BastaBugie n�793 del 02 novembre 2022

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1 ELON MUSK, UNA VITA NEL CAOS EMOTIVO
Il multimiliardario parla del drastico calo di nascite in Occidente, dimenticando ciò che c'è alla base delle culle vuote, e che lui stesso rispecchia: la famiglia disgregata
Autore: Cristina Gauri - Fonte: Il Timone
2 QUANDO PERDE LA SINISTRA MUOVE LA PIAZZA, IN ITALIA COME NEGLI USA
La sinistra quando perde rinfocola animi e libera i propri scagnozzi per le strade (vedi all'università La Sapienza dove a causa degli studenti inferociti è stata necessaria una carica di alleggerimento della polizia)
Autore: Luca Volontè - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 GLI SCACCHI E LA CHIESA: UN MATRIMONIO REALIZZATO
Ritrovato un problema attribuito al giovane Wojtyla (futuro papa Giovanni Paolo II) e così si scoprono gli scacchi giocati anche dai santi (sono inventate da sacerdoti le aperture spagnola, siciliana, Ponziani, ecc.)
Autore: Roberto Beretta - Fonte: Avvenire
4 GIORGIA MELONI VUOLE ESSERE CHIAMATA IL PRESIDENTE
Laura Boldrini schiuma dalla rabbia per la distruzione della battaglia sul presunto linguaggio inclusivo
Autore: Federico Cenci - Fonte: Provita & Famiglia
5 IL NUOVO GOVERNO INNALZA IL TETTO AL CONTANTE? LA SINISTRA FA LE BARRICATE
Tracciare i pagamenti non serve a combattere l'evasione fiscale, ma a monitorare la vita delle persone (lo stesso scopo visto con il green pass)
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 UNA CONVINTA ABORTISTA NOMINATA MEMBRO DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
Si tratta dell'economista italo-americana Mariana Mazzucato, fautrice dell'Agenda 2030 e dei suoi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera
7 SE IL SACERDOTE VUOLE SALVARE LE ANIME, DEVE MIRARE ALLA SANTITA'... LA SUA!
La più grande astuzia del demonio è far credere che la salvezza delle anime dipenda dalle capacità di ognuno, invece è solo attraverso la Grazia e la propria santificazione che si ottengono doni meravigliosi da Dio
Autore: Padre Adolphe Tanquerey - Fonte: I Tre Sentieri
8 OMELIA XXXII DOM. T. ORD. - ANNO C (Lc 20,27-38)
Dio non è dei morti, ma dei viventi
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - ELON MUSK, UNA VITA NEL CAOS EMOTIVO
Il multimiliardario parla del drastico calo di nascite in Occidente, dimenticando ciò che c'è alla base delle culle vuote, e che lui stesso rispecchia: la famiglia disgregata
Autore: Cristina Gauri - Fonte: Il Timone, ottobre 2022 (n.221)

Ben vengano le denunce della natalità del patron di Tesla. Che però sono solo quantitative, dimenticando ciò che c'è alla base delle culle vuote, e che lui stesso rispecchia: la famiglia disgregata
Definire il multimiliardario Elon Musk un personaggio controverso sarebbe sin troppo riduttivo. Funambolico, istrionico, spesso politicamente scorretto e in apparente controtendenza rispetto alle parole d'ordine tanto care ai suoi colleghi di potere e ricchezza - spesso preda, questi, dei peggiori deliri politicamente corretti -, Musk da qualche tempo ha iniziato a sottolineare il drastico calo di nascite che sta coinvolgendo l'Occidente, arrivando esplicitamente a parlare di inverno demografico. Tanto che l'imprenditore di origini sudafricane, grafico del Wall Street Journal alla mano, ne aveva avuto anche per l'Italia, posizionata in fondo alla classifica delle nascite e a rischio di autentica estinzione demografica.

I FIGLI NON SONO SOLO NUMERI
Che un simile allarme arrivi da una persona influente, in vista ed esposta nell'utilizzo dei social media, nuova piazza digitale del dibattito pubblico, è senza dubbio alcuno estremamente positivo, considerando che la gran parte di attori, rockstar, sportivi e imprenditori sembra più orientata a sostenere fanaticamente aborto, interventi chirurgici di transizione di genere, eutanasia e i soliti peana sulla decrescita infelicissima (quella altrui). Il problema però non è solo quantitativo, ovvero di quanti figli realmente si mettano al mondo, ma anche squisitamente qualitativo e verte, in primis, sulla famiglia stessa: sul concetto di famiglia, su come essa viene costruita, vissuta, integrata nel tessuto della società. Entro quali valori e paradigmi viene concepita.
Viviamo nell'epoca della destrutturazione di qualunque principio di autorità che in passato avesse contribuito a forgiare la civiltà così come la conosciamo: si parte esautorando Dio, per arrivare a colpire la famiglia, nucleo essenziale su cui si basa - e pe millenni si è basata e si è evoluta - la società: decostruita, spesso criminalizzata, sdilinquita, frammentata e disintegrata pe fare posto all'assunto contemporaneo secondo cui qualunque aggregazione vagamente basata su presupposti presuntamente affettivi può dirsi "famiglia". Ma se tutto può essere chiamato "famiglia", nulla lo è davvero. E in questo modo la famiglia autentica, naturale, reale cessa di esistere.

IL RAPPORTO DIFFICILE CON IL PADRE
Elon Musk - in effetti e a ben vedere - sembra nutrire un concetto meramente quantitativo della demografia e della famiglia stessa: gli interessano in apparenza i numeri, molto meno i presupposti naturali e fondanti del cosiddetto "mattone della società". E non poteva essere altrimenti: egli stesso arriva da un contesto familiare emotivamente e affettivamente problematico. In particolare i rapporti con il padre sono sempre stati tesi e conflittuali: Errol Musk, ancora nel 2022, in un'estesa intervista rilasciata alla radio australiana ha dichiarato senza mezzi termini di preferirgli l'altro figlio, Kimbal, in quanto più realizzato e capace di coniugare successo lavorativo e gratificazione familiare. Elon, al contrario, secondo il padre non riuscirebbe a coniugare la sua ansia di poter modellare il futuro con la prospettiva di metter su un'autentica famiglia. Musk ha infatti nove figli; nove figli che vanno a costituire una caotica costellazione intessuta di successivi riconoscimenti, brevissime storie di letto o relazioni emotivamente problematiche con donne diverse. Basti considerare che fino all'anno scorso si riteneva che Musk avesse sette figli, fino alla rivelazione del riconoscimento di due ulteriori gemelli che il patron di Tesla ha avuto da una breve relazione con una sua dipendente, Shivon Zilis, secondo quanto rivelato dal New York Times nell'articolo How many children does Musk have? Dell'11 luglio 2022.
La realtà dei fatti è che Musk rappresenta, in questo senso, il paradigma perfezionato della famiglia disgregata, stritolata spesso dalle accelerate logiche della produzione e del mercato, nonché dalle sirene stordenti del successo economico. Basti considerare che, durante una delle più violente crisi aziendali delle sue creature societarie, Musk trascurò a tal punto il tetto familiare da essere rimasto a dormire in fabbrica, sul pavimento, per settimane. Riprendendo le parole del padre Erroll e le testimonianze di altre persone che sono state nel corso della loro vita vicine a Musk, e le ammissioni dello stesso, ciò che emerge dalla sua quasi disperata ricerca di compagne e figli non è tanto l'idea classica e canonica del mettere su famiglia, quanto del riuscire a replicare egoisticamente se stesso e sentirsi in tal modo meno solo.

