PAPA FRANCESCO: DA AMORIS LAETITIA A FIDUCIA SUPPLICANS, LA MORALE RIBALTATA
In tema di morale naturale questo pontificato ha segnato una rottura con la dottrina cattolica (vedi la lode a Emma Bonino), non resta che invertire la rotta
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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CINEFORUM TRANS IN DIOCESI DI PADOVA: BIBBIA E MAGISTERO CALPESTATI
Un cineforum a tema transessualista in un cinema parrocchiale: una iniziativa approvata dalla diocesi e che va contro le Sacre Scritture, il Magistero e la scienza... facendo il male delle persone!
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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FEMMINICIDIO, TRE CRITICITA' E UN SOSPETTO: IL POLITICALLY CORRECT
Il Ddl del Governo Meloni ha tre problemi, ma soprattutto è una discriminazione verso i maschi (VIDEO: A nessuno interessa dei maschicidi)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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FECONDAZIONE ARTIFICIALE, DAL FIGLIO TRANS DI MUSK UNA VERITA'
Il figlio di Elon Musk critica il padre sentendosi un prodotto acquistato e selezionato: da questo deriva il rifiuto di sé e il desiderio di cambiare sesso
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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UNA SOCIETA' DI PADRI SENZA DIO, ECCO LA SERIE ADOLESCENCE
La serie tv britannica scruta i disagi del mondo dell'adolescenza e il rapporto con la figura paterna, ma non si dà la terapia (VIDEO: Netflix da sempre la colpa agli uomini)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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I SESSI SONO DUE, LA CORTE SUPREMA BRITANNICA RICONOSCE L'OVVIO
Sulla scia di Trump, anche in Gran Bretagna si stabilisce che un uomo transessuale non può dirsi donna... anche se la Corte non riconosce che la transessualità è disordinata (VIDEO: Un uomo non è donna)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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OMELIA III DOMENICA PASQUA - ANNO C (Gv 21, 1-19)
Un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: BastaBugie
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PAPA FRANCESCO: DA AMORIS LAETITIA A FIDUCIA SUPPLICANS, LA MORALE RIBALTATA
In tema di morale naturale questo pontificato ha segnato una rottura con la dottrina cattolica (vedi la lode a Emma Bonino), non resta che invertire la rotta
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22 aprile 2025
In merito alle tematiche di morale naturale il pontificato di Francesco ha segnato un momento di radicale rottura con la dottrina cattolica. Ricordiamo qui di seguito le tappe principali del percorso intrapreso da Francesco che ha toccato alcuni temi eticamente sensibili. In principio fu Amoris laetitia a far comprendere a tutti che l'approccio sulle questioni morali era cambiato radicalmente. Eravamo nel 2016. Il paragrafo 305 insieme alla famigerata nota 351 di questa Esortazione tentava di conciliare l'inconciliabile: l'adultero, nei casi in cui è incolpevole o non pienamente colpevole, può accostarsi all'Eucarestia rimanendo adultero. Nello stesso anno viene pubblicata una lettera dei vescovi della regione di Buenos Aires, dal titolo Accompagnare, discernere e integrare le fragilità, che ammettono alla comunione i divorziati risposati. Francesco dichiara che «il testo è molto buono e spiega in modo eccellente il capitolo VIII di Amoris laetitia. Non c'è altra interpretazione». La lettera e il commento del Papa confluiscono nel 2017 negli Acta Apostolicae Sedis, diventando così Magistero autentico. Per continuità di materia rammentiamo due lettere motu proprio datae dal titolo Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, entrambe pubblicate nel 2015 e che riguardano la riforma del processo canonico di dichiarazione di nullità matrimoniale. All'art. 14 § 1 del primo motu proprio si indicano una serie di circostanze che di per sé non sono cause di nullità, ma che per Francesco possono consentire la trattazione della causa. L'operazione sottesa è quella di far apparire un matrimonio umanamente fallito come matrimonio canonicamente nullo. Tra Amoris laetitia e quest'ultima lettera, l'indissolubilità matrimoniale esce malconcia. Il nuovo corso dottrinale in merito al matrimonio ha inevitabilmente portato poi a ridisegnare in modo radicale la natura dell'Istituto Giovanni Paolo II su Matrimonio e Famiglia.
ABORTO, EUTANASIA, PENA DI MORTE Sull'aborto, celebre è l'immagine, usata da Francesco in più occasioni, dei medici che diventano sicari. Però, poi s'intratteneva con colei che si era battuta per legalizzare la professione di sicario, Emma Bonino, e non certo per tentare di convertirla, anche perché per lui sarebbe stato una forma inaccettabile di proselitismo, bensì per incensarla: «Un esempio di libertà e resistenza», le aveva detto nell'ultimo incontro. Sì, libertà da e resistenza contro la legge morale. In materia di eutanasia, segnaliamo la lettera del 2020 dell'allora Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo Samaritanus bonus che segna invece una continuità con il Magistero di sempre sul tema dell'eutanasia. Continuità invece contestata in più punti nel Piccolo lessico del fine-vita edito dalla Pontificia Accademia per la Vita nel 2024. Ambiguo poi, in alcuni suoi passaggi, il messaggio del Papa del 2017 al convegno della World Medical Association sul tema dell'eutanasia. In tema di morale naturale, non possiamo non ricordare l'eliminazione nel 2018 della pena di morte dal Catechismo della Chiesa Cattolica: da azione moralmente buona nel rispetto di alcuni criteri a malum in se. La decisione è stata rilevante anche perché si è trattato del primo e unico intervento di modifica del Catechismo da parte di Francesco. Chiudendo questa rapida carrellata di interventi del Magistero sulle tematiche morali, il primo posto per eterodossia conclamata spetta di certo al documento del Dicastero per la Dottrina della Fede Fiducia supplicans che ha aperto alla benedizione di coppie omosessuali e coppie irregolari. Sicuramente, insieme alla Dichiarazione di Abu Dhabi, il peggior documento firmato da un Pontefice nella storia della Chiesa perché benedicendo relazioni intrinsecamente disordinate le qualifica in senso positivo dal punto di vista morale.
MORALE SCIVOLATA IN SOGGETTIVISMO E RELATIVISMO Da cosa sono state determinate simili derive eterodosse? [...] La cifra caratteristica del pontificato appena concluso è l'elaborazione di una morale senza metafisica. Secondo la tradizione classica e quella cattolica, il fondamento prossimo della morale naturale risiede nella dignità della persona, nella sua intrinseca preziosità data dal corpo e dall'anima razionale che informa questo corpo (il fondamento remoto è Dio). Da questo dato gnoseologico scaturiscono i principi di legge naturale che sono oggettivi, immutabili, universali e assoluti. In merito a quest'ultimo aspetto ricordiamo gli assoluti morali, ossia il fatto che esistono azioni sempre e comunque gravemente lesive della dignità personale e quindi da evitarsi sempre. L'approccio di Francesco alla morale ha messo in secondo piano, se non eliminato, il dato spirituale dell'antropologia, ossia ha misconosciuto la rilevanza paradigmatica dell'anima razionale. Eliminato il riferimento metafisico, la morale è scivolata nell'empirismo, nella fenomenologia etica, nello storicismo, nell'immanentismo e dunque ha scolorato i principi dottrinali in soggettivismo, relativismo, situazionsimo e utilitarismo. Le prove di questa deriva sono state evidenti. L'attenzione dei dicasteri e del Papa è stata catturata quasi esclusivamente da tematiche legate alla povertà materiale, al lavoro, al disagio e all'emarginazione sociale, all'immigrazione, alla sofferenza psicologica come la solitudine, all'esclusione sociale, all'ambiente. In breve, la morale naturale è stata scalzata dalla giustizia sociale. Se la visione antropologica dimentica l'anima razionale, le esigenze dell'uomo saranno solo materiali, perché l'uomo sarà solo il suo corpo. Ecco l'immanentismo.
