BastaBugie n�741 del 03 novembre 2021

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1 LA LEGGE ZAN AFFOSSATA E' UNA BELLA NOTIZIA... MA SOLO A META'
E' stata vinta una battaglia, ma non la guerra... infatti c'è chi non coglie il male in sé delle proposte contro l'omofobia (ad esempio Avvenire avrebbe preferito vedere approvata la legge Zan, anche se un po' mitigata)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 L'UNICO SENATORE GAY ERA CONTRARIO ALLA LEGGE ZAN, MA LETTA E IL PD L'HANNO EMARGINATO
Il ddl Zan, oltre che contrario alla libertà di opinione, era pure inutile perché non esiste l'emergenza per chi è gay, anzi sono già i più tutelati dalla legge (VIDEO IRONICO: Canzoni LGBT corrette)
Fonte: Provita & Famiglia
3 LA PRIMA EPIDEMIA DELLA STORIA VENNE DALLA CINA
La peste antonina stese l'Impero Romano con 10 milioni di morti: la portarono in Europa le legioni di ritorno dalla guerra in Asia Centrale
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Blog di Nicola Porro
4 L'ESISTENZA DEL PURGATORIO E L'IMPORTANZA DELLE PREGHIERE PER I DEFUNTI
E' molto bello ed utile lucrare per i nostri cari defunti l'indulgenza plenaria (anche quest'anno le indulgenze sono prorogate per tutto il mese di novembre)
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 IL RISCALDAMENTO GLOBALE SALVA PIU' PERSONE DI QUANTE NE UCCIDA
Inoltre i costi delle devastazioni delle inondazioni non aumentano, anzi diminuiscono
Autore: Bjørn Lomborg - Fonte: Tempi
6 L'ANSIA PER LO SCORRERE DEL TEMPO SI PUO' VINCERE
Il tempo è governato da Dio e quindi gli uomini possono stare tranquilli se accettano la volontà di Dio
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: I Tre Sentieri
7 L'AFGHANISTAN DEI TELEBANI: NON CI SONO MEDICINE E C'E' CHI VENDE LA FIGLIA PER 500 EURO
Il paese conquistato dai talebani è piombato in una crisi umanitaria senza precedenti e i cristiani vivono nascosti con la paura di essere uccisi
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
8 OMELIA XXXII DOM. DEL T. ORD. - ANNO B (Mc 12,38-44)
Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA LEGGE ZAN AFFOSSATA E' UNA BELLA NOTIZIA... MA SOLO A META'
E' stata vinta una battaglia, ma non la guerra... infatti c'è chi non coglie il male in sé delle proposte contro l'omofobia (ad esempio Avvenire avrebbe preferito vedere approvata la legge Zan, anche se un po' mitigata)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28-10-2021

Lo ricorderemo come il Ddl Zac per via della cosiddetta tagliola (non esaminare la legge articolo per articolo e procedere a scrutinio segreto) che ha affossato il testo di legge dell'on. Alessandro Zan. Quali i motivi di questo insperato successo?
Come causa prossima potremmo ovviamente indicare la volontà di Lega e Fratelli d'Italia di impedire il varo di questa legge. Ma la vittoria in Parlamento la dobbiamo soprattutto a quelle decine di militi ignoti, ma non certo ignobili, che nel segreto dell'urna hanno votato con la coscienza libera dai diktat di partito. «Avevamo 149 voti, contati e controllati», dichiara Loredana De Petris di Leu: «Quindi c'è stata una defezione di 18 voti, 16 sono andati al centrodestra, 2 astenuti. Le assenze non sono state rilevanti. Il problema è di chi dice una cosa e poi ne fa un'altra». A parte che a noi non pare un problema dire una cosa sbagliata e poi farne una giusta (sempre meglio dire e fare cose giuste, ma va bene anche così), il voto segreto ha permesso di mettere in evidenza quanto ordinariamente i parlamentari non siano davvero liberi nel loro lavoro, bensì debbano sempre rispondere agli ordini di partito. Più che rappresentanti del popolo, deputati e senatori sono rappresentanti di partito.
Torniamo però alle cause della morte del Ddl Zan e domandiamoci: quanto ha pesato la reale convinzione che il Ddl Zan fosse una legge intrinsecamente iniqua e quanto invece i calcoli politici? La risposta, crediamo, non può che essere articolata. Dunque, da parte di Fratelli d'Italia l'opposizione era scontata, d'ufficio potremmo dire. Per la Lega, e non solo per lei, vi sono anche finalità strategiche dato che, come è noto, questo governo presenta un arcobaleno - è proprio il caso di dirlo - di anime diverse. Oltre a questo motivo, tra i leghisti e tra coloro che non hanno seguito le direttive di partito vi sono certamente alcuni, se non molti, che hanno trovato il Ddl Zan criticabile su più fronti.

L'ERRORE DI CHI SI È OPPOSTO ALLA LEGGE ZAN
Però qui s'inserisce un distinguo importante. Pensiamo che la quasi totalità di coloro che hanno votato contro il Ddl Zan non ritengano che il testo di legge sia inaccettabile, bensì solo modificabile. E infatti molti hanno proposto modifiche al testo e la Lega, lo ricordiamo, propose anche un proprio disegno di legge sulla cosiddetta omofobia. E qui sta l'errore. Il problema di tutte queste proposte riguarda la ratio comune ad esse: la legittimazione dell'omosessualità e della transessualità (la prima è già avvenuta con la Legge Cirinnà sulle unioni civili e la seconda con la disciplina normativa sulla cosiddetta rettificazione sessuale). In buona sostanza, è doveroso tutelare la persona in quanto tale da minacce, insulti, aggressioni, ingiuste discriminazioni, al di là del fatto che sia eterosessuale o omosessuale, credente o non credente, bianco o nero, etc. E questo il nostro ordinamento giuridico già lo fa. Invece tutte le proposte volte a combattere l'"omotransfobia" - da quella di Alessandro Zan a quella di Matteo Salvini - elevano a bene giuridico due condizioni - l'omosessualità e la transessualità - che invece sono condizioni intrinsecamente disordinate. E l'ordinamento giuridico non può considerare un bene giuridico ciò che è disordinato per la natura umana.
Dunque, questa è una vittoria a metà. Chi ha votato contro lo ha fatto per calcoli politici e/o perché persuaso che il nucleo della proposta fosse anche buono però infettato da derive estremiste liberticide, non perché convinto che la legge fosse essenzialmente ingiusta, ma solo accidentalmente ingiusta. In conclusione, bene che la legge non sia passata, sebbene non per le motivazioni migliori.
Di certo non avremmo potuto chiedere ai nostri politici di far meglio dato che il consesso sociale è fortemente gay friendly. Il Parlamento, in questa materia, ha rispecchiato quasi fedelmente il sentimento diffuso pro-Lgbt. Abbiamo scritto "quasi" perché per il popolino molto probabilmente il Ddl Zan doveva passare. La differenza di giudizio tra il cittadino e il politico con buona probabilità l'hanno fatta il calcolo strategico-politico e un esame attento sotto il profilo delle libertà costituzionalmente garantite. Sicuramente invece riflessioni di carattere morale non hanno spostato l'ago della bilancia al momento del voto.