UNA VITA NEL CAOS EMOTIVO
La stessa relazione con l'eccentrica cantante canadese Grimes, dalla quale Musk ha avuto due figli - uno dei quali ricorrendo all'utero in affitto! - non sembra essere esattamente paradigma di ciò che un nucleo familiare sano e stabile dovrebbe costituire: al di là del continuo tira-e-molla, dell'essersi lasciati e rimessi assieme, i due hanno vissuto separati, in case distanti, cullando l'illusine di potersi dire "famiglia" sulla base del volersi bene e del sentirsi spesso, anche come migliori amici. E il caos emotivo in cui il patron di Tesla sembra vivere non può che riverberarsi sulla sua stessa discendenza - così come il rapporto disfunzionale con il padre si è riverberato sulla sua -, tramutando ciò che lui ritiene una famiglia in un labirinto di solitudini amplificate e di personalità drammaticamente irrisolte.
Caso eclatante e perfettamente esemplificativo è quello di Xavier Musk, teenager che si è rivolto a un tribunale californiano per un cambiamento di genere sessuale e per il riconoscimento di una nuova identità. Il ragazzo ora si chiama legalmente Vivian Jenna Wilson. Colpisce molto leggere negli atti processuali come la richiesta giudiziaria sia stata originata dalla volontà di perdere qualunque contatto e collegamento con il suo padre biologico, da lui detestato. A tal punto da distaccarsi dalla propria mascolinità, sicuramente spinto dal clima ideologico militarizzato dalla propaganda gender di questi anni. Una cesura nettissima e dolorosa, indice privilegiato del fatto che non basta mettere al mondo un figlio per potersi davvero dire padre, esattamente come non è sufficiente sfornare bambini a casaccio, futuri disadattati, per scongiurare il problema demografico.

Nota di BastaBugie: qui sotto si trovano i link agli articoli precedentemente rilanciati su Elon Musk.

ELON MUSK CONTRO GLI AMBIENTALISTI: SIAMO A RISCHIO ESTINZIONE
L'uomo più ricco del mondo, che ha appena acquistato Twitter, lancia l'allarme: ''Senza figli la civiltà scomparirà'', ma stavolta nessuno in Europa riporta le sue dichiarazioni per non contraddire Greta
di Lorenza Formicola
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7012

ELON MUSK COMPRA TWITTER E PROMETTE PIU' LIBERTA'
Avendo a cuore la libertà di pensiero, l'imprenditore ha difeso la natalità come risposta al declino demografico e ha criticato apertamente l'ideologia gender (VIDEO: Musk sostituisce Trump?)
di Fabrizio Cannone
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6997

JENNIFER LOPEZ CANTA CON LA FIGLIA E GLI DA' DEL ''LORO''
No, non possiamo banalizzare e normalizzare un bambino che cambia genere, nemmeno se il figlio di Elon Musk cambia nome, cognome e sesso
di Fabrizio Cannone
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7052

Fonte: Il Timone, ottobre 2022 (n.221)

2 - QUANDO PERDE LA SINISTRA MUOVE LA PIAZZA, IN ITALIA COME NEGLI USA
La sinistra quando perde rinfocola animi e libera i propri scagnozzi per le strade (vedi all'università La Sapienza dove a causa degli studenti inferociti è stata necessaria una carica di alleggerimento della polizia)
Autore: Luca Volontè - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27 ottobre 2022

La sinistra è sempre uguale a se stessa: quando perde, rinfocola animi e libera i propri scagnozzi per le strade, tutto come nel '900, violentemente retrogrado. Capita ovunque la stessa cosa, con il Partito Democratico &Co. negli Usa per tutto il mandato alla Casa Bianca e soprattutto negli ultimi 18 mesi di governo di Donald Trump, lo vediamo oggi i Italia come lo stesso partito e gli stessi soci di 'brigata' aizzino nuovi moti giovanilistici e, insieme alla solita e vuota Cgil, vogliano abbattere il risultato elettorale e perso il..."merito".
Dobbiamo a malincuore prender atto di una sinistra 'democratica' che non ha alcun rispetto né per la democrazia, né per il voto popolare, né accetta di indossare l'abito prezioso della 'opposizione' ma conosce solo rancore per i vincenti e i 'fumi' delle proteste. Negli anni di Trump alla Casa Bianca le proteste e occupazioni di interi centri storici cittadini, con la complicità di amministrazioni comunali 'democratiche' e tolleranti, la creazione di 'città santuario' dove il razzismo era bandito e si concedevano liberi sfoghi alle occupazioni e saccheggi vandalici, le manifestazioni create ad arte dal neonato BLM, movimento scomparso dopo la vittoria di Biden. Come ha descritto un anno fa il Washington Post, negli anni di Trump alla Casa Bianca si è registrato il più alto numero e la più imponente diffusione delle proteste antigovernative nella storia degli Stati Uniti d'America. Sarebbe necessario l'intero numero odierno de La Bussola solo per riportare lo sterminato elenco, seppur parziale, che si trova alla pagina di Wikipedia alla pagina relativa alle proteste finanziate, organizzate e promosse dai grandi finanziatori liberal, dal partito dei Democratici e da improbabili leader protestatari, contro l'allora Presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump.

BLACK LIVES MATTERS
Certamente, il Black Lives Matters che è stato il principale motore delle proteste contro Repubblicani e Trump, ora ha dismesso qualunque significativa battaglia per la parità razziale a causa dei continui scandali finanziari ed appropriamento indebito di decine di milioni di dollari da parte dei leader. Dall'inizio di quest'anno, lo abbiamo descritto su La Bussola più volte, finanziatori e politici Dems hanno creato e appoggiato la protesta, abortista, antifascista, e vandalica che sta mettendo a ferro e fuoco, a rischio della vita, chiunque sostenga la dignità della vita umana del concepito. Mentre con la guerriglia contro Trump, i Dems ed i loro finanziatori e mass media, combattevano il nemico assoluto (seppur eletto dal popolo), in quest'ultimo anno, gli stessi Dems, incapaci di governare la complessità del mondo e risolvere i problemi del proprio paese, mantengono vivo lo spettro del nemico Trump e vi aggiungono intimidazioni e minacce della vita a chiunque si opponga ai loro diktat.
Anche i nostrani Dermocratici e le sinistre italiane si stanno dimostrando ottimi maestri di questi vizi antidemocratici. Nessuno vuole limitare i diritti fondamentali, tra i quali quello di pensiero, coscienza, associazione, manifestazione. Ora però, a poche settimane dal risultato elettorale e grazie al clima di dileggio sistematico e violento dei leader 'Democratici' e dei loro fiancheggiatori della carta stampata e della TV (persino di Stato), sono scoppiate le prime proteste di piazza, occupazioni universitarie e scolastiche non autorizzate e tantomeno 'spontanee'. I protagonisti sono sempre i soliti 'collettivi', insieme ai nipotini ignoranti che da inizio secolo, ad ogni vittoria elettorale del centro destra, accendono le micce nelle piazze italiane. Mentre dopo le elezioni del 1994 ci pensò direttamente la magistratura a sconvolgere le cancellerie e il voto degli italiani, negli anni successivi furono docenti, studenti e operai (segnatamente della Cgil) ad inscenare la protesta rossa 'democraticamente non-autorizzata' in ogni dove e 'okkupare' scuole, università e piazze del Belpaese.

