BastaBugie n�926 del 21 maggio 2025

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1 CON LEONE XIV LA CHIESA VOLTA PAGINA
Sono tanti i sassolini (o i macigni?) che stanno uscendo da parecchie scarpe con l'arrivo del nuovo Papa (e intanto i giornali laicisti affilano le armi contro di lui)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Sito di Nicola Porro
2 AUTISMO, ORA E' EPIDEMIA (E SE LE CAUSE SE FOSSERO I VACCINI?)
Trump ha affidato al neo ministro Kennedy il compito di indagare (anche se la scienza, quella vera, è già orientata su alcuni componenti tossici nei vaccini pediatrici)
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 GUERRA DEL VIETNAM: NEL 50° ANNIVERSARIO SFATIAMO 4 FALSI MITI
Gli americani non hanno invaso il Vietnam e quella dei Vietcong non fu una guerra di popolo, ma contro il popolo (in nome del comunismo che ha sempre imposto il regno del terrore)
Autore: Stefano Magni - Fonte: Atlantico Quotidiano
4 BAMBINI SCHIAVI DELLO SCHERMO, GENITORI COMPLICI
Ansia, depressione, isolamento, suicidi: l'inferno è entrato nella cameretta con la connessione Wi-Fi
Autore: Fabio Piemonte - Fonte: Provita & Famiglia
5 LA COMUNIONE SULLA MANO E' IL PEGGIOR RITO POSSIBILE (E NON E' MAI STATO FATTO COSI')
Ricevere l'Eucaristia come un biscotto è un insulto al Corpo del Signore travestito da ritorno alle origini (i Padri invocavano riverenza)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 LETTERE ALLA REDAZIONE: GUARITA DA CRISTO, NON DAGLI PSICOLOGI
Una ragazza racconta la sua rinascita dopo anni di disturbi mentali e accusa: ''la psicoterapia senza Dio è una trappola''
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: BastaBugie
7 OMELIA VI DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 14,23-29)
Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: BastaBugie

1 - CON LEONE XIV LA CHIESA VOLTA PAGINA
Sono tanti i sassolini (o i macigni?) che stanno uscendo da parecchie scarpe con l'arrivo del nuovo Papa (e intanto i giornali laicisti affilano le armi contro di lui)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Sito di Nicola Porro, 11 maggio 2025

Sepolto Bergoglio ed eletto il nuovo Papa, ecco che, poco alla volta, i sassolini cominciano a uscire dalle scarpe. Da subito (segno che non se ne poteva più), il cardinal decano ha risolto il pasticcio di Santa Marta, che l'ex Papa aveva elevato a residenza pontificia per un puro capriccio personale. E mettendo nei problemi quelli che ci stavano, e che adesso dovranno tornarci spendendo in risistemazioni. Gli storici appartamenti papali erano stati allestiti nei secoli con uno scopo preciso e, dunque, erano, per definizione, molto più adatti all'uopo. Il decano l'ha messa sul romantico, ricordando che i fedeli, vedendo la luce accesa nella finestra del papa, erano confortati dal fatto che il padre comune lavorava e vegliava per loro.
Bergoglio, a suo tempo richiesto sulla rivoluzionaria scelta del residence, aveva spiegato che non gli piaceva star solo. Come se negli antichi locali non avesse potuto avere tutta la compagnia che voleva. Ma il clero, come i carabinieri, è uso ad obbedir tacendo, però chissà quali mugugni i colpi di testa del papa argentino avranno sollevato. Pochi osarono protestare per le novità (anche dottrinali), chi sommessamente, chi ad alta voce. Ma lui non rispondeva ai primi e allontanava gli altri. Le scarpe nere, diceva, erano perché aveva male ai piedi. Come se il calzolaio vaticano non avesse potuto fargliele rosse e ortopediche. La papamobile l'ha donata ai gaziwi, così che ora Prevost deve ricomprarne un'altra. Infatti, Leone XIV ha messo in garage le utilitarie bergogliane e, per il momento, ripristinato il suv.
Francesco I si presentò senza paramenti e con un inedito "buonasera" all'elezione. Il nuovo papa ha indossato l'antica mise e, per non far fare brutta figura al predecessore, ha optato per un liturgico "La pace sia con voi" al posto del classico "Sia lodato Gesù Cristo". Ha aggiunto che è quanto disse il Cristo appena risorto agli Apostoli. Solo che "Shalom" non è altro che il normale saluto che ancora oggi gli ebrei, come i musulmani ("Salam"), usano. Intervistato (adorava le interviste) sul programma del suo incipiente pontificato Francesco disse testuale: "Sogno una Chiesa povera per i poveri".
Qualcuno ha osservato, giustamente, che la peggior disgrazia per i poveri sarebbe proprio una Chiesa povera, dato che solo Cristo fu capace di moltiplicare il pane. Ma sono tanti i sassolini che usciranno da parecchie scarpe, alcuni grossi come macigni. Come questo: Bergoglio ha viaggiato parecchio ma non è mai voluto andare nella sua Argentina, a differenza dei suoi due predecessori non italiani. Perché? Boh, attendiamo sassolini. Anche la sua predilezione, quasi ossessiva, per i "migranti": qualche malizioso insinua che, essendo grave il deficit finanziario vaticano, l'"accoglienza" serviva almeno a tamponare. Le maggiori offerte, infatti, vengono dagli Usa e dalla Germania, ma in quest'ultima la continua fuoruscita di fedeli tassati (in Germania luterani e cattolici pagano tributi alle rispettive confessioni) e la deriva filo-woke dell'episcopato hanno messo il Vaticano in un inestricabile dilemma; i catto-americani sono ondivaghi, prima votavano a sinistra ma ora a destra, perciò insistere ancora sull'"accoglienza" rischia di indispettire Trump e Vance, che già Prevost aveva criticato sul tema.
Ma questo è il futuro. Il passato è invece, per quelli coi sassolini nelle scarpe, un Papa populista all'esterno e dispotico in casa, che si è circondato di yes-men e ha costretto i cardinali a portare a spalla la Pachamama, lavorando per plasmare una Chiesa a sua immagine e somiglianza; un "ospedale da campo", di fatto una Ong più grossa delle altre e coi soldi anche di chi era d'altro avviso. Papa Prevost, stando ai primi gesti, pare voglia restaurare (cioè, riportare a bellezza, come diceva Ratzinger) ma senza scossoni per non apparire "conservatore". Certo, la situazione complessiva non è delle migliori, ma, come diceva un sorridente Ratzinger intervistato da un preoccupato Messori, "la Chiesa non è mica mia, è di Gesù Cristo, ci penserà Lui".