FESTEGGIAMENTI... AMARI
Ci possiamo anche concedere adesso 24 ore di festeggiamenti, ma da domani si torna in barricata almeno per due motivi. In primo luogo, gli attivisti Lgbt ci possono ancora far del male con le armi del diritto anche senza Ddl Zan: i reati di diffamazione, calunnia, gli artt. 604 bis e ter del Codice penale vengono (ab)usati abitualmente per zittire l'avversario. Le vicende giudiziarie di Silvana De Mari, Simone Pillon e Massimo Gandolfini insegnano in tal senso a non abbassare la guardia. In poche parole, queste norme in mano a giudici particolarmente sensibili alla causa Lgbt si possono trasformare in tanti Ddl Zan.
In secondo luogo la volontà della maggioranza dei partiti di modificare il testo dell'on. Zan ci fa comprendere che a breve si tornerà in Parlamento con un testo nuovo sull'"omofobia" (c'è chi addirittura vuole riesumare il vecchio Ddl Scalfarotto). Insomma non sarà un testo pessimo come quello dell'on. Zan, ma solo meno peggiore. Questo non ci deve far dormire sonni tranquilli perché, lo ripetiamo, nessuna legge sull'omofobia è accettabile. Inoltre, anche se passasse una legge soft sull'"omofobia", in breve tempo la sua applicazione nelle aule giudiziarie diventerà hard e col tempo la stessa legge potrebbe modificarsi in peius (Legge 40 docet).
Ciò detto, però, il motivo di maggior speranza intorno a questa vicenda viene non dai parlamentari, ma dai pro-family. È indubbio che l'associazionismo cattolico si sia risvegliato su questo tema e abbia dato battaglia lungamente e con convinzione, marciando sotto il vessillo del rifiuto del disegno di legge senza se e senza ma. Non crediamo che tutte queste ottime energie siano riuscite ad orientare più di tanto il voto di qualche parlamentare, ma di certo hanno illuminato le menti di molti cattolici e le hanno consolidate nel bene, nonostante la Conferenza episcopale italiana volesse una legge frutto solo del compromesso tra visione cattolica e visione laica, proposta ben sintetizzata dalle parole del presidente della stessa Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che nel maggio scorso dichiarò: "Più che affossata, la legge andrebbe corretta".
La famosa nota verbale consegnata dalla Santa Sede al Governo italiano sui rischi che il Ddl Zan non rispettasse gli accordi del Concordato, seppur lodevole, si inserisce però in questa strategia minimalista dei vertici della Chiesa italiana. Strategia invece, come ricordavamo, non sposata da una certa fetta di associazionismo cattolico, lo stesso che, si spera, ingaggerà battaglia contro il referendum dei radicali sull'eutanasia.

Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Sulla Zan serviva dialogo... la Chiesa che piange il ko" mette in luce lo scandalo di Avvenire, il quotidiano della Cei, che in nome del dialogo avrebbe preferito vedere approvata la legge Zan, anche se un po' mitigata.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 ottobre 2021:

"Abbiamo vinto!": il sollievo di associazioni e singoli cattolici impegnati a bloccare il disegno di legge Zan sull'omofobia, che avrebbe introdotto ulteriormente - dopo la legge Cirinnà - l'ideologia gender nel sistema giuridico italiano, è comprensibile. Il disegno di legge, però, non è stato affossato perché ritenuto ingiusto secondo le motivazioni di chi ora esulta. Motivazioni, in buona sostanza, di diritto naturale, ma per una serie di convergenze di atteggiamenti politici che hanno fatto girare la ruota in questo senso.
La vittoria non è stata culturale, mentre alla lunga contano veramente solo le vittorie culturali, quelle ottenute perché alcune idee sono diventate patrimonio comune. Se così fosse stato, potremmo dormire sonni tranquilli per il futuro dopo l'affossamento dello Zan, mentre invece sappiamo che lo scontro è solo rimandato, che c'è stata una battaglia vinta, ma la guerra è tuttora in corso. Da qui a quando essa riprenderà, sarà sempre sulla cultura politica che si dovrà insistere.
Da questo punto di vista, la lunga battaglia contro il disegno di legge Zan è stata condotta da una piccola avanguardia, decisa e agguerrita ma comunque piccola e comunque avanguardia. La cultura prevalente nell'Italia di oggi, quella dominante più o meno in tutti i partiti, ed anche quella presente nell'apparato ecclesiale hanno ben altre idee, molto lontane dalle concezioni di famiglia e di doveri e diritti di chi ha animato e condotto la lotta allo Zan. I cattolici che hanno lottato lo hanno fatto nella solitudine e perfino nel disprezzo dell'apparato ecclesiale ad ogni livello, ma soprattutto ai livelli superiori.
Disprezzo che si nota benissimo, per esempio, nell'editoriale di ieri del direttore di Avvenire Marco Tarquinio. I cattolici che hanno lottato contro l'approvazione del disegno di legge Zan, sono chiamati da Tarquinio "odiatori e menatori seriali", "seminatori di slogan a buon mercato", autori di "violenza verbale". L'archiviazione dello Zan "non è un bel giorno per la società italiana": così sostiene Tarquinio secondo cui c'è stata come una scatola spaccata a metà, da una parte gli "ideologi dell'indifferenza", ossia i sostenitori dell'equivalenza delle relazioni sessuate, e dall'altra, appunto, gli "odiatori e menatori seriali".
Questo quadro, però, è solo nella testa di Tarquinio, il quale, anteponendo dogmaticamente il dialogo ai contenuti, non riesce ormai più a concepire che una legge possa essere irrimediabilmente ingiusta e che su di essa l'unico dialogo possibile con chi invece la sostiene sia la competizione culturale e politica. Lamentare che in questa occasione è mancato il dialogo, come fa appunto Tarquinio, significa negare l'esistenza di leggi talmente ingiuste da interdire moralmente lo stesso dialogo, se non nella versione della disputa, dato che il dialogo non può mai farsi a proposito del male, ma solo nel bene. Il disegno di legge Zan era una di queste leggi, la piccola avanguardia l'aveva capito, i media dell'apparato ecclesiale no.
Anche monsignor Paglia, in un suo commento alla vicenda, dimentica che ci sono situazioni in cui bene e male si contrappongono frontalmente. Purtroppo la Chiesa del dialogo non riesce più a vederle e infatti Paglia dice che quel disegno di legge bastava correggerlo, si augura che venga ripresentato e che, sbolliti gli animi, si possa ancora dialogare su di esso. Paglia sottolinea la gravità dell'omofobia - che in realtà è pressoché inesistente nel nostro Paese - ma non sottolinea per niente la ben più rilevante gravità del riconoscimento politico della relazione omosessuale, che disarticola e corrode i legami matrimoniali, familiari, la figliazione, l'educazione e così via. Paglia parla di sovranità del popolo in democrazia e del bisogno di tener conto dei "diritti di tutti": ma dove trova simili concezioni? Non certo nella Dottrina sociale della Chiesa. Anche lui si dissocia dalla piccola avanguardia e si lamenta per l'occasione perduta.
Quando si lotta in pochi, il merito aumenta. E quindi onore al merito a quanti, specialmente tra i cattolici, si sono impegnati. Però bisogna essere consapevoli che non si avrà l'appoggio della Chiesa organizzata, delle strutture diocesane e pastorali quando si intraprendono simili battaglie. Bisogna farle sulla propria pelle e questo è stato ampiamente dimostrato dalle vicende che si sono concluse con l'affossamento di un testo di legge intrinsecamente iniquo che l'apparato ecclesiastico voleva limitarsi a modificare qua e là.
Il giorno precedente la votazione in Senato che ha condannato a morte il disegno di legge Zan, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva inviato una lettera a Pro Vita & Famiglia, precisando una cosa che purtroppo non precisa nulla, ossia che sulla questione gender i cattolici devono rifarsi al Magistero. La cosa era ovvia già prima della precisazione. I problemi stanno altrove. Spesso su queste cose il magistero stesso non si rifà al magistero precedente.
Spesso succede che davanti alle scelte concrete il magistero viene dimenticato e chi lo vuole ricordare e applicare viene chiamato "odiatore e menatore seriale" dai nemici interni, fedeli al magistero. Spesso, adducendo motivi pastorali di apertura, il magistero loda e si relaziona con personaggi e gruppi che fanno l'esatto opposto di quanto esso aveva insegnato. Sulla questione omosessualità tutto questo si è verificato in molte occasioni e possiamo realisticamente ritenere che - a meno di cambi repentini stabiliti dalla provvidenza - avverrà anche nel prossimo futuro.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28-10-2021