NON C'È NULLA DI MERITEVOLE NELLE PROTESTE E MINACCE
Sia chiaro, il Governo Meloni è in carica ma inizierà la sua attività a pieno regime tra qualche settimana. Le polemiche sul termine 'merito', aggiunto alla definizione del Ministero della Istruzione, sbugiardate sul piano sociologico da Salvatore Abruzzese e su quello costituzionale da Cesare Mirabelli, sono solo una becera scusa per sguinzagliare squadracce di intolleranti contro il risultato elettorale democratico. Sempre è stato così, nel 2005 la riforma Moratti venne osteggiata con occupazioni e proteste insulse e nel 2010 la riforma Gelmini, bollata di essere di 'marca cilena', vide occupazioni e proteste in tutto il paese. La Cgil sempre schierata con i Democratici e gli 'spontanei' gruppi studenteschi, 'a prescindere' da ogni contenuto, contro il 'mostro delle destre'. Non c'è nulla di meritevole nelle proteste e minacce che stanno accadendo in questi giorni, povera sinistra che ha bisogno di riesumare il fascismo per sentirsi viva.
Il Ministro Valditara (Istruzione) e il Ministro Bernini (Università) ancora non hanno mosso un dito che due giorni or sono, all'Università Sapienza di Roma, un manipolo di intolleranti anarchici violenti ha cercato di impedire lo svolgersi di convegno (autorizzato) con esponenti di destre e liberali. La Polizia, facendo il proprio dovere, si è beccata critiche feroci. L'episodio era stato anticipato, nei giorni scorsi, dall'attacco sul piazzale antistante alla Sapienza ai danni di un gruppo di Universitari per la vita, "rei" di volantinare opuscoli pro life. Vergogna, strumentalizzare i ragazzi per la propria incapacità politica e culturale di accettare le regole minime della democrazia. Come mai, queste belle persone, dai 'Colletivi' alla Cgil non hanno mai occupato una scuola, una università, né inscenato una manifestazione contro le lezioni 'in remoto', la chiusura delle scuole per Covid, l'assenza di docenti, la perdita di competenze ed istruzione degli ultimi anni?

Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "La Sapienza, proteste contro la libertà di parola: chi sono i veri squadristi" intervista Daniele Capezzone, uno dei relatori del convegno all'università La Sapienza a Roma dove una manifestazione di studenti e giovani militanti di sinistra finisce con una carica di alleggerimento della polizia. Giornali e telegiornali, nonché politici e intellettuali, hanno dato una versione dei fatti non rispondete alla verità. Come sempre. Cerchiamo di capire meglio ascoltando chi era sul posto.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27-10-2022:

Martedì 25 ottobre, all'università La Sapienza, a Roma, una manifestazione di studenti e giovani militanti di sinistra è finita male, con una carica di alleggerimento della polizia. L'episodio ha fatto particolarmente scalpore perché è avvenuto proprio nel giorno in cui il governo Meloni incassava il voto di fiducia alla Camera. Così ha commentato la neo-eletta senatrice Ilaria Cucchi (Verdi-Sinistra Italiana): "I nostri ragazzi ieri alla Sapienza sono stati affrontati come terroristi, perché credevano di avere ancora il diritto di protestare in modo pacifico. Inaccettabili e disumani i modi con cui sono stati trattati. Immagini brutali e davvero intollerabili in un luogo sacro come l'Università. Presidente, è davvero questo il modello di Paese che volete offrire ai nostri figli?" Così Amnesty International: "Di fronte a quanto accaduto oggi a La Sapienza, ribadiamo che la protesta pacifica è un diritto fondamentale e le forze di polizia devono facilitarne lo svolgimento in sicurezza". Di questo tenore sono praticamente tutti gli editoriali che abbiamo letto ieri, sui principali quotidiani.
Ma ci siamo chiesti, però, contro cosa protestavano i giovani, studenti e non, all'università romana? Quasi mai si parla del loro motivo, perché altrimenti si scoprirebbe che era: contro un convegno di Azione Universitaria, regolarmente organizzato e annunciato con largo anticipo. In estrema sintesi: volevano togliere la parola ai relatori. Abbiamo visto tutti cosa sia successo fuori dall'aula in cui si teneva l'evento, ma non abbiamo ancora sentito il parere di chi era dentro. Uno dei relatori è Daniele Capezzone, già portavoce del (fu) Popolo della Libertà, ora opinionista del quotidiano La Verità. La sua rassegna stampa mattutina, La Verità alle Sette è definita dal suo stesso autore come "politicamente scorrettissima", ma tutto si può dire di Capezzone meno che sia "fascista": è un liberale classico. Eppure i giovani, a La Sapienza, sono stati mobilitati con lo slogan "Fuori i fascisti dalla Sapienza".
 «Da molti giorni era pubblicizzato un convegno, autorizzato, organizzato dai giovani di Azione Universitaria, sul tema del capitalismo. A questo convegno erano invitati quattro relatori: oltre al sottoscritto, c'era una docente di sociologia, un docente di economia, mentre era assente un deputato di Fratelli d'Italia, che doveva partecipare, alla Camera, al voto di fiducia - spiega Daniele Capezzone alla Nuova Bussola Quotidiana - Alla vigilia della conferenza, inizia a diffondersi sui social un volantino che ritrae il deputato di FdI e me, con lo slogan 'Fuori i fascisti dalla Sapienza'. Martedì mattina ho trovato una facoltà di Scienze Politiche in assetto di guerra. Io sono potuto entrare e uscire solo perché scortato dalla polizia. Il convegno si è svolto comunque, ma asserragliati in aula, mentre fuori c'era una manifestazione che premeva per irrompere. Come mi è stato raccontato, qualcosa di analogo era avvenuto il 14 ottobre scorso, per un altro convegno».
Il tema dell'evento era un dibattito aperto sul capitalismo, con relatori pro e contro. Ma nei manifesti degli studenti si leggeva: "Antifascismo è anticapitalismo". Capezzone nota come anche gran parte dei giornalisti abbia riportato solo il punto di vista dei manifestanti: «Nel raccontare l'episodio, i media mainstream, anche in perfetta buona fede, hanno preso pari pari una frase del volantino comunista diffuso la sera prima: per mostrare la perfidia dei relatori, il convegno veniva descritto come un evento per promuovere l'idea del "capitalismo buono". Peccato che sia sfuggito che gli organizzatori, di Azione Universitaria avessero semmai posto un interrogativo sul tema. Io ero l'ospite thatcheriano pro-mercato, ma la conferenza era molto più articolata e piena di sfumature».
Capezzone è sempre stato all'interno dell'aula, non ha assistito alla carica della polizia e non commenta. Sulla base di quel che ha visto personalmente, però: "se non fossi stato materialmente portato, fin dentro l'ingresso, in un'auto della polizia, i manifestanti non mi avrebbero mai fatto entrare. Propongo ai lettori un gioco: se fossero stati degli studenti di estrema destra a minacciare la sera prima e, il giorno dopo, tentare l'esclusione di alcuni relatori di sinistra, oggi che titoli leggeremmo? Si parlerebbe, quasi sicuramente, di 'nuovo squadrismo', a maggior ragione nel centesimo anniversario della Marcia su Roma. Invece, non c'è alcun commentatore di sinistra che, finora, si sia occupato di un diritto chiamato "libertà di espressione"».
Fra la vittoria del centrodestra alle elezioni e l'insediamento del governo Meloni, l'Ue e governi europei, soprattutto la Francia, hanno più volte ribadito che "vigileranno sui diritti" in Italia. Sarà questo il modo di vigilare? «Temo che un fenomeno, che esiste ovunque, di polarizzazione eccessiva, qui stia assumendo una forma ancora più tossica. Ed è quella del doppio standard: c'è qualcuno a cui si consente tutto e qualcun altro a cui non si consente nulla. E anzi: viene condannato anche quando subisce un sopruso. Si dimentica chi sta cercando di conculcare i diritti e chi subisce la loro violazione».
La rivoluzione woke non parte dall'Italia, bensì dal mondo anglosassone, uno dei suoi metodi è il "de-platforming", letteralmente togliere il podio (e il microfono) a chi fa discorsi politicamente scorretti. Sta arrivando anche in Italia? «Temo che questo sia solo l'inizio di un lungo inverno. Quella pratica, nel mondo anglosassone, alcuni la chiamano "creazione di safe spaces", di spazi sicuri. Ma "sicuri" rispetto a cosa? Il fatto che tu possa espellere fisicamente una persona che non ti piace, un relatore che non condividi, renderebbe quell'ambiente "sicuro"? Tu (e questo vorrei dirlo ai più giovani) ti stai privando dell'avventura intellettuale di misurarti con un'opinione diversa dalla tua che forse ti aiuterebbe a mettere a fuoco le tue stesse convinzioni».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27 ottobre 2022