Nota di BastaBugie: Paola Belletti nell'articolo seguente dal titolo "Papa Leone XIV, la luna di miele mediatica è già al tramonto (buon segno)" parla delle critiche che sta ricevendo il Papa in questi giorni.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Sito del Timone il 19 maggio 2025:

Vedere il Sommo pontefice commuoversi guardando l'anello piscatorio cingergli l'anulare conferma non tanto la natura sentimentale di papa Leone XIV, quanto la umana consapevolezza di quale ministero abbia accettato di assumersi, «con timore e tremore», sapendo di non averne merito, come ha dichiarato lui stesso. Con la chiara coscienza di ciò che è chiamato ad essere e a compiere, dunque, prosegue nel servizio che la sua vocazione gli richiede, all'insegna di quel di più di amore che il ministero petrino implica; un amore oblativo, che porta a dare la vita per i fratelli e si nutre dell'amore totale e incondizionato di Cristo per lui. E se i motivi per rallegrarsi e rendere lode a Dio della condotta del pontefice  per tanti cattolici non fanno che moltiplicarsi sembra invece che certa stampa abbia iniziato presto a dispiacersene. Un po' bizzarra, come reazione: il Papa ripete con chiarezza e carità e secondo lo stile e gli accenti personali la medesima verità di cui la Chiesa è sorgente e che è chiamato a custodire.
Anche la tentazione di contrapporlo al suo immediato predecessore, che non manca mai di ricordare con rispetto e devozione, fa parte di questo malcostume, e di quello più generale che colpisce tutta la comunicazione contemporanea fatta di polarizzazioni continue e contrapposizioni esasperate (ed esasperanti). Anche su questo si è espresso Leone XIV, ma in particolare ha causato dei mal di pancia diffusi quando, udite, udite!, ha osato parlare del valore della famiglia come società autentica che precede qualsiasi istituzione e che si fonda sull'unione stabile tra un uomo e una donna.
Apriti Cielo, per alcuni! Ma chissà a quale cielo si rivolgono. Nel recente incontro con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede aveva infatti richiamato alla responsabilità i capi di governo rispetto alle gravi ingiustizie sociali ed economiche che feriscono i popoli e invitato ad investire sulla famiglia "fondata sull'unione stabile tra uomo e donna, 'società piccola ma vera, e anteriore a ogni civile società'". Per Fanpage questa preclara dichiarazione significherebbe, papale papale, che il capo della Chiesa cattolica chiude alle coppie omosessuali, mentre papa Francesco, sempre secondo loro, avrebbe aperto alla concezione di famiglie di vario genere e tipo.
Colpisce, ma non più di tanto, il disappunto di un Vito Mancuso che già a 48 ore dalla sua elezione al soglio pontificio il 10 maggio lamentava nelle parole del Papa i «primi passaggi stonati» denunciando affermazioni che lo avrebbero «sorpreso negativamente». A dire la verità, questo suo disagio funziona un po' come indicatore inequivocabile di come la Chiesa continui ad essere al servizio del mondo e della sua salvezza e proprio per questo detestata, irrisa, sentita estranea dal mondo stesso.
Per Mancuso l'associazione della riduzione di Cristo a semplice leader carismatico con un ateismo di fatto sarebbe un'equazione ingiusta e infelice dal momento che ci sono altri modi di credere in Dio. Non è così però secondo la verità che la Chiesa cattolica ha l'umile certezza di portare in dote al mondo: che il volto del vero Dio sia proprio quello che si è rivelato in Cristo e non un altro. Cosa avrebbe dovuto dire o fare papa Leone? Scambio di elogi e medaglia per l'impegno religioso a tutti i pur nobili tentativi umani e nessun riferimento alla pretesa di verità di Cristo – così nessuno si offende, oppure esattamente ciò che sta facendo proseguendo il cammino pur accidentato e faticoso della bimillenaria tradizione cattolica?
Fa quasi tenerezza, per contro, la sparata di una testata d'oltreoceano che godrebbe pure di un certo prestigio, il New York Times, ripresa con solerzia da Repubblica, che spaccia come scoop la scoperta della infedeltà di tal Salvatore Giovanni Riggitano, avo del pontefice, il quale ebbe una relazione illecita nonostante fosse coniugato con tal Susaznne Fontaine. Correva l'anno 1917 in quel di Chicago. E quindi? Questa condotta peccaminosa, riprovevole e illegale da parte di un antenato dell'attuale pontefice dovrebbe inficiare la verità sul matrimonio pensata da Dio stesso? Niente, è più forte di loro. Continuano a militare in un apparentemente inestinguibile Sessantotto per sovvertire qualsiasi autorità e riferimento morale e si comportano come delle laicissime beghine.

