BastaBugie n�816 del 12 aprile 2023

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1 TANGENTOPOLI FU UN COLPO DI STATO DELLA SINISTRA
Gherardo Colombo, uno dei protagonisti di Mani Pulite, rivela il rapporto perverso tra magistrati, politici e mezzi di informazione che ha distrutto la Prima Repubblica (VIDEO: Craxi interrogato da Di Pietro)
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 L'IPOCRITA GIORNATA MONDIALE DELLA SINDROME DI DOWN
Si celebrano i bimbi handicappati, di cui però se ne giustifica l'aborto, anzi lo si incoraggia con i test prenatali (VIDEO: Cara futura mamma)
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Sito del Timone
3 FEDEZ E FERRAGNI A DUBAI: MA NON GLI FACEVA SCHIFO?
Il rapper è il re dell'ipocrisia, ma nell'era degli influencer non deve sorprendere
Autore: Max Del Papa - Fonte: Blog di Nicola Porro
4 SAN DAMIANO DE VEUSTER NON EBBE PAURA DEL CONTAGIO, PUR DI PORTARE CRISTO AI LEBBROSI DELLE HAWAII
Il missionario belga chiese ai superiori di poter evangelizzare i luoghi sperduti di Molokai che nessuno voleva visitare (FILM GRATUITO: Molokai, l'Isola Maledetta)
Fonte: Wikipedia
5 UN ORSO UCCIDE UN POVERO RUNNER, MA QUALCUNO DIFENDE LA BESTIA
Sulla tragedia in Trentino Selvaggia Lucarelli si dichiara contraria all'abbattimento dell'orso... le risponde per le rime la fidanzata dell'ucciso
Autore: Giuseppe De Lorenzo - Fonte: Blog di Nicola Porro
6 SE LA VOCE UFFICIALE DELLA ''SCIENZA'' E' FINANZIATA DA PFIZER
È ormai evidente il condizionamento economico delle case farmaceutiche a tutto il sistema (ora è tempo che anche la Chiesa faccia autocritica per la fede cieca nei vaccini e tutto il resto)
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 UTERO IN AFFITTO CON LA SCUSA DEL ''MIGLIORE INTERESSE'' DEL BAMBINO
Se alla fine il ''prodotto'' presenta qualche difetto, i compratori hanno il diritto di non ritirarlo, se invece sono soddisfatti, se lo portano a casa come bene su cui vantano un diritto
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Provita & Famiglia
8 OMELIA II DOM. DI PASQUA - ANNO A (Gv 20,19-31)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - TANGENTOPOLI FU UN COLPO DI STATO DELLA SINISTRA
Gherardo Colombo, uno dei protagonisti di Mani Pulite, rivela il rapporto perverso tra magistrati, politici e mezzi di informazione che ha distrutto la Prima Repubblica (VIDEO: Craxi interrogato da Di Pietro)
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 aprile 2023

Dopo più di trent'anni dallo scoppio di Tangentopoli, che ha segnato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, si continua ancora a parlare della sua genesi. Gli interrogativi insoluti riguardano tanti aspetti dell'inchiesta di Mani Pulite, a cominciare dall'effettiva imparzialità di chi l'ha condotta. Fu davvero una libera iniziativa della Procura di Milano, senza pressioni dall'estero o dalla politica nazionale? I giudici del pool milanese erano animati da sincero senso del dovere o cavalcarono l'onda giustizialista per manie di protagonismo e ambizioni personali?
Forse è ancora presto per attendersi risposte. Ci vorranno magari ancora alcuni decenni prima che la verità possa emergere. La storia si incarica nel tempo di sciogliere nodi insoluti e chiarire aspetti controversi, ma quando ci sono di mezzo i burrascosi rapporti tra giustizia, politica e informazione diventa ancora più difficile smascherare le possibili trame occulte tra poteri.
A proposito di Tangentopoli, però, qualcosa sembra muoversi. Nei giorni scorsi uno dei giornali più garantisti del panorama editoriale italiano, Il Riformista, ha aperto con un titolo a effetto: "Nel '92 fu colpo di Stato. Le clamorose rivelazioni dell'ex pm Colombo". Occhiello: "La Procura propose la resa alla classe politica (alla Dc?) offrendo impunità in cambio di dimissioni".
Lo spunto per quel titolo arriva dal libro L'ultima Repubblica, opera postuma di memorie di Enzo Carra, l'ex portavoce del dc Arnaldo Forlani morto il 2 febbraio scorso, e divenuto noto ai più per l'immagine che lo ritrae con gli schiavettoni ai polsi durante il suo arresto a Milano nel febbraio del 1993. Quella foto è una delle immagini simbolo di Tangentopoli, l'emblema della gogna giustizialista ai danni di politici che in moltissimi casi erano colpevoli di aver intascato tangenti in cambio di favori, ma in tante altre situazioni venivano coperti di fango mediatico solo perché ricoprivano dei ruoli di responsabilità nei partiti della Prima Repubblica.

MANI PULITE
Ma la notizia eclatante non è tanto il libro di Carra, di cui si sapeva. A fare molto rumore sono le parole di una delle figure di punta di Mani Pulite, Gherardo Colombo, autore dell'introduzione a quel volume. Colombo è stato l'unico degli appartenenti al pool di magistrati milanesi di quella stagione ad aver rivisto le sue posizioni. «Eppure - scrive Colombo - non una persona sarebbe andata in carcere se, come suggerito nel luglio 1992, ben prima (data la rapidità dell'evolversi di quegli eventi) della nomina di Martinazzoli, la politica avesse scelto di seguire la strada dello scambio tra ricostruzione dei fatti ed estromissione dal processo. Chi avesse raccontato, restituito e temporaneamente abdicato alla vita pubblica non avrebbe più avuto a che fare con la giustizia penale».
In altri termini, quelle inchieste si alimentarono sulla base di un ricatto bello e buono: ai politici che accettavano di confessare i propri delitti e che promettevano di sparire dalla circolazione veniva garantita l'impunità. Una sorta di trattativa segreta Stato-Tangentopoli, «ovviamente del tutto illegale», precisa l'ormai ex direttore del Riformista, Piero Sansonetti. Che fosse quello il modus operandi della Procura di Milano non v'erano, in realtà, dubbi, neppure all'epoca. Che la custodia cautelare venisse utilizzata sistematicamente come strumento per estorcere confessioni era noto: chi non parlava restava in carcere. I magistrati con queste forzature erano i primi a non rispettare la legge, ma la gente in piazza li incoraggiava ad andare avanti nel perseguimento dei reati della classe politica. Un moto di ribellione popolare che si traduceva in striscioni come quello con sopra scritto: "Di Pietro arrestali tutti".
Gli avvisi di garanzia venivano comunicati in anticipo ai giornalisti, che li sparavano in prima pagina a caratteri cubitali. Gli indagati a tarda sera facevano la fila alle edicole per comprare una copia del quotidiano del giorno dopo e verificare che non fossero in arrivo altri avvisi di garanzia. Un paradosso tutto italiano che servì a qualificare la nostra Repubblica come giustizialista.

