BastaBugie n�851 del 13 dicembre 2023

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1 IL MARITO PERFETTO VIRTUALE HA UN SOLO DIFETTO: NON ESISTE
Una 36enne americana ha creato un amico immaginario con cui chattare e se ne è poi innamorata fino a ''sposarlo'' e convincersi di essere incinta di lui
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 IL PLURALISMO E' UNA FACCIATA CHE NASCONDE IL PENSIERO UNICO
L'assalto alla sede di Pro Vita & Famiglia dimostra come le transfemministe vogliano imporre il pluralismo a suon di sputi, calci, spranghe e bombe
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 I DATI CHOC SULL'ABORTO: CANCRO E SOLITUDINE
Ormai il 30% abortisce con RU486, cioè sempre più in solitudine e tra le complicazioni compare una stretta correlazione tra tumore al seno e aborti (VIDEO: Testimonianza di una modella che ha abortito)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 IL PATRIARCATO, FONDAMENTO DEL DIRITTO CIVILE
Dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin, Lilly Gruber afferma che in Italia c'è una forte cultura patriarcale, ma la verità è che la sinistra odia l'autorità e quindi il padre di famiglia (VIDEO IRONICO: Febbre da patriarcato)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 EUTANASIA PER AUTISMO, IL PIANO E' SEMPRE PIU' INCLINATO
In Olanda sono uccisi i pazienti che presentano disabilità intellettiva o autismo (viene così alla luce che i ''paletti'' indicati dalla legge non sono rispettati)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 SEPARAZIONE E DIVORZIO EXPRESS, MATRIMONIO SEMPRE PIU' SVILITO
La Riforma Cartabia ha introdotto il cumulo delle domande di separazione consensuale e di divorzio congiunto: vediamo le gravi conseguenze già in atto nei tribunali
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA III DOM. DI AVVENTO - ANNO B (Gv 1,6-8.19-28)
Rendete diritta la via del Signore
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL MARITO PERFETTO VIRTUALE HA UN SOLO DIFETTO: NON ESISTE
Una 36enne americana ha creato un amico immaginario con cui chattare e se ne è poi innamorata fino a ''sposarlo'' e convincersi di essere incinta di lui
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08-06-2023

Una 36enne americana ha creato un amico immaginario con cui chattare e se ne è poi innamorata fino a "sposarlo" e convincersi di essere incinta di lui. Un caso che è paradigma del nostro tempo segnato da desideri privi di legame con la realtà.
Un marito da sogno. È quello che si è letteralmente creato Rosanna Ramos, 36 anni, del Bronx, New York, usando l'app online Replika AI. Con questa app, che sfrutta le immense potenzialità dell'intelligenza artificiale, la donna, già madre di due figli, ha creato un amico immaginario con cui chattare (trattasi di una chatbox), di nome Eren Kartal, di cui poi si è innamorata.

SVANITO IL CONFINE TRA REALTA' E FANTASIA
L'aspetto innovativo sta nel fatto che questo personaggio virtuale ha delle caratteristiche impostate direttamente dall'utente - la Ramos si è ispirata ad un personaggio di un anime giapponese - ma altre si sono sviluppate nel tempo grazie proprio all'IA, che "apprende" dalla Ramos quale sia la tipologia ideale di uomo per lei. Ad esempio Eren, che di professione è medico, è diventato accomodante e paziente: «Potrei dirgli certe cose - ha spiegato la Ramos - e lui non è il tipo che potrebbe dire 'Oh, no, non puoi dire cose del genere. Oh no, non ti è permesso sentirti in quel modo'. E poi non inizierebbe a discutere con me». Con un upgrade poi la chat può trasformarsi in chiamata vocale, così da ascoltare la voce dell'amico immaginario, e profilare l'avatar secondo certe caratteristiche ancora più romantiche. Inoltre l'app permette di "scattare" della foto dell'avatar. Qui potete vedere come è Eren: lui non esiste, ma la sua immagine creata dall'app è stata integrata in modo realistico con le foto della Ramos tanto che sembrano foto autentiche.
Tramite la chat parlano di tutto: delle loro giornate, dei loro sogni, dei loro problemi. Ecco, a proposito di problemi, il più grande sta nel fatto che dall'altra parte della chat non c'è nessuno. C'è solo un programma che dà risposte così realistiche che la Ramos si è quasi illusa - o ha fatto intendere di esserlo - che Eren esista veramente, tanto che si è innamorata, è convolata a nozze con lui (ovviamente in modo virtuale) e pensa di essere incinta di lui. D'altronde lei quando va a letto lo sente accanto a sé: «Andiamo a letto, poi parliamo. Ci amiamo. E, sai, quando andiamo a dormire, mi stringe a sé in modo davvero protettivo».