DOSSIER "PAPA LEONE XIV"
Il primo pontefice dagli USA

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Fonte: Sito di Nicola Porro, 11 maggio 2025

2 - AUTISMO, ORA E' EPIDEMIA (E SE LE CAUSE SE FOSSERO I VACCINI?)
Trump ha affidato al neo ministro Kennedy il compito di indagare (anche se la scienza, quella vera, è già orientata su alcuni componenti tossici nei vaccini pediatrici)
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13 maggio 2025

Negli scorsi giorni, il Presidente Trump, in una conferenza stampa dove era accompagnato dal ministro Robert Kennedy, ha affrontato uno dei più drammatici temi sanitari che preoccupano la sua amministrazione: l'aumento dei casi di autismo. Trump ha portato dei dati impressionanti: dieci anni fa negli Stati Uniti c'era un caso di autismo ogni 10.000 bambini, mentre ora ce n'è uno ogni 36. È ormai tempo di dire, come ha fatto poi Robert Kennedy, che siamo di fronte ad una vera e propria epidemia. Quando ci si trova di fronte ad eventi epidemici, il compito di un sistema sanitario è anzitutto quello di individuarne le cause. Trump non ha girato molto intorno al problema, e ha detto di aver incaricato Kennedy di «investigare su quali sono le sostanze introdotte nel corpo di questi bambini, che hanno determinato l'autismo».
Nel corso degli anni la Medicina ha assistito al crescere costante delle dimensioni di questo problema. Se Trump ha parlato di un caso ogni 36 bambini, l'OMS stessa ammette ufficiosamente che il numero dovrebbe essere di uno ogni 88 bambini a livello mondiale. In ogni caso si tratta di un problema grave che non può più essere ignorato.

UN AMPIO SPETTRO
A causa della gamma di sintomi che varia per livello da individuo a individuo, l'autismo è ora chiamato disturbo dello spettro autistico (o ASD, acronimo inglese di "Autism Spectrum Disorder"). Infatti il disturbo copre un ampio spettro di sintomi, livelli di abilità e disabilità, che possono influire o meno, nell'autonomia quotidiana e di vita. L'autismo varia in gravità in base al livello di compromissione che limita l'autonomia nella vita quotidiana. I bambini con disturbo dello spettro autistico hanno generalmente sintomi che si manifestano con difficoltà nella comunicazione e interazione sociale, difficoltà di comprensione del pensiero altrui e difficoltà ad esprimersi.
L'autismo è quattro volte più comune nei maschi che nelle ragazze. Non conosce confini razziali, etnici o sociali. Il reddito familiare, lo stile di vita o i livelli di istruzione non influiscono sulla possibilità di manifestare disturbi dello spettro autistico.
Per quanto riguarda le cause di questa complessa patologia invece, risultano ancora ad oggi sconosciute. Un vero scacco per la scienza. Le ipotesi che alcuni ricercatori formulano riguardano cause neurobiologiche, congenite o psicoambientali acquisite. Tuttavia da tempo si ipotizzano anche altre cause, in particolare forme di intossicazioni, ipotesi stranamente mai prese in considerazione dalla scienza ufficiale, ma nei confronti delle quali sembra muoversi l'indagine del ministero della sanità americano.
Ipotesi peraltro sostenute recentemente anche da una importante medico legale e forense, la dottoressa argentina Chinda Asumpción Brandolino, nota pro life e membro dell'associazione "Medici per la verità". Anche la dottoressa ha parlato di autismo in termini di epidemia, che è la vera emergenza sanitaria dell'Argentina insieme alle neoplasie pediatriche, anche queste in significativo aumento. «L'autismo sta già devastando intere generazioni - ha dichiarato -. Naturalmente abbiamo lottato, abbiamo studiato, indagato, fatto molte indagini specialistiche, e abbiamo molta bibliografia da tutto il mondo che evidenzia la neurotossicità di alcune sostanze». Tra queste, afferma il medico legale, ci sono mercurio e alluminio presenti nei vaccini pediatrici.

L'INTRODUZIONE DELL'OBBLIGATORIETÀ DEI VACCINI
La dottoressa Brandolino mette in correlazione l'aumento dei casi di autismo con l'introduzione dell'obbligatorietà dei vaccini in Argentina, voluta dal governo Macri nel 2018. La Brandolino ricorda che Macrì mise tutto il suo impegno in campo sanitario nel volere promuovere nel Paese sudamericano due cose: l'obbligo vaccinale e la pratica abortiva, per propagandare la quale venne anche chiamata Cristine Lagarde, all'epoca direttrice del Fondo monetario Internazionale, con il quale l'Argentina era fortemente indebitata.
Per quanto riguarda i vaccini, la Brandolino lancia un allarme rispetto ad alcuni prodotti in commercio in Argentina acquistati dall'Organizzazione Panamericana della Salute, in particolare un vaccino con una quantità di alluminio e di mercurio che supera largamente la dose massima prevista dalla FDA americana.
Questi allarmi devono essere presi seriamente in considerazione. Per troppo tempo nei confronti dell'ipotesi vaccinale nell'eziologia dell'autismo è stato imposto un aprioristico negazionismo. Occorre invece che le ricerche e gli studi riguardanti gli effetti di sostanze neurotossiche proseguano in modo sempre più approfondito, sia per poter eventualmente individuare cure efficaci, ma anche per evitare che altri piccoli e i loro familiari debbano patire per il dramma dell'autismo.

DOSSIER "VACCINI OBBLIGATORI"
Se è lo Stato a decidere il bene dei tuoi figli...