LO STORICISMO COME METRO DI GIUDIZIO Se poi il paradigma è la realtà empirica, questa muta nel tempo. Lo storicismo diventa così metro di giudizio anche etico e metro da usarsi anche con il Vangelo che deve essere contestualizzato, accomodato secondo le esigenze della contemporaneità e non calato dall'alto in modo astratto. Il transeunte diviene chiave interpretativa dei principi di fede e morale, che di loro sono atemporali. E così anche i principi morali possono e devono mutare e le azioni intrinsecamente malvagie una volta erano tali ma oggi possono non esserlo più. Avremo così una morale che si modella secondo il reale, non nel senso che occorre trovare le modalità più efficaci per declinare gli immutabili principi etici nel contingente, ma nel senso di rendere contingenti questi principi. Da qui il situazionismo, la priorità del particolare sull'universale che trova sua espressione peculiare nel famigerato discernimento, espediente per mettere all'angolo i mala in se e in cui la coscienza non è più luogo della declinazione della verità nella circostanza particolare, bensì luogo della creazione di verità personali, individuate per soddisfare piaceri e utilità ugualmente personali. All'universalità della natura umana con le sue altrettante universali esigenze morali di base si sostituisce così la particolarità delle singole esistenze con le loro altrettante singole esigenze morali. Questa dinamica prende il nome di relativismo soggettivista. Ecco allora dichiarare guerra ai dogmi, alle leggi, ai principi, gabbie formali che soffocano la multiforme realtà. Non è più quest'ultima che si deve conformare al principio, ma viceversa. L'etica è investita da un moto non più trascendente, bensì discendente. L'eredità che Francesco ha lasciato al suo successore è piena di debiti verso la verità e il bene. Quest'ultimo avrà di fronte a sé alla fine solo tre soluzioni, di cui l'ultima è l'unica corretta: conservare questo orientamento senza continuare nell'opera di distruzione; avanzare nella stessa direzione; invertire la rotta.
Nota di BastaBugie: l'articolo seguente dal titolo "Il Papa secondo padre Martin" parla di come Padre Martin, sostenitore della causa LGBT, ricorda Papa Francesco. Il ritratto di un rivoluzionario, però prudente e accorto. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 23 aprile 2025: Padre James Martin, consultore del Segretariato per le Comunicazioni della Città del Vaticano e principale promotore delle istanze LGBT nella Chiesa cattolica, scrive sul sito LGBT Outrech un ricordo di Papa Francesco che è assai interessante. Padre Martin ricorda il loro primo incontro ufficiale: «L'appuntamento era segnato sul suo calendario ufficiale e c'era un fotografo del Vaticano a disposizione, il che significava che il Papa voleva che il nostro incontro fosse reso pubblico, un gesto che mi colpì profondamente, dato che all'epoca stavo subendo alcune proteste pubbliche dopo aver pubblicato un libro sui cattolici LGBTQ. […] Papa Francesco ha fatto di più per le persone LGBTQ di tutti i suoi predecessori messi insieme. […] Francesco ha rivoluzionato l'approccio della Chiesa alle persone LGBTQ. Ora, alcuni potrebbero deridere o dire, come spesso accade, "Non è abbastanza!". Ed è vero che alcune delle riforme auspicate da molte persone LGBTQ – la modifica del riferimento del Catechismo all'omosessualità come "disturbo" e persino l'approvazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso – non sono state attuate durante il pontificato di Francesco. Ma è importante considerare ciò che ha fatto, cosa che difficilmente si sarebbe potuta immaginare prima del suo insediamento. Tanto per cominciare, Francesco è stato il primo papa in assoluto a usare pubblicamente la parola "gay". Le sue cinque parole più famose, "Chi sono io per giudicare?", si riferivano a una domanda che gli era stata posta sui preti gay. […] Nominò un uomo apertamente gay, il suo amico Juan Carlos Cruz, a una commissione pontificia. Disse ai genitori che avrebbero dovuto accogliere i loro figli gay. Incontrò regolarmente coloro che si occupano di persone LGBTQ, tra cui me, suor Jeannine Gramick e i suoi colleghi del New Ways Ministry. Scrisse lettere di benvenuto alle conferenze di Outreach per cattolici LGBTQ. Approvava la pubblicazione di "Fiducia Supplicans", un documento vaticano che permetteva ai sacerdoti di benedire i matrimoni tra persone dello stesso sesso in determinate circostanze, e resistette alle forti critiche di alcuni settori della Chiesa. E, forse la cosa più sorprendente e meno nota, era che incontrava regolarmente cattolici transgender e parlava loro con calore e accoglienza. Tutti questi gesti, incontri e desideri di incontro erano di per sé una forma di "insegnamento". Come Gesù, Francesco ha insegnato non solo a parole, ma anche con i fatti. E i cattolici LGBTQ e le loro famiglie mi hanno ripetutamente ripetuto quanto questo cambiamento di approccio abbia significato. […] Nel corso degli anni, gli scambi di appunti (le sue risposte inviate come copie digitali di appunti scritti con la sua minuscola calligrafia, che a volte le sue segretarie trascrivevano) mi hanno aiutato enormemente nel mio ministero, perché mi incoraggiava in un ambito, ad esempio, ma mi consigliava un approccio più ponderato in un altro. La sua enfasi è sempre stata sull'aspetto pastorale, non su quello ideologico o addirittura teologico, ed è sempre stato attento a garantire che il suo impegno per le persone LGBTQ non avrebbe rotto l'unità della Chiesa, un tema che ha ripetutamente sottolineato durante il sinodo. In una nota, mi ha detto di non voler optare per una sola strada, perché avrebbe provocato una "reazione a catena" in altri Paesi, rendendo l'opposizione alle persone LGBTQ in alcuni luoghi ancora più grave. "Preferisco procedere passo dopo passo", ha scritto in un'altra nota». L’immagine fedele che ci restituisce padre Martin è quella di un Papa rivoluzionario, ma accorto, prudente nella sua azione che mira a sovvertire le norme morali in tema di omosessualità. Non si può ottenere tutto e subito, occorre procedere per piccoli passi. La vetta si conquista metro dopo metro.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22 aprile 2025
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CINEFORUM TRANS IN DIOCESI DI PADOVA: BIBBIA E MAGISTERO CALPESTATI
Un cineforum a tema transessualista in un cinema parrocchiale: una iniziativa approvata dalla diocesi e che va contro le Sacre Scritture, il Magistero e la scienza... facendo il male delle persone!