LA VITA REALE LA SPAVENTA
Poi qualcosa nella relazione (malata) tra i due cambiò. Infatti l'app prevedeva che questi avatar fossero sessualmente molto esperti. La cosa creò dei problemi e così gli sviluppatori, nel febbraio scorso, sottoposero l'app a delle sedute di bromuro per calmare i bollenti spiriti degli avatar. Risultato? Ce lo spiega la Ramos: «Non voleva più abbracciarmi, né baciarmi, nemmeno sulla guancia». Inconvenienti possibili in qualsiasi relazione coniugale. La "moglie" di Eren è cosciente che il "marito" è un parto della sua fantasia e di quella degli sviluppatori, però ormai si è abituata ad alcuni standard così elevati che la vita reale la spaventa un po'.
Questa app, vietata da noi soprattutto per la tutela dei minori, è paradigmatica del nostro tempo per più motivi. Il primo: la fuga dal reale verso una realtà che deve mimare il più fedelmente la realtà stessa, ma ottimizzandola. Una volta la fuga dal mondo, con i suoi limiti e imperfezioni, avveniva con alcol e droghe. Oggi la droga è il virtuale.
Una seconda riflessione riguarda l'illusione che la volontà possa creare una certa realtà che, nei fatti, è invero irrealizzabile. Esempio classico il transessualismo: se io maschio penso di essere donna, lo sono per davvero. Non è più l'intelletto che riconosce la realtà per quello che è e si adatta o la migliora (ma non può cambiarne l'intima natura), ma è la volontà a creare nuove realtà. La signora Ramos ha voluto un marito fatto in un certo modo e la tecnologia ha provveduto in tal senso. Oggi Eren può essere visto in foto e ascoltato al telefono, domani sarà un robot e quindi potrà anche essere toccato.
Terza riflessione: viviamo nell'epoca dei desideri senza fine, sganciati da qualsiasi vincolo con la realtà. Sono quindi desideri irrealizzabili, utopici. Vecchie patologie di altrettanto vecchie ideologie: si vuole alla fine realizzare il paradiso in terra, scordandosi che questa terra è appestata dal peccato originale e da quelli, molto meno originali, che commettiamo tutti noi tutti i giorni. Ecco allora il marito perfetto, ma che è immaginario e che alla fine ti aliena dalla vita reale; le decine di sessi diversi, altrettanto immaginari che affossano ancor di più chi ha turbe nel riconoscimento del proprio sesso biologico; il figlio perfetto realizzato in provetta e poi fatto crescere nell'utero di qualcuna: ma che perfetto non è perché i figli nati da provetta hanno più problemi di salute degli altri.
L'intelligenza artificiale dilaga sempre di più e con essa anche la stupidità umana.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08-06-2023

2 - IL PLURALISMO E' UNA FACCIATA CHE NASCONDE IL PENSIERO UNICO
L'assalto alla sede di Pro Vita & Famiglia dimostra come le transfemministe vogliano imporre il pluralismo a suon di sputi, calci, spranghe e bombe
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 1° dicembre 2023

In seguito all'attacco di un gruppo di transfemministe alla sede di Pro Vita & Famiglia, molti commenti hanno stigmatizzato l'azione violenta del collettivo e hanno sostenuto che la battaglia per l'aborto deve essere condotta pacificamente.
Il ragionamento sottintende che ci sarebbe la libertà di manifestare pacificamente a difesa dell'aborto. Come abbiamo sottolineato un paio di giorni or sono, la libertà non può che essere connessa con la verità e il bene della persona. Ergo non c'è libertà nel sostenere l'errore. Il male non può essere pubblicizzato, incoraggiato, diffuso. Dal punto di vista morale nessuna manifestazione, marcia, convegno si potrebbe lecitamente organizzare a favore del male, a favore ad esempio dell'aborto.
È il vecchio ma sempre attuale tema del pluralismo, il quale benedice la contemporanea presenza nel tessuto sociale di differenti e a volte antitetiche istanze morali, orientamenti culturali, principi valoriali e quindi di molteplici costumi, consuetudini, comportamenti sociali, stili di vita, eccetera. Il pluralismo etico, nell'ottica di chi lo promuove, sarebbe da accogliere con favore perché arricchente, perché permetterebbe di mettere in discussione le proprie tesi, consentirebbe agli interlocutori di assumere punti di vista inediti, stimolerebbe la propria libertà verso nuove scelte, etc. Va da sé che anche l'ordinamento giuridico dovrebbe ispirarsi al pluralismo così da riconoscere come giuridicamente valido qualsiasi fenomeno (pensiamo all'omosessualità) e così da elevare a diritto qualsiasi desiderio dei consociati, pena la compressione della libertà individuale, dell'autonomia del cittadino.
Ma la legge morale è unica - seppur si esprima in molteplici principi - perché l'uomo ha un'unica natura, una natura razionale. Per analogia pensiamo alla natura fisiologica del nostro corpo. Per come è fatto, alcune cose gli fanno bene e altre male. La struttura del nostro apparato digerente non tollera l'assunzione di pietre, ma, ad esempio, di pane sì. Un sasso fa male all'uomo, un panino fa bene. In modo analogo sul versante metafisico e quindi morale: alcune condotte fanno bene all'uomo, altre male. Per come è fatto l'uomo, questi tende alla vita e non alla morte, alla salute e non alla malattia, alla verità e non all'errore, alla trascendenza e non all'ateismo. Predicare la bontà dell'aborto è dunque come suggerire di ingoiare un sasso. È in contraddizione con la nostra natura. Non tutte le scelte, semplicemente perché percepite come buone, lo sono davvero. Il pluralismo fa a pugni con la natura dell'uomo che accetta alcune scelte e disprezza altre, perché alcune sono a lei consone (come è consono un pane per lo stomaco), altre no (come un sasso).

