), ha senso solo in funzione di una vaccinazione continua; altrimenti a settembre-ottobre, per i primi che si sono vaccinati, il passaporto sarà già sorpassato.
Dunque già questo basterebbe per capire che la prospettiva è quella di una vaccinazione continua. Ma c'è di più: abbiamo già avuto modo di rilevare che il Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Layen, ha parlato di questo tempo come dell'inizio dell'«era delle pandemie». E Bill Gates, nella Lettera Annuale 2021 della Fondazione che porta il suo nome e quello della moglie, le fa eco facendo anche proposte (tra cui sistematici screening di massa) per intervenire in tempo nelle prossime pandemie.
Insomma, chi si vaccina ora - e che certamente avrà valutato che i benefici sono maggiori dei rischi - sia consapevole che è solo l'inizio, e che fatto il primo vaccino è giocoforza che seguiranno anche gli altri.

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Sì alla prudenza, no al panico

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DOSSIER "IL VACCINO ANTI-COVID"
La scienza e la propaganda

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15-03-2021

8 - OMELIA V DOM. DI QUARESIMA - ANNO B (Gv 12,20-33)
E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Nel Vangelo di questa domenica, la quinta di Quaresima, Gesù annunzia ai suoi discepoli che ormai è giunta la sua ora. Di quale ora si tratta? Di quella di essere glorificato per mezzo della sua morte in Croce e della sua Risurrezione. Gesù, nella sua umanità, avverte tutta l'angoscia di questo momento. Nel Getsemani Egli pregherà il Padre che si allontani, se possibile, questo calice amaro della sofferenza; tuttavia, sia fatta la volontà del Padre. Ai suoi discepoli dice: «Adesso la mia anima è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora!» (Gv 12,27).
Gesù avverte questa angoscia, ma aderisce pienamente alla volontà del Padre e va incontro alla morte con il desiderio di donarci la vita. E così, per insegnare ai suoi discepoli la necessità di questa morte, Gesù usa il bel paragone del chicco di grano che morendo porta molto frutto: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).
Con questo paragone Gesù ci insegna la grande legge dell'amore che è quella del dono di sé: solo donando la nostra vita noi saremo felici. Per imprimere nel cuore e nella mente dei suoi discepoli questa verità, Gesù adopera delle parole molto forti, che devono essere rettamente intese. Egli dice: «Chi ama la propria vita la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25).
Non dobbiamo prendere queste parole alla lettera. Gesù non ci insegna a odiare e a disprezzare la vita, che è un suo dono, ma ci vuol far comprendere che solo donando la nostra vita potremo dire di amare davvero. E amare significa sapersi sacrificare.
Così ha fatto Gesù e così hanno fatto i suoi fedeli discepoli. Con queste parole il nostro Maestro Divino non vuole solamente insegnarci quella che è stata la sua vita, ma ci vuole indicare come deve essere la vita di tutti quelli che vogliono essere cristiani e desiderano seguire la sua via. Per questo Egli afferma: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12,26). Se realmente vogliamo essere cristiani, dobbiamo seguire Gesù fin sul Calvario, e anche noi un giorno saremo glorificati.
Per esprimere ancora la fecondità della sua morte in Croce, Gesù pronuncia questa frase: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Il significato di queste parole è chiaro: quando sarà innalzato in Croce, Gesù donerà la vita al mondo intero e diverrà «causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,8-9), come dice la seconda lettura di oggi.
Anche per noi giungerà un giorno "l'ora del dolore" che sarà l'ora della suprema testimonianza d'amore. Forse per qualcuno di noi quest'ora è già suonata e dura da molto tempo. Dobbiamo però sapere una cosa: Gesù non ci abbandonerà in questa ora così difficile; non ci toglierà la croce, ma ci aiuterà a portarla, facendoci comprendere che sarà proprio per mezzo di questa croce che noi saremo come quel chicco di grano che morendo porta molto frutto.
I Martiri hanno guardato a quest'ora come all'ora suprema della loro glorificazione. Tra tutte, è molto bella la testimonianza di sant'Ignazio di Antiochia, che era un vescovo dei primi secoli. Egli fu condannato ad essere sbranato dalle belve feroci, e si paragonò a del buon grano che doveva essere macinato dai denti di quelle fiere per poter divenire pane di vita. Così egli scrisse ai cristiani di Roma che cercavano in tutti i modi di salvarlo: «Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore».
In quell'ora suprema del martirio, sant'Ignazio sentiva la vicinanza di Gesù e andava fiducioso incontro alla difficile prova.
Anche noi, come Gesù e come tutti i Martiri, sentiremo l'angoscia e la paura; ma, per farci coraggio, dobbiamo pensare che quanto più saremo vicini alla croce, tanto più saremo uniti a Gesù, e che da un apparente fallimento scaturirà la più grande vittoria.

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Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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