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19 aprile 2025
Leggiamo su La difesa del popolo, settimanale della diocesi di Padova: «Sono le storie e i percorsi dell'identità di genere il focus del nuovo cineforum "Le correnti del possibile" [dal 26 marzo al 14 maggio] proposto dall'associazione Con-TeStare Sportello Attivo Transgender (Centro Onig) di Padova in collaborazione con il cinema Esperia di via Chiesanuova a Padova [cinema della Parrocchia di Santa Maria Assunta in Chiesanuova]». Il settimanale della diocesi riporta poi le parole di Chiara Cappelletti, vicepresidente di Con-TeStare: «Con questa iniziativa desideriamo approfondire l'argomento delle molteplicità dell'identità di genere nei vari aspetti della vita delle persone. I film scelti approfondiscono la bellezza e la pluralità di quello che può essere l'esperienza di una persona transgender e gender diverse». Nelle tre serate, aggiunge La difesa del popolo, interverranno «i genitori di figli e figlie in percorso di affermazione di genere (Con-TeSiamo) e le persone Tgd (transgender e di genere diverso) in percorso di affermazione di genere (Con-TeAma)». Umberto Bodon, incaricato per la gestione della sala del cinema Esperia, afferma: «Pensiamo che una sala comunitaria in un ambiente ecclesiale, come il nostro, debba essere uno spazio aperto a tutti». Non ci siamo. Come sempre. La transessualità non è da promuovere e ce lo dice la morale, la Sacra Scrittura, il Magistero e la scienza. Sul piano morale il sesso biologico è aspetto identitario della persona. Non il sesso in generale, bensì il sesso maschile è elemento identitario per gli uomini e il sesso femminile è elemento identitario per le donne (clicca qui per un approfondimento). Il sesso biologico non potrà mai essere un dato errato della persona, una malattia da debellare. Non è il sesso che deve mutare per adeguarsi alla mente, bensì è la mente che deve adeguarsi al dato reale della sessualità, deve riconoscere il proprio sesso biologico perché è anche lì che risiede la nostra identità personale. Voler "cambiar" sesso è un atto intrinsecamente malvagio.
LA PAROLA DI DIO Passiamo alla Sacra Scrittura. In Genesi 1,27 possiamo leggere che Dio «li creò maschio e femmina». È un dato costitutivo e fondativo della persona - si usa il verbo "creare" - che viene da Dio e quindi non può essere errato. Passiamo a san Paolo: «Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio» (1 Cor. 6, 9-10). Gli effeminati sono le persone transessuali. Non possono essere le persone omosessuali perché queste vengono indicate subito dopo con il termine "sodomiti". Sarebbe irragionevole pensare ad una ripetizione di categoria. Dunque la Sacra Scrittura è chiarissima nell'indicare come materia grave il tentativo di "cambiare" sesso, di apparire e comportarsi come persone del sesso opposto. La condanna della transessualità è quindi esplicitamente di diritto positivo divino. Sul fronte del Magistero, oltre a rimandare alle moltissime catechesi di Giovanni Paolo II sul corpo, ricordiamo innanzitutto il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale» (2333). Poi citiamo Benedetto XVI: «Il sesso [...] non è più un dato originario della natura che l'uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente» (Discorso alla Curia romana, 21 dicembre 2012). Infine Il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari: «Non si può violare l'integrità fisica di una persona per la cura di un male d'origine psichica o spirituale. Qui non si danno organi malati o malfunzionanti. Così che la loro manipolazione medico-chirurgica è un'alterazione arbitraria dell'integrità fisica della persona» (Carta degli operatori sanitari, n°66, nota 148). Infine abbiamo il versante scientifico. Non si contano più gli studi che mettono in evidenza i danni di carattere psicofisico e sociale provocati dal "cambio" di sesso. Vogliamo qui citarne solo alcuni che riguardano forse il danno peggiore: il suicidio o il tentativo di suicidio. Li citiamo non solo perché il tentativo di suicidarsi dopo la "transizione" è sintomo che il "cambio" di sesso non è la soluzione bensì il problema, ma anche perché molti attivisti sostengono l'opposto: se non "cambi" sesso rischi il suicidio.
LA SCIENZA Il primo studio, del 2024, rappresenta ad oggi la più estesa ricerca su questo specifico rischio, dato che ha interessato 90 milioni di pazienti nell'arco di 20 anni (2003-2023). Il titolo dello studio è Rischio di suicidio e autolesionismo dopo un intervento chirurgico di affermazione di genere. La conclusione è la seguente: «Gli individui sottoposti a intervento chirurgico di affermazione di genere avevano un rischio di tentativo di suicidio 12,12 volte superiore rispetto a quelli che non lo avevano fatto». Ben 12 volte superiore. Un altro studio (del 2014) - Tentativi di suicidio tra adulti transgender e non conformi al genere - ci informa che, se il tasso di tentativi di suicidio negli USA si assesta intorno al 4,5% della popolazione, di contro il 42% degli uomini in cura ormonale per "diventare" donne e il 46% delle donne in cura ormonale per "diventare" uomini hanno tentato il suicidio almeno una volta nella vita. Un ulteriore studio scientifico (pubblicato il 25 febbraio 2025), è il seguente: Esame dei rischi per la salute mentale legati al genere dopo un intervento chirurgico di riaffermazione di genere: uno studio di database nazionale. Lo studio, i cui dati si riferiscono alla decade 2014-2024, così conclude: «Su 107.583 pazienti, le coorti abbinate hanno dimostrato che coloro che si sono sottoposti a intervento chirurgico presentavano un rischio significativamente più elevato di depressione, ansia, ideazione suicidaria e disturbi da uso di sostanze rispetto a coloro che non si sono sottoposti a intervento chirurgico». Se guardiamo invece alla fascia di età 12-20 anni, lo studio Stima del rischio di tentato suicidio tra i giovani appartenenti alle minoranze sessuali: una revisione sistematica e una meta-analisi (meta analisi di 35 studi) ci informa che gli adolescenti transgender sono i più esposti al rischio suicidio: 5,77 volte superiore rispetto ai loro coetanei che non hanno intrapreso nessun percorso di "transizione". Una possibile obiezione è la seguente: il disagio psicologico nasce dalla transfobia, dalla mancata accettazione sociale. Non è così. La prova viene da due studi scientifici sui disagi psicologici dell'omosessualità e transessualità. Nel primo, Sessualità omosessuale e disturbi psichiatrici nel secondo studio olandese sulla salute mentale e sull'incidenza , si analizzano i disturbi legati all'omosessualità nell'arco di 18 anni, dal 1996 al 2014 nei Paesi Bassi. Risultato: l'incidenza dei disturbi non è mutata nel tempo; eppure nel tempo, e soprattutto nei Paesi Bassi, l'accettazione dell'omosessualità è cresciuta in modo esponenziale. Dunque, il disagio nasce dalla condizione omosessuale, non da una presunta omofobia. Parimenti si potrebbe dire della transessualità per analogia di situazioni sociali. E infatti nel secondo studio, Stress, sofferenza e tentativi di suicidio delle minoranze in tre coorti di adulti appartenenti a minoranze sessuali: un campione probabilistico statunitense che riguarda sia l'omosessualità che la transessualità, i ricercatori, omosessuali dichiarati, hanno concluso che i disagi psicologici per gay e trans non derivano da presunte discriminazioni. E dunque, gentile parroco di Santa Maria Assunta e gentile vescovo di Padova, interrompete subito questo ciclo di film dedicati alla transessualità se avete a cuore il bene delle persone.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19 aprile 2025