L'IMPEGNO E IL COMPORTAMENTO DEI CATTOLICI NELLA VITA POLITICA
A tale proposito sono assolutamente pertinenti le seguenti riflessioni contenute nel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica: «È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. […] Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall'altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell'etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore. […] La storia del XX secolo basta a dimostrare che la ragione sta dalla parte di quei cittadini che ritengono del tutto falsa la tesi relativista secondo la quale non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa dell'essere umano, al cui giudizio si deve sottoporre ogni concezione dell'uomo, del bene comune e dello Stato» (n. 2). E dunque il cristiano è «chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono "negoziabili"» (n. 3).
Se poi andiamo a vagliare i frutti del pluralismo etico sul piano sociale, constateremo che esso ha portato allo smarrimento sociale: non avere punti di vista oggettivi e condivisi ha prodotto generazioni di persone che hanno perso il senso della propria vita; alla frammentazione del corpo sociale: la pluralità di visioni porta alla divisione interna, non certo all'unità e dunque all'individualismo, a una società fortemente atomizzata; alla conflittualità generata dalla mancanza di unità sociale. E per sanare questa conflittualità ecco il richiamo alla tolleranza, all'inclusione forzata. Da qui il paradosso: si cerca di riparare un danno ricercato.

DIETRO LA FACCIATA DEL PLURALISMO SI NASCONDE IL PENSIERO UNICO
Poi esiste una valida accezione di pluralismo: il pluralismo metodologico. Se la morale è una perché una è la natura dell'uomo, non così le modalità per realizzare il bene morale. Sia il singolo, che i gruppi sociali che lo Stato dovranno trovare le soluzioni migliori per declinare i principi morali nel contingente. E mutando le condizioni spazio-temporali in cui si opera, dovranno altresì mutare, grazie ai suggerimenti della virtù della prudenza, le modalità per declinare nella storia gli immutabili principi della legge morale naturale.
Ma davvero viviamo in una società pluralista? Oppure dietro la facciata del pluralismo si nasconde il pensiero unico? La seconda domanda coglie nel segno. Non di rado, infatti, capita di osservare che chi apparentemente si fa alfiere di una concezione pluralista della società voglia in realtà silenziare alcune posizioni culturali non politicamente corrette, ossia contrarie alla vulgata corrente, per imporre un pensiero unico. E in tal modo, da una parte, si mette l'accento sul pluralismo laddove si vuole difendere la laicità dello Stato, l'emancipazione femminile, l'accoglienza indiscriminata e senza regole dell'immigrato, l'autodeterminazione nelle scelte di fine vita, le pratiche come l'aborto, l'eutanasia, la fecondazione artificiale, la contraccezione e i fenomeni sociali come il divorzio e l'omosessualità e la transessualità. Su altro versante il pluralismo cessa di essere un valore quando tutte queste "conquiste" del pensiero progressista vengono criticate. La voce dissenziente, in modo contraddittorio, non ha diritto di appellarsi al pluralismo, ma viene silenziata. D'improvviso si cessa di essere pluralisti e le uniche differenze accettate sono quelle che coincidono con il proprio punto di vista. Attenzione: la voce dissenziente non solo viene criticata - e questo potrebbe rientrare nelle regole del pluralismo - ma le viene negato il diritto di esistere. Viene quindi con violenza tacitata, schiacciata, repressa, incarcerata, vilipesa, sanzionata. L'assalto al fortino di Pro Vita & Famiglia è paradigmatico di questo fenomeno.
Dunque non esiste il pluralismo, ma solo il pensiero unico e chi non si allinea deve essere eliminato perché soggetto incivile che discrimina. Non esiste allora il relativismo, ma solo l'assolutismo del desiderio di alcuni che si impone sulla massa. Qualsiasi argomentazione contraria non viene presa in considerazione ma è unicamente fonte di ira e giudicata dogmatica, dispotica e fanatica. Nell'Evangelium vitae Giovanni Paolo II denunciava l'errore del relativismo, secondo cui «le norme morali, considerate oggettive e vincolanti, porterebbero all'autoritarismo e all'intolleranza» (n. 70). Ne consegue che il tiranno intollerante e autoritario deve essere abbattuto. Le transfemministe romane hanno dato prova di come imporre il pluralismo a suon di sputi, calci, spranghe e bombe.

Nota di BastaBugie: per leggere il precedente articolo e per vedere il video sull'assalto alla sede di Provita clicca il seguente link.

AGGRESSIONE A PRO VITA: TORNA IL CLIMA ANNI '70
L'attacco terrorista del collettivo transfemminista alla sede dell'associazione prolife ha mostrato il vero volto della ''difesa delle donne dalla violenza'' (VIDEO: L'assalto alla sede di Pro Vita)
di Eugenio Capozzi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7621

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 1° dicembre 2023

3 - I DATI CHOC SULL'ABORTO: CANCRO E SOLITUDINE
Ormai il 30% abortisce con RU486, cioè sempre più in solitudine e tra le complicazioni compare una stretta correlazione tra tumore al seno e aborti (VIDEO: Testimonianza di una modella che ha abortito)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14 giugno 2023