IL RAPPORTO PERVERSO TRA GIUSTIZIA, POLITICA E INFORMAZIONE
I clamorosi retroscena raccontati dall'ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo nel libro di Carra sono la riprova di quanto fosse perverso il rapporto tra giustizia, politica e informazione in quegli anni. Che ci fosse un meccanismo collaudato di finanziamenti occulti alla politica non v'è dubbio, ma è altrettanto innegabile che ci furono molti abusi nella gestione delle inchieste e che la sinistra fu in molti casi graziata, mentre la persecuzione giudiziaria riguardò soprattutto Democrazia cristiana e Partito socialista. Ma la questione della trattativa andata a monte la dice lunga sulle ragioni ispiratrici delle inchieste. Se i politici del vecchio pentapartito si fossero fatti da parte dopo le prime accuse del pool, non ci sarebbero state manette, processi, condanne e si sarebbe realizzato un ricambio politico con l'avvento della sinistra al potere. La trattativa fallì solo perché i politici non cedettero e resistettero asserragliati nei Palazzi, fino a quando comunque capitolarono perché gran parte di essi finirono nel tritacarne mediatico-giudiziario. Tornano alla mente le parole scritte da Sergio Moroni all'allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano, prima di spararsi: "Non mi è estranea la convinzione che forze oscure coltivino disegni che nulla hanno a che fare con il rinnovamento e la pulizia".
Dunque la furia giacobina di quelle toghe ha distrutto la Prima Repubblica con l'intento di costruirne un'altra governata da altre forze politiche. Un golpe mediatico-giudiziario che avrebbe meritato ben altro esito e che, in ogni caso, non è riuscito ad abbattere chi, come Silvio Berlusconi, si oppose fin da subito a quelle logiche. Se però a dire queste cose oggi è addirittura uno dei carnefici dell'epoca significa davvero che la verità su Tangentopoli non era quella raccontata in quegli anni dai media.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 10 minuti) dal titolo "L'interrogatorio pubblico di Di Pietro a Bettino Craxi nel processo Cusani" si capisce, grazie alla chiarezza del segretario del Partito Socialista, che tutti i politici di tutti i partiti sapevano che c'erano i finanziamenti illeciti ai partiti. Inoltre il Partito Comunista, che uscì illeso dall'indagine di Mani Pulite, aveva enormi finanziamenti dal KGB sovietico. Non a caso il Partito Comunista Italiano era il più grande partito comunista di tutta l'Europa occidentale.


https://www.youtube.com/watch?v=9pcwbm2gL6k

LA DICHIARAZIONE DI CRAXI
«Sono sempre stato al corrente della natura non regolare dei finanziamenti ai partiti e al mio partito. L'ho cominciato a capire quando portavo i pantaloni alla zuava [...] In Italia il sistema di finanziamento ai partiti e alle attività politiche in generale contiene delle irregolarità e delle illegalità, io credo, a partire dall'inizio della storia repubblicana. Questo è un capitolo, che possiamo anche definire oscuro della storia della democrazia repubblicana, ma da decenni il sistema politico aveva una parte, non tutto, una parte del suo finanziamento, che era di natura irregolare o illegale; e non lo vedeva solo chi non lo voleva vedere e non ne era consapevole solo chi girava la testa dall'altra parte. I partiti erano tenuti ad avere dei bilanci in parlamento, i bilanci erano sistematicamente dei bilanci falsi, tutti lo sapevano, ivi compreso coloro i quali avrebbero dovuto esercitare funzioni di controllo»
(Bettino Craxi, deposizione al processo Cusani-Enimont, 17 dicembre 1993)

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 aprile 2023

2 - L'IPOCRITA GIORNATA MONDIALE DELLA SINDROME DI DOWN
Si celebrano i bimbi handicappati, di cui però se ne giustifica l'aborto, anzi lo si incoraggia con i test prenatali (VIDEO: Cara futura mamma)
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Sito del Timone, 21 marzo 2023

Oggi, 21 marzo, ricorre come noto la Giornata mondiale della Sindrome di Down, evento istituito nel 2011 dalle Nazioni Unite con «l'obiettivo di aumentare la consapevolezza sulla sindrome di down, abbattere i pregiudizi e gli stereotipi ancora presenti nella società e promuovere una cultura della diversità inclusiva». A parte forse la ricorrenza di una terminologia impiegata anche in altri ambiti («abbattere i pregiudizi e gli stereotipi [...] cultura della diversità inclusiva»), questa Giornata mondiale, nella misura in cui vuole fare sensibilizzazione, è senza dubbio da salutare positivamente.
Il fatto è che, a maggior ragione in questo giorno, si dovrebbe ricordare - e i grandi media di certo non lo ricorderanno - anche un altro fatto: i bimbi con sindrome di Down, gli stessi che oggi si vedono nei servizi ai telegiornali e nelle immagini dei siti internet, sono da anni brutalmente decimati con l'aborto. Già nel dicembre 2020, a questo proposito, The Atlantic pubblicava un lungo servizio dal titolo inquietante: «Gli ultimi figli della Sindrome di Down». In quell'articolo, si ricordava che «i test prenatali stanno cambiando chi nasce e chi no» e «questo è solo l'inizio».
Il fatto è che, al di là dei test prenatali, ci sono pressioni fortissime anche in ambito sanitario perché questi bambini siano abortiti. Ad Emma Mellor, una donna in dolce attesa di una bimba con la trisomia 21 - mamma la cui testimonianza è stata raccolta dalla Bbc - i dottori hanno proposto l'aborto. E non una, ma addirittura 15 volte. «Anche se avevamo chiarito che non era una opzione per noi», ricorda la Mellor, «sembravano davvero insistere». Ora, quello di questa mamma è forse un caso isolato? Davvero dietro gli aborti dei bambini con sindrome di Down sono solo il frutto di scelte genitoriali? Il dubbio viene.
Quello che è sicuro è che gli aborti di questi bimbi sono dilaganti. Negli Usa - secondo una pubblicazione uscita su Prenatal Diagnosis oltre dieci anni fa, e quindi oggi probabilmente superata - viene abortito il 67% dei nascituri Down, percentuale che sale ulteriormente tra le madri con più alti livelli d'istruzione: e in Europa è pure peggio. In Danimarca, primo Paese europeo a istituire lo screening per la sindrome di Down, quasi tutti i bambini con diagnosi di sindrome di Down vengono abortiti (97%), esito che interessa il 77% di questi nascituri anche in Francia e oltre il 90% di loro in Italia, Germania, Regno Unito e Belgio.
Siamo insomma davanti ad un vero e proprio sterminio. Che spesso, come se non bastasse, viene disposto pure su basi sbagliate. «Quando trovano malattie rare, questi test prenatali sono generalmente sbagliati», denunciava infatti una sconvolgente inchiesta uscita a inizio 2022, a firma di Sarah Kliff e Aatish Bhatia, sulle colonne del più celebre giornale del mondo, il New York Times, a proposito, dei test Nipt - acronimo di «not invasive prenatal test» -, gli esami non invasivi che, attraverso una goccia di sangue prelevata nel primo trimestre, intercettano problemi dello sviluppo fetale.

Dunque oltre che scioccante e totalmente inaccettabile, la decimazione dei bimbi con trisomia 21 in corso risulta sovente pure infondata. Insomma, oltre il danno la beffa per un Occidente che oggi, lo abbiamo detto, celebra la Giornata mondiale della Sindrome di Down, ma nei fatti chiude gli occhi davanti alla loro scomparsa. O addirittura, peggio, legittima alla voce «diritti» l'eliminazione seriale dei propri fratelli più piccoli, all'insegna di un atto di violenza - l'aborto volontario - che, se è sempre intollerabile, verso i bambini colpevoli solo di non essere "abbastanza perfetti", diventa ancora più odioso.

Nota di BastaBugie: proponiamo per l'ennesima volta il video (durata: 2 minuti e mezzo) "Cara futura mamma (la bellezza dei bambini down)" che non ha bisogno di commenti, ma solo di essere diffuso il più possibile.


https://www.youtube.com/watch?v=xNndLBZpToc

Fonte: Sito del Timone, 21 marzo 2023

3 - FEDEZ E FERRAGNI A DUBAI: MA NON GLI FACEVA SCHIFO?
Il rapper è il re dell'ipocrisia, ma nell'era degli influencer non deve sorprendere
Autore: Max Del Papa - Fonte: Blog di Nicola Porro, 11 aprile 2023

Fedez a Dubai con la famiglia fa venire in mente le massime della retorica borghese, aggiornate ai tempi: la parola è parola, io ho una sola parola. Per dire: faccio l'esatto contrario di quello che dico. Non si può sbagliare. Poi agli invidiosi, ai gretti basta il solito populismo lamentoso, tu vai a divertirti e noi moriamo di fame, ma è, appunto, il luogo comune dei mentecatti, la faccenda vera essendo la seguente: c'è qui un intrattenitore da avanspettacolo, passato chissà come in fama di artista, che annuncia: "Mai a Dubai, hanno i cadaveri sotto i piedi", hanno pochi scrupoli in tema di diritti umani; ed eccotelo selfato e contento con la consorte, la famiglia, a Dubai. Io ho una sola parola e voi potete stare certi che la mantengo, nel senso che faccio rigorosamente l'opposto di quanto promesso.