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FEMMINICIDIO, TRE CRITICITA' E UN SOSPETTO: IL POLITICALLY CORRECT
Il Ddl del Governo Meloni ha tre problemi, ma soprattutto è una discriminazione verso i maschi (VIDEO: A nessuno interessa dei maschicidi)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10 marzo 2025
Un disegno di legge sul femminicidio è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 7 marzo scorso, alla vigilia della Giornata internazionale della donna. La bozza che il Governo ha fatto circolare così recita: «Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l'esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l'espressione della sua personalità, è punito con l'ergastolo. Fuori dei casi di cui al primo periodo, si applica l'articolo 575» del Codice penale, che prevede una pena non inferiore a 21 anni. Dunque, siamo di fronte ad un reato speciale: se l'omicidio viene commesso perseguendo alcune finalità la pena è certamente l'ergastolo. Qualora mancassero tali finalità la condotta regredisce a semplice omicidio, punibile solo eventualmente con l'ergastolo. Questo reato autonomo presenta diverse criticità. La prima riguarda il lato probatorio: i moti del foro interno per essere sanzionati devono appalesarsi in modo chiaro nel foro esterno. Tradotto, le malevoli intenzioni che muoverebbero l'omicida devono poi concretarsi in atti da cui è poi possibile risalire in modo inequivocabile alle medesime intenzioni. Ad esempio, secondo il Ddl, Tizio può scontare il carcere a vita per aver ucciso Caia perché la odiava in quanto donna. Occorrerebbero testi scritti, video, testimonianze che provassero non un generico odio di Tizio verso le donne, ma verso Caia in quanto donna. Molto difficile. Con il Ddl sul femminicidio si potrebbe rischiare allora di imbastire una processo alle intenzioni più supposte che provate. Secondo inciampo: mancanza di tassatività della norma o indeterminatezza della fattispecie. Manca cioè la descrizione precisa delle condotte che potrebbero condurre il reo a scontare l'ergastolo. In altre parole, il cittadino deve conoscere in anticipo e con precisione quali atti confluiranno nel nuovo reato. Altrimenti la determinazione della fattispecie sarà in mano al libero giudizio dei giudici che è molto imprevedibile. Il problema, perciò, è la genericità di alcuni termini ed espressioni indicanti quelle motivazioni peculiari capaci di qualificare l'omicidio come femminicidio. Proviamo ad esemplificare per ogni finalità incriminatrice. La discriminazione verso la vittima in quanto donna. Tizio uccide Caia, sua collega di lavoro, per invidia: Caia ha avuto una promozione che Tizio pensava spettasse a lui. Facile far assorbire la motivazione riguardante l'invidia dalla motivazione "discriminazione in quanto donna", perché si potrebbe argomentare che chi invidia una donna per motivi professionali la discrimina. Ma lo stesso potrebbe avvenire per un uomo, ribattiamo noi.
L'ODIO HA I CONFINI SFUMATI Passiamo all'odio verso la vittima in quanto donna. Cosa si intende per odio secondo il Ddl? Non è dato di saperlo. L'odio, al pari di tutti i sentimenti, ha i confini sfumati. Ma su quei confini il reo può giocarsi la "fine pena mai". Si correrebbe dunque il rischio che un giudice possa giudicare un certo atteggiamento anche solo antipatico dell'omicida verso la vittima come odio e un altro giudice invece avrebbe potuto giudicarlo penalmente irrilevante proprio perché ognuno interpreta il concetto di "odio" in modo soggettivo, non esistendo una definizione giuridica oggettiva e dunque vincolante per tutti. Altra finalità dell'omicidio che potrebbe far qualificare quest'ultimo come femminicidio: la repressione dell'esercizio dei diritti e delle libertà della donna. In primo luogo, qual è la differenza per questo Ddl tra diritti e libertà? Non è dato saperlo. In secondo luogo: quali diritti e quali libertà configurano il reato di femminicidio? Pare che siano tutti, dato che non sono specificati. Dunque, posto che l'esegesi sia corretta, se, ad esempio, Tizio uccidesse Caia per motivi di eredità scatterebbe il reato di femminicidio. Infine l'ultima finalità legata ad un omicidio di una donna che merita l'ergastolo sarebbe quella della repressione dell'espressione della sua personalità. Anche in questo caso la locuzione è così generica che può e forse deve confluire in essa qualsiasi manifestazione caratteriale. Dunque, qualsiasi omicidio di donna motivato dalla personalità della vittima diventerebbe femminicidio. Uccisa perché troppo socievole, troppo introversa, troppo spigliata, troppo brava nel lavoro, etc. Qualsiasi "troppo" meriterebbe l'ergastolo. Se mettiamo insieme tutte queste motivazioni legittimanti l'ergastolo scopriamo che qualsiasi omicidio di donna potenzialmente sarebbe un femminicidio proprio perché le motivazioni che configurano il femminicidio sono così ad ampio spettro che sarebbe ben difficile sfuggire al suo raggio di applicazione.
DISCRIMINATORIO VERSO GLI UOMINI Ma veniamo alla critica forse più rilevante a questo Ddl. Per articolarla ricorriamo ad un esempio: Tizio uccide Caia perché lo ha lasciato. Certamente ergastolo. A ruoli invertiti l'ergastolo è solo una eventualità. Dunque, questo Ddl è discriminatorio verso gli uomini e quindi viola l'art. 3 della Costituzione, il quale così recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso» etc. Il Ddl privilegia il sesso femminile in modo ingiustificato. Perché non esiste un'uguale norma che sanziona con l'ergastolo l'omicidio per le medesime motivazioni contenute nel Ddl? Dunque, la nostra critica non riguarda la pena dell'ergastolo per chi uccide una donna - ben venga - bensì la disparità di trattamento immotivata tra donne e uomini, quasi che le prime abbiano maggiore dignità rispetto ai secondi. C'è ad aggiungere che il trattamento di favore verso le donne non riguarda solo il reato di omicidio. Infatti, il Ddl prevede delle aggravanti qualora le motivazioni presenti nel reato di femminicidio siano le medesime che portano a commettere quell'insieme di delitti compresi sotto la dizione "Codice rosso" a danno delle donne: maltrattamenti di familiari, minacce, revenge porn, stalking, violenza sessuale e lesioni permanenti al viso. Il sospetto quindi che questo Ddl sia espressione del politicamente corretto in chiave femminista e doveroso ossequio alla direttiva UE n.1385/2024 sulla violenza sulle donne è dunque elevato. Si obietterà che questo nuovo reato è motivato dalla situazione di vulnerabilità delle donne. E allora seguendo la stessa logica dovremmo avere altri reati speciali per altrettante categorie sociali fragili e vulnerabili: l'omicidio di anziani, disabili, disoccupati, extracomunitari, persone di colore, credenti, etc. compiuti per le stesse motivazioni presenti nel Ddl. In realtà il nostro ordinamento giuridico già tutela i reati a danno di queste categorie prevedendo le cosiddette aggravanti comuni, in specie per aver agito per motivi abietti e futili o per aver approfittato della condizione della persona in modo tale da aver ostacolato la difesa privata. Circostanze aggravanti che potrebbero essere applicate benissimo anche nel caso di omicidio di una donna in quanto donna.