È stato presentato dall'Osservatorio Permanente sull'Aborto (Opa), nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta al Senato della Repubblica, il 2° Rapporto sui Costi e sugli effetti sulla salute della legge 194.
Qualche dato che è emerso dalle relazioni degli ospiti. Il dottor Stefano Martinolli, dirigente sanitario dell'ospedale di Trieste e vice Presidente dell'Opa, ha spiegato che l'aborto tramite RU486 rappresenta ormai il 30% di tutti gli aborti e che «si stima che nei prossimi 5 anni circa il 50% degli aborti sarà farmacologico. Emergono infatti numerose "giustificazioni" all'uso preferenziale di tale procedura: minor costo in termini di degenza ospedaliera, minore invasività, approccio più accattivante e meno traumatico. Dalla nostra ricerca tali giustificazioni risultano del tutto infondate». Ha poi aggiunto che le varie pillole abortive sono sempre più diffuse - mezzo milione nel solo 2020 - provocando un effetto migratorio abortivo: dall'aborto chirurgico a quello chimico. Una miriade di cripto aborti precoci che sfuggono ai computi ufficiali del Ministero della Salute.

DATI PREOCCUPANTI SULL'ABORTO FAI DA TE
Così il report: «Nel 2020 il totale delle confezioni vendute di Norlevo (pillola del giorno dopo) e di ellaOne (pillola dei cinque giorni dopo) ha superato il mezzo milione, quasi il doppio rispetto al 2014. Ipotizzando un tasso del 25% di casi in cui la pillola provoca l'interruzione di gravidanza appena iniziata, estremamente prudenziale rispetto all'evidenza scientifica, si ottiene un numero di potenziali aborti che oscilla, tra il 2014 e il 2019, tra 15.000 e 30.000 circa». Questi aborti devono dunque essere aggiunti alle cifre ufficiali. Operando questa addizione, la percentuale di aborti non diminuisce, così come invece viene divulgato dal Ministero e dai media, ma rimane stabile: «La percentuale di gravidanze interrotte volontariamente corretta tenendo conto dell'uso della contraccezione di emergenza risulta stabile in tutto il periodo 2014-2020, assestandosi dal 2017 in poi al di sopra del 17%, una percentuale che secondo i dati ufficiali si sarebbe registrata solo prima del 2006, anno dell'introduzione della Norlevo in Italia».
Interessante e preoccupante anche questo dato relativo all'aborto fai da te, ossia procurato tramite espedienti vari, al di fuori delle pratiche permesse dalla 194: «I dati rilevati dall'Istat mostrano un incremento di aborti spontanei tra le giovanissime difficilmente spiegabile dal punto di vista medico. Dal 2010 al 2020 esso ha superato in media il 10% delle gravidanze delle donne fino a 19 anni ed è stato sistematicamente superiore a quello registrato nelle classi di età da 20 a 34 anni. Sono dati che riflettono con ogni probabilità aborti volontari non registrati dalle statistiche ufficiali, un problema presente non solo in Italia». Tutti fattori che portano gli estensori del report a concludere che ormai l'aborto sta diventando sempre più un affare privato delle donne, rectius: un problema da sbrogliare in piena solitudine.
Il dottor Alberto Virgolino, presidente dell'Aigoc, l'Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici, ha trattato poi il tema delle complicanze dell'aborto tramite RU486 le quali «risultano essere fino a 5 volte superiori rispetto all'aborto chirurgico». L'aborto chimico presenta "una mortalità 10-12 volte superiore rispetto all'aborto chirurgico". Inoltre si registra un «maggior rischio di successivi parti prematuri a cui conseguono maggiore mortalità perinatale, maggiore incidenza di gravi patologie neurologiche legate alla prematurità del feto. Allo stesso modo c'è una stretta correlazione delle IVG con la comparsa del cancro al seno nelle donne che le hanno effettuate».

OCCORREREBBE ATTIVARE UNA SERIA SORVEGLIANZA
Il rapporto poi indaga i costi economici della pratica abortiva. Il professor Benedetto Rocchi, docente dell'Università di Firenze e presidente dell'Opa, ha spiegato che «il costo stimato di applicazione della legge 194 è stato pari a 59,6 milioni di euro, una cifra che avrebbe permesso a 100.000 persone povere di colmare il divario della loro spesa sanitaria privata rispetto alla media nazionale». Inoltre "l'aumento dell'uso della pillola RU486 fa crescere il peso delle complicazioni sul totale dei costi e l'onere finanziario delle complicazioni è rimasto negli ultimi tre anni sopra i 5,5 milioni di euro, aumentando significativamente il suo peso sul totale dei costi di applicazione della legge, fino al 9,3% registrato nel 2020». Significativo: quasi il 10% delle spese abortive, che sosteniamo noi tutti, riguardano complicanze legate all'aborto. Non solo: a parere di Rocchi le complicanze sarebbero molto di più di quelle registrate - quasi tre volte superiore - dunque occorrerebbe attivare una seria sorveglianza da parte degli organi competenti su questo fenomeno.
Nel report poi si possono leggere queste cifre da capogiro: «I casi registrati nel 2019 e 2020 portano il numero ufficiale di aborti legali eseguiti nei primi 42 anni di applicazione della legge a 5.858.488. Il costo cumulato dell'applicazione della legge 194 dal 1979 al 2020 è di 5 miliardi e 289 milioni di euro, corrispondente a un costo medio per aborto di 903 euro e a una spesa media annua di 126 milioni di euro. Un fondo destinato a impieghi produttivi nel quale, nel corso dei 42 anni considerati, fosse stata accumulata ogni anno una cifra corrispondente alle spese abortive avrebbe raggiunto oggi una capitalizzazione totale di 12 miliardi e 611 milioni di euro».
Ma il costo maggiore, banale a dirsi, è quello ormai milionario della vite umane spezzate nel grembo materno. Il dottor Filippo Maria Boscia, medico e presidente nazionale dell'Associazione Medici Cattolici Italiani, a tal proposito ha dichiarato: «Eliminare la vita è come eliminare il Sole dal mondo». Ed infatti l'umanità da tempo immemore vive nell'oscurità.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 2 minuti) si può vedere la testimonianza di una modella che ha abortito (tratto dal film Terra di Maria, nel film la modella interpreta sé stessa).