3 - GLI SCACCHI E LA CHIESA: UN MATRIMONIO REALIZZATO
Ritrovato un problema attribuito al giovane Wojtyla (futuro papa Giovanni Paolo II) e così si scoprono gli scacchi giocati anche dai santi (sono inventate da sacerdoti le aperture spagnola, siciliana, Ponziani, ecc.)
Autore: Roberto Beretta - Fonte: Avvenire, 17 maggio 1997

Il Bianco muove e matta in tre mosse. Se è difficile dare scacco al Re, figuriamoci al Papa. [...] Giovanni Paolo II, infatti, potrebbe essere un avversario ostico anche sulla scacchiera.
Wojtyla dispone i pezzi da lunga data, pratica gli arrocchi con disinvoltura fin dai tempi del liceo, sposta pedoni e alfieri secondo le regole del giocatore scaltrito. Lo rivela la rivista L'Italia scacchista, [...] proprio con un articolo sul Papa, pubblicando tre problemi (di cui uno inedito) che Wojtyla avrebbe composto negli anni anteguerra per una rivista polacca. Il futuro Papa, infatti, allora diciottenne, si dilettava (come peraltro molti connazionali) di scacchi ed era diventato persino compilatore della colonna di settore sulla rivista degli universitari cattolici di Cracovia; in quella sede avrebbe pubblicato, come usa nelle rubriche di genere, dei "problemi" scacchisti anonimi, che sono stati conservati negli archivi della Federazione polacca e ora tornano alla luce a lui attribuiti con una sicurezza del 90% in particolare uno, del 1938, appare persino in un manuale inglese del 1984 per principianti. L'autore della "scoperta" è Adolivio Capece, direttore de L'Italia scacchistica, che ha ripreso la notizia da riviste di settore e l'ha rilanciata in Italia. Ma Capece è anche "maestro nazionale" ed ha quindi titolo per commentare il livello tecnico di Giovanni Paolo II: "Non si tratta di problemi trascendentali, le sue sono composizioni semplici e lineari da giocatore medio. Sono temi che si basano su quello definito in gergo "scacco di scoperta", ovvero il pezzo che muove e ne "scopre" un altro che dà scacco: un approccio abbastanza comune, ma sempre simpatico. Soprattutto è importante che non siano presenti le cosiddette "demolizioni", ovvero la possibilità di più soluzioni". [...]

UNA PARTITA PAPALE PAPALE
Non solo: di Giovanni Paolo II, allora neppure prete, si sarebbe conservata un'intera partita, giocata con una signora dell'aristocrazia di Cracovia; ma qui l'attribuzione è molto più incerta. Mentre due altri, problemi del Papa, pubblicati nel 1987 in Inghilterra e spacciati addirittura come composti nei primi anni di pontificato, si sono presto rivelati apocrifi; anzi, in quell'occasione la Segreteria di Stato chiese (e ottenne) la pubblicazione di una smentita e le scuse del falsario. I falsi scacchistici non sono del resto materia nuova per i Pontefici. Già di Giovanni Paolo I, conosciuto per discreto giocatore, era stata tramandata una partita giocata da Vescovo di Vittorio Veneto contro il suo medico personale; ma si tratta di un'attribuzione molto dubbia. E anche Leone XIII, appassionato giocatore (da cardinale sfidava spesso un prete di Perugia), è stato vittima di un falso, in quanto gli venne assegnata un match disputato invece da altri. Tra i Papi scacchisti si segnalano poi il cinquecentesco Leone X, che fin da quando era solo Giovanni de' Medici risultava gran giocatore e continuò anche dopo (tanto da meritarsi una citazione in tal senso persino nell'austera Storia dei Papi del von Pastor), e in misura minore Pio V (1566-1572), mecenate di alcuni noti scacchisti dell'epoca.
Prima di loro, tuttavia, non è che gli scacchisti godessero di una buona fama in casa cattolica, come documenta l'articolo di Capece. San Pier Damiani, per esempio, nel 1061 scrisse una filippica contro torri e cavalli, "disonesti, assurdi e libidinosi" perché distoglievano i sacerdoti dai doveri pastorali e perché erano troppo simili a un gioco d'azzardo: in quel periodo, infatti, per quanto assurdo possa sembrare la mossa dei pezzi era decisa dal lancio dei dadi, così da vivacizzare le partite e non far vincere sempre i più bravi, e la cosa si prestava alle scommesse. Ancora nel 1128 Bernardo di Chiaravalle interdisse la scacchiera ai Templari e una serie di concili locali del XIII secolo (particolarmente severo il Bitterrense del 1255) ribadirono la proibizione. [...] Pure San Luigi IX di Francia vietò gli scacchi nel 1254, mentre San Bernardino da Siena in una predica del 1425 riuscì a far bruciare in piazza un numero imprecisato di scacchiere. Medesimi roghi innalzò, e per due volte, il Savonarola (che pure sapeva giocare) sul finire del secolo XV. Invece un concilio messicano nel 1585 minacciò di scomunica i chierici che giocavano in pubblico. La "svolta" era però già in atto, soprattutto per opera di quattro grandi santi: Francesco Saverio, che convertì un marinaio battendolo a scacchi durante uno dei suoi viaggi missionari; Teresa d'Avila, che nel cammino di perfezione cita in dettaglio e in più punti gli scacchi (e per questo verrà proclamata nel 1944 "patrona degli scacchisti"); Francesco di Sales, che ufficialmente dichiara lecito il gioco, purché non si ecceda al punto da stancarsi troppo psichicamente; e infine il grande Carlo Borromeo, che - sorpresa! - una volta vinse in una memorabile partita notturna la dote di una monaca. [...]