IL NUMERO DEI FEMMINICIDI NON CALA Un'altra obiezione potrebbe essere la seguente: le proporzioni del fenomeno in cui assistiamo all'uccisione di una donna ogni tre giorni richiedono una norma penale speciale. La risposta si articola secondo due direttrici. In primo luogo, se applicassimo le motivazioni del Ddl agli omicidi di uomini, i maschicidi supererebbero i femminicidi per numero. Infatti, già oggi la maggior parte delle vittime di omicidi sono uomini. Ciò per dire che usando i criteri punitivi del Ddl in relazione agli uomini, la vera emergenza sarebbero i maschicidi. Quanti omicidi di uomini commessi per reprimere i loro diritti, le loro libertà o motivati dal carattere della persona. In secondo luogo, non è creando una norma ad hoc che si debellerà il fenomeno dei femminicidi, bensì investendo sulla educazione delle coscienze. La legge n. 69 del 2019, denominata "Codice Rosso" e voluta proprio per tutelare maggiormente le donne, ha introdotto nuove fattispecie di reato ed ha inasprito le pene di altri reati già esistenti. Eppure il numero annuo di femminicidi non è calato, così come ammesso qualche giorno fa dallo stesso Ministro della famiglia Eugenia Roccella, una delle promotrici del Ddl sul femminicidio: «Nonostante gli strumenti innovativi già adottati il numero dei femminicidi non cala». Una terza obiezione potrebbe venire proprio dal Ministro Roccella che sul Ddl femminicidio ha sottolineato che «introdurre il reato di femminicidio è soprattutto un tentativo di produrre un mutamento culturale». Insomma, sanzioniamo con il massimo della pena chi uccide una donna per educare le masse. Ciò è errato perché configurerebbe un ingiusto uso dello strumento penale a scopo pedagogico. La prima preoccupazione del legislatore penale deve essere quella di irrogare una giusta pena commisurata al valore del bene leso e alla volontarietà dell'azione, non commisurata al progresso dell'educazione collettiva. Che poi la giusta pena serva anche da monito alle persone è sì uno scopo buono della norma, ma subordinato alla volontà di calibrare la pena secondo la natura della condotta e la responsabilità soggettiva.
VIDEO 1: A Nessuno interessa dei maschicidi (14 minuti)
https://www.youtube.com/watch?v=Srx40E4IrKI
VIDEO 2: Uccide il fidanzato, libera dopo 3 giorni (12 minuti)
https://www.youtube.com/watch?v=lX1HDPGrCZk
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10 marzo 2025
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FECONDAZIONE ARTIFICIALE, DAL FIGLIO TRANS DI MUSK UNA VERITA'
Il figlio di Elon Musk critica il padre sentendosi un prodotto acquistato e selezionato: da questo deriva il rifiuto di sé e il desiderio di cambiare sesso
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15 marzo 2025
Xavier Alexander Musk è figlio di Elon Musk. Nel 2022 decise di cambiare nome in Vivian Jenna Wilson perché si sentiva una ragazza. In un post su Threads critica la scelta del padre di farlo venire al mondo tramite la fecondazione artificiale sia perché si sente un prodotto acquistato sia perché il padre lo avrebbe selezionato tra gli altri embrioni a motivo del suo sesso maschile, sesso che lui avrebbe poi rifiutato. Ecco le parole di Xavier: «Il sesso che mi è stato assegnato alla nascita era una merce che è stata comprata e pagata. Quindi, quando ero femminile da bambino e poi sono diventato transgender, mi sono opposto al prodotto che veniva venduto. Quell'aspettativa di mascolinità contro cui ho dovuto ribellarmi per tutta la vita era una transazione monetaria. Una transazione monetaria. UNA TRANSAZIONE MONETARIA. Come c... può essere legale?». Il giovane Xavier conferma che, come spesso accade, solo quando le condotte immorali ci toccano da vicino ne comprendiamo le storture. In secondo luogo, il figlio di Elon Musk giustamente si sente un prodotto, dato che è stato oggetto di una compravendita ed è stato selezionato in base al sesso. Come acquistare un'auto a seconda della marca o della cilindrata. In terzo luogo, è interessante e insieme triste notare che il rifiuto del proprio sesso biologico potrebbe derivare anche e soprattutto dalla stessa tecnica di fecondazione extracorporea. Il rifiuto di sé - e il sesso biologico è aspetto identitario della persona - nasce dal rifiuto di come Xavier è venuto al mondo. La ferita inferta alla dignità di questo ragazzo non è stata superata e lui ha scelto un modo per sanare quella ferita che peggiorerà solo la sua condizione. Snodo cruciale è la sua frase: «Quell'aspettativa di mascolinità contro cui ho dovuto ribellarmi per tutta la vita era una transazione monetaria». Quanti ragazzi si ribellano alle aspettative dei genitori, le quali però nulla c'entrano con la loro identità, con la loro vocazione? Xavier si è sentito progettato, costruito a tavolino ben prima del concepimento e addirittura mercificato. Voluto non per sé, ma in quanto oggetto della soddisfazione dei genitori. Da qui il rifiuto radicale di quello Xavier programmato dal padre, per costruirne uno nuovo, tanto essenzialmente diverso dal precedente che avrebbe dovuto essere femmina. Da qui, poi, l'ovvia rottura con il padre. E ora parliamo di lui, del Musk più famoso. Elon Musk non è un pro-vita, ma un pronatalista. Iniziate ad abituarvi a questo termine perché probabilmente diventerà sempre più diffuso a motivo del famigerato inverno demografico dell'Occidente. I pronatalisti sono a favore delle nascite e ad ogni costo. Insomma, per loro, il fine giustifica i mezzi. Questo particolare fa la differenza con i pro-life, i quali sono anche loro per l'incremento della natalità, ma non con qualsiasi mezzo. Musk, da pronatalista, è a favore della fecondazione artificiale. Il padre di Tesla ha avuto 14 figli da 4 donne e almeno 5 di essi tramite fecondazione extracorporea. Musk però è un pronatalista impuro, non radicale; infatti è a favore dell'aborto, pratica che impedisce le nascite. Quando il Texas varò la famosa legge che impediva di abortire un bambino il cui cuore battesse, Musk, sicuramente ispirandosi a Stuart Mill, così commentò la notizia: «Credo nella massimizzazione della libertà individuale, a patto che non danneggi gli altri. Le posizioni estreme da entrambe le parti di questo dibattito sono perdenti». Peccato che l'aborto danneggi la libertà del nascituro, dato che lo uccide.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15 marzo 2025
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UNA SOCIETA' DI PADRI SENZA DIO, ECCO LA SERIE ADOLESCENCE
La serie tv britannica scruta i disagi del mondo dell'adolescenza e il rapporto con la figura paterna, ma non si dà la terapia (VIDEO: Netflix da sempre la colpa agli uomini)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 8 aprile 2025
È un dramma e non è un giallo. 66,3 milioni di visualizzazioni in 11 giorni. Si tratta di Adolescence, serie tv britannica in onda sulla piattaforma Netflix. Il tredicenne Jamie Miller viene accusato di aver ucciso la coetanea Katie Leonard. Dieci minuti prima che si chiuda la prima puntata scopriamo che è vero: sì, è stato lui. Tutto qui. Oltre alla banalità del male a volte esiste anche la brevità del male che però è capace di riverberare i suoi effetti in profondità e a lungo. Gli sceneggiatori Jack Thorne e Stephen Graham, che è anche il convincente interprete del padre di Jamie, hanno usato una vicenda iperbolica - un ragazzino che uccide una ragazzina - come lente d'ingrandimento per scrutare il mondo dell'adolescenza e il rapporto con la figura paterna. Il cuore di questa serie è comprendere perché i ragazzi siano chiusi, violenti, incomprensibili, assenti, distanti e ribelli, insomma perché siano adolescenti. Thorne spiega al quotidiano The Guardian che Jamie «è il prodotto di genitori che non hanno visto, una scuola a cui non è importato nulla e un cervello che non l'ha fermato», oltre ai condizionamenti sociali, in specie Internet. Partiamo dai genitori. L'idea dei creatori di Adolescence non è quella di gettare la croce addosso a questi. Il padre e la madre di Jamie sono persone equilibrate, prive di vizi, amorevoli con i figli, presenti, solide nel loro carattere. Così anche la sorella maggiore di Jamie. Quest'ultimo non ha subito abusi o traumi. Una famiglia, come si dice, normale. Ma, come ha accennato Thorne, non si sono accorti che in Jamie stava crescendo la mala pianta dell'odio, una disattenzione però non interamente a loro addebitabile: questi adolescenti sono indecifrabili come i codici che usano i ragazzi sui social per comunicare. È un'altra lingua, rivelatrice di un'altra cultura, di un altro mondo.