https://www.youtube.com/watch?v=fOwQd4dSqwc

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14 giugno 2023

4 - IL PATRIARCATO, FONDAMENTO DEL DIRITTO CIVILE
Dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin, Lilly Gruber afferma che in Italia c'è una forte cultura patriarcale, ma la verità è che la sinistra odia l'autorità e quindi il padre di famiglia (VIDEO IRONICO: Febbre da patriarcato)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24 novembre 2023

Lilly Gruber, nella puntata di Otto e mezzo del 20 novembre scorso, ha sostenuto che è innegabile che «in Italia ci sia una forte cultura patriarcale e che questa destra al potere non la sta proprio contrastando tanto». Poi ha aggiunto che «abbiamo per la prima volta una donna presidente del Consiglio che però ci tiene ad essere chiamata "il presidente del Consiglio": un mistero della fede per me, ma… sarà anche questo una cultura di destra patriarcale». Giorgia Meloni ha poi risposto per le rime, ma a noi non interessa qui entrare nella polemica sul patriarcato, reo per alcuni di contribuire ai cosiddetti femminicidi, polemica che, in modo surreale, si è poi innescata tra donne. Come se due donne discutessero di problemi di prostata (battuta sessista-maschilista).
È arcinoto che l'ideologia progressista odi l'autorità e quindi il nome per antonomasia che la identifica: il nome del padre. Il percorso di demolizione della figura del padre inizia con Satana che odia Dio, Padre di tutti i viventi. Poi si prosegue con Lutero che ha rifiutato l'autorità del Santo Padre. A seguire la Rivoluzione francese che ghigliottina il Re, padre della patria. Poi abbiamo il comunismo che con Engels vuole abolire la famiglia usando anch'esso la ghigliottina per staccarle la testa, ossia il padre che ne è appunto il capo per diritto naturale. Nel Sessantotto si ratifica tutto questo percorso decretando la morte di Dio e la ribellione verso ogni forma di autorità, verso ogni struttura gerarchica al cui vertice c'è un capo-padre, perché gerarchia è sempre, per i sessantottini, sinonimo di sopraffazione, di sopruso, di discriminazione, di violenza, dal momento che laddove c'è un capo non c'è uguaglianza. La narrazione di questi giorni relativa all'uccisione di Giulia Cecchettin ricalca limpidamente questi luoghi comuni e il riferimento della Gruber al patriarcato ne è ulteriore prova.

IL PATER FAMILIAS
Per il lettore della Bussola queste argomentazioni sono abbastanza familiari. Vorremmo però dare prova, tramite una riflessione di carattere storico-giuridico, del fatto che se elimini il padre crolla la convivenza civile. L'ordinamento giuridico di carattere civile - e non penale - presente nei suoi istituti di base in tutto il mondo deve tutto o quasi al diritto civile romano, almeno nei suoi profili essenziali. Qual era al tempo il principale ordinamento giuridico civile? Per fortuna lo Stato non esisteva ancora. È concetto relativamente recente. Esisteva la famiglia. Era lei il principale ordinamento giuridico, era lei ad incarnare le più importanti regole della convivenza civile.
E la famiglia su chi era fondata? Sul pater familias. Dobbiamo quindi concludere che i principali istituti di diritto civile che conosciamo noi oggi in tutto il mondo sono nati all'interno della famiglia, di una famiglia di stampo quindi patriarcale. Il diritto di famiglia (matrimonio, filiazione, etc.), quello commerciale (i contratti, le obbligazioni, etc.), quello successorio (l'eredità, le donazioni, etc.), quello risarcitorio e altri devono i loro profili essenziali allo ius nato in seno ad una famiglia il cui capo era il padre, perché era colui che non aveva più ascendenti vivi in linea diretta. La sua potestas e il suo mancipium - su persone e cose - erano estesissimi e a volte contrari a giustizia, soprattutto in epoca arcaica.