APERTURE DA PRETE: LA SPAGNOLA, LA SICILIANA, LA PONZIANI
Fu così che primo "campione del mondo" degli scacchi divenne un vescovo, lo spagnolo Ruy Lopez de Segura, il quale nel 1560 - venuto in Italia per un conclave - sfidò e vinse tutti i più forti giocatori nazionali; al ritorno scrisse un manuale in 5 volumi, ideò la "spagnola" (una delle aperture oggi più in voga) ed ebbe da Filippo II un vitalizio come "miglior scacchista del secolo".
Un exploit solo parzialmente ripetuto da altri ecclesiastici, come il siciliano Pietro Carrera che nel 1617 compose prima un poemetto latino e poi un trattato sugli scacchi sostenendo la "difesa siciliana", l'apertura tuttora e di gran lunga più giocata. Oppure don Domenico Ponziani, canonico a Modena, autore de Il giuoco incomparabile degli scacchi (1769). O ancora il cappellano inglese Henry Loveday, che a Delhi intorno al 1850 elaborò la composizione scacchistica nota come "problema indiano".
Per finire [...] tuttora si contano parecchi preti giocatori: qualcuno nei tornei, qualcuno per posta; il migliore, monsignor Pierluigi Sartorelli, prima categoria nazionale, era addirittura arcivescovo e nunzio apostolico. [...]

Nota di BastaBugie:
il problema di scacchi attribuito a Carol Wojtyla (vedi immagine: la casella in alto a sinistra è a8) ha la seguente soluzione: 1. c8=C Ra3 2. Cb6 axb6 3. axb6#

Fonte: Avvenire, 17 maggio 1997

4 - GIORGIA MELONI VUOLE ESSERE CHIAMATA IL PRESIDENTE
Laura Boldrini schiuma dalla rabbia per la distruzione della battaglia sul presunto linguaggio inclusivo
Autore: Federico Cenci - Fonte: Provita & Famiglia, 28/10/2022

Pronti, via: inizia il lavoro del nuovo governo ed è subito polemica. Interventi sul lavoro, politiche scolastiche, collocazione internazionale? No, la pietra dello scandalo, per l'opposizione, è la scelta di Giorgia Meloni di utilizzare l'articolo determinativo maschile "il" e non quello femminile "la" davanti alla carica di presidente del Consiglio.
Dunque, nei documenti ufficiali Giorgia Meloni d'ora in avanti è il presidente del Consiglio e non la presidente del Consiglio. Apriti cielo! La più scandalizzata, a mezzo Twitter, è Laura Boldrini. «La prima donna premier si fa chiamare al maschile, il presidente. Cosa le impedisce di rivendicare nella lingua il suo primato?», scrive l'ex presidente della Camera. Che rincara: «La Treccani dice che i ruoli vanno declinati». E infine si chiede: «Affermare il femminile è troppo per la leader di Fratelli d'Italia, partito che già nel nome dimentica le Sorelle?». Chissà se Laura Boldrini vorrebbe anche modificare l'inno d'Italia, visto che Goffredo Mameli, quando scrisse Il Canto degli italiani, fu così misogino da non includere nel concetto romantico di "fratelli d'Italia" il termine "Sorelle".

LA CONTRADDIZIONE DEL LINGUAGGIO INCLUSIVO
Ma, messa da parte la storia, a un occhio attento non può che spiccare una contraddizione nelle odierne battaglie in favore del linguaggio cosiddetto inclusivo. Da anni, infatti, schiere di sedicenti femministe si battono affinché il lessico valorizzi il genere femminile: di qui la richiesta di abbandonare l'antica prassi linguistica italiana per cui il neutro viene assorbito dal maschile a beneficio di neologismi come ministra, sindaca, architetta, e così via. Sulla questione è intervenuta anche l'Accademia della Crusca, con un'apertura nei confronti di chi vuole innovare il linguaggio in funzione del genere. Ed è proprio all'insegna di una presunta valorizzazione del genere femminile che si colloca l'istanza in favore dell'articolo "la" in sostituzione di "il".
Curioso, molto curioso, tuttavia, che quanti si battono per le declinazioni femminili dei termini siano spesso gli stessi che perorano un'altra battaglia linguistica: l'annullamento delle desinenze maschili e femminili in favore del neutro. Ecco allora che da qualche anno, sugli striscioni dei centri sociali così come in certe rubriche di giornale à la page e persino in qualche documento ufficiale del Miur, iniziano a comparire gli asterischi o gli schwa al posto delle desinenze. Invece di scrivere «Ciao a tutti», secondo questi guru dell'innovazione del lessico, si dovrebbe scrivere «ciao a tutt*» o «ciao a tuttə». E c'è chi addirittura ha introdotto una non meglio precisata "u", nel salutare con «ciao a tuttu».

SCEGLIETE: O L'UNA O L'ALTRA BATTAGLIA
Insomma, quanti caldeggiano nel lessico una sorta di affermazione enfatica del genere femminile sono gli stessi che vorrebbero abolire i generi mediante detonatori grammaticali come asterischi e schwa. Inoltre, come se non bastasse, con il caso Giorgia Meloni emerge un'altra ipocrisia: da anni ci dicono che va rispettata l'autodeterminazione "lessicale" delle persone, dunque doverle chiamare con il genere e il pronome che preferiscono - qui si innesta anche la pericolosissima Carriera Alias - altrimenti sarebbe una discriminazione nei confronti della loro volontà. Dunque perché questa sorta di autodeterminazione vale soltanto a correnti alterne? Perché non rispettare una donna che vuole essere chiamata come IL presidente?
Non resta che invitare costoro a mettersi d'accordo: o l'una o l'altra battaglia, non si può invocare maggiore spazio per il genere femminile e, allo stesso tempo, invocare l'eliminazione dei generi. Si decidano, ma lo facciano nei loro circuiti intellettuali. Lascino che la maggioranza degli italiani continui a scrivere nella lingua dei propri padri occupandosi di problemi reali.