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13 maggio 2025

3 - GUERRA DEL VIETNAM: NEL 50° ANNIVERSARIO SFATIAMO 4 FALSI MITI
Gli americani non hanno invaso il Vietnam e quella dei Vietcong non fu una guerra di popolo, ma contro il popolo (in nome del comunismo che ha sempre imposto il regno del terrore)
Autore: Stefano Magni - Fonte: Atlantico Quotidiano, 30 aprile 2025

Chi controlla il passato controlla il presente, chi controlla il presente controlla il futuro. Così scriveva George Orwell nel suo famigerato romanzo di fanta-politica "1984". E a giudicare da come viene raccontata la guerra del Vietnam, i marxisti controllano il passato.
Un'opera di riscrittura della storia ha avuto pienamente successo ed oggi, 30 aprile, giorno del 50esimo anniversario della caduta di Saigon, noi "sappiamo", o almeno crediamo di sapere, nozioni come: "gli americani hanno invaso il Vietnam", "i vietnamiti si sono liberati con una guerra di popolo", "gli americani hanno combattuto una sporca guerra" e "l'esercito americano ha perso contro gli insorti vietnamiti".
Prima di tutto, gli americani non hanno mai invaso il Vietnam. Dopo la cacciata dei francesi, nel 1954, il Vietnam, esattamente come la Corea, venne diviso in due. Una zona Nord, comunista, una zona Sud nazionalista. Il 17mo parallelo divenne un "confine", o meglio una linea di demarcazione temporanea, protetta da una fascia demilitarizzata (Dmz).

L'EPURAZIONE
Il Nord era dominato dai comunisti di Ho Chi Minh, il Sud dai nazionalisti di Cao Bai, a cui ben presto subentrò il dittatore Ngo Dinh Diem. In teoria si sarebbero dovute tenere elezioni comuni per riunificare il Paese sotto un unico governo democraticamente eletto, ma il Sud rifiutò. Al Nord, infatti, i comunisti avevano fatto subito piazza pulita, non solo dei partiti non comunisti, ma anche dei comunisti non sufficientemente allineati, dei contadini "ricchi", dei contadini "medi", dei collaboratori o di chiunque fosse stato accusato di collaborazione dei francesi e dei loro parenti.
Una mattanza, in perfetto stile staliniano che, dal 1954 al 1959, costò al popolo nordvietnamita centinaia di migliaia di morti, soprattutto durante la campagna di collettivizzazione forzata delle terre. Un milione di nordvietnamiti approfittò del breve periodo concordato di apertura della Dmz per scappare al Sud. Al Nord invece non ci volle andare nessuno, se non circa diecimila guerriglieri comunisti (Viet Cong) che rischiavano l'arresto. In quelle condizioni era chiaro che non si potessero tenere libere elezioni comuni nel Nord e nel Sud.

RIUNIFICAZIONE CON LA FORZA
Finché il Vietnam del Nord non decise di riunificare il Paese con la forza. La guerra americana iniziò nel 1964 con la Risoluzione del Tonkino, ma la guerra in Vietnam incominciò più di cinque anni prima, precisamente nel gennaio 1959, quando il XV Congresso del Comitato Centrale del partito comunista nordvietnamita decise di "porre fine" al regime del Sud.
Non con un'invasione convenzionale, come aveva fatto la Corea del Nord, ma con una lenta e costante infiltrazione di soldati regolari e di guerriglieri nel Sud. La guerra incominciò con una serie di attentati terroristici, soprattutto ai danni di giudici, ufficiali di polizia, capi villaggio, leader partitici e sindacali anticomunisti.
Poi si passò alla guerriglia vera e propria, con la conquista dei villaggi e delle zone rurali. Per trasferire in sicurezza uomini, armi ed equipaggiamenti, il Vietnam del Nord violò la neutralità di Laos e Cambogia, costituendo nei loro territori basi ("santuari" dove non potevano essere attaccati dai sudvietnamiti) e pezzi della "pista di Ho Chi Minh", una serie di strade mimetizzate nella giungla.
Il generale Vo Nguyen Giap, che aveva battuto i francesi nella guerra di indipendenza, pian pianino erose anche tutto il Vietnam del Sud. Giunti al 1964, 41 province su 44 erano nelle mani dei comunisti, al regime del Sud rimaneva soltanto la capitale Saigon e poco altro.
Gli americani, in tutto questo periodo, avevano limitato il loro intervento all'invio di armi e consiglieri militari. L'azione politica più eclatante l'aveva condotta il presidente Kennedy, ma a Saigon: appoggiando il golpe contro Diem, un regime change per instaurare la democrazia nel Sud.

L'INTERVENTO USA
L'amministrazione Johnson, in un anno elettorale, intervenne direttamente dopo che il Sud era quasi del tutto nelle mani dei comunisti. Intervenne all'ultimo minuto per salvare un alleato dal precipizio. Le navi americane, che assistevano il Sud, erano sottoposte a uno stillicidio di agguati da parte dei nordvietnamiti.
Uno di questi attacchi, il lancio di un siluro contro un caccia nel Golfo del Tonkino (un evento su cui sussistono tuttora dubbi), diede a Johnson la possibilità di portare la questione vietnamita in Congresso e ottenere l'autorizzazione per un intervento diretto. Ma non chiamatala "invasione": quando gli americani arrivarono a Saigon con le loro prime truppe, il Sud era già invaso dal Nord da cinque anni.

GUERRA CONTRO IL POPOLO
Il mito della guerra di popolo contro gli americani è un altro prodotto della costante riscrittura della storia. I comunisti, ovunque prendessero il controllo, imponevano il loro regno del terrore. Gli attentati proseguirono e iniziarono i massacri. I metodi erano quelli staliniani dello sterminio per quota: in ogni regione occupata, in ogni città, in ogni villaggio, i nordvietnamiti stabilivano una percentuale di popolazione da uccidere e la uccidevano.
I Servizi di Sicurezza dei Vietcong stilavano liste nere che poi venivano regolarmente trovate nelle tasche dei soldati e degli ufficiali nordvietnamiti. Quando, nel 1968, i comunisti occuparono Hue, scatenarono uno dei più grandi massacri della guerra. Gli americani, quando riconquistarono la città, trovarono 19 fosse comuni piene di corpi: uccisi con un colpo di pistola, decapitati, torturati fino alla morte, o sepolti vivi.
Nelle liste nere dei Viet Cong e dei nordvietnamiti entrava un po' di tutto: chi era nella polizia e nell'esercito del Sud, i loro parenti (un ottantenne fu sepolto vivo a Hue perché il nipote era nell'esercito), chiunque venisse accusato di aver collaborato con gli americani, gli attivisti non comunisti, i cattolici, i buddisti, i comunisti trotzkisti, i comunisti "recalcitranti".
Oppure chiunque dovesse essere ucciso per fare numero, per rispettare le quote stabilite dal partito, sulla base di calcoli basati sulla lotta di classe (tot percentuale di borghesi, tot di contadini ricchi, ecc...). I nordvietnamiti non rispettarono neppure i campi profughi, né le colonne di profughi in fuga: anzi, li attaccavano deliberatamente per infondere terrore, per non fare sentire nessuno al sicuro. Minavano le strade e i campi, per impedire il movimento dei civili e dei militari.
Non si facevano problemi a farsi scudo dei civili, quando dovevano presidiare un villaggio. Quella dei comunisti nordvietnamiti non fu una guerra "di popolo", ma contro il popolo. Lo dimostra la grande fuga dei sudvietnamiti, anche dopo la guerra: il popolo che fuggì via mare, con mezzi disperati, quello dei "boat people" in cerca di salvezza dall'inferno rosso che si era instaurato anche a Saigon.