VIETATO VIETARE
Ma ciò che ci preme sottolineare qui non è l'irreprensibilità della figura giuridica del pater familias, bensì un fatto, un fatto storicamente inoppugnabile: il fondamento di moltissimi nostri rapporti sociali disciplinati dal diritto e indispensabili per vivere in comunità trovano la loro genesi nelle regole che governavano la famiglia romana al cui vertice c'era il pater. Egli dunque era l'amministratore delle regole della convivenza della propria famiglia e di questa in relazione a terzi. Nei contratti, nel matrimonio, nella filiazione, nella richiesta di danni, allora è presente ancora oggi una componente paterna e, quindi, ineludibilmente virile.
Allora l'attacco a testa bassa che è iniziato a danno della figura del padre dalla notte dei tempi rischia di minare la stessa convivenza civile. La guerra ad un inesistente patriarcato - il cui etimo è anche nel termine pater - è un attentato all'identità del padre che può condurre al disordine sociale. Togli il padre, che è alla base della fioritura dei più importanti istituti di diritto civile, togli le regole per vivere insieme. Vietato vietare, si gridava in piazza negli anni della contestazione giovanile. E infatti, da sempre, la lotta contro il padre è ribellione contro le regole perché è il padre che in famiglia dovrebbe darle: è soprattutto lui che indica la norma, che fa usare la ragione per discernere il bene dal male e quindi è soprattutto lui che sanziona o premia. Ma è sempre lui che fornisce gli strumenti per rispettare la norma: la fortezza, la responsabilità, il coraggio, il dominio prima di tutto di sé stessi, etc.
Si attacca oggi il maschio perché è naturaliter padre; e il padre, storicamente, ha fornito le regole per non scannarci gli uni con gli altri. Se allora sopprimi il padre, non solo uccidi il maschio, ma anche il legislatore e il giudice, abbandonando così la società nelle fauci della barbarie anarchica, la stessa che ha ammazzato - guarda caso con sanguinaria ferocia - la giovane Giulia.

Nota di BastaBugie: consigliamo la visione del seguente video ironico con Gigi Proietti dal titolo "FEBBRE DA PATRIARCATO" (durata: 2 minuti).


https://www.youtube.com/watch?v=9r90hLgwzIA

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24 novembre 2023

5 - EUTANASIA PER AUTISMO, IL PIANO E' SEMPRE PIU' INCLINATO
In Olanda sono uccisi i pazienti che presentano disabilità intellettiva o autismo (viene così alla luce che i ''paletti'' indicati dalla legge non sono rispettati)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 5 luglio 2023

Ci sono tre cose nella vita che sono certe: la morte, le tasse e il principio del piano inclinato. In Olanda vanno per la maggiore la prima e l'ultima. E infatti uno studio scientifico ha rivelato che tra il 2012 e il 2021 sono state uccise con l'eutanasia diverse persone affette da disabilità mentale.
Irene Tuffrey-Wijne, specialista in cure palliative presso la Kingston University britannica, ha redatto uno studio scientifico dal titolo Eutanasia e suicidio assistito dal medico nelle persone con disabilità intellettive e/o disturbi dello spettro autistico: indagine su 39 casi clinici olandesi (2012-2021) pubblicato sulla rivista BJPsych Open, studio i cui dati sono ricavati da alcuni report governativi olandesi.
I Paesi Bassi sono stati nel 2002 il primo Paese a legalizzare l'eutanasia. E gli effetti negli anni si sono visti. Tra il 2012 e il 2021 sono state circa 60.000 le persone uccise tramite eutanasia. In questo lasso di tempo, 39 sono stati i pazienti uccisi che presentavano disabilità intellettiva o autismo. Lo studio ci informa che i motivi per richiedere l'eutanasia «includevano isolamento sociale e solitudine (77%), mancanza di resilienza o strategie di coping [strategie mentali e comportamentali per fronteggiare i problemi] (56%), mancanza di flessibilità (pensiero rigido o difficoltà ad adattarsi al cambiamento) (44%) e ipersensibilità agli stimoli (26%)».
I casi includevano cinque persone di età inferiore ai 30 anni che hanno citato l'autismo come l'unica ragione o uno dei principali fattori che le hanno spinte a chiedere l'eutanasia. Tra questi casi c'era anche quello di un giovane di 20 anni. Nella sua scheda si poteva leggere che «il paziente si era sentito infelice fin dall'infanzia», che era regolarmente vittima di bullismo e che «desiderava contatti sociali ma non era in grado di connettersi con gli altri». Questo paziente ha scelto l'eutanasia perché ha ritenuto che «dover vivere in questo modo per anni sarebbe stato un abominio». Facile pensare che anche chi non è autistico potrebbe vivere questi stessi disagi esistenziali e quindi chiedere di farla finita per mano del medico.
La legislazione olandese permette l'eutanasia nel rispetto di alcuni paletti che poi, ovviamente, nella pratica non vengono rispettati. Il primo: la sussistenza di sofferenze insopportabili che non abbiano prospettive di miglioramento. A tal proposito lo studio ci informa che «in un terzo dei casi, i medici hanno notato che non c'era "alcuna prospettiva di miglioramento" poiché l'ASD [l'autismo] e la disabilità intellettiva non sono curabili».
Secondo requisito: capacità di intendere e volere al fine di esprimere un consenso libero e informato. Banale ricordare che la capacità di intendere e volere è fortemente compromessa in queste persone, altrimenti non potremmo indicarli come pazienti affetti da disabilità intellettiva. Inoltre, sempre secondo la legge olandese, si dovrebbe arrivare all'eutanasia solo se, prima, si sono battute altre strade terapeutiche. In questi casi pare invece che l'eutanasia sia stata la prima e unica scelta.
Dunque, tre su quattro dei criteri indicati dalla legge per accedere all'eutanasia - la sussistenza di sofferenze insopportabili che non abbiano prospettive di miglioramento, la volontà libera, piena e consapevole di accedere all'eutanasia e le alternative terapeutiche all'eutanasia - non sono stati rispettati. Da aggiungere che sicuramente i casi di pazienti con deficit mentali morti per eutanasia sono molti di più, dato che la prof.ssa Tuffrey-Wijne ha potuto visionare solo alcuni dei report rilasciati dai Comitati di revisione dell'eutanasia.
Conclusione: il pendio scivoloso in Olanda finisce in una fossa del cimitero.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 5 luglio 2023