TUTTO COME DA COPIONE
E hanno ancora la forza di stupirsi? Non è lo stesso che sosteneva, a Sanremo ci vanno i falliti e poi è diventato un soprammobile dell'Ariston? Ma chi è più da compatire, l'affarista senza scrupoli o quelli che se ne stupiscono e se ne indignano? Da mai a Dubai a saluti da Dubai è il lampo di un contratto: basta un invito all inclusive, che è la formula del contrattualismo ipocrita per dire scrocconi legittimati, consumi di lusso contro visibilità. C'è un mercato specifico, a volte certi influencer straccioni cascano male e vengono sputtanati sui social da ristoratori e albergatori, ma ai livelli più alti va per la maggiore l'accordo sulla finta vacanza. Un po' come il ladrone messicano Mescal di Trinità al quale il maggiore aveva dato il permesso di razziare 30 cavalli.
È la linea seguita dalla metropoli degli Emirati Arabi dove prima o dopo riparano tutti: politici, infermiere eroiche, influencer tettone, e tutti avendo cura di mostrare alberghi e locali all'insegna del moralismo cubista. Tutti e tutte petulanti, intransigenti sui diritti umani, il femminismo, il genderismo, la bandierina arcobaleno "in bio" e poi morbidi e adattabili come il Pd mediterraneo che predica diritti e razzola male (vedi Qatargate). Difatti il nostro Fedez è sempre più contiguo al Pd, ora si fa i filmatini con lo Zan apostolo del cambio di sesso precoce. Il liberismo irresponsabile, che è cosa diversa e opposta dal liberalismo libertario, prevede massima disinvoltura sui temi etici e sulla coerenza, e una certa libertà di movimento: tutti a Dubai, come per una pausa stretta fra le parentesi del moralismo cialtrone.

PRETENDERE COERENZA DAGLI INCORERENTI?
E i follower si stupiscono, inveiscono, nello straziante tentativo di sollecitare a questi personaggi senza storia e senza coerenza una risposta, una giustificazione. Ma la giustificazione sta nell'affare, sta kantianamente in sé: a loro modo questi soggetti sono trasparenti; dicono o lasciano intendere: noi siamo finzione, prosperiamo sull'illusione, sul mercato dei miraggi e non lo nascondiamo. E voi che altro vi aspettate? In quest'ottica, il moralismo patetico e vagamente reazionario è ornamentale, tattico, un orpello che fa parte della messinscena ma che nessuno sano di mente dovrebbe prendere sul serio. Così andando le cose nel tempo del tutto e subito, qui ed ora. Ma il pubblico, che oggi si chiama follower, seguaci, adotta per l'appunto approcci sul fideistico magico.
Anche per la veggente di Trevignano, Gisella Cardia, che replicava le nozze di Cana con le pizzette e faceva piangere alla divina statua sangue di maiale, i devoti si sono svuotati le tasche, uno ha donato, non si è capito per cosa, 130mila euro e adesso dice: "La credevo una santa ma è il diavolo". Ma non è né angelo né demonio, pare sia una imbrogliona in fuga dalla Sicilia col marito, subito sparita in Romania con le donazioni dei fessi, una dell'infinita schiera delle mamma Ebe, maga Clara e Wanna Marchi. [...] Ed è infinita perché non non si placa il bisogno di assoluto e di certezze, di miraggi, di moralismo dell'homo seguace, homo follower.

DOSSIER "CHIARA FERRAGNI"
La regina delle influencer

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Fonte: Blog di Nicola Porro, 11 aprile 2023

4 - SAN DAMIANO DE VEUSTER NON EBBE PAURA DEL CONTAGIO, PUR DI PORTARE CRISTO AI LEBBROSI DELLE HAWAII
Il missionario belga chiese ai superiori di poter evangelizzare i luoghi sperduti di Molokai che nessuno voleva visitare (FILM GRATUITO: Molokai, l'Isola Maledetta)
Fonte Wikipedia

Figlio di contadini fiamminghi, dopo la scuola primaria nel suo paese, Damiano fu inviato a Braine-le-Comte per imparare la lingua francese. Seguendo le orme di uno dei suoi fratelli, entrò nel noviziato della Congregazione dei Sacri Cuori a Lovanio assumendo il nome di Damiano: dopo gli studi teologici e filosofici a Parigi, emise i voti perpetui il 7 ottobre 1860: suo fratello non poté realizzare il desiderio di viaggiare attivamente come missionario all'estero e Damiano fece suo il sogno del fratello.
Il 19 marzo 1864, padre Damiano sbarcò nel porto di Honolulu, dove rimase a svolgere la sua missione: fu ordinato sacerdote il 24 maggio 1864 presso la Cathedral Basilica of Our Lady of Peace (Nostra Signora della Pace, a Honolulu), una chiesa fondata dal suo ordine religioso.
Prestò servizio pastorale presso diverse parrocchie sull'isola di Oahu proprio mentre il regno delle Hawaii stava affrontando un periodo particolarmente difficile dal punto di vista sanitario: i commercianti stranieri ed i marinai avevano introdotto nell'arcipelago numerose nuove malattie che la popolazione locale non era in grado di affrontare. Migliaia di persone morirono a causa di mali come l'influenza e la sifilide, ma anche a causa di una grave epidemia di lebbra. Re Kamehameha IV relegò i lebbrosi del regno in alcune colonie situate nel nord dell'isola di Molokai.
Padre Damiano nel 1865 fu assegnato alla Missione cattolica del nord Kohala, ma chiese al vicario apostolico, monsignor Luigi Maigret, il permesso per andare a Molokai.

MOLOKAI, COLONIA DI MORTE
Nel 1870 padre Damiano assunse il suo ruolo di sacerdote e medico dei lebbrosi nelle colonie: il 10 maggio 1873 arrivò presso la colonia di Kalaupapa.
Il primo impatto con la realtà di Molokai fu terrificante: non esisteva nessuna legge, donne e bambini erano costretti alla prostituzione, i malati venivano abbandonati senza cure in una specie di ospedale dove i medici erano lebbrosi a loro volta, i morti erano lasciati insepolti.
Il vescovo Maigret presentò Damiano ai coloni come un padre, e aggiunse, che li avrebbe amati a tal punto che non avrebbe esitato a divenire uno di loro: "vivere e morire con loro". I lebbrosi che vivevano nella colonia di Kalaupapa erano oltre 600. La prima cosa che fece Damiano fu di costruire una chiesa e di stabilire la parrocchia di Santa Filomena. Passava per i villaggi battezzando e promuovendo il culto al SS.mo Sacramento, del quale diceva: "Senza la presenza costante del nostro Divino Maestro nella mia povera cappella, io non avrei mai potuto perseverare, condividendo la mia sorte con quella dei lebbrosi di Molokai".
Non fu solo un sacerdote; svolse bene anche il ruolo di dottore: curò ulcere, costruì case e letti, costruì bare e scavò tombe. Quella di Kalaupapa è stata definita una "colonia di morte", dove molte persone furono costrette a lottare per sopravvivere, dimenticate dal governo: l'arrivo di Damiano fu considerato una svolta per la comunità.
Sotto la sua direzione, la comunità si dotò di leggi che regolassero la vita comune, costruì capanne e case decorose anche esteticamente, eresse scuole e creò fattorie, costruì cappelle, un orfanotrofio, refettori e dormitori.