2 - L'UNICO SENATORE GAY ERA CONTRARIO ALLA LEGGE ZAN, MA LETTA E IL PD L'HANNO EMARGINATO
Il ddl Zan, oltre che contrario alla libertà di opinione, era pure inutile perché non esiste l'emergenza per chi è gay, anzi sono già i più tutelati dalla legge (VIDEO IRONICO: Canzoni LGBT corrette)
Fonte Provita & Famiglia, 29 ottobre 2021

Il ddl Zan «malfatto, vecchio e medioevale», voleva istituire «un reato d'opinione». Un affondo durissimo, senza mezzi termini. Ciò che rende queste parole ancora più pesanti ed eloquenti è il fatto che a pronunciarle non è un esponente del centro destra o un fervente sostenitore delle battaglie pro family, ma è Tommaso Cerno, «unico gay dichiarato in Senato», come egli stesso afferma, ed esponente di spicco del Partito Democratico.
Una critica pesantissima non solo al disegno di legge ma anche al suo stesso partito. In un'intervista a Libero il senatore non ha quindi nascosto il suo dissenso dalla battaglia intrapresa dai dem, e fallita mercoledì. «Ho ripetuto in tutte le salse che quel testo aveva molti difetti, che rischiava di istituire un grottesco e sbagliato reato di opinione, che poteva essere migliorato. Invece lo hanno proclamato intoccabile, come se Zan fosse Mosè e il suo ddl fossero le tavole della legge dettate dal dio dei gay».
Cerno ha inoltre denunciato un vero e proprio boicottaggio nei suoi confronti. «Mi hanno escluso da qualsiasi tavolo sulla questione, nonostante io sia l'unico gay dichiarato di Palazzo Madama, perché contestavo il merito della legge e la linea dem del tutto o niente. Sono arrivati persino a telefonare alle trasmissioni tv che mi invitavano, per dissuaderle. Mercoledì ho chiesto di intervenire in aula e mi è stato detto che era un dibattito solo procedurale e non serviva. Si sono comportati da omofobi, loro che si dipingono come omofili».
Infine, secondo il senatore Pd, che non ha partecipato al voto (per «per non passare per boicottatore a voto segreto») i franchi tiratori sono stati molti di più di quelli che si pensano. Circa una trentina. «Enrico Letta - conclude Cerno - dà tutta la colpa a Renzi, ma molti franchi tiratori venivano dal Pd: alcuni perché condividevano le mie critiche al testo, altri perché molto cattolici e quindi contrari in toto».

Nota di BastaBugie: Luca Marcolivio nell'articolo seguente dal titolo "Smontiamo la fake news sui gay in pericolo" spiega perché il ddl Zan era inutile. Nessuna emergenza visto che le tutele già esistono. Per tutti. Non solo per qualcuno.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 ottobre 2021:

Ora che il disegno di legge Zan sull'omotransfobia è stato bocciato in Senato, si leva l'indignazione di politici ed influencer al grido di «l'Italia torna indietro», «l'Italia regredisce» e, soprattutto, «ora omosessuali e transessuali sono in pericolo, negati diritti civili».
Vere e proprie Fake News, costruite ad arte da chi è ideologicamente in malafede oppure riprese e ripubblicate da chi, ahinoi, non è bene informato. Innanzitutto, infatti, occorre chiarire senza mezzi termini due concetti ben precisi. Il primo: nessuna persona - omosessuale, eterosessuale, transessuale che sia - è ora in pericolo. Il secondo: il ddl Zan non era e non è mai stato un disegno di legge sui "diritti" (quelli, appunto, ci sono già), ma sulle pene da infliggere.
Torniamo quindi nello specifico delle fake news che hanno accompagnato la propaganda pro-Ddl Zan e che ora stanno tornando fuori come se l'Italia fosse tornata davvero indietro nel tempo. Si parla infatti di «necessità di tutele specifiche», di «emergenza sociale» e di «lacune nomative».
Ma non esiste niente di tutto ciò!
Per i sostenitori del ddl Zan una legge servirebbe appunto per l'esistenza di un'emergenza sociale determinata da numerose offese ai danni delle persone omosessuali o transessuali e per l'assenza di norme a tutela di queste persone, proprio per le offese (o le aggressioni) a loro rivolte a causa dell'orientamento sessuale. Tuttavia, queste ragioni sono smentite da dati statistici e normativi.
Non vi è infatti alcuna emergenza sociale. Gli ultimi dati forniti dal Ministero dell'Interno attraverso l'Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD) riportano un quadro ben diverso da quello rappresentato dai sostenitori del ddl Zan. Dal settembre 2010 al dicembre 2018, infatti (dunque nell'arco di ben otto anni) su 1515 segnalazioni relative a "Hate Crime", cioè reati d'odio, solo il 13% (197) sono stati motivati dall'orientamento sessuale e solo l'1% (15) per l'identità di genere. Gli altri reati sono stati invece collegati a disabilità (8%, 118 segnalazioni); religione (19%, 286 segnalazioni) e soprattutto - questa sì che è una vera emergenza - per motivi etnici, con il 59%, quasi 900 segnalazioni.
Giustamente, però, c'è chi afferma che al di là dei dati anche solo un atto di violenza, aggressioni o discriminazione va perseguito e punito, per tutelare davvero chiunque. Ecco quindi che diventa doveroso smontare la seconda fake news, quella sulle lacune normative.
Il nostro ordinamento, infatti, tutela già la vita, l'onore e l'incolumità delle persone, senza operare alcuna distinzione circa la vittima del reato, nel rispetto del principio di eguaglianza. Questo è possibile grazie ai seguenti articoli dei Codice Penale.
L'articolo 575 stabilisce che «chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione» (inutile, forse, sottolineare che la parola "uomo" è intesa dal legislatore come qualsiasi persona). Idem l'articolo 581: «chiunque percuote taluno è punito con la reclusione».
Nella stessa direzione va l'articolo 595 che prevede che «chiunque comunicando con più persone offende l'altrui reputazione è punito con la reclusione», mentre l'articolo 61, comma 1, n.1 stabilisce che «l'avere agito per motivi abietti e futili» è una circostanza aggravante che può ovviamente applicarsi anche alle offese rivolte ad una persona per il suo orientamento sessuale.

VIDEO IRONICO: GENITORE 1 GENITORE 2
Canzoni in libertà (durata: 4 minuti) per denunciare il ridicolo tentativo di abolire le parole papà e mamma dal vocabolario del politicamente corretto.


https://www.youtube.com/watch?v=ZkSTMft1gBE

Fonte: Provita & Famiglia, 29 ottobre 2021

3 - LA PRIMA EPIDEMIA DELLA STORIA VENNE DALLA CINA
La peste antonina stese l'Impero Romano con 10 milioni di morti: la portarono in Europa le legioni di ritorno dalla guerra in Asia Centrale
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Blog di Nicola Porro, 26 ottobre 2021

Ormai siamo abituati all'influenza stagionale che, a ogni inverno, ci costa problemi all'economia e perfino morti. La provenienza è sempre la solita, e stupisce come mai a trovare rimedio non ci si sia neppure pensato. Avevo quattro o cinque anni quando mi presi l'Asiatica, il cui nome dice tutto. E poi, aviarie e sars, sempre da là. Andando indietro nel tempo, la prima pandemia di cui si abbia notizia storica è la famosa «peste antonina» che dal 166 al 180 d.C. stese l'Impero Romano. Si calcolano sui dieci milioni di morti, uno sproposito sulla popolazione complessiva del tempo. Si era sotto Marco Aurelio, il quale molto probabilmente ne morì. Ed era presente il celebre Galeno, il medico più illustre di Roma. Ma neanche lui riuscì a capire che razza di morbo fosse. Fu l'inizio della crisi che, in capo a tre secoli, avrebbe portato al tracollo dell'Impero d'Occidente. Questa «peste» (così venivano indicati i morbi pandemici e sconosciuti) l'avevano portata in Europa le legioni che proprio nel 166 tornavano dalla campagna in Asia Centrale contro i Parti. L'avevano presa in Partia. Ma in Partia chi l'aveva portata?
Lo storico Giuseppe Testa nel suo "La peste antonina. Storia della prima pandemia: dalla Cina alla Roma imperiale" (Salerno, pp. 236, €. 18) insinua il sospetto che il morbo si sia originato nel Celeste Impero della dinastia Han, e suffraga l'ipotesi con tutta una serie di dettagliatissime informazioni di ordine storico ma tratte anche dalle scienze naturali. Qui possiamo solo accennarvi a grandi linee, e diciamo subito che i Parti erano i grandi mediatori commerciali tra l'impero cinese e quello romano. Più volte Roma, grande consumatrice di seta e acciaio temprato (monopoli cinesi), cercò di prendere diretto contatto con la corte del Regno di Mezzo (così lo chiamavano i cinesi), ma il viaggio era troppo lungo e le poche volte che la missione riuscì non fece più ritorno. Morta per strada? Incappata in banditi o pirati? Non si sa. Del resto i Parti, che sapevano del desiderio romano, non tralasciavano di sabotarlo. Per questo Roma decise che era ora di farla finita con loro. Da qui la campagna, vittoriosa, sì, ma funesta per le conseguenze che sappiamo.
La cosa funzionava così: i mercanti cinesi vendevano le loro pregiatissime merci ai Parti (e già per i cinesi era un viaggio lungo e pericoloso) e questi le rivendevano, naturalmente a prezzi galattici, agli occidentali. La seta era così richiesta a Roma che la Cina era chiamata Serica, il paese della seta, dai romani. Prima che Marco Polo parlasse di Cathay. Ma la «peste» i cinesi da chi l'avevano presa? Il loro impero doveva vedersela continuamente con i «barbari del Nord», contro i quali in seguito fu costruita la Grande Muraglia. Tra queste orde che incessantemente pressavano e alle quali non di rado bisognava pagare tributo perché la smettessero, c'erano i mongoli: «Questo popolo mangiava qualsiasi specie di animali, di cui consumava le carni crude, e dava la caccia ai ratti con torme di cavalli e intere mute di cani». Ci ricorda niente?