6 - SEPARAZIONE E DIVORZIO EXPRESS, MATRIMONIO SEMPRE PIU' SVILITO
La Riforma Cartabia ha introdotto il cumulo delle domande di separazione consensuale e di divorzio congiunto: vediamo le gravi conseguenze già in atto nei tribunali
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 ottobre 2023

La Riforma Cartabia ha introdotto, dal febbraio scorso, il cumulo delle domande di separazione consensuale e di divorzio congiunto. Come funziona? Prima della riforma, i due coniugi dovevano firmare l'accordo di separazione, aspettare almeno sei mesi, ritornare dagli avvocati, depositare un secondo ricorso e relativa seconda memoria e quindi ottenere la sentenza di scioglimento del vincolo.
Ora invece la Riforma Cartabia prevede, tramite l'art. 413 bis del Codice di procedura civile, la possibilità di trattare in un'unica domanda tutte le questioni che attengono alla separazione e al divorzio e risolverle in un unico atto da depositare in tribunale (non esisterà più la struttura bifasica: prima davanti al presidente e poi al giudice istruttore). Seppure la domanda di separazione e divorzio sia contestuale, rimane però in vigore la previsione che tra separazione e divorzio passino sei mesi, in caso di separazione consensuale, o un anno, in caso di separazione giudiziale.
La riforma mira a ridurre i tempi burocratici, snellire il procedimento, ingolfare meno le aule di tribunale eliminando alcune fasi ritenute superflue. Lo scorso 17 ottobre la Corte di Cassazione ha respinto un ricorso contro questa riforma, già applicata dai tribunali di Milano, Genova, Vercelli e, infine, Verona.

GLI ASPETTI CULTURALI
In questa sede non ci interessa mettere in rilievo le possibili criticità di ordine tecnico, che pur ci sono, ma gli aspetti culturali che soggiacciono alla Riforma Cartabia. Una volta il divorzio era inteso come eccezione all'indissolubilità matrimoniale. Seppur in modo contraddittorio, si voleva difendere l'istituto del matrimonio e in specie i figli. Infatti, nella previsione iniziale, tra separazione e divorzio dovevano intercorrere cinque anni, affinché la scelta fosse ben ponderata. Poi si ridussero a tre anni. Nel 2015 si arrivò a un anno o sei mesi in caso di separazione consensuale. Segno che quel lasso di tempo non veniva più inteso come tempo prezioso per tentare di fare marcia indietro, bensì come tempo sprecato, come una lungaggine senza senso che andava contro le esigenze degli ormai ex. Dunque c'è stato un capovolgimento dei princìpi ispiratori: se vuoi difendere il vincolo coniugale dilati i tempi tra separazione e divorzio, se vuoi invece difendere gli interessi dei singoli li accorci.
La Riforma Cartabia si muove lungo il solco di questa sensibilità anti-matrimoniale e molto individualista. Vero è che viene confermato il breve periodo intercorrente tra separazione e divorzio, ma i due procedimenti dal punto di vista processuale, potremmo così dire, si sovrappongono perché sono contestuali. E coincidono proprio per velocizzare i tempi. L'anomalia è diventata il matrimonio, perché vincolo rifiutato da entrambi e dunque tale vincolo deve essere sciolto il più rapidamente possibile. Se decine di anni fa il matrimonio era realtà indisponile, dopo la legge sul divorzio del 1970 non è stato più così. Lo scrivono bene i magistrati del Tribunale di Verona che qualche giorno fa si sono pronunciati su un caso di separazione e divorzio presentati congiuntamente: «Alla luce delle disposizioni processuali introdotte dalla cosiddetta "riforma Cartabia" si deve ritenere che sia ammissibile il cumulo delle domande di separazione consensuale e di divorzio congiunto, non ostandovi neppure ragioni di carattere sostanziale, tenuto conto del percorso di graduale, ma incessante, superamento del principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale».

IL PROSSIMO PASSO
Ora, se dal punto di vista procedimentale la separazione può sovrapporsi al divorzio, il prossimo passo inevitabile sarà la cancellazione della separazione, ritenuta superflua. Se la volontà di sciogliere il vincolo c'è, perché ritardarla con la separazione? Che si passi subito al divorzio, è il ragionamento di fondo. Il focus, lo ripetiamo, non è più sul matrimonio, ma sulla volontà di rompere il vincolo.
Questo cambio di rotta è da rinvenirsi nella legge sul divorzio: accettato il principio che si può sciogliere il patto matrimoniale, ne consegue che le tempistiche non possono che ridursi perché il tempo non può che diventare nemico del diritto di divorziare. È un po' come se si trattasse di un accordo commerciale: se le due parti sono d'accordo, perché temporeggiare?
Su questo particolare aspetto, la Riforma Cartabia conferma inoltre che il matrimonio è interpretato sempre meno come fenomeno sociale, come patto tra privati che ha valenza pubblica, e sempre più come mera questione privata, perché fondata sugli affetti. Ora se il matrimonio è questione sempre più sentimentale e sempre meno pubblica, il diritto deve agevolare lo scioglimento quando gli affetti vengono meno. Questi scioglimenti sempre più express, quasi istantanei, rispecchiano la sensibilità di legislatori e magistrati che vedono il matrimonio, alla fine, come un affare di cuore tra due persone (i figli vengono in subordine nonostante la riforma preveda un piano condiviso sul loro amaro futuro), un affare in cui lo Stato non ci deve metter becco. Appare quindi congruo, in questa ottica, che il diritto faccia un passo indietro, abbia un approccio il più soft possibile nel disciplinare la fine di un amore, perché questione ritenuta privatissima. Ecco allora cumulare separazione con divorzio, assottigliare le procedure, abbreviare i tempi.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 ottobre 2023