CAVALIERE DELL'ORDINE DI KALĀKAUA
Re Kalākaua delle Hawaii insignì padre Damiano del grado di Commendatore dell'Ordine reale di Kalākaua I e, quando la principessa Lili'uokalani visitò la colonia per consegnargli le insegne dell'onorificenza, rimase profondamente turbata nel vedere lo stato in cui vivevano i lebbrosi, tanto che non riuscì a completare il discorso ufficiale.
Fu proprio la principessa a far conoscere al mondo i meriti del religioso: la sua fama si diffuse in Europa e negli Stati Uniti ed anche i protestanti americani e la Chiesa d'Inghilterra elargirono grandi somme di denaro per il missionario.
Nel dicembre del 1884 Damiano, mettendo a bagno i suoi piedi nell'acqua calda, non poté sentirne il calore: si accorse così di aver contratto la lebbra.
Nonostante la scoperta continuò a lavorare attivamente per portare a fine i suoi progetti fino alla morte: fu raggiunto comunque da quattro collaboratori: il sacerdote Luigi Lambert Conrardy, madre Marianna Cope, superiora delle suore francescane di Syracuse, Joseph Dutton, soldato americano in congedo, ritiratosi a causa di un matrimonio fallito per alcolismo e James Sinnett, infermiera di Chicago.
Padre Damiano morì di lebbra nel 1889, all'età di 49 anni: fu prima seppellito a Molokai. Fu riportato in patria soltanto nel 1936 dalla goletta Mercator e il suo corpo fu trasferito a Lovanio (Belgio) vicino al villaggio in cui nacque.
Padre Damiano è stato beatificato a Bruxelles da papa Giovanni Paolo II il 3 giugno 1995 e canonizzato da papa Benedetto XVI l'11 ottobre 2009.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 1 ora e 32 minuti) si può vedere gratis il film del 1959 su Padre Damiano dal titolo "Molokai, l'Isola Maledetta". Per la storia della collaboratrice di Padre Damiano, madre Marianna Cope, clicca qui!


https://www.youtube.com/watch?v=Mxd1-KjrK30

Fonte: Wikipedia

5 - UN ORSO UCCIDE UN POVERO RUNNER, MA QUALCUNO DIFENDE LA BESTIA
Sulla tragedia in Trentino Selvaggia Lucarelli si dichiara contraria all'abbattimento dell'orso... le risponde per le rime la fidanzata dell'ucciso
Autore: Giuseppe De Lorenzo - Fonte: Blog di Nicola Porro, 11 aprile 2023

A quelli che "mi dispiace moltissimo, ma l'orso va salvaguardato" occorre dire due cosette. Semplici semplici. La prima riguarda il principio di priorità: in un mondo normale, in cui evidentemente non viviamo più, la società mette al primo posto la salvaguardia dell'uomo e poi quella degli animali, selvatici e non. Lo dico da amante della natura. La seconda invece attiene al doppiopesismo di certi difensori d'ufficio dell'orso che ha brutalmente assassinato un povero runner colpevole solo di correre nel bosco vicino a casa sua: gli stessi che oggi si schierano con la bestia, infatti, si sono battuti in passato contro il principio della legittima difesa, sostenendo che uccidere un bandito che ti minaccia dentro casa altro non sarebbe che il "via libera al Far West". Tradotto: se un uomo accoppa un altro uomo per "difendere il territorio" o la famiglia, merita l'ergastolo; se invece un orso maciulla un 26enne solo perché "è entrato nel suo bosco" non vogliono nemmeno punirlo. Anzi: lo giustificano accusando il runner di aver sconfinato nel suo habitat.
Nei giorni scorsi Selvaggia Lucarelli, maestra delle polemiche, ha vergato un post sulla morte di Andrea Papi. In sintesi: le dispiace "moltissimo" pure a lei, ci mancherebbe, ma rispondere all'assassinio del runner con un'altra "morte ingiusta" sarebbe sbagliato. L'orso ovviamente era "nella natura, nel suo habitat e ha fatto quello che gli animali fanno in natura: ha ucciso quello che forse gli sembrava un pericolo o un'intrusione". Insomma: l'uomo non alcun diritto, neppure per evitare simili tragedie, di "uccidere un animale" che "vive nel bosco in cui ci avventuriamo".
Sul fatto che Andrea Papi sia andato a disturbare il povero orsacchiotto ha già risposto Alessia Gregori, fidanzata del runner, in un duro post contro Lucarelli. "Non so se le è chiaro che noi nel bosco ci viviamo, esci dalla porta di casa e sei nel bosco. Nessuno cerca niente, nessuno è uno sprovveduto". Quindi "se non si ha cognizione di causa è meglio tapparsi la bocca e lasciar fare chi se ne intende. Siete voi gli animali che banchettano sul dolore altrui". Inutile aggiungere altro.
Sulla "morte ingiusta" dell'animale, che adesso un test del dna identificherà per dare il via alla battuta di caccia, bisogna invece fare un passettino ulteriore. Non si capisce infatti per quale motivo l'orso possa uccidere per proteggere il proprio habitat, mentre all'uomo non è permesso reagire quando lui azzanna uno "dei nostri". Mi spiegate dove sarebbe la giustizia in questa storia? L'uomo ha il diritto di difendersi, in questo caso evitando che la tragedia si ripeta. Direte: l'homo sapiens è più evoluto e non applica mai la legge del taglione. Benissimo. Allora se proprio non volete accoppare l'orso, che lo si catturi, lo si incarceri in una prigione con una cella cinque per sei come accade agli assassini umani. Mettetelo al San Vittore, dategli l'ergastolo che gli spetta: poche ore d'aria, risicati contatti con l'esterno, la luce vista dalle grate di un carcere. Sicuri che non convenga abbatterlo?

Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "I boschi sono degli orsi. Gli umani stiano nelle riserve" spiega cosa è successo in Trentino e perché il giovane è stato aggredito e ucciso da un orso. In quell'area gli orsi erano praticamente estinti, ma sono stati riportati in quei boschi per una decisione politica che, come si vede dai risultati, è sbagliata.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 aprile 2023:

Mercoledì 5 aprile, Andrea Papi, un giovane di 26 anni, a Caldes, Trentino, è stato aggredito e ucciso da un orso. L'uomo stava facendo running in un bosco vicino a casa sua. Dopo aver accertato, tramite autopsia, che è stato realmente ucciso dall'orso e che la morte non è sopraggiunta per altre cause, la provincia autonoma di Trento ha deciso di rintracciare e abbattere l'animale.
Non stiamo parlando di un incidente avvenuto in Alaska o nelle Svalbard, o nei grandi parchi nordamericani dove, chi si avventura nelle foreste sa a cosa può andare incontro. Gli orsi erano praticamente estinti nel Trentino. Sono stati reintrodotti nel 1999 per decisione politica, con il programma "Life Ursus". Nel sito della provincia autonoma leggiamo: «per salvare il piccolo nucleo di orsi sopravvissuti da un'ormai inevitabile estinzione, il Parco Adamello Brenta con la Provincia Autonoma di Trento e l'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, usufruendo di un finanziamento dell'Unione Europea, ha dato avvio al progetto Life Ursus, finalizzato alla ricostituzione di un nucleo vitale di orsi nelle Alpi Centrali tramite il rilascio di alcuni individui provenienti dalla Slovenia». Lo scopo del programma era la «costituzione di una popolazione vitale di almeno 40-60 orsi adulti». In realtà di orsi, ora, ce n'è più di cento. Il programma è evidentemente sfuggito di mano. Gli orsi si avvicinano sempre di più ai centri abitati, cronache locali parlano di animali da cortile divorati. In una lettera aperta, una cittadina del Trentino, per far capire la situazione sostiene che riportare i grandi predatori nei boschi a ridosso delle case è stato come "portare gli squali al largo di Rimini".
Come risposta alla tragica morte di Papi, la politica locale e nazionale, oltre all'abbattimento dell'orso "reo" dell'aggressione, stanno studiando un trasferimento massiccio dei quadrupedi altrove. Il ministro dell'ambiente Gilberto Pichetto e il presidente della provincia Maurizio Fugatti si sono incontrati ieri a Roma per discutere varie opzioni. Scopo del nuovo trasferimento sarà quello di mantenere "un numero sostenibile di esemplari sul territorio trentino".
Ma gli animalisti hanno iniziato a protestare da subito. L'inter-gruppo parlamentare per i "Diritti degli animali e la Tutela dell'ambiente", capitanato da Michela Brambilla, si oppone sia all'abbattimento che al programma di trasferimento. «Dal punto di vista politico – si legge nella nota emessa ieri - è assurdo immaginare di risolvere il problema della convivenza con gli orsi ammazzando gli animali, peraltro protetti dalla legge e da accordi internazionali. E quanti ucciderne? Uno, dieci, cinquanta, tutti e cento? E se si volesse trasferirne la metà, operazione a dir poco impegnativa, dove trasferirli? Sono stati spesi milioni per reintrodurre l'orso e poi per gestirne la presenza negli anni (si pensi solo al costo delle risorse umane impiegate) e ora si vuol fare marcia indietro. Invece bisogna voltar pagina, sottrarre la gestione degli orsi alla politica per riconsegnarla agli esperti, ispirarsi a esperienze di maggior successo, come quella del parco d'Abruzzo, e mettere finalmente in atto misure serie di prevenzione: campagne informative per popolazione e per turisti, cartellonistica ben visibile, limitazioni dell'accesso ai boschi dov'è maggiore la probabilità di incontrare gli orsi, obbligo di non uscire dai sentieri, obbligo di tenere i cani al guinzaglio, presidi e controlli severi e corridoi ecologici per favorire la dispersione degli orsi su un territorio più vasto». In estrema sintesi, l'inter-gruppo parlamentare della Brambilla vorrebbe riservare i boschi agli orsi e semmai limitare i movimenti dell'uomo.
Questo atteggiamento riflette la prevalenza dei commenti animalisti sui social network: il giovane, la vittima, è stato "imprudente". C'è chi lo colpevolizza perché avrebbe tentato di difendersi con un bastone, quindi ha "provocato" o "non ha saputo reagire" alla presenza del grande predatore. Seguono una serie di consigli di più o meno sedicenti esperti su come comportarsi con un orso. Il suggerimento più comico: stare fermi e guardarlo fisso negli occhi. Molto realistico, come potrete immaginare, specie quando l'orso dovesse correrti incontro mentre fai jogging. Di fondo, comunque, c'è sempre un motivo di fondo: l'orso è nel suo habitat, è l'uomo l'invasore.
Lo si legge a chiare lettere nel primo commento di Selvaggia Lucarelli (editorialista de Il Fatto Quotidiano) che non perde occasione per aizzare polemiche social. Riguardo alla decisione di abbattere l'orso, parla di "morte ingiusta", perché «quell'orso era nel suo bosco, nel suo habitat e ha fatto quello che gli animali fanno in natura». I colpevoli siamo noi umani, siamo noi gli invasori: «Che diritto abbiamo noi di uccidere un animale che non si introduce in casa nostra, ma un animale che vive in un bosco nel quale noi ci avventuriamo?». Infine una stoccata al presidente della provincia (e ovviamente al suo partito): «Puoi uccidere un orso caro Fugatti, ma quello faceva ciò che piace a voi leghisti: stava a casa sua».
La prima grande associazione animalista che ha impugnato al Tar la decisione della provincia autonomo di abbattere l'orso è la Lav, la Lega Anti-Vivisezione. Esplorare la pagina Facebook della Lav è sempre un'esperienza interessante, un panorama sul pensiero animalista. Sotto il post che annunciava il ricorso, troviamo tante approvazioni lapidarie: "Viva sempre la natura!" "Sempre con gli animali!" "Salviamo l'orso!" "Aiutiamolo a vivere!" "Viva l'orso. Sempre!" Viva l'orso che ha appena sbranato un uomo, in carne ed ossa, lasciando un vuoto incolmabile nella sua famiglia. Ma questo, evidentemente, non interessa. Ci sono poi commenti più articolati, di cui uno è praticamente un manifesto: "L'uomo è l'unico animale che distrugge l'equilibrio della natura. Estingue gli animali che poi reintroduce nell'ambiente a proprio uso e consumo a seconda del proprio tornaconto senza pensare che in certi contesti l'ospite è lui". Questo è il pensiero di fondo ecologista: noi siamo il problema del pianeta. Siamo noi che dovremmo essere limitati o confinati nelle riserve.

Fonte: Blog di Nicola Porro, 11 aprile 2023

6 - SE LA VOCE UFFICIALE DELLA ''SCIENZA'' E' FINANZIATA DA PFIZER
È ormai evidente il condizionamento economico delle case farmaceutiche a tutto il sistema (ora è tempo che anche la Chiesa faccia autocritica per la fede cieca nei vaccini e tutto il resto)
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 marzo 2023

Il 27 marzo il quotidiano La Verità ha pubblicato un'inchiesta sui soldi elargiti dalla ditta Pfizer a vari medici, società scientifiche, associazioni, federazioni, ma anche case editrici, società di congressi scientifici, società di formazione dei medici, enti pubblici, ospedali e università.
Nel 2018, la Pfizer destinava a queste "sponsorizzazioni" 169.000 euro. Negli anni successivi, quelli del Covid, la cifra è salita a oltre 10 milioni annui. Un salasso per la multinazionale? No, un lucroso investimento. Infatti, noi sappiamo che i vaccini di Pfizer e Moderna sono stati venduti a prezzi esorbitanti agli Stati che - rispetto al costo di produzione stimato da 1,18 a 2,85 dollari a dose - li hanno venduti ad un prezzo venti volte superiore. Se l'Italia non avesse permesso che il duopolio Pfizer-Moderna si accaparrasse tutto il mercato vaccinale nazionale e avesse acquistato altri tipi di prodotti, avrebbe potuto risparmiare oltre quattro miliardi di euro, da destinare alla realizzazione di oltre 40.000 nuovi posti di terapia intensiva o all'assunzione di 49.000 nuovi medici. Sono dati che provengono da Oxfam Italia, una onlus che si occupa di interventi sanitari e che non ha mai messo in discussione la necessità dei vaccini, ma ha evidenziato gli aspetti economicamente più discutibili di tutta la grande operazione che ha garantito profitti stellari alle aziende farmaceutiche protagoniste.
L'articolo del quotidiano di Belpietro ha messo in evidenza solo la punta dell'iceberg. La Pfizer ha fatto semplicemente quello che la stessa azienda e altre ditte di Big Pharma fanno, senza problemi, da anni.
È interessante, al riguardo, andare a rileggere queste righe: «Denaro fresco pompato nell'apparato circolatorio della sanità italiana. Nelle arterie più grandi come nei capillari. I soldi di Big Pharma raggiungono le società scientifiche più importanti e i singoli medici di famiglia facendo vivere il sistema, o almeno un suo bel pezzo. Chi dubitasse dell'importanza dei fondi privati, oggi ha materiale per cambiare idea: sono online i dati dei contributi dell'industria ai professionisti e alle organizzazioni sanitarie, come chiesto nel Codice di trasparenza della Federazione europea dei produttori». Chi scriveva queste righe era il quotidiano la Repubblica, il 13 agosto 2016. Probabilmente, allora, la denuncia delle manovre di "condizionamento economico" dei medici da parte di Big Pharma era ancora "di Sinistra". Poi, con il Covid si è imposto il pensiero unico, la narrazione unica, e questo tipo di notizie è scomparso dai grandi giornali di regime.