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: Blog di Nicola Porro, 26 ottobre 2021

4 - L'ESISTENZA DEL PURGATORIO E L'IMPORTANZA DELLE PREGHIERE PER I DEFUNTI
E' molto bello ed utile lucrare per i nostri cari defunti l'indulgenza plenaria (anche quest'anno le indulgenze sono prorogate per tutto il mese di novembre)
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-11-2021

Il 2 novembre è la commemorazione di tutti i fedeli defunti. La Chiesa ci ricorda di pregare per i morti che, in attesa di andare in Paradiso, devono scontare la pena in Purgatorio. Questa loro condizione è dovuta al fatto che i peccati mortali che la persona ha confessato durante la sua vita terrena sono già stati rimessi in quanto alla colpa, e questo gli ha evitato l'inferno, mentre la pena derivante dal peccato va ancora espiata. Certamente si possono limitare le pene del Purgatorio se durante la vita si fanno opere riparatorie: preghiere, sante Messe, sacrifici volontari offerti in riparazione dei propri peccati e le indulgenze applicate a sé stessi. Tutto ciò che però non siamo riusciti ad espiare su questa terra resta da farlo nell'altra vita, appunto in Purgatorio.
Ma cos'è il Purgatorio? Una favola per far star buoni i bambini? Un'invenzione del medioevo come dice qualcuno? Niente affatto, la verità del Purgatorio risulta dalla Bibbia, addirittura già dal Vecchio Testamento. Da sempre la Chiesa ne afferma l'esistenza mettendo in guardia dalle pene tutt'altro che leggere che esso comporta.
Facciamo un breve excursus iniziando dalla morte di Aronne. In tale occasione vennero offerti sacrifici per un mese intero. Quindi se è possibile offrire sacrifici per un defunto, vuol dire che il defunto può espiare le conseguenze dei suoi peccati, grazie ai sacrifici dei vivi, anche dopo la morte.
Nel capitolo 12 del Secondo Libro dei Maccabei si narra che Giuda Maccabeo, dopo un'importante battaglia, si accorse che sotto la tunica di ciascun caduto vi erano oggetti idolatrici, fu così che decise di pregare affinché Dio perdonasse il peccato di quei soldati. Inoltre Giuda Maccabeo fece fare una colletta e la inviò a Gerusalemme affinché fosse offerto un sacrificio espiatorio. Questo vuol dire che vi era la convinzione che si potesse pregare per i defunti, il che vuol dire anche che si era convinti che nell'aldilà ci fosse un "luogo" di espiazione. Anche nel Nuovo Testamento si trovano testimonianze preziose dell'esistenza del Purgatorio.

SANTA PERPETUA E LE VISIONI DI SUO FRATELLO IN PURGATORIO
Mi piace qui ricordare un episodio tratto dal diario di santa Perpetua che fu martirizzata a Cartagine nel 203. Mentre si trovava in prigione, Perpetua ebbe una duplice visione. Nella prima vide suo fratello Dinocrate che era morto a sette anni. Perpetua vide il suo fratellino uscire "da un luogo tenebroso dove vi era molta altra gente; era accaldato e assetato, sudicio e pallido. Il volto era sfigurato dalla piaga che l'aveva ucciso". Perpetua vide suo fratello che cercava, senza riuscirci, di bere ad una piscina e con ciò capì che Dinocrate stava soffrendo. Impietosita da questa visione, pregò per l'anima del suo fratellino. Il Signore ascoltò le sue preghiere e in una seconda visione vide Dinocrate perfettamente guarito, in grado di bere, capace di giocare come fanno tutti i bambini. Interpretando questa seconda visione, Perpetua scrisse: "Mi svegliai e compresi che la pena gli era stata rimessa". Come si vede, già nei primi secoli, i santi erano certi della realtà del Purgatorio.
Anche da altri episodi possiamo essere certi di cosa insegnava da subito la Chiesa. Un vescovo dell'Asia Minore nel secondo secolo di nome Abercio compose prima di morire, il suo epitaffio, che dice: "Queste cose dettai direttamente io, Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio". Anche un antico autore cristiano, Tertulliano, scrisse: "Nel giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti". E Sant'Agostino: "Non si può negare che le anime dei defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore [cioè la S. Messa], oppure mediante elemosine".
È evidente che se si prega e si fanno dire Messe per i defunti è perché li si considerano in Purgatorio perché se fossero in Paradiso non avrebbero bisogno di nulla, avendo la gioia eterna della visione beatifica. Mentre se fossero all'inferno nulla potrebbe dargli sollievo a causa della pena eterna.

UNA CERTEZZA DI FEDE
L'esistenza del Purgatorio è quindi una certezza della nostra bella Fede cattolica. Ma adesso ci si potrebbe chiedere: ma quanto sono gravi le pene del Purgatorio? Certamente queste pene non sono cosa da poco. Potrebbe innescarsi questa tentazione soprattutto tra i pigri: "Beh forse per la mia vita mediocre non andrò subito in Paradiso, mi accontento di fare un po' di Purgatorio". Questo mirare al ribasso si traduce però in catastrofe. Se si mira al Paradiso, c'è speranza di andare in Purgatorio, ma se si mira al Purgatorio si rischia seriamente di scivolare piano piano all'inferno. Come avviene per gli scolari: se si mira all'otto, c'è la speranza di arrivare alla sufficienza, ma se si mira direttamente alla sufficienza, il rischio bocciatura è tutt'altro che ipotetico.
E le pene del Purgatorio sono tutt'altro che leggere. Sono due: del danno, alle anime viene ritardata la visione di Dio; e del senso, le anime sono punite con il "fuoco" corporeo.
Scrisse sant'Agostino: "Colui che invecchiò nel peccato, impiegherà maggior tempo ad attraversare quel fiume di fuoco e, nella misura della sua colpa, la fiamma accrescerà il castigo". E sant'Alfonso Maria de Liguori ha affermato che il fuoco che brucia i dannati all'inferno è lo stesso che purifica gli eletti nel Purgatorio: l'unica differenza è che il primo dura in eterno, mentre il secondo è temporaneo.
Ovviamente bisogna anche considerare che nel Purgatorio ci sono anche delle gioie. Innanzi tutto la certezza della salvezza eterna che nella vita terrena neanche i buoni hanno, come ci testimonia la vita di molti santi che, nonostante l'evidente santità, non si ritenevano degni del Paradiso. Poi il fatto che è impossibile peccare, mentre finché siamo in vita, non si sa se si cadrà in peccato. In Purgatorio invece abbiamo la certezza di poter amare per sempre il Signore, senza più offenderlo. Inoltre le anime sante del Purgatorio hanno la consolazione delle nostre preghiere, sofferenze offerte e le indulgenze lucrate per loro, che alleviano, abbreviano o addirittura eliminano totalmente le pene.