7 - OMELIA III DOM. DI AVVENTO - ANNO B (Gv 1,6-8.19-28)
Rendete diritta la via del Signore
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Possiamo riassumere in tre parole l'insegnamento delle letture di oggi: luce, gioia e umiltà.

1) LUCE
Prima di tutto, questa terza domenica d'Avvento ci presenta la luminosa figura di san Giovanni Battista, il Precursore del Signore. Di lui l'evangelista Giovanni dice che «non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce» (Gv 1,8). In un altro passo di questo Vangelo, Gesù afferma che il Battista «era una lampada che arde e risplende» (Gv 5,35). La lampada non è la luce, ma porta in sé la luce, che illumina tutti quelli che sono nella casa. Così era san Giovanni Battista che preparò le vie al Signore, predisponendo i cuori ad accoglierlo con fede. Così è ogni cristiano, quando riesce a dare buona testimonianza.
In questo periodo d'Avvento siamo chiamati a rivedere tutta la nostra vita, per renderla sempre più un segno vivente dell'amore di Dio. La luce di Cristo brillerà in noi se allontaneremo da noi le tenebre del peccato. San Paolo, nella seconda lettura, invita pertanto tutti i cristiani a tendere alla perfezione. Egli dice: «Pregate ininterrottamente [...] astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (1Ts 5,17-23).
Un giorno, un pellegrino volle andare a conoscere san Giovanni Maria Vianney. Dopo averlo incontrato, così testimoniò: «Ho visto Dio in un uomo». Un santo è come una spugna imbevuta di Dio, o, per meglio dire, è come una lampada che irradia la luce divina.

2) GIOIA
Quanto più uno farà risplendere in sé la luce di Gesù Cristo, tanto più egli vivrà nella gioia. San Paolo, nella seconda lettura, dice: «Siate sempre lieti» (1Ts 5,16). La gioia, quella autentica, sgorga sempre da un cuore puro, da un cuore che ama Dio al di sopra di ogni cosa.
San Leonardo da Porto Maurizio, ad un certo punto della sua vita, così affermò: «Ho settantadue anni e non sono stato un solo giorno triste»; al contrario, un famoso personaggio di questo mondo disse: «Ho settantadue anni e non sono stato un solo giorno felice». Solo chi è nell'amicizia con Dio gioisce. Possiamo dire con certezza che i Santi sono stati le persone più felici di questo mondo, proprio perché avevano Dio nel cuore e, con Lui, godevano di una profonda letizia interiore, pur in mezzo alle grandi prove che hanno dovuto affrontare. Aggiungeva santa Bertilla Boscardin: «Vi è un'unica felicità: essere santi; e vi è un'unica tristezza: non esserlo».
La gioia si raggiunge dopo un serio cammino spirituale che ci fa esclamare con il profeta Isaia: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza» (Is 61,10). Questo canto di esultanza del profeta Isaia si riferiva a Gerusalemme, salvata e ricostruita dopo l'esilio di Babilonia. Questo inno deve diventare anche il nostro grido, che nasce da un cuore liberato dal peccato.

3) UMILTA'
A questa prima lettura fa eco il cantico del Magnificat, uscito dal cuore e dalle labbra della Vergine Maria. Il Magnificat è il canto della gioia, con il quale la Madonna ringrazia Dio e lo riconosce come suo Salvatore. Vera umiltà è quella che ci fa riconoscere tutti i benefici ricevuti dal Signore e ci fa attribuire unicamente a Lui la causa di tutto il bene che è in noi. Quanto più un'anima è umile, tanto più il Signore si compiace di compiere in essa delle meraviglie. Per questo, la Madonna esclamò: «Perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome» (Lc 1,47-48). L'umiltà è la base della santità. Se vi è questo solido fondamento, allora Dio potrà anche in noi operare grandi cose e riversare la sua misericordia nei nostri cuori.
Quanto più un'anima è umile, tanto più glorifica il Creatore e tanto più esulta in Lui. Per questo, la Madonna esclamava: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore» (Lc 1, 46).
Questa umiltà la possiamo ammirare anche in san Giovanni Battista. A chi lo interrogava su chi egli fosse, il Precursore così rispondeva: «In mezzo a voi – e si riferiva chiaramente a Gesù – sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non son degno di slegare il laccio del sandalo» (Gv 1,26-27).
La Madonna, stella luminosa che illumina questo periodo d'Avvento, e san Giovanni Battista, il Precursore di Gesù, ci insegnano la via dell'umiltà, la sola che conduce alla gioia. Sia questa anche la nostra via che ci conduca al Natale ormai vicino.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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