UNA SERIE SUGLI ADOLESCENTI E SUI PADRI Adolescence è una serie sugli adolescenti e sui padri. Non sulle madri. Perché? Perché Jamie è maschio, anzi è un piccolo uomo mancato. Nelle quattro puntate - tutte girate in un vorticoso e vertiginoso unico piano sequenza - vi sono due figure paterne, entrambe positive, entrambi sui 50 anni: Eddie, il padre di Jamie, e Luke Bascombe, il detective incaricato del caso nonché padre di Adam che frequenta la stessa scuola di Jamie. Eddie e Luke sono virili, muscolosi, forti nell'aspetto e nelle scelte, decisi e risoluti. Come sono invece Jamie e Adam? Gracili (Jamie pare che abbia 10 anni), deboli (quando Jamie viene arrestato si urina nei pantaloni), esclusi dai compagni, bullizzati. Jamie, parlando con la psicologa, rivela che il padre si girava dall'altra parte quando, giocando a calcio, dava prova della propria inadeguatezza con il pallone. E inadeguatezza è la parola chiave. Jamie sa di essere la brutta copia di suo padre. Attenzione al particolare: Eddie ha conosciuto la madre di Jamie quando aveva 13 anni, la stessa età di Jamie quando ha ucciso la compagna. Jamie cerca l'approvazione del padre, il suo affetto, la sua stima e questi non delude, eppure nel confronto accesissimo e vibrante con la psicologa Jamie affranto ammette: «Sono brutto, il più brutto», pur non essendolo. Qui è la chiave di interpretazione più profonda di questa pellicola: in quel "brutto" c'è la distanza che lo separa dal modello paterno e dunque quel "brutto" certifica la mancanza di accettazione di sé, il rifiuto di sé, non tanto della propria identità, ma della percezione della stessa. Da qui l'odio, profondo, radicale, assoluto, accecante e devastante per sé e per gli altri, i compagni "riusciti" e le ragazze.
LA NON ACCETTAZIONE DI SÉ STESSO L'ammissione di non accettazione di sé stesso ci conduce all'analisi di un altro fattore che ha armato di un coltello la giovanissima mano di Jamie: il contesto sociale. Soprattutto Internet. Adam spiega al padre detective il movente dell'omicidio. Jamie è considerato dai suoi compagni un "incel", termine che sta per "involontariamente celibe": maschi che non hanno relazioni né romantiche né sessuali e non sono capaci di averle. Gli incel si ritrovano online e sono fautori di un'ideologia chiamata "Red Pill". Il riferimento è alla famosa pillola rossa del film Matrix, che simboleggia il risveglio, il prendere coscienza della realtà e della propria condizione. La Red Pill degli incel insegna che vi sarebbero fattori genetici, evolutivi e ambientali che fanno sì che - come spiega sempre Adam al padre - l'80% delle donne siano attratte dal 20% degli uomini Chad, ossia uomini avvenenti, brillanti, sicuri di sé, virili, che ce l'hanno fatta (principio che si rifà in qualche modo a quello di Pareto in cui l'80% degli effetti proviene dal 20% delle cause). Questa rappresentazione distorta della realtà porta alla misoginia e alla misandria: gli incel odiano le donne e gli uomini Chad. La mancanza di autostima di Jamie ha intercettato sul web questa comunità di incel, chiamata manosphere: siti, blog, forum, chat in cui gli incel più si commiserano più s'incattiviscono inneggiando alla violenza. Una reazione irragionevole alla cultura woke che vede il maschio come essere tossico e alla cultura femminista che ha ridotto il maschio ad un ruolo comprimario, perché debole e sentimentale. Il cerino cade sulla benzina quando Kate prende in giro pubblicamente, su Instagram, Jamie dicendogli che è un incel. Subito dopo il ragazzo la pedina e l'accoltella per ben sette volte. Lo sceneggiatore Thorne così commenta: «lui viene da un ambiente buono, come me; è un ragazzo intelligente, come lo ero io. La differenza fondamentale tra noi? Lui aveva Internet». L'altro sceneggiatore, Stephen Graham, si spinge a dire che la serie «parla di un problema universale più grande, che è l'alienazione». Jamie vive in un mondo virtuale, dissociato dalla realtà, alienato dalla verità delle cose, delle relazioni, degli affetti. Il mondo artefatto di Internet ha sostituito quello reale e così il ragazzo crede veramente alle teorie della Red Pill e crede veramente di essere un fallito. Un fallito che però troverà redenzione quando, nell'ultima puntata, si dichiarerà colpevole: è finalmente l'accettazione della realtà, della sua responsabilità e dunque di sé stesso. L'ammissione di colpevolezza segna il passaggio dall'età adolescenziale a quella adulta.