I VERI PADRONI DELLA SANITÀ
Ma ci furono ancora dei tentativi di far sapere come agiscono i veri padroni della Sanità: l'1 aprile 2019, pochi mesi prima dell'avvento del Covid, il Codacons procedeva con un esposto (rimasto lettera morta), in cui denunciava: «Da Case farmaceutiche 163 milioni di finanziamenti in tre anni a 32 mila medici italiani». Nell'esposto-dossier si leggeva che tra il 2015 e il 2017 le principali dieci case farmaceutiche operanti in Italia avevano versato nelle tasche dei medici italiani la bellezza di oltre 163 milioni di euro, attraverso finanziamenti e sussidi di vario tipo. I numeri che emergevano dallo studio dell'associazione erano impressionanti: 32.623 tra medici, fondazioni e ospedali avevano complessivamente percepito in Italia 163.664.432 euro nel periodo compreso tra il 2015 e il 2017. Soldi versati dalle aziende Abbvie, Almirall, Merck, Msd, Hospira, Pfizer, Pfizer Italia, Pierre Fabre Pharma, Pierre Fabre Italia, GlaxoSmithKline, a titolo di accordi di sponsorizzazioni, donazioni, viaggi, quote di iscrizione, corrispettivi e consulenze.
Finanziamenti, questi, che vennero portati all'attenzione dell'Autorità Anticorruzione, chiedendo una verifica sulla piena correttezza delle sovvenzioni, alla luce della possibile violazione dell'articolo 30 del Codice di Deontologia medica, che impone al professionista di «evitare ogni condizione nella quale il giudizio professionale riguardante l'interesse primario, qual è la salute dei cittadini, possa essere indebitamente influenzato da un interesse secondario», nonché di «dichiarare in maniera esplicita il tipo di rapporto che potrebbe influenzare le sue scelte consentendo al destinatario di queste una valutazione critica consapevole». Il medesimo articolo impone l'assoluto divieto per il medico di «subordinare il proprio comportamento prescrittivo ad accordi economici o di altra natura, per trarne indebito profitto per sé e per altri».
L'esposto del Codacons del 2019 riportava anche i nominativi dei medici che avevano ricevuto diverse migliaia di euro per "informarli", per "aggiornarli", per sensibilizzarli ai loro prodotti, e nell'elenco ritroviamo tutti i bei nomi delle virus-star che da lì a pochi mesi avrebbero monopolizzato l'informazione mediatica. Non ne manca nessuno.

LA PERDITA DI CREDIBILITÀ DELLA CLASSE MEDICA
Le giustificazioni che vengono da parte di quella che un tempo si chiamava "classe medica" sono ben note: i professionisti hanno bisogno di formazione continua, la ricerca ha bisogno di sovvenzioni, il settore pubblico non ottempera a sufficienza a questi compiti e quindi non si può fare a meno di finanziamenti privati. Detto questo, tuttavia, allora è opportuno che la gente della strada, quella che ha eseguito le direttive che venivano dall'alto, dai protocolli di (non) cura alle vaccinazioni, affidandosi ciecamente a quello che diceva "la Scienza", sappia che questa non era la scienza pura, di Einstein o Madame Curie, ma una scienza con tanto di sponsorizzazione, la "scienza" dei bonifici e dei viaggi pagati.
È la cosiddetta "dottrina Gates", che prevede una catena di sovvenzioni tra privati, aziende farmaceutiche e specialisti di settore. Si tratta di flussi di finanziamenti che giungono nelle casse di agenzie sanitarie pubbliche o industrie farmaceutiche, che poi erogano sussidi da destinare a progetti in ospedali o istituti di ricerca, o a singoli professionisti, medici o scienziati che siano.
In un momento in cui una certa parte di popolazione che aveva sottomesso il proprio giudizio alla narrazione ufficiale sta cominciando a poco a poco ad aprire gli occhi, ci si dovrebbe porre anche queste domande legittime: un medico - e magari soprattutto un medico che "fa opinione" mediatica - che riceve finanziamenti da una determinata azienda farmaceutica, come si comporterà quando dovrà scegliere tra i prodotti della società che lo ha sponsorizzato e quelli di altre aziende con cui invece non ha rapporti? E lo stesso vale, a maggior ragione, per associazioni, federazioni, fondazioni. Dimmi chi ti paga, e ti dirò chi sei. E soprattutto potrò giudicare determinate scelte che riguardano la Salute pubblica.

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Paolo Gulisano, nell'articolo seguente dal titolo "La Chiesa faccia autocritica sulla stagione pandemista" afferma che è tempo che anche la Chiesa avvii un dibattito critico su come si è fidata delle disposizioni sbagliate, della paura, della narrazione pandemista senza offrire uno spunto critico. E per la fede cieca avuta nei vaccini.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 marzo 2023:

Nell'ambito civile è iniziato un tempo - a lungo atteso e auspicato - di inchieste, di indagini, di interventi della Magistratura, al fine di far emergere la verità sulla gestione politica e sanitaria dell'epidemia da Covid-19.
Potrebbe essere l'occasione perché anche la Chiesa Cattolica operi una profonda, seria riflessione su quanto è accaduto, e come il mondo cattolico ha affrontato questo periodo, che ha avuto un impatto fortissimo sulla vita delle comunità cristiane e dei singoli fedeli.
Proviamo a riavvolgere il film di quanto è accaduto: nella prima fase dell'epidemia, quella del terrore, delle comunicazioni mediatiche schizofreniche (da una parte "andrà tutto bene" e i canti sul balcone, dall'altra la percezione indotta che si fosse davanti ad un virus apocalittico) la Chiesa si presenta attonita, non in grado di esprimere un proprio giudizio di valore, completamente appiattita sulla narrazione ufficiale. «Ci fidiamo delle autorità costituite», disse l'Arcivescovo di Milano monsignor Delpini.
La Chiesa fa ciò che fanno un po' tutti. Si fida degli esperti che compaiono sui Media e sui Social, e impongono la loro visione. Le autorità costituite impongono i loro protocolli, la loro legge, e la Chiesa accetta senza nulla eccepire. Solo il Vescovo di Ascoli, monsignor D'Ercole, cerca di far sentire la propria voce contro i diktat del Governo, ma pochi giorni dopo le sue dichiarazioni critiche verso Conte, improvvisamente dà le sue dimissioni e lascia la Diocesi e la stessa Italia.
Dicevamo che inizialmente manca l'espressione di un giudizio su ciò che accade, ma in seguito al diffondersi del contagio e al numero elevatissimo di morti emergono due posizioni: una è quella che vede nella pandemia un castigo inviato da Madre Terra tanto a lungo offesa e maltrattata. E' quanto dichiarano ad esempio il Vescovo di Cremona Napolioni o addirittura l'Arcivescovo di Vienna Cardinale Schonborn, uomo vicinissimo al papa. Da altra parte arriva l'interpretazione proveniente da ambito conservatore che si tratti di una punizione di Dio. Nessuno si rende conto che invece si tratta di una autentica tragedia le cui responsabilità non sono di Gaia (la Natura) o del Cielo, ma di uomini politici e delle loro strategie.
Nel frattempo, l'"ospedale da campo", come qualcuno ha voluto ridefinire la Chiesa, è deserto. Chiuso per profilassi igienico-sanitaria. Eppure nella storia la Sposa di Cristo non aveva mai avuto paura di virus e batteri e non aveva mai chiuso i battenti. Non solo chiese chiuse, ma anche proibizione ai sacerdoti di entrare nelle corsie degli ospedali. Decine di migliaia di persone sono morte senza ricevere i Sacramenti. Uno scenario triste, quello della Chiesa sull'attenti davanti agli ordini dello Stato, e poi in ritirata, una Chiesa accondiscendente e rispettosa di tutte le regole della burocrazia sanitaria, ma con poca fiducia nella potenza salvifica della preghiera.
Poi, col lento ritorno alla "normalità", mentre tutto riapriva, ecco la Chiesa continuare a reiterare protocolli ormai superati. Non c'è luogo come le parrocchie dove si vede ancora tanta gente mascherata, e ancora i celebranti praticano il rito paraliturgico dell'unzione delle mani col disinfettante, prima di distribuire l'Eucaristia. Nella "prassi pastorale" sono entrate misure igienico-sanitarie mediate dall'OMS anziché dal Vangelo, come l'obbligo della Comunione in mano (in realtà sappiamo che sono proprio le mani la maggior fonte di contagi microbici), pensate per rendere le Messe asettiche e a prova di virus, ma anche vuote della presenza del Signore.
E tanti fedeli non sono più tornati dopo le riaperture delle chiese al pubblico. Anche questo dovrebbe far riflettere. Molte persone vivono ancora nella paura, e hanno elevato la "sicurezza" a idolo, superiore all'importanza del Culto domenicale. È stato accettato, senza obiettare, che per evitare che il "male" si diffondesse attraverso il contatto tra i nostri corpi bisognasse privarsi anche del contatto con il Corpo e il Sangue del Salvatore. C'è persino chi in ambito teologico aveva interpretato la sospensione dei Sacramenti e la chiusura dei luoghi di culto come una sorta di "digiuno spirituale."
Un altro elemento importante su cui la Comunità ecclesiale dovrebbe riflettere è l'appoggio incondizionato dato ai vaccini, in particolare alla luce di quanto sta emergendo sui danni provocati da questi prodotti farmaceutici sui quali c'era stata una totale adesione, senza minimamente esercitare un dubbio critico. La Chiesa contemporanea, quanto mai "liquida" rispetto ai princìpi un tempo definiti non negoziabili, era diventata assolutamente dogmatica e intransigente rispetto a questi prodotti genici. "Extra vaccinum nulla salus": era questa l'indicazione non tanto autorevole, ma autoritaria giunta dal Vaticano. Poco importa che ci fosse anche la grave questione etica delle cellule provenienti da feti abortiti utilizzate nella produzione dei sieri, e da questo punto di vista è stato gravissimo il "soccorso nero" giunto da esponenti cattoconservatori che giustificavano machiavellicamente l'uso dei vaccini.
Poco importa che importanti studiosi avessero messo in guardia rispetto alla sicurezza e all'efficacia di prodotti realizzati bypassando le normali procedure di autorizzazione: il vaccino è un atto di amore, disse Francesco. Punto e basta. E questa intransigenza ha causato tanta sofferenza nei fedeli, nei sacerdoti, nei religiosi e nelle religiose, che non si sottomettevano al nuovo rito. Si potrebbe scrivere un intero libro, con testimonianze dolorose di ingiustizie, di comportamenti vessatori, ma basta sfogliare l'archivio del nostro giornale negli ultimi tre anni per vedere cosa è successo. Ma ci sono tante altre storie di ordinaria cattiveria e intolleranza compiuti da cattolici ossequienti alle regole del regime nei confronti dei fratelli non vaccinati. C'è stato qualche movimento ecclesiale dove i diktat di Conte prima e Draghi poi sono state applicate con particolare asprezza, con esclusioni da esercizi spirituali e altre misure punitive.
Quindi, in conclusione, il problema su come il mondo cattolico ha affrontato la vicenda del Covid non riguarda solo l'episcopato, la gerarchia dei pastori, ma anche la base, dove si è diffusa una visione sostanzialmente non cattolica del dramma che si stava vivendo. Dove si è persa la fede nella preghiera e nei Sacramenti, dove la paura ha prevalso sulla virtù della speranza, e dove anche quella della carità è venuta meno. In un tempo dove nella Chiesa si discute di tutto, compreso un Sinodo sulla sinodalità, è venuto il momento di riflettere a fondo su quello che è avvenuto della nostra fede di fronte all'epidemia. O meglio: di fronte all'avanzare del Grande Reset.