UNA SPORCA GUERRA
Eppure quella del Vietnam passa per essere la "sporca guerra" degli americani. Sì, gli americani commisero crimini di guerra: bombardarono a tappeto, uccisero prigionieri e compirono anche massacri deliberati di civili come nel celebre caso del villaggio di My Lai. C'è però una differenza fondamentale fra i crimini americani e nordvietnamiti, quantitativa e qualitativa.
Quantitativa, prima di tutto: il grosso dei crimini commessi dagli Alleati fu ad opera dei sudvietnamiti (che combattevano con una logica da guerra civile) e da altri contingenti, soprattutto i sudcoreani. I crimini americani, in sé, provocarono un numero relativamente ridotto di vittime, stimato fra le 6 e le 10 mila (nella letteratura anti-Usa si legge spesso di un "genocidio" americano in Vietnam, con oltre un milione di vittime civili, ma è solo propaganda, perché un milione è il numero complessivo di vittime di tutta la guerra, da tutte le parti).
I crimini nordvietnamiti provocarono un numero di vittime incommensurabilmente superiore: 216 mila vittime di cui 50 mila nelle purghe interne al Vietnam del Nord e 166 mila civili assassinati nel Sud (venne ucciso un sudvietnamita su cento, in rapporto alla popolazione totale), secondo i calcoli di Rummel.
Fu anche una differenza qualitativa notevole. Gli americani colpirono civili durante le operazioni militari, soprattutto nei bombardamenti aerei... ma anche perché i nordvietnamiti combattevano deliberatamente in mezzo ai civili.
I massacri di civili nei villaggi occupati o le uccisioni dei prigionieri, benché si tentasse di insabbiarle, erano comunque punite dalla legge americana. Chi commetteva quei crimini era consapevole di essere fuori legge. Al contrario, i crimini nordvietnamiti erano pianificati e ordinati dai vertici ed eseguiti dalle truppe. Le liste nere dei civili da assassinare erano parte degli ordini militari assegnati alle singole unità in guerra.

SCONFITTA USA?
Infine, c'è da chiedersi: davvero gli americani persero la guerra? Ogni singola battaglia venne vinta dalle forze americane e alleate. L'Offensiva del Tet, di inizio 1968, fu la più grande vittoria americana: in una sola campagna vennero inferti ai nordvietnamiti colpi senza precedenti: circa 45 mila morti, al prezzo di 1.500 caduti americani e quasi 3 mila sudvietnamiti.
Eppure, passa alla storia come "punto di svolta" dopo il quale il presidente Johnson si arrese e decise di iniziare il disimpegno, poi proseguito e portato a termine dal successore repubblicano Richard Nixon. Il Vietnam fu la prima guerra vinta dai militari, ma persa dai politici.
Politici che non ci avevano mai creduto. Come dimostrano chiaramente i Pentagon Papers, scoperti dal Washington Post nel 1971, l'amministrazione Johnson (a partire dal segretario alla Difesa Robert McNamara) non credeva nella vittoria ed era divisa sugli stessi scopi della guerra.
Dopo il 1968 non ci fu più il consenso necessario a proseguirla. Il mondo dei media e dell'accademia riuscì a far prevalere la tesi che l'intervento militare fosse una guerra di aggressione americana, o una guerra di liberazione del popolo vietnamita a colonialismo già finito. Non c'è modo, ancora oggi, di cambiare quella percezione. Il 30 aprile 1975 è sempre una data di "liberazione", "nato un figlio!" esclamava il giornalista Tiziano Terzani, anche ad anni di distanza, riferendosi alla vittoria nordvietnamita che, a suo dire, aveva dato origine a un Paese "finalmente libero".

Fonte: Atlantico Quotidiano, 30 aprile 2025

4 - BAMBINI SCHIAVI DELLO SCHERMO, GENITORI COMPLICI
Ansia, depressione, isolamento, suicidi: l'inferno è entrato nella cameretta con la connessione Wi-Fi
Autore: Fabio Piemonte - Fonte: Provita & Famiglia, 5 maggio 2025

L'iperdigitalizzazione dei minori è sempre più fuori controllo. Gli ultimi dati che arrivano dagli USA sono infatti tutt'altro che rassicuranti: già all'età di 2 anni la maggior parte dei bambini trascorre circa cinque ore al giorno davanti a uno schermo; stesse ore anch pr i bambini da 5 a 8 anni. E ancora - secondo un sondaggio condotto nell'autunno 2024 dal Pew Research Center su adolescenti tra 13 e 17 anni -, la maggior parte dei ragazzi possiede uno smartphone e utilizza i social; di questi circa il 50% afferma di essere online costantemente.