LE INDULGENZE PER I DEFUNTI
Per questo non possiamo "abbandonare" i nostri cari che potrebbero essere nel Purgatorio ed è molto bello lucrare per loro l'indulgenza plenaria. Questo è possibile ogni anno dalle 12.00 del 1° novembre alle 24.00 del 2 novembre per coloro che visiteranno una qualunque chiesa oppure il camposanto dal 1° all'8 novembre ovviamente rinunciando totalmente al peccato anche veniale e poi con le solite condizioni che sono fare la comunione, pregare secondo le intenzioni del Sommo Pontefice (ad es. un Padre nostro e un'Ave Maria) e confessarsi anche non nel giorno stesso, ma un po' di tempo prima o dopo. L'anno scorso la Penitenzieria Apostolica, a causa delle difficoltà di spostamento poste dalle autorità pubbliche con la scusa della pandemia da Covid, la possibilità di lucrare le indulgenze per i defunti furono prorogate per tutto il mese di novembre. Anche quest'anno tale possibilità è stata confermata. Approfittiamone abbondantemente, i nostri cari ce ne saranno grati e una volta in Paradiso si ricorderanno di noi e ci renderanno il favore che gli abbiamo fatto abbreviando le loro sofferenze attuali.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-11-2021

5 - IL RISCALDAMENTO GLOBALE SALVA PIU' PERSONE DI QUANTE NE UCCIDA
Inoltre i costi delle devastazioni delle inondazioni non aumentano, anzi diminuiscono
Autore: Bjørn Lomborg - Fonte: Tempi, 11 ottobre 2021

In un recente appello per un "intervento di emergenza" sul cambiamento climatico, i direttori delle riviste mediche più importanti al mondo hanno dato ampio credito all'affermazione fuorviante secondo la quale le morti per caldo starebbero aumentando rapidamente.
Il riscaldamento globale causa sì più morti per caldo, ma i dati statistici usati dai direttori sono ingannevoli. Questi ultimi sostengono che globalmente le morti per caldo sono incrementate del 54 per cento tra gli anziani negli ultimi 20 anni, tuttavia mancano di menzionare il fatto che il numero di persone anziane è cresciuto quasi allo stesso modo. È stata la demografia a guidare l'aumento, non il cambiamento climatico.
I firmatari dell'appello tralasciano anche il fatto che l'innalzamento delle temperature ha salvato più vite dai decessi collegati alle temperature di quante ne abbia portate via. Le morti per caldo rappresentano circa l'1 per cento dei decessi globali annuali - quasi 600 mila vittime - ma il freddo uccide otto volte tanto, totalizzando 4,5 milioni di morti ogni anno. Dal 2000, mentre le temperature salivano, le morti per caldo sono aumentate dello 0,21 per cento, mentre le morti per freddo sono diminuite dello 0,51 per cento. Oggi muoiono per il caldo circa 116 mila persone in più ogni anno, ma ne muoiono di freddo 283 mila in meno. Nel complesso dunque attualmente assistiamo a oltre 166 mila decessi legati alle temperature in meno ogni anno.
Tipicamente, è più facile mitigare il caldo che il freddo. I sistemi di allerta, bere liquidi e l'accesso a luoghi ombreggiati e rinfrescati contribuiscono a proteggere le persone dalle giornate più torride durante l'anno. Negli ultimi decenni le morti per caldo nei paesi ricchi sono generalmente diminuite grazie al condizionamento dell'aria.
È molto più difficile fronteggiare il freddo. Riscaldare bene una casa durante tutto l'inverno può costare cifre proibitive per le famiglie più povere, anche nelle nazioni sviluppate. Uno studio ha concluso che quando intorno al 2010 il fracking fece calare i prezzi del gas negli Stati Uniti, questo permise soprattutto alle famiglie più povere di riscaldarsi meglio, salvando secondo le stime 11 mila vite ogni anno.
Il modo migliore per proteggere le persone dal caldo o dal freddo è l'accesso a fonti di energia abbondanti ed economiche, malgrado questo molte volte significhi combustibili fossili. È buffo che tutto ciò non abbia trovato spazio tra le raccomandazioni dei direttori.

Nota di BastaBugie:
l'autore del precedente articolo, Bjørn Lomborg, nell'articolo seguente dal titolo "No, i costi delle alluvioni non aumentano: si stanno riducendo" spiega che anche sulle devastazioni provocate da inondazioni e straripamenti le cose non stanno come le raccontano i media.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 5 ottobre 2021:

Si sente parlare spesso dei costi elevati delle alluvioni, tuttavia il conto che questi fenomeni presentano in termini di beni e di vite si è abbassato nel tempo. Negli Stati Uniti, che hanno dati di lungo periodo tra i migliori a disposizione, i costi relativi delle alluvioni negli ultimi 117 anni si sono ridotti quasi a un decimo, dallo 0,5 per cento del Pil dell'inizio del secolo scorso allo 0,05 per cento attuale. Il rischio di morire si è ridotto a quasi un terzo rispetto al passato.
I dati mondiali sono più scarsi, ma alcune ricerche sulle alluvioni indicano che dal 1980 al 2010 i costi in relazione al Pil e le morti in rapporto alla popolazione sono diminuiti a livello globale.
I titoli allarmanti sui costi crescenti delle alluvioni derivano in genere da statistiche fuorvianti che riguardano i danni totali, dati che in realtà ci parlano più della crescita economica degli Stati Uniti che non del cambiamento climatico. Dall'inizio del XX secolo la popolazione degli Stati Uniti è quadruplicata e il Pil annuale si è moltiplicato per 36. Non c'erano mai state così tante persone e costruzioni negli Stati Uniti, pianure alluvionali incluse.
Un'alluvione che colpisca oggi Atlanta, per esempio, incontrerà molti più abitanti e edifici di trent'anni fa. Il numero di unità abitative esposte al rischio nella pianura alluvionale della città è salito del 58 per cento dal 1990 al 2010. Nello stesso tempo, una maggiore ricchezza e una tecnologia migliore hanno reso le persone e i beni nelle aree depresse più sicure nei confronti delle alluvioni. Solo prendendo in considerazione i danni nel contesto del Pil è possibile distinguere che cosa rappresenta un segnale della crescita della ricchezza e che cosa indica resilienza o vulnerabilità alle alluvioni.
Malgrado non sia stato ben pubblicizzato, il Gruppo intergovernativo Onu sul cambiamento climatico (Ipcc) dice di avere «scarsa confidenza nell'influenza dell'uomo sui cambiamenti della portata dei fiumi su scala globale». Si aspetta che un maggior numero di aree in futuro vedano la frequenza delle alluvioni crescere piuttosto che diminuire: un effetto negativo del cambiamento climatico, ma molto meno drammatico di quanto suggerisca la narrazione mediatica. E con l'aumento della ricchezza mondiale, le infrastrutture e la tecnologia probabilmente faranno abbassare i costi relativi e il numero di vittime delle alluvioni. I dati dimostrano che lo stanno già facendo.