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 marzo 2023

7 - UTERO IN AFFITTO CON LA SCUSA DEL ''MIGLIORE INTERESSE'' DEL BAMBINO
Se alla fine il ''prodotto'' presenta qualche difetto, i compratori hanno il diritto di non ritirarlo, se invece sono soddisfatti, se lo portano a casa come bene su cui vantano un diritto
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Provita & Famiglia, 28 marzo 2023

Usare i bambini, non solo fisicamente, ma anche ideologicamente è una costante di questa società: del resto, se i bambini si possono uccidere (con l'aborto), è ovvio che si possa far loro "tutto" il resto.
La cosa più squallida è che, nel loro "miglior interesse", si voglia far passare abuso e sfruttamento come strumenti di tutela. Un po' come quando hanno ucciso Charlie Gard, Alfie Evans (e gli altri) nel loro "best interest".
Sul sito del CBC (The Center for Bioethics and Culture Network) è apparso il 27 marzo un articolo di Renate Klein, biologa e sociologa, femminista DOC, di sinistra, che critica in modo acceso uno di questi tentativi, ad opera della Hague Private International Law Conference (HCCH) (Conferenza dell'Aia sul diritto internazionale privato).
L'ente sovranazionale è stato istituito nel 1983, e conta 91 membri paganti tra cui USA e UE, più una sessantina di "contraenti" non paganti. Ha già fatto danni nel 1980 con la "Convenzione dell'Aia sugli aspetti civili dell'infanzia internazionale" grazie alla quale si è levata la protesta delle cd. "Madri dell'Aia" (donne che in base a questa convenzione misogina devono restituire i figli ai mariti anche se vi è stata una violenza documentata da parte dell'uomo, e la donna è fuggita al sicuro con i figli in un altro paese).
Dal 2015, "nell'interesse superiore del bambino", l'HCCH sta predisponendo una Convenzione sulla maternità surrogata e/o un Protocollo sulla genitorialità. Una prima relazione finale, discussa all'inizio di questo marzo, prospetta ipoteticamente tanti modi diversi per dare "sicurezza" e "identità" ai bambini. Ma la cosa che sembra più importante è, tuttavia, assicurarsi che la madre surrogata (e il suo partner, se ce n'è uno) scompaia e venga completamente oscurata dai "genitori committenti" - gli acquirenti di bambini.

NEL MIGLIORE INTERESSE DEI BAMBINI
Si vorrebbe la creazione di un documento chiamato "Parentage Order", che, nei paesi membri dell'HCCH, renderà genitori legali del bambino coloro che l'hanno comprato al mercato dell'utero in affitto. "Nel migliore interesse dei bambini".
E sono in tanti che cercano di sdoganare il turpe mercimonio con la scusa della tutela dei piccoli: per esempio il CHIP (Child Identity Protection), o i Servizi Sociali Internazionali (ISS), una ONG con sede a Ginevra che si occupa dei bambini rifugiati, migranti e… nati da maternità surrogata.
Nel marzo 2021, invece, un gruppo di oltre 100 "esperti" internazionali ha creato i "Principi di Verona: Principi per la tutela dei diritti del bambino nato attraverso la maternità surrogata".
I Principi di Verona sono un po' come i Principi di Yogyakarta per le persone transgender: dice la Klein che entrambi sono stati scritti da una lobby potente e non sono mai stati ratificati dalle Nazioni Unite o da altri organismi internazionali, ma sono spesso considerati come se fossero norme internazionali.
Ignorando il fatto che la maternità surrogata commerciale è legale solo in una piccolissima minoranza di paesi nel mondo, in nome della 'dignità umana', dei 'diritti fondamentali del bambino' ecc. spiegano come regolare l'utero in affitto. Le donne sono menzionate solo una volta, dove si dice che "la madre surrogata dovrebbe essere in grado di prendere decisioni indipendenti e informate libere da sfruttamento e coercizione". Il che - contratti di surrogacy alla mano - accade al massimo nel 2% dei casi di utero in affitto.
Fin qui la Klein che, come femminista, vede - giustamente - questa subdola esigenza di tutela del "best interest" del bambino come un mezzo per perpetrare lo sfruttamento delle donne che si prestano a fare le madri surrogate.
E ha pienamente ragione: la pratica dell'utero in affitto è sempre abusante nei confronti delle donne "incubatrici". Sia quando si tratta di donne povere costrette dal bisogno, sia quando si tratta di donne relativamente benestanti che lo fanno, sì per arrotondare il bilancio familiare, ma provano un sincero spirito di solidarietà nei confronti delle coppie sterili. Quindi, anche nei rari casi in cui la cd. "maternità solidale" (che vorrebbero anche qui da noi) fosse davvero gratuita (cioè senza un congruo rimborso spese) e dettata davvero solo dall'altruismo.
È infatti dimostrato che i contratti che stipulano i compratori di bambini e/o le cliniche con le surrogate sono sempre contratti capestro che impongono oneri gravosissimi sulla malcapitata, che spesso non è adeguatamente informata e non se ne rende conto (dal pesante bombardamento ormonale che deve subire, alla dieta che deve seguire, all'attività fisica che deve fare, all'aborto obbligatorio se gli embrioni che attecchiscono sono troppi o malati). La surrogata diventa una specie di schiava dei committenti, controllata a volte h 24. E ciò non avviene solo nei paesi del terzo mondo, ma anche nella "civilissima"(sic!) America del Nord.