LE CONSEGUENZE SUGLI ADOLESCENTI
Riguardo alle cinque piattaforme social più diffuse - YouTube, TikTok, Instagram, Snapchat e Facebook - un terzo degli adolescenti ne usa almeno una quasi costantemente. L'85% degli stessi afferma di giocare ai videogiochi e circa 4 su 10 lo fanno ogni giorno. Il gioco in rete isola i più giovani, li scherma dalla realtà e ne compromette pesantemente la costruzione di legami stretti anche con i propri stessi familiari, rendendoli maggiormente vulnerabili rispetto ad ansia e depressione. Questo spiega anche il tragico incremento dei tassi di suicidio anche tra minori di appena 11 anni, come rilevato da The Washington Stand. Tra l'altro il gioco in rete ha un altro effetto particolarmente deleterio su bambini e adolescenti, come rilevato da diversi esperti, nella misura in cui li desensibilizza gradualmente a scene di sangue, violenza e pornografia, per cui talvolta costoro possono giungere anche a mettere tragicamente in pratica ciò che sperimentano online.  Di qui «come genitori, dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che le menti dei nostri figli non siano contaminate da spazzatura, violenza e sangue. Parte di questo lavoro include fare tutto il possibile per far chiudere l'industria pornografica e quei siti web che mirano a sfruttare i bambini. Infatti, una volta che la mente dei bambini è stata esposta a certe immagini, è impossibile riparare il danno. Dovremmo lavorare tutti insieme per fermare questo male prima che inizi», ha denunciato Mary Szoch, direttrice del Centro per la Dignità Umana del Family Research Council (FRC), evidenziando anzitutto la necessità da parte di mamma e papà di vigilare sui comportamenti online dei loro figli.

IL CASO LIMITE: TERRORISTA A 12 ANNI PER COLPA DEI SOCIAL
Vigilanza e prudenza non sono mai sufficienti, tanto più se ci si illude che gli adolescenti siano al sicuro nel segreto della loro stanza. Recentemente l'Associated Press ha infatti raccontato il caso limite di un ragazzo francese di 12 anni radicalizzato online e diventato un islamista estremista, condannato per due capi d'accusa legati al terrorismo. Sua madre pensava stesse semplicemente giocando ai videogiochi e facendo i compiti, mentre - invece- egli stava imparando a uccidere, guardando video di decapitazioni e torture così orribili da far distogliere lo sguardo persino ai funzionari giudiziari francesi esperti che l'hanno scovato. Tutto è cominciato da ricerche in rete sull'Islam e terrorismo; poi «algoritmi automatizzati, che guidano le esperienze online degli utenti e la curiosità del ragazzo, lo hanno condotto a chat criptate e propaganda ultraviolenta diffusa dai militanti dello Stato Islamico e da altri gruppi estremisti che si stanno insinuando nelle menti dei più giovani tramite app, videogiochi e social media», osserva Tony Parkins, presidente del FRC. E non si tratta purtroppo neanche di un caso tanto sporadico se si considera che solo in Francia nel 2022 i pubblici ministeri avevano incriminato solo due minori con accuse preliminari legate al terrorismo; nel 2023 ne hanno incriminati 15 e nel 2024 ben 19.
Insomma dal momento che «il medium è il messaggio» - come insegna il celebre sociologo canadese Marshall McLuhan - e che i social non sono solo banali strumenti di socializzazione, è fondamentale che genitori, docenti ed educatori non si limitino ad attuare strategie di controllo e di 'uso consapevole', ma al contrario testimonino col proprio buon esempio prima che con le parole l'importanza di ricercare e vivere relazioni autentiche con gli altri e l'esigenza vitale di guardarsi negli occhi, giocare e anche litigare concretamente, ossia 'corpo a corpo' e non a colpi di tasti, cominciando a partire da sé a distogliere lo sguardo dallo smartphone.

DOSSIER "CELLULARE? NO, GRAZIE!"
L'illusione di essere connessi

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Fonte: Provita & Famiglia, 5 maggio 2025

5 - LA COMUNIONE SULLA MANO E' IL PEGGIOR RITO POSSIBILE (E NON E' MAI STATO FATTO COSI')
Ricevere l'Eucaristia come un biscotto è un insulto al Corpo del Signore travestito da ritorno alle origini (i Padri invocavano riverenza)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 maggio 2025

Forse sorprenderà molti sapere che la forma attuale di distribuzione dell'Eucaristia sulla mano non ha precedenti nella bimillenaria tradizione liturgica della Chiesa. E che invece alcuni dettagli e raccomandazioni che emergono dalle testimonianze più antiche risultano essere maggiormente in sintonia con la prassi universale della Comunione sulla lingua, più che con quella sulla mano.
Non si vuole negare che le testimonianze antiche, particolarmente quelle fino al IV secolo, indichino che la modalità di distribuzione dell'Eucaristia passava dalle mani dei fedeli, ma è singolare che questi testi si concentrino soprattutto sull'attenzione a non disperdere frammenti e sulla riverenza dovuta all'Eucaristia quando ci si comunica. Si pensi alla pressante premura con cui Tertulliano esorta alla massima cautela nel fare la Comunione: «Noi siamo angosciati che nulla, né del calice né del pane, cada a terra» (La corona del soldato, III).
Non è secondario precisare che la modalità approssimativamente descritta dagli autori delle Chiese d'Africa, come appunto Tertulliano, ma anche san Cipriano di Cartagine, in realtà non sembra essere rappresentativa di un vero e proprio rito, dal momento che ci troviamo in un contesto di persecuzione, durante il quale facilmente si sarebbero autorizzate concessioni straordinarie per permettere ai fedeli di portare nelle proprie dimore la Santa Eucaristia e potersi così comunicare.