Fonte: Tempi, 11 ottobre 2021

6 - L'ANSIA PER LO SCORRERE DEL TEMPO SI PUO' VINCERE
Il tempo è governato da Dio e quindi gli uomini possono stare tranquilli se accettano la volontà di Dio
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: I Tre Sentieri, 4 ottobre 2021

Nel Vangelo di Matteo, al capitolo 6, Gesù raccomanda: "Non vi affannate e non dite: 'Che cosa mangeremo?' o: 'Che cosa berremo?... Di tutto questo si preoccupano i pagani'."
Leggendo tali parole, viene naturale immaginare questa scena: un contadino con calma, attenzione e con movimenti costanti, sparge il seme sul terreno arato. Si tratta di un gesto di speranza e di attesa. Movimenti sicuri, costanti, attenti, ma orientati chiaramente verso un futuro che non sarà molto di là del tempo.
Dicevamo: movimenti di speranza e di attesa. Di speranza, perché se non ci sarà pioggia, quei semi non fruttificheranno. Il contadino lavora affidandosi ai corsi della natura: alla stagione "secca" seguirà quella "umida" e i frutti verranno fuori. Di attesa, perché si tratta di un lavoro orientato verso risultati che verranno e che soprattutto non verranno immediatamente.
Gesti di questo tipo sono presenti anche nel mondo animale, ma con una differenza. Tra gli animali la speranza e l'attesa non sono vissuti nella consapevolezza e il tutto avviene istintivamente. Nell'uomo non accade così. Situazioni di questo tipo sono "pensate" e "volute" e, proprio perché "pensate" e "volute", sono esistenzialmente "vissute".

LA SPERANZA E L'ATTESA
L'uomo ha in sé la capacità di "governare" il Tempo, pur "subendolo". Lo "subisce", perché il Tempo trascorre senza che lo si possa arrestare; ma, anche se lo "subisce", l'uomo lo può volontariamente "governare", proprio con la "speranza" e l' "attesa".
Gesù chiaramente invita a "governare" il Tempo e lo fa dicendo di affidarci (la speranza) per ottenere ciò di cui abbiamo bisogno (l'attesa): "Non vi affannate e non dite: 'Che cosa mangeremo?' o: 'Che cosa berremo?...Di tutto questo si preoccupano i pagani'."
Ora, mentre il contadino dell'esempio compie il suo lavoro affidandosi al ciclo della natura, al cristiano viene chiesto di agire affidandosi a qualcosa, anzi a Qualcuno, che è molto di più: Dio stesso, che non verrà mai meno alle sue promesse.
Vivere diversamente sarebbe da pagani. Quelli "antichi" e quelli "di oggi", infatti, non possono affidarsi a Dio. I primi (i pagani antichi) perché convinti che gli dèi si servissero violentemente dell'uomo, i secondi (i pagani di oggi) perché vivono come se Dio non ci fosse. E, così facendo, diventano "vittime" e "burattini" dell'impietosità del Tempo.
Ai cristiani, invece, viene offerto un destino enormemente superiore, imparagonabile in nobiltà rispetto alla bassezza del paganesimo antico e moderno: la capacità di scegliere Dio, affidarsi a Lui e così poter governare e orientare il Tempo.
La grande lezione di sant'Agostino sul Tempo sta anche e soprattutto in questo. Egli dice che all'uomo è dato cogliere la dimensione dell'eterno. Nel momento in cui "entra in se stesso", cioè coglie di sé la dimensione non solo corporea ma anche spirituale, capisce bene ciò di cui ha davvero bisogno. Capisce che ciò che è limitato, precario e finito non può soddisfare pienamente il suo essere e la sua domanda fondamentale. Ed è proprio in questa interiorità profonda che il passato e il futuro si uniscono nella sintesi di un "eterno presente", riflesso e prefigurazione della definitività dell'eterno.
Ma ritorniamo alla questione del governo del Tempo.

NON VI AFFANNATE
Come si diceva, il cristiano ha una possibilità maggiore, anzi: ha la possibilità. La vera "potenza" che può essere data all'uomo non è quella distruttiva e fallimentare della "volontà di potenza" nietzchiana secondo cui il Tempo sarebbe risolvibile quando ci si rapporta ad esso senza pretendere di dargli un senso, ma sfruttandone solo la sua forza propulsiva; né quella che "risolverebbe" il Tempo negandolo nel delirio immaginifico del surrealismo postmoderno, bensì solo quando il Tempo viene preso in considerazione in sé, nel suo senso, e poi lo si risolve nell'eternità. Questa possibilità la dà solo il Cristianesimo.
Nelle parole di Gesù c'è una chiara condanna della "preoccupazione", che non è la semplice "occupazione" (del tutto legittima, in quanto l'uomo è responsabile delle sue scelte e del suo destino), bensì la tentazione di trasformare il Tempo, gli accadimenti e i fatti, in ansia.
Per il Cristiano il Tempo si svolge, è inarrestabile, ma non è inesorabile. Il Tempo è governato da Dio, ed è pertanto governabile dall'uomo se questi si rimette alla volontà di Dio: "Non vi affannate e non dite: 'Che cosa mangeremo?' o: 'Che cosa berremo?... Di tutto questo si preoccupano i pagani'."

Fonte: I Tre Sentieri, 4 ottobre 2021

7 - L'AFGHANISTAN DEI TELEBANI: NON CI SONO MEDICINE E C'E' CHI VENDE LA FIGLIA PER 500 EURO
Il paese conquistato dai talebani è piombato in una crisi umanitaria senza precedenti e i cristiani vivono nascosti con la paura di essere uccisi
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 27 ottobre 2021

Continua a peggiorare la crisi umanitaria in Afghanistan. Oltre la metà della popolazione, 22,8 milioni di persone, fatica a trovare da mangiare, la salute di 3,2 milioni di bambini sotto i cinque anni è a rischio per malnutrizione e di questi almeno un milione rischia di morire. Solo il cinque per cento delle famiglie afghane, secondo le Nazioni Unite, ha abbastanza da mangiare ogni giorno. Tanto che molti, rivela la Bbc, sono costretti a vendere i propri figli per sbarcare il lunario.
Il 40 per cento del Pil dell'Afghanistan dipende dagli aiuti umanitari. E i finanziamenti, dopo la conquista del paese da parte dei talebani ad agosto, sono stati interrotti. Il reparto dell'ospedale di Medici senza frontiere (Msf) ad Herat che accoglie bambini gravemente malnutriti è strapieno. Un piccolo su cinque, in media, non riesce a sopravvivere.
«Sento nella mia carne il dolore del mio bambino», racconta la mamma di due gemelli, ricoverati nell'ospedale di Msf per malnutrizione. «Solo Dio sa che cosa passo quando li guardo. Non abbiamo soldi per comprare da mangiare, mio marito è senza lavoro: il mondo deve aiutare il popolo afghano». Medici e infermieri fanno quel che possono per salvare i bambini, ma sono loro stessi in difficoltà: non ricevono lo stipendio da quattro mesi e le scorte di medicinali sono quasi terminate.
Nelle campagne circostanti la città di Herat la situazione è anche peggiore. «Una delle mie figlie è morta di fame», spiega una mamma nascondendo dietro un velo pesante la sua identità. «Ecco perché ho dovuto vendere la mia bambina più piccola. Non avrei voluto farlo, ma che scelta avevo?». Il marito è senza lavoro e non sa come comprare da mangiare ai figli: «In questo momento stiamo morendo di fame. Non abbiamo farina, non abbiamo olio. Non abbiamo niente. Mia figlia è ancora piccola, non conosce il suo futuro. Non so come si sentirà quando lo scoprirà, ma ho dovuto farlo».
La neonata è stata venduta a una ricca famiglia per 500 dollari. Appena sarà in grado di camminare, verrà consegnata ai suoi nuovi genitori. In teoria, dovrebbe essere sposata al figlio dei compratori, «ma nessuno può saperlo con certezza». Altre famiglie nel villaggio hanno venduto le figlie per procurarsi da mangiare per alcuni mesi.

Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Circola una lista con i nomi di noi cristiani in Afghanistan: abbiamo paura" si può leggere l'eccezionale testimonianza di Saad e Fatimah (nomi di fantasia), cristiani che vivono nascosti nel paese riconquistato dai talebani.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 1° ottobre 2021:

La prima cosa da sapere sull'Afghanistan è che quanto sta succedendo non è nulla di nuovo. Certo, è la prima volta che succede in 20 anni. I soldati nella capitale possono essere cambiati, ma la minaccia non è nuova. C'era pericolo, ora ce n'è di più. Ci conviviamo da molto tempo. E a maggior ragione, il dolore di vivere per Gesù e rischiare tutto per seguirlo non è nulla di nuovo. Non lo è per me, come non lo era per i miei nonni, che vivevano per Lui e Lo seguivano.
Questa è la realtà per i cristiani afghani, da oltre 40 anni. Prima sotto i talebani, poi sotto il governo afghano supportato dagli americani, prima che i talebani riprendessero il controllo il mese scorso. L'Afghanistan è sempre stato un luogo pericoloso per i cristiani. Seguire Gesù apertamente è impossibile. Ora le cose sono peggiorate. È peggio di prima, ma non è nulla di nuovo. Quando i talebani hanno preso il controllo, si è realizzato ciò che temevamo. Non potete capirlo come me. Non so spiegarlo a parole. Ci convivo da quando sono piccolo.
Ci chiamiamo per chiederci del mal di testa, del dolore alla spalla, di ferite e vecchi problemi di salute, per rimanere in contatto. Per ora è tutto ciò che possiamo chiedere. Circolava una lista con i nostri nomi. Alcuni sono stati uccisi. Altri sono stati rapiti, altri ancora scomparsi. Sembra il giorno dopo un'enorme, catastrofica esplosione. Le luci si sono spente. La festa iniziata una notte di quasi 20 anni fa è terminata e la musica è stata sostituita da urla, spari e anche dal silenzio. Il suono del nulla.

Fonte: Tempi, 27 ottobre 2021

8 - OMELIA XXXII DOM. DEL T. ORD. - ANNO B (Mc 12,38-44)
Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Il tema centrale della liturgia della Parola di questa domenica è la generosità della creatura nei confronti di Dio a cui segue sempre una generosità ancora più grande di Dio verso le sue creature. È quanto abbiamo letto nella prima lettura. Dio chiede alla vedova di Sarepta tutto quello che ella aveva per vivere: un pugno di farina e un po' d'olio. Era l'unico sostentamento per lei e per suo figlio. Dio le chiede quell'atto di generosità per sfamare il profeta Elia, ed ella, con grande carità preparò una focaccia per il Profeta. Dio ricompensò ampiamente quel gesto facendo sì che né la farina venne meno nella giara e né l'olio diminuì nell'orcio. E così Elia, la vedova e suo figlio poterono mangiare per diversi giorni.
In questo episodio ammiriamo la fede di entrambi, di Elia e della vedova, e la generosità di quest'ultima, la quale è di esempio per ciascuno di noi.
La stessa generosità la vediamo nel brano del Vangelo: Gesù osserva che diversi ricchi gettavano nel tesoro del tempio molte monete, mentre una povera vedova vi gettò due monetine che erano tutto ciò che ella aveva. Gesù lodò quella generosità, dicendo: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei, invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». (Mc 12,43-44).
Dio non può rimanere indifferente di fronte alla generosità delle sue creature e ricompensa ampiamente ogni gesto di bontà verso di Lui e verso il prossimo. Possiamo affermare che, nella vita cristiana, per moltiplicare le nostre sostanze, le dobbiamo dividere. Quanto più condivideremo, tanto più saremo beneficati dal Signore.
Il Signore guarda il cuore e non tanto l'offerta che facciamo. Per questo motivo, nel brano che abbiamo letto, Gesù rimproverò aspramente la condotta degli scribi e dei farisei, i quali ostentavano una santità di vita solo apparente, mentre dentro di loro nascondevano una grande malvagità. Essi amavano ricevere i primi posti, pregavano a lungo per farsi vedere, apparentemente sembravano degli esempi per tutti, ma in realtà, secondo le parole di Gesù, «riceveranno una condanna più severa» (Mc 12,40).
Con queste parole, Gesù ci indica la semplicità della vita come un ideale a cui tendere incessantemente. Essere semplici significa essere trasparenti, cristallini, puri nella nostra intenzione, facendo tutto per amore di Dio e del prossimo, senza nascondere altri motivi dettati dal nostro amor proprio.
Si racconta che un giorno san Francesco d'Assisi incontrò una povera vecchietta che chiedeva l'elemosina. Non potendo resistere oltre, nella sua generosità, il Santo di Assisi le diede il suo mantello. Subito dopo fu preso da un sentimento di vanagloria per la bella figura che aveva fatto davanti alla folla che era lì attorno a lui. La gente iniziava già a lodarlo per quel gesto caritatevole, allora egli prese la parola e disse che non dovevano lodarlo perché, davanti a Dio, quell'azione non valeva niente dal momento che si era insuperbito (cf FF 716). San Francesco non voleva apparire esteriormente ciò che non era.
Questo episodio ci insegna ancora una volta che le nostre azioni varranno davanti a Dio nella misura dell'amore che ci metteremo. Un gesto caritatevole, fatto per vanagloria, è come un legno tarlato, bello dal di fuori, ma dentro è tutto vuoto. Una opera buona fatta per essere lodati è come le opere fatte dagli scribi e dai farisei, i quali si servivano di Dio come di uno sgabello per innalzarsi al di sopra degli altri. Si capisce come simili azioni valgano poco o nulla.
Ricerchiamo l'autentico amore di Dio e del prossimo, allora le nostre azioni acquisteranno un valore molto grande. Facciamo come le due vedove di cui parlano le letture di oggi: siamo generosi con Dio, ed Egli lo sarà con noi.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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