NEL MIGLIORE INTERESSE DELLE DONNE
Non solo: le testimonianze che si raccolgono ormai dappertutto (basti vedere lo stesso sito della CBC di cui sopra) dimostrano che della salute delle portatrici non importa niente a nessuno: muoiono nell'indifferenza generale (ma non se ne parla mai, ovviamente); oppure sono costrette a curarsi da sé per problemi fisici o psichici, anche gravi, in quanto le gravidanze surrogate sono molto più rischiose delle gravidanze naturali.
Certamente anche a noi sta a cuore la tutela dei diritti e della salute delle donne.
I bambini, però, sono le prime e principali vittime di questo ignobile mercimonio.
Come accade in ogni ciclo di fecondazione artificiale - che è presupposto necessario all'utero in affitto - per ogni bambino in braccio ce ne sono 8 o 9 morti o scartati e un numero imprecisato surgelato a tempo indefinito; come per la fecondazione artificiale il rischio di nascere con "birth defects", tumori o malattie rare è molto più alto che nelle gravidanze naturali. Con l'utero in affitto, visto che i gameti del piccolo non hanno niente a che fare con la madre che lo tiene in grembo, questi rischi si moltiplicano ulteriormente.
Ad essi si aggiunge il trauma vissuto già in utero per via del cortisolo che la madre produce perché " non deve affezionarsi al figlio che ha dentro".
In più - se scampa a un eventuale aborto selettivo - il bambino subisce l'enorme trauma della separazione dal corpo che l'ha cullato: non sentirà più quell'odore, quel sapore e quella voce.
E se alla fine la "merce" presenta qualche difetto, i compratori hanno il diritto di non ritirarla. La madre surrogata difficilmente può permettersi di allevarlo e nella migliore delle ipotesi finisce in qualche istituto caritatevole.
Se invece il piccolo soddisfa i compratori, se lo portano a casa come bene su cui vantano un diritto. Il "miglior interesse" del bambino è crescere con un padre e una madre che l'hanno generato, o con due padroni che l'hanno acquistato, magari violando la legge vigente nel Paese in cui risiedono?
E allora come si fa, per quei poveri bambini che restano apolidi, o senza documenti regolari?
I servizi sociali sono tanto svelti a togliere i figli a genitori che si sospetta vagamente siano poco degni. Li tolgano a questi che hanno ottenuto il bambino con una pratica sicuramente indegna: la fila delle coppie che hanno superato i controlli e i test necessari per poter adottare è lunga. Costoro vengono selezionati non in base al loro desiderio di avere un figlio, ma in base alla loro capacità e disponibilità di dare al bambino l'amore di un padre e di una madre.

Fonte: Provita & Famiglia, 28 marzo 2023

8 - OMELIA II DOM. DI PASQUA - ANNO A (Gv 20,19-31)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati
Fonte Il settimanale di Padre Pio

La seconda domenica di Pasqua è la cosiddetta "Domenica della Divina Misericordia". È chiamata così in seguito alle richieste che Gesù rivolse a santa Faustina, di celebrare la domenica successiva a quella di Pasqua in onore dell'infinita misericordia con cui Egli ci ha amati e redenti.
Il Vangelo di oggi si armonizza molto bene con il tema della Misericordia. Il brano dell'evangelista Giovanni riporta infatti l'apparizione di Gesù agli Apostoli avvenuta «la sera di quel giorno» (Gv 20,19), il giorno della Risurrezione. In quella apparizione Gesù istituì il sacramento della Riconciliazione.
Gesù mostra agli Apostoli le piaghe alle mani e al costato. Questo particolare è molto importante per dimostrare la verità della Risurrezione. È proprio Lui che appare loro; Lui che è morto in croce. I segni della Passione ora risplendono come emblemi di gloria e come simboli di vittoria.
Apparendo agli Apostoli, Gesù affida a loro la stessa missione che Egli ha ricevuto dal Padre: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). La missione è quella di portare la salvezza fino agli estremi confini della terra. Gli Apostoli devono predicare il Vangelo ed essere ministri del perdono di Dio. Per questo motivo, Gesù, dopo aver alitato su di loro, disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). Con queste parole, Gesù ha dato alla Chiesa il potere di rimettere i peccati.
A Santa Faustina, Gesù fece una meravigliosa promessa. Egli volle che in questa domenica si parlasse della Divina Misericordia e disse: «Chi si accosterà alla sorgente della vita - ovvero alla Confessione e alla Comunione - questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene». Poi continuò dicendo: «L'umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia. Oh quanto mi ferisce la diffidenza di un'anima! Tale anima riconosce che sono santo e giusto, e non crede che Io sono misericordioso, non ha fiducia nella Mia bontà».
In questa domenica siamo chiamati anche noi a glorificare l'infinita Misericordia di Dio. Accostiamoci con fiducia al Sacramento del suo perdono, fondando il nostro proposito di non peccare più non sulle nostre forze, che sono molto piccole, ma sul suo santo aiuto, come recitiamo nell'"Atto di dolore".
Per fare una buona Confessione c'è bisogno di cinque cose: un buon esame di coscienza dall'ultima Confessione ben fatta; un'accusa sincera dei peccati, senza tacere volutamente nulla; un vivo dolore per le colpe commesse; un fermo proposito di non commetterle più; l'adempimento della penitenza imposta dal sacerdote. Chiediamo la grazia di pentirci con tutto il nostro cuore e di confessarci sempre bene. È questa la grazia più grande che è come la base per un cammino spirituale che ci porterà molto in alto.
Nella vita della beata Angela da Foligno si racconta un particolare molto importante. La Beata, quando era giovane, ebbe la sventura di confessarsi male per diversi anni, tacendo volutamente per vergogna alcuni peccati. A distanza di tempo, ella trovò la forza di "vuotare il sacco" e di dire tutto al sacerdote. Fu quello il tempo di un "nuovo inizio" che la portò ai vertici dell'esperienza mistica. Tutto iniziò con una Confessione ben fatta. Glorifichiamo anche noi l'infinita Misericordia di Dio confessandoci sempre bene e sinceramente.
Nel Vangelo di oggi c'è un altro particolare che è di grande insegnamento. Tommaso, uno dei Dodici, «non era con loro quando venne Gesù» (Gv 20,24). Egli non volle credere alla testimonianza degli altri Apostoli riguardo alla Risurrezione del Signore, e disse: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (Gv 20,25). Otto giorni dopo, Gesù apparve di nuovo, e c'era anche Tommaso. Gesù entrò a porte chiuse e disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente!» (Gv 20,27). A quella vista, Tommaso fece uno stupendo atto di fede: vide l'umanità gloriosa di Cristo Risorto e credette nella sua divinità, esclamando: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).
Un atto di fede simile lo facciamo anche noi ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia. Ogni volta che vediamo l'Ostia consacrata, noi non vediamo l'umanità di Gesù e neppure la sua divinità, eppure noi riconosciamo in quell'Ostia Gesù, vero Dio e vero uomo. Quando, durante la Messa, il sacerdote eleva l'Ostia Santa, e quando preghiamo davanti al Tabernacolo, è una cosa molto bella ripetere l'atto di fede di Tommaso: «Mio Signore e mio Dio». Ripetiamolo spesso e crediamo senza esitare che quello che vediamo non è pane e vino, ma è Gesù vivo e vero.
A san Tommaso Apostolo ravveduto, Gesù poi disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29). Tommaso vide l'umanità di Gesù e credette alla sua divinità; noi non vediamo nulla e, perciò, siamo beati, come ha affermato il Signore.
Volendo ora sintetizzare il contenuto del Vangelo di oggi, possiamo adoperare due parole: Confessione e Comunione. Esse costituiscono la "fonte della vita" di cui parlava Gesù a santa Faustina. Accostiamoci con fiducia a questa fonte per attingervi la vita in abbondanza. La Madonna, Madre dell'Eucaristia, ci ispiri sempre una grande fiducia nell'infinita Misericordia di Dio.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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