Fonte: Provita & Famiglia, 28/10/2022

5 - IL NUOVO GOVERNO INNALZA IL TETTO AL CONTANTE? LA SINISTRA FA LE BARRICATE
Tracciare i pagamenti non serve a combattere l'evasione fiscale, ma a monitorare la vita delle persone (lo stesso scopo visto con il green pass)
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 1° novembre 2022

Si è scatenato un vero e proprio vespaio attorno all'idea, ventilata da ambienti del nuovo Governo, di rivedere il tetto al contante. C'è chi si è opposto sostenendo che non può e non deve trattarsi di una priorità in una fase della vita del Paese in cui l'urgenza più immediata appare quella di intervenire sul caro energetico e le bollette. Per alzare la soglia di tolleranza nell'uso di banconote bisognerebbe aspettare tempi più sereni, rilevano alcuni settori dello stesso centrodestra, mentre da sinistra sono piovute critiche feroci al provvedimento che l'esecutivo starebbe mettendo in cantiere e che - secondo Pd e Cinque Stelle - sarebbe un regalo alle mafie.
La questione è di per sé molto semplice. È giusto limitare l'uso del contante nelle transazioni costringendo i consumatori a pagare con carte di credito e sistemi che consentono il tracciamento delle operazioni e che, in linea teorica, riducono i rischi di evasione fiscale e riciclaggio di denaro? Messa così, la scelta in favore dei pagamenti cashless potrebbe avere una ratio. Tuttavia, basta leggere numerose valutazioni della Banca d'Italia oppure scrutare le realtà d'oltreconfine per smontare il teorema di quanti sostengono l'equazione tra maggiore uso del contante e maggiore elusione. In Austria e Germania, tanto per citare solo due esempi, la circolazione delle banconote è libera, eppure la gente paga regolarmente le tasse o comunque gli evasori sono molti di meno che in Italia.

COSA C'È DIETRO?
Alcuni economisti internazionali hanno fatto notare che ormai il "nero" è sempre più digitalizzato e le grandi somme di denaro si spostano eludendo i fragili confini nazionali. Senza dimenticare che le criptovalute e gli Nft sono sempre più spesso "lavatrici" per riciclare denaro in massicce quantità. Le banconote da 50 o 100 euro sono ormai "innocue" da questo punto di vista e la loro diffusione non va in alcun modo messa in correlazione con l'incremento dell'evasione fiscale. In questo senso è pura demagogia populista evocare, come ha fatto l'ex premier Giuseppe Conte, l'immagine delle valigette piene di mazzette di denaro che tornerebbero di moda in caso di approvazione dell'innalzamento a 10.000 euro del tetto all'uso del contante.
A parte il fatto che nulla è stato ancora deciso e che l'ipotesi più probabile è che l'innalzamento non superi i 3.000 o al massimo 5.000 euro. Tuttavia, occorre andare oltre l'analisi della singola questione contante sì contante no e risalire alla matrice ideologica di tale ordine di pensiero. Che cosa c'è dietro? Che cosa ispira la demonizzazione del contante che vede in prima linea Pd e Cinque Stelle? È possibile che il capitalismo di sinistra, in passato protagonista di grandi speculazioni di Stato ai danni dei cittadini-contribuenti, possa avere realmente a cuore la lotta all'evasione fiscale e che, per converso, il centrodestra al governo sia sempre sinonimo di complicità con la malavita?

L'EVASIONE FISCALE C'È SEMPRE STATA E CI SARÀ SEMPRE
Evidentemente le cose non stanno così perché l'evasione fiscale c'è sempre stata e ci sarà sempre, a prescindere dal colore dei governi in carica, e la circolazione del contante non incide più di tanto su di essa. La verità è che una più alta disponibilità di contante, oltre che stimolare i consumi, produce tutta una serie di benefici: dall'azzeramento dei costi bancari delle transazioni alla maggiore fluidità del denaro anche in fasce di popolazione anziana che non hanno particolare familiarità con le tecnologie e che sono frenate nelle spese correnti proprio dal vincolo di dover pagare con carte di credito, delle quali sovente non dispongono.
Ma la sinistra si ostina a considerare il contante uno strumento intrinsecamente illegale perché sotto sotto coltiva il desiderio di controllo delle libertà, già sperimentato con successo con il green pass e, in passato, con altre limitazioni. È una visione di società quella che sottende la battaglia contro l'uso del contante. Tracciare, sia pure in forma anonima, le transazioni e gli acquisti di beni e servizi risponde a una mania di controllo delle vite dei cittadini, in vista di quell'euro digitale che fra cinque o dieci anni potrebbe soppiantare del tutto le banconote e ricondurre esclusivamente alla sfera virtuale ogni operazione economica dei cittadini europei.
Una sorta di "Grande Fratello" economico-finanziario, che apparentemente preserva l'anonimato dei singoli, ma in realtà produce un sistematico monitoraggio delle identità virtuali in funzione di una profilazione massiccia e pervasiva delle esistenze individuali. Dunque, non è tanto preoccupante che qualcuno si opponga all'uso del contante, quanto piuttosto che attraverso prese di posizione del genere si voglia ipotecare la libertà individuale con attività di tracciamento lesive della dignità del cittadino consumatore e risparmiatore.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 1° novembre 2022

6 - UNA CONVINTA ABORTISTA NOMINATA MEMBRO DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
Si tratta dell'economista italo-americana Mariana Mazzucato, fautrice dell'Agenda 2030 e dei suoi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera, 24 ottobre 2022