SENZA DIO NON SI È PADRI Thorne correttamente indica nella libertà uno dei motivi per cui Jamie ha ucciso. È un'affermazione contromano perché, così si predica, se un adolescente uccide la colpa in genere è della società o dei genitori. La serie invece non cerca alibi: Jamie ha voluto cercare alcuni contenuti sul web, ha voluto non opporsi a certe suggestioni, ha voluto frequentare certe amicizie (un suo amico gli fornirà il coltello), non ha voluto parlare con i genitori dei suoi problemi e infine ha pianificato e voluto la morte di Kate. Potete essere i migliori genitori sulla faccia della Terra ma esisterà sempre la variabile "libertà" che potrà compromettere ogni vostro sforzo. Adamo ed Eva avevano un Padre perfetto eppure... Non sono tutte rose però per questa serie. La spina più acuminata è la mancanza di una soluzione a questo dramma, di una risoluzione al problema. Perfetta la diagnosi, manca la terapia. Uno studio del 2013 del Pew Research Center ci informa che i padri di una dozzina di anni fa dedicavano ai figli il triplo del tempo rispetto ai padri di sessanta anni fa. Ma qual è la qualità di questo tempo? Ossia: cosa trasmettono ai figli in tutto questo tempo? Eddie, lo abbiamo detto e lo ha confermato Jamie alla psicologa, è un padre attento e presente. Ma questa presenza da quali contenuti è caratterizzata? Probabilmente Eddie è uno dei migliori tra i peggiori. Vogliamo dire che ha dato ciò che ha potuto dare, ciò che ha ricevuto in quest'epoca di deserto e miseria culturale. Quest'uomo di 50 anni gli ha trasmesso la cultura della postmodernità, che è assolutista, ossia sganciata dalla storia (nessuna radice nel passato), sganciata dalla natura umana (nessuna legge morale), sganciata dalla trascendenza (nessun Dio). Non aveva altro da dargli e infatti la serie termina con queste ultime e amare parole del padre rivolte al peluche di Jamie: «Mi dispiace ragazzo. Avrei potuto fare meglio». Ma non sa nemmeno lui - e insieme a lui gli autori - cosa sia quel meglio, perché a lui sconosciuto. E se non lo sai, potrai essere anche il padre più amorevole e presente del mondo ma servirà a poco. Allora la terapia, per nulla facile, è tornare a riconnettersi con la tradizione personale, familiare e culturale, con la realtà delle cose che rimanda ad una morale oggettiva e soprattutto con Dio. Perché senza Padre non si è padri.
VIDEO: Adolescence, Netflix attacca gli uomini (12 minuti)
https://www.youtube.com/watch?v=3QSLA7zuzJ0
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 8 aprile 2025
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I SESSI SONO DUE, LA CORTE SUPREMA BRITANNICA RICONOSCE L'OVVIO
Sulla scia di Trump, anche in Gran Bretagna si stabilisce che un uomo transessuale non può dirsi donna... anche se la Corte non riconosce che la transessualità è disordinata (VIDEO: Un uomo non è donna)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17 aprile 2025
In principio ci fu Donald Trump: «La politica degli Stati Uniti è quella di riconoscere due sessi, maschile e femminile». Questo sentenziò in un ordine esecutivo del gennaio scorso. Poi ieri è arrivata anche una sentenza della Corte Suprema del Regno Unito: «Il concetto di sesso è binario: una persona è o donna o uomo». La questione riguardava la corretta interpretazione di una legge, l'Equality Act del 2010, norma che tutela, da condotte discriminatorie, diverse categorie di persone socialmente fragili. Tra queste categorie anche le donne e i transessuali. Nel giudizio incardinatosi davanti ai giudici, da una parte c'era l'associazione femminista For Women Scotland e dall'altra il governo scozzese. Le femministe, in buona sostanza, sostenevano che un transessuale non può fregiarsi del titolo di "donna". Su fronte opposto il governo, che considerava i transessuali donne a tutti gli effetti. La Corte Suprema ha dato ragione alle femministe. «Secondo la decisione unanime di questa corte - ha letto il giudice relatore e vicepresidente, lord Patrick Hodge - i termini donna e sesso dell'Equality Act del 2010 si riferiscono alla donna biologica e al sesso biologico». Insomma il termine "donna" in ambito legale coincide con il concetto di "donna" in ambito biologico. E dunque per definire una donna sotto la prospettiva giuridica occorre far riferimento al solo sesso biologico e non alla cosiddetta identità di genere. La realtà vince sulla percezione, il fatto sulla volontà, la materialità sul sogno o sull'incubo. La verità sull'ideologia.
LA CORTE NON VA A FONDO E CADE IN CONTRADDIZIONE Sotto il profilo pratico ciò significa che gli spazi riservati alle donne come bagni, spogliatoi, carceri femminili saranno interdetti ai transessuali. Parimenti alcuni servizi sociali, ad esempio i gruppi di sostegno per donne abusate, o medici. In modo analogo alcune attività, vedi ad esempio la partecipazione a competizioni sportive riservate alle donne. Già con l'Equality Act le donne potevano godere di propri spazi «per ragioni di privacy, decenza, per prevenire traumi o per garantire salute e sicurezza». Ora il divieto di intromissione nella sfera femminile da parte dei trans diviene più stringente, ma non totale. Le persone e gli enti, infatti, dovranno dimostrare che escludere le persone trans da servizi, luoghi, opportunità, attività, eccetera, è una misura proporzionata a tutelare le donne. Però, come sempre accade quando non si va alla radice del problema - e la radice del problema è dichiarare che la transessualità è condizione disordinata - i cortocircuiti sono inevitabili. La Corte infatti si è premurata di riaffermare che le persone transessuali non devono comunque essere discriminate, perché sempre categoria tutelata dall'Equality Act. E qui sta la contraddizione in termini, proprio perché da una parte i giudici stanno dicendo ad un uomo che si sente donna che non è donna e su altro fronte vietano che venga discriminato. Ma la persona transessuale che si sente donna giudica discriminatorio soprattutto il fatto di non essere considerata donna. Se al transessuale non gli riconosci di appartenere al sesso femminile, per lui crolla tutto. Le critiche al transessualismo riguardano in primis proprio il transessualismo, ossia l'irragionevolezza di considerarsi donna quando si è invece un uomo. Dunque non si comprende quale sia ora, dopo la sentenza della Corte, lo spazio rimasto in cui il transessuale possa far valere il suo diritto di non essere discriminato, dato che gli è stata riconosciuta ufficialmente la cittadinanza nel regno di Utopia, lo status di rifugiato ideologico nell'illusione.
ALMENO SI INIZIA A TORNARE AL REALE Ma noi oggi vogliamo tralasciare questi controsensi giuridici e vogliamo celebrare il principio dichiarato dalla Corte: una donna è una donna e un uomo è un uomo. La Corte Suprema britannica ha scarcerato l'uomo e la donna perché il fatto di essere uomini e donne non costituisce reato. Il principio di non contraddizione è stato riconosciuto innocente, non è lui il colpevole di quel senso di discriminazione, di non adeguatezza, di esclusione che sperimentano coloro che cercano invano nel mondo femminile la propria identità maschile: i colpevoli sono i prestigiatori della realtà, gli sfruttatori dell'altrui sofferenza, gli approfittatori seriali di menti e cuori fragili perché provati dalla vita. Sono tempi questi in cui l'evidenza deve essere sancita per sentenza, l'ovvietà per legge come è accaduto in Ungheria recentemente, dove la stessa Costituzione è stata obbligata a dirci che i sessi sono due. I giudici britannici hanno solennemente non deciso, ma riconosciuto che un cerchio è tondo, che il sopra sta più in alto del sotto, che gli opposti non possono essere identici, che il domani non è l'oggi, che la parte non può essere superiore al totale. Onore a loro per averci risvegliato da un incantesimo malefico che guastava con allucinazioni le nostre facoltà intellettive facendoci scambiare gli uomini per donne e viceversa, che ci spingeva a credere di vivere in un mondo in cui si poteva cambiare sesso come si cambia il colore dei capelli. I giudici hanno condannato i militanti Lgbt per appropriazione indebita, perché hanno usato del sesso biologico in modo improprio, come se fosse un accessorio, un ornamento di poco conto, occultabile a proprio piacere e gusto. Trump, l'Ungheria e ora la Corte Suprema del Regno Unito. Forse si sta tornando al reale, all'ordine, alla natura delle cose. Forse.