Incredibile. Sconcertante. Devastante. Non vi sono parole, per commentare la recente nomina dell'economista italo-americana Mariana Mazzucato a membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita. Proprio lei, abortista convinta. Proprio lei, fautrice dell'Agenda 2030 e dei suoi «Obiettivi di Sviluppo Sostenibile».
Surreale la giustificazione avanzata in una nota dalla Pontificia Accademia, per la quale sarebbe importante promuovere al proprio interno «un costante e proficuo dialogo interdisciplinare, interculturale e interreligioso», trattandosi di «un organismo di studio e ricerca». Ma Giovanni Paolo II, in realtà, non la istituì con questo fine, non la pensò come una sorta di palestra per disquisizioni accademiche o una vetrina di virtuosismi dialettici, bensì per indirizzare studi e formazione verso «la promozione e la difesa della vita, soprattutto nel diretto rapporto che essi hanno con la morale cristiana e le direttive del Magistero della Chiesa», come spiegato nel Motu Proprio Vitæ mysterium dell'11 febbraio 1994. Il che è tutta un'altra cosa. Non solo. Primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita è stato il venerabile Jérôme Lejeune, che fissò un regolamento interno, con cui si richiedeva a ciascun membro - dicasi ciascuno... - di firmare una dichiarazione, in cui si affermava che «davanti a Dio ed agli uomini, testimoniamo che per noi ogni essere umano è una persona» e che «dalla formazione dell'embrione fino alla morte, è lo stesso essere umano, che cresce fino alla maturità e muore». Dunque, tutt'altra fu la direzione impressa a tale organismo, poi cambiata con i nuovi statuti, varati dopo la nomina alla presidenza dell'arcivescovo Paglia e approvati da papa Francesco. Anch'essi comunque richiedono ai propri membri di conformarsi all'insegnamento della Chiesa, nonché, quando di religioni differenti, di promuovere comunque «e difendere i principi relativi al valore della vita e alla dignità della persona umana, interpretati in modo coerente con il magistero della Chiesa», pena l'estromissione dalla Pontificia Accademia, «in caso di azione o dichiarazione pubblica e deliberata manifestamente contraria ai suddetti principi o gravemente offensiva della dignità e della credibilità della Chiesa cattolica e dell'Accademia stessa».

NOMINE FATTE DAL PAPA
«Le nomine degli Accademici ordinari sono fatte dal Papa», ha proseguito la nota emessa dalla Pontificia Accademia a fronte delle critiche sollevate dopo la nomina di Mariana Mazzuccato. Il che non spiega, non risolve, anzi aggrava e compromette ulteriormente la situazione. Certamente non è nulla di cui andare orgogliosi...
V'è un altro problema: pare che, all'interno della Pontificia Accademia per la Vita, si stia pericolosamente rafforzando e consolidando un orientamento abortista decisamente disumano e contrario alla dottrina cattolica. Perché Mariana Mazzuccato non è sola... All'interno della stessa Pontificia Accademia per la Vita un altro membro, Roberto Dell'Oro, docente di Teologia morale e titolare della cattedra O'Malley di Bioetica presso la Loyola Marymount University, dei gesuiti, ha clamorosamente criticato la decisione pro-life della Corte Suprema americana, che lo scorso 24 giugno ha annullato la sentenza Roe vs. Wade, quella che legalizzò di fatto l'aborto negli Stati Uniti. Come ha dichiarato Dell'Oro, nel corso di una conferenza, tale decisione sarebbe ingiusta, in quanto violerebbe «la libertà delle donne», la «piena partecipazione democratica» e sarebbe irrispettosa verso la loro autonomia, tanto da risultare l'espressione di un «regime totalitario»: «Imporre una scelta alle donne in questioni, che appartengono alla loro sfera più intima, minaccia di compromettere la loro integrità, corporea e non, come persone».
In una successiva intervista all'agenzia CNA, Dell'Oro ci ha tenuto a spiegare come tali sue osservazioni si siano concentrate solo sulla legalità dell'aborto e non sulla sua moralità. Il che è ancor peggio, poiché indica quell'artificiosa e surreale separazione tra norma e morale, propria del progressismo internazionale, ma radicalmente contraria al tomismo, che fa discendere la prima dalla seconda. Quello stesso tomismo raccomandato per ben due volte dallo stesso Concilio Vaticano II come la dottrina di riferimento della Chiesa, come ben evidenziato in Optatam totius 16 ed in Gravissimum educationis 10.

LA DERIVA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
Infatti, immediata ed opportuna è giunta a Dell'Oro dalla professoressa Teresa Collett, docente di Diritto all'Università St. Thomas, una precisazione che ha chiarito: «Concentrandosi su "scelta e pluralismo", il professore ignora che una repubblica democratica può esistere solo se protegge i diritti umani più elementari, il più fondamentale dei quali è il diritto alla vita, che, come minimo, deve includere il diritto d'essere protetti dalla violenza mortale di altri. Così come il pluralismo non giustifica l'indifferenza dello Stato nei confronti dell'infanticidio o del sacrificio di bambini, anche quando si presenti sotto le spoglie della libertà religiosa, non giustifica il permesso di abortire in assenza della circostanza straordinaria che la gravidanza rappresenti una minaccia per la vita fisica della madre».
Ma anche il presidente emerito della FIAMC-Federazione Internazionale delle Associazioni Mediche Cattoliche, il dottor José María Simón Castellví, è intervenuto in merito, mettendo in guardia dalla deriva della Pontificia Accademia per la Vita: «Sono stati e continuano ad essere nominati Accademici favorevoli all'aborto, difensori dell'eutanasia in qualche misura o detrattori dell'Humanæ vitæ, proprio il contrario di ciò che voleva Giovanni Paolo II e di ciò che è ragionevole per il bene della Chiesa pellegrina su questa terra. E gli scienziati di valore, difensori della Vita, sono stati lasciati da parte», ha dichiarato, negando assolutamente che a chi sia favorevole «alla distruzione della vita intrauterina» si possa «offrire un pulpito per diffondere» tali opinioni devastanti e disumane: «Ne hanno già troppi nel mondo civile e con una maggioranza schiacciante». Parole sacrosante, precisazioni doverose e inappuntabili. Contro le quali a nulla valgono chiacchiere vane ed ipocriti pretesti.

Fonte: Radio Roma Libera, 24 ottobre 2022

7 - SE IL SACERDOTE VUOLE SALVARE LE ANIME, DEVE MIRARE ALLA SANTITA'... LA SUA!
La più grande astuzia del demonio è far credere che la salvezza delle anime dipenda dalle capacità di ognuno, invece è solo attraverso la Grazia e la propria santificazione che si ottengono doni meravigliosi da Dio
Autore: Padre Adolphe Tanquerey - Fonte: I Tre Sentieri, 28 ottobre 2022

Santificare e salvare le anime, tal è il dovere del proprio stato per un sacerdote. Quando Gesù sceglie gli apostoli, li sceglie per farne pescatori d'uomini; perché producano in sé e negli altri copiosi frutti di salute: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga". A questo fine devono predicare il Vangelo, amministrare i sacramenti, dar buon esempio e pregar con fervore.
Ora è di fede che ciò che converte e santifica le anime è la grazia di Dio; noi non siamo che strumenti di cui Dio si degna servirsi, ma che non producono frutto se non in proporzione della loro unione con la causa principale, instrumentum Deo conjunctum. Tal è la dottrina di S. Paolo: "Io piantai, Apollo irrigò, ma Dio fece crescere. Quindi né chi pianta è qualchecosa, né chi irriga, ma chi fa crescere, Dio". D'altra parte è certo che questa grazia s'ottiene principalmente con due mezzi, con la preghiera e col merito. Nell'uno e nell'altro caso noi otteniamo tanto maggiori grazie quanto più siamo santi, più ferventi, più uniti a Nostro Signore [...]. Se dunque il dovere del nostro stato è di santificar le anime, vuol dire che dobbiamo prima santificar noi stessi: "Per loro io santifico me stesso, affinché anch'essi siano santificati nella verità".
Arriviamo del resto alla stessa conclusione, facendo passare i principali mezzi di zelo, cioè la parola, l'azione, l'esempio e la preghiera.
La parola non produce salutari effetti se non quando parliamo in nome e nella virtù di Dio. Così fa il sacerdote fervoroso: prima di parlare, prega affinché la grazia avvivi la sua parola; parlando, non mira a piacere ma a istruire, a far del bene, a convincere, a persuadere; e perché il suo cuore è intimamente unito a quello di Gesù, fa vibrar nella voce un'emozione, una forza di persuasione, che scuote gli uditori; e perché, dimenticando sé stesso, attira lo Spirito Santo, le anime restano tocche dalla grazia e convertite o santificate. Un sacerdote mediocre invece non prega che a fior di labbra, e perché cerca sé stesso, per quanto si venga sbracciando, non è spesso che un bronzo sonoro o un cembalo fragoroso.
Il buon esempio non può essere dato che da un sacerdote sollecito del suo progresso spirituale. Allora può con tutta fiducia invitare, come S. Paolo, i fedeli a imitar lui come egli si studia d'imitar Cristo: "Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo". Vedendone la pietà, la bontà, la povertà, la mortificazione, i fedeli dicono: è un sacerdote convinto, un Santo; lo rispettano e si sentono tratti ad imitarlo: verba movent, exempla trahunt; la parola muove, l'esempio attrae. Un sacerdote mediocre potrà essere stimato come un brav'uomo; ma si dirà: fa il suo mestiere come noi facciamo il nostro; e il ministero ne sarà poco o punto fruttuoso.
Quanto alla preghiera, che è e sarà sempre il più efficace mezzo dello zelo, qual differenza tra il sacerdote santo e il sacerdote ordinario? Il primo prega abitualmente, costantemente, perché le sue azioni, fatte per Dio, sono in sostanza una preghiera; non fa nulla, é dà consiglio, senza riconoscere la propria incapacità e pregar Dio di supplirvi con la sua grazia. Dio copiosamente gliela concede "dà grazia agli umili", e il suo ministero è fruttuoso. Il sacerdote ordinario prega poco e prega male; quindi anche il ministero ne è sterile.
Chi dunque vuol efficacemente lavorare alla salute delle anime, deve sforzarsi di quotidianamente progredire: la santità è l'anima dell'apostolato.

Fonte: I Tre Sentieri, 28 ottobre 2022

8 - OMELIA XXXII DOM. T. ORD. - ANNO C (Lc 20,27-38)
Dio non è dei morti, ma dei viventi
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Il Vangelo di questa domenica ci presenta l'episodio di Gesù a confronto con i farisei e con i sadducei. Dei farisei si parla tante volte nel Nuovo Testamento, non così dei sadducei. Il nome sadducei deriva da Sadoc che era Sommo Sacerdote al tempo di Salomone. Ai sadducei appartenevano le famiglie più ricche e influenti della casta sacerdotale e della nobiltà di Gerusalemme. Dal punto di vista religioso essi erano molto conservatori: riconoscevano l'autenticità solamente della Legge scritta di Mosé, rifiutando invece la tradizione orale, alla quale i farisei attribuivano una grande importanza.
Una delle più grandi differenze tra farisei e sadducei riguardava la risurrezione dei corpi e la Vita eterna; i farisei le sostenevano, i sadducei le negavano. Nell'Antico Testamento, la fede in queste verità si andò sempre più perfezionando. All'inizio si pensava che l'anima nell'aldilà vivesse come un'ombra, e quindi non conducesse una vera e propria vita. Impensabile era inoltre ammettere la risurrezione dei corpi. I sadducei, per il loro esasperato attaccamento alla tradizione più antica, pensavano proprio questo. I farisei, al contrario, credevano alla Vita eterna e alla risurrezione finale.
I sadducei, sapendo che su questo punto Gesù sosteneva la stessa dottrina dei farisei, presentarono al Signore un caso da risolvere. Questo caso era basato sulla legge del "levirato", secondo cui il cognato doveva sposare la vedova del fratello morto senza figli, e questo per assicurare a lui una discendenza e alla famiglia la conservazione propria e dei beni patrimoniali.
I sadducei fanno il caso di sette fratelli, tutti morti senza figli, la cui vedova era passata dall'uno all'altro. Se si ammette la risurrezione, ci si trova di fronte ad un caso molto difficile: di chi sarà moglie la donna?
La risposta di Gesù scavalca come sempre le corte vedute dei suoi interlocutori. Questi intendevano la vita dell'aldilà, se veramente esisteva, come un prolungamento della vita terrena, con tanto di matrimonio; mentre Gesù, rispondendo loro, fa comprendere che la Vita eterna è totalmente trasfigurata, che il matrimonio c'è solo su questa terra e che in Paradiso saremo tutti come angeli.
Per condurre i sadducei alla retta fede, Gesù cita un versetto del Pentateuco, un versetto che dovevano conoscere molto bene dal momento che era l'unica parte della Sacra Scrittura che accettavano. Il versetto riporta le parole che Dio pronunciò quando si rivolse a Mosé dal roveto ardente. Egli si chiamò il «Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe» (Lc 20,37; cf Es 3,6).
Questa dimostrazione a noi, forse, non dice molto; ma, per un israelita era molto stringente. Per noi, dire "Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe" significa affermare il Dio che Abramo, Isacco e Giacobbe hanno adorato, ossia l'unico vero Dio. Ma non è così per un ebreo. Queste parole hanno un senso molto più profondo e significano il Dio dal quale Abramo, Isacco e Giacobbe sono attualmente protetti. Quindi, se Dio disse così a Mosé, e se così Mosé in seguito disse agli israeliti, voleva dire che i tre grandi Patriarchi dell'antichità esistevano ancora e che la vita che abbiamo da Dio è eterna. Se Abramo e gli altri Patriarchi fossero morti per sempre, il Signore sarebbe venuto meno alla promessa di essere loro protettore, e l'appellativo «Dio di Abramo» risulterebbe ingannevole.
Veniamo ora a qualche applicazione per la nostra vita. La vita che abbiamo avuto in dono da Dio è eterna. Siamo stati creati per conoscere, amare e servire Dio. Questa è la nostra più vera e profonda vocazione e solo realizzando questa vocazione noi saremo autenticamente felici. I Santi sono quelli che hanno capito la cosa più importante e sono andati diritti alla mèta. Impariamo da loro a non sciupare la nostra vita e a prepararci giorno dopo giorno la nostra eternità beata in Paradiso.
Gesù ha detto che in Paradiso saremo tutti come angeli e che non vi sarà più il matrimonio. Da queste parole di Gesù si comprende l'importanza della vita religiosa, con i voti di povertà, castità e obbedienza, che anticipa già su questa terra la condizione futura del Paradiso. Preghiamo che ci siano sempre numerose e sante vocazioni alla vita consacrata, perché i consacrati sono un richiamo vivo e costante alle cose di lassù, dov'è la nostra vera Patria.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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