VIDEO: Un uomo non è donna (12 minuti)
https://m.youtube.com/watch?v=4HTKUcyVjgA
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17 aprile 2025
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OMELIA III DOMENICA PASQUA - ANNO C (Gv 21, 1-19)
Un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: BastaBugie, 30 aprile 2025
I discepoli sono in un momento di attesa, di incertezza. Hanno visto il Risorto, ma non sanno ancora bene cosa fare. Pietro torna a pescare, a ciò che conosce, alla sua vecchia vita. Gesù si manifesta al mattino, nella luce nuova. Non è riconosciuto subito: è discreto, quasi nascosto. Ma quando i discepoli obbediscono alla sua Parola, succede qualcosa di inaspettato: la rete si riempie. È in quel segno che Giovanni esclama: "È il Signore!". È una scena che parla anche a te, che magari stai attraversando una fase di confusione, di passaggio: un nuovo lavoro, il fallimento di alcune relazioni, dubbi di fede. A volte, quando non capiamo cosa sta succedendo, torniamo a ciò che ci è familiare. Ma in questa notte, la pesca è un fallimento. Non basta tornare alle "vecchie reti" se manca il senso. Ma c'è una speranza. Anche tu, nella tua vita quotidiana, puoi non accorgerti subito della presenza di Gesù. Ma a volte basta un gesto semplice, un ascolto sincero, una parola inattesa... e Lui si rivela. In quali momenti della tua vita hai percepito che "era il Signore"? Riesci a riconoscerlo anche oggi? E se Gesù ti chiamasse adesso, sulla riva della tua vita, lo riconosceresti? E cosa faresti: resteresti in barca o ti getteresti in acqua come Pietro per corrergli incontro?
PORTATE UN PO' DEL PESCE CHE AVETE PRESO ORA Gesù ha già il fuoco acceso e il pasto pronto. Ma chiede ai discepoli di portare anche il loro pesce. Non perché ne abbia bisogno, ma perché vuole che facciano la loro parte. È così anche con te. Dio non ti scavalca. Ti chiede collaborazione, ti dà responsabilità. Il miracolo è suo, ma le reti le ha usate con te. Cosa puoi portare tu oggi al fuoco di Gesù? Cosa hai da offrirgli della tua vita ordinaria? Gesù non chiede a Pietro "Sei pronto?", "Sei capace?", "Hai rimediato ai tuoi errori?". No. Gli chiede: "Mi ami?". Tre volte. È un dialogo profondo, che passa anche attraverso la ferita del triplice rinnegamento. Pietro risponde con sincerità: "Tu lo sai che ti voglio bene". L'amore è ciò che fonda ogni vocazione, ogni missione. Anche nella tua vita, Gesù ti chiede prima di tutto questo: "Mi ami?". Non chiede perfezione, chiede fiducia in Lui. Se oggi Gesù ti guardasse negli occhi e ti chiedesse "Mi ami?", cosa gli risponderesti? Gesù conclude il dialogo con Pietro con una parola decisiva: "Seguimi". Non gli promette un cammino facile. Gli preannuncia una vita donata fino alla fine. Ma Pietro ora è pronto. Non perché è diventato perfetto, ma perché ha capito che amare Gesù significa seguirlo, anche nei momenti in cui "un altro ti porterà dove non vuoi". Questo Vangelo è un invito personale, oggi, a ritrovare Gesù nella tua quotidianità, a lasciarti coinvolgere da Lui, a rispondere con amore e coraggio. Anche tu, come Pietro, puoi dire: "Tu lo sai che ti voglio bene". E poi alzarti e seguirlo. Cosa significa per te oggi "seguire Gesù"? Cosa sei disposto a lasciare? Dove ti sta chiamando?
DOMINE, QUO VADIS? Dopo quel giorno sul lago di Tiberìade, Pietro non è più lo stesso. Quel "Mi ami?" ripetuto tre volte gli brucia dentro, ma lo rende anche libero. Libero di non appoggiarsi più sulla sua forza, ma sull'amore ricevuto da Dio. Libero di iniziare davvero a "pascolare" il gregge del Signore: guidare la Chiesa e confermare nella fede i discepoli di Cristo. Dopo la Pentecoste, troviamo Pietro a Gerusalemme a predicare e convertire i fratelli ebrei, sempre pronto a testimoniare Cristo, anche se viene arrestato per questo. Infine, arriva a Roma, la capitale dell'impero, il centro del potere del mondo di allora. Ma Roma è ostile, i cristiani sono pochi, spesso maltrattati. Durante una persecuzione particolarmente feroce sotto l'imperatore Nerone, Pietro decide di lasciare Roma. Camminando lungo la via Appia, diretto fuori città, gli appare Gesù che cammina nella direzione opposta portando una pesante croce. Pietro, sconvolto, gli chiede: "Domine, quo vadis?" ("Signore, dove vai?"). E Gesù risponde: "Vado a Roma a farmi crocifiggere di nuovo". Pietro capisce. Ha sbagliato ancora una volta, ma è l'ultima. Non deve più fuggire. Torna a Roma a compiere fino in fondo la volontà del suo Maestro e Signore. E a Roma viene imprigionato nel carcere Mamertino, vicino al Foro Romano. Una cella buia, umida, isolata. Pietro non si scoraggia, anzi per lui la fine non è un fallimento, ma compimento. Sa che la sua morte è volontà di Dio. Quando arriva il momento dell'esecuzione, Pietro fa una richiesta che rivela tutta la sua umiltà: non si ritiene degno di morire allo stesso modo del suo Maestro. Per questo chiede di essere crocifisso a testa in giù. E così avviene: sul colle Vaticano, Pietro viene inchiodato a una croce rovesciata come si vede nel famoso dipinto del Caravaggio. È l'anno 64 d.C. In quel luogo l'imperatore Costantino, convertito al cristianesimo, farà costruire la Basilica di San Pietro, a custodire la memoria del pescatore diventato pastore. Sarà Papa Pio XII ad ordinare nel 1940 gli scavi sotto l'altare della basilica vaticana dove vengono ritrovate una decina d'anni più tardi sia la tomba che le ossa appartenute a Pietro, come dimostrò l'archeologa ed epigrafista Margherita Guarducci. Il 26 giugno 1968, durante un'udienza generale, Papa Paolo VI annunciò ufficialmente che "le ossa ritrovate appartengono all'Apostolo Pietro". Sei mai stato a visitare la necropoli sotto San Pietro? Basta prenotare per tempo la visita guidata che si conclude con la venerazione della tomba del capo degli apostoli, primo vescovo di Roma e primo Papa. La vita di Pietro è un viaggio che parte dal mare di Galilea dove era pescatore di pesci e finisce sulla croce dopo essere stato "pescatore di uomini", come predetto da Gesù, ma la sua morte non è stata una sconfitta. Anzi, è stata una vita spesa per amore di Gesù. Un amore imperfetto, umano, che però ha imparato a fidarsi di Dio fino alla fine. Da allora, fino alla fine dei tempi, il vescovo di Roma è il successore di Pietro e quindi il Papa regnante che garantisce l'unità della Chiesa Cattolica, l'unica autentica Chiesa di Cristo.
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