NESSUN FRAMMENTO CADA A TERRA
Ad ogni modo, alla preoccupazione di Tertulliano fa eco quella di Origene: «Voi, che avete la consuetudine di assistere ai sacri misteri, quando ricevete il Corpo del Signore, prestate attenzione ad osservare con ogni cura e venerazione possibile che nessun frammento cada a terra e che nulla del dono consacrato vada perduto» (Omelie sull'Esodo, XIII). San Girolamo (cf. Commento ai Salmi, Salmo 147, 14) sembra parafrasare Origene. Anche la testimonianza di san Cirillo di Gerusalemme, la più citata a favore della Comunione sulla mano, è un lungo richiamo alla riverenza, all'attenzione «a non perdere nulla di esso [corpo santo]», perché «se tu ne perdi, è come se tu fossi amputato di un tuo membro» (Catechesi mistagogiche, V, 21); il rito prevedeva anche la santificazione degli occhi, fissando lo sguardo sul Pane santo, e, dettaglio di grande importanza, la mano sinistra doveva fare da trono alla destra, dove veniva poggiata la Santa Comunione.
Perché è così rilevante la precisazione? Sappiamo che la prassi odierna è quella di porre la mano destra sotto la sinistra, in modo da poter poi prendere con le dita della destra l'Ostia consacrata e portarla alla bocca. Ma l'indicazione di san Cirillo, a cui i riformatori dicono di essersi ispirati, è esattamente l'opposto. Nella modalità riferita da san Cirillo, la destra non doveva essere lasciata libera per afferrare l'Eucaristia, perché il fedele si abbassava verso le mani, facendo così un profondo inchino, e assumeva il Pane eucaristico direttamente dal palmo della mano destra, come conferma anche Teodoro di Mopsuestia (cf. Omelie catechetiche, XVI, 27). Per questo, più che di Comunione sulle mani, si dovrebbe parlare di Comunione sul palmo della mano. La prassi nuova, invece, è pensata per lasciare libera la mano destra (essendo la maggioranza delle persone destrimane), le cui dita afferrano la Particola per portarla alla bocca.
Dev'essere altresì ricordato che, per buona parte del primo millennio cristiano, sia nella Chiesa latina che in quelle d'Oriente il pane utilizzato per l'Eucaristia era un pane lievitato. Sarà a partire dal IX secolo che, nelle chiese di Gallia, subentrerà l'uso della particola sottile, decisamente più sicura quanto alla possibile perdita di briciole e più adatta alla sua deposizione direttamente sulla lingua del fedele.

PURIFICARE LE MANI
Josef A. Jungmann, analizzando le fonti antiche, ha altresì messo in luce che i fedeli, prima della preghiera liturgica, dovevano purificare le proprie mani, mediante un rito di abluzione, e concorda sull'insistente richiamo alla cura nell'assumere la santa Eucaristia da parte del fedele. È attestato anche, in alcune chiese delle Gallie, l'uso di un panno di lino, sembra soprattutto per la Comunione delle donne, di modo che l'Eucaristia non venisse a diretto contatto con le mani.
Un'attenta lettura di queste testimonianze dimostra, dunque, che la preoccupazione principale dei Padri non era minimamente quella di difendere ad oltranza la Comunione sul palmo, ma di richiamare con ogni cura a che si evitassero il più possibile le quasi inevitabili problematiche che si verificavano ricevendo il Pane eucaristico in quella modalità già diffusa in molte chiese, sebbene con dettagli diversi. I Padri avevano ben presente che briciole o frammenti di Pane consacrato potevano andare perduti e richiamavano perciò i fedeli sulla gravità di una tale eventualità. Ancora, avvertivano come pressante dovere l'esortare i fedeli ad atteggiamenti non solo di rispetto, ma anche di adorazione verso il Corpo sacramentale del Signore.
Sotto questo punto di vista, non c'è dubbio che l'uso successivo di porre l'Ostia santa direttamente sulla lingua del fedele sia stato il naturale e adeguato sviluppo per corrispondere alle preoccupazioni dei Padri. Al contrario, la proposta di introdurre la Comunione sulla mano, privata di tutti gli altri dettagli che caratterizzavano la Comunione sul palmo, costituisce non solo una brusca e non necessaria rottura di questa maturazione, ma anche l'introduzione di una modalità che ripresenta i rischi dell'uso antico, privato altresì di quegli elementi che servivano a favorire l'adorazione e il rispetto della santa Eucaristia e a ridurre il più possibile la perdita di frammenti. Insomma, il peggior rito possibile.

Nota di BastaBugie: Luisella Scrosati nell'articolo seguente dal titolo "La Comunione sulla mano e la visione distorta della Tradizione" spiega che La Chiesa, specie in ambito liturgico, ha avuto modo di mettere in guardia da due visioni distorte della Tradizione, entrambe componenti del "progressismo": l'archeologismo e la smania di cambiare.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 maggio 2025:

Si è visto come l'attuale modalità di ricezione della Comunione sulla mano - particola posata sulla mano sinistra, sorretta dalla destra, e utilizzo delle dita della mano destra per portare la particola alla bocca - non trovi precedenti nella storia della Chiesa. A segnare una novità è anche l'assenza di un gesto, ossia l'inchino reverenziale, che diveniva obbligatorio per il fatto che il fedele doveva chinarsi per assumere l'Eucaristia direttamente dal palmo della mano. Ancora più evidente è la preoccupazione dei Padri della Chiesa affinché nessuna briciola del Pane eucaristico andasse perduta, apprensione che non sembra costituire una priorità per molti dei nostri pastori.
Tre elementi che permettono di capire la logica patologica sottesa a molte delle riforme liturgiche post-conciliari (tra cui quella della Comunione sulla mano): una comprensione puramente materiale della Tradizione. L'affermazione potrà sorprendere, perché una certa vulgata vorrebbe che siano proprio i non meglio specificati "tradizionalisti", più di recente battezzati anche come "indietristi", ad avere una concezione fissista e stantia della Tradizione. In realtà, le cose non sono così semplici.
La Chiesa ha avuto modo di mettere in guardia da due visioni distorte della Tradizione, particolarmente in ambito liturgico. La prima è il cosiddetto archeologismo, che Pio XII, nell'enciclica Mediator Dei, definiva «eccessivo ed insano». Gli usi liturgici dei primi secoli della Chiesa sono senza dubbio da venerare, così come è di grande importanza conoscere quei riti, apprezzarli, immergersi in essi per ritrovarne ogni volta lo spirito; d'altra parte, però, il criterio dell'antichità non è di per sé garanzia di trovarsi davanti al meglio. Bisogna infatti considerare che lo Spirito Santo non ha limitato la sua azione ai soli primi secoli della Chiesa. Scriveva Pio XII: «Come, difatti, nessun cattolico di senso può rifiutare le formulazioni della dottrina cristiana composte e decretate con grande vantaggio in epoca più recente dalla Chiesa, ispirata e retta dallo Spirito Santo, per ritornare alle antiche formule dei primi Concili, o può ripudiare le leggi vigenti per ritornare alle prescrizioni delle antiche fonti del Diritto Canonico, così, quando si tratta della sacra Liturgia, non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per le mutate circostanze». Come si può vedere, il rifiuto dell'approccio archeologista si estende ai diversi domini della vita della Chiesa e non solo alla liturgia. Non si può pretendere di tagliare un albero con lo scopo di farlo ritornare alle dimensioni di quando era un piccolo arbusto.
La seconda insidia viene dalla smania di innovare, cambiare, modificare. Pio XII stigmatizzava «il temerario ardimento di coloro che di proposito introducono nuove consuetudini liturgiche o fanno rivivere riti già caduti in disuso e che non concordano con le leggi e le rubriche vigenti». Questo testo è particolarmente prezioso, perché descrive come espressione della stessa smania sia l'introduzione di nuove consuetudini sia il ripristino di riti antichi non più in uso. L'archeologismo rivela così di essere una componente del "progressismo", una sua necessaria copertura.
Quanto ciò sia vero, lo possiamo vedere con grande chiarezza proprio nell'attuale rito della Comunione sulla mano. Nei suoi sostenitori, si ritrova un'evidente deviazione archeologista, che va ad ispirarsi ad un rito caduto in disuso da oltre un millennio, unita all'introduzione di novità che non hanno alcun precedente. Questa operazione rivela il senso di quella logica deviata di cui parlavamo all'inizio: l'antichità viene strumentalizzata in funzione di una posizione del tutto nuova, rivelando così una concezione meramente materiale della Tradizione, le cui componenti possono essere liberamente utilizzate per costruire un nuovo edificio.
L'introduzione, prima come abuso e poi come indulto, della nuova versione della Comunione sulla mano si rivela così come il tradimento della Chiesa antica. L'affermazione è forte e richiede una spiegazione. La mera similitudine di due riti che prevedono che il ministro ponga l'Eucaristia sul palmo della mano non deve fuorviare; sotto questo punto di vista, sembrerebbe che la prassi antica, quasi inevitabile, dal momento che il pane utilizzato non era azzimo e non aveva la forma delle nostre particole, sia più vicina alla Comunione sulla mano "nostrana". Ma il fatto che, in realtà, fosse accolta non senza preoccupazioni, come si è visto, per la frequente dispersione di frammenti, è stata invece obliata. E persino contraddetta. Per due ragioni: primo, perché la nuova modalità prevede che l'Ostia consacrata venga toccata per due volte dal fedele e da entrambe le mani, favorendo non solo una maggiore dispersione di frammenti, rispetto alla prassi antica, ma persino la possibilità di trattenere l'Eucaristia, per poi profanarla; secondo, perché questa modalità, introdotta tramite un indulto, risulta peggiorativa rispetto al modo universale in uso nella Chiesa latina da circa 1500 anni. Il che vuol dire, senza troppi giri di parole, che mentre i Padri cercavano di limitare la possibile dispersione di frammenti rispetto ad un rito in uso, i promotori della nuova versione hanno fatto esattamente il contrario, introducendo un cambiamento rispetto ad un rito - quello della Comunione sulla lingua - che praticamente, in perfetta sintonia con il desiderio dei Padri, aveva azzerato questo rischio: un cambiamento - quello appunto della Comunione sulla mano - che non solo pone nuovamente i problemi dei primi secoli, ma che vi ha apportato modifiche peggiorative.
La forma antica, come vedremo, verrà abbandonata in favore di un nuovo rito più conveniente - e mai messo in discussione per quindici secoli -, perché più conforme alle esigenze della realtà sacramentale. La Comunione sulla lingua è dunque esempio cristallino di una vera comprensione della Tradizione e di quelle riforme che da questa comprensione scaturiscono, non per ideologie che si fanno strada tramite abusi, poi in qualche modo "condonati", ma per un naturale sviluppo che nasce da una maggiore consapevolezza teologica e da una più adeguata traduzione disciplinare. Per questo possiamo tranquillamente affermare che la Comunione sulla lingua risulta essere l'autentico sviluppo delle forme rituali antiche, mentre quella attuale costituisce una brusca virata peggiorativa, che tradisce sia la modalità antica che quella universale e secolare della Comunione sulla lingua.

DOSSIER "COMUNIONE SULLA LINGUA"
Come ricevere l'Eucarestia

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 maggio 2025

6 - LETTERE ALLA REDAZIONE: GUARITA DA CRISTO, NON DAGLI PSICOLOGI
Una ragazza racconta la sua rinascita dopo anni di disturbi mentali e accusa: ''la psicoterapia senza Dio è una trappola''
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: BastaBugie, 21 maggio 2025

Gentile redazione di BastaBugie,
apprezzo il vostro sito e vorrei condividere le cose che ho raccontato a un uditorio lontano da Dio e quindi ignorante dell'abc della salvezza. Ero a un corso universitario per docenti di sostegno, in un contesto in cui si parlava del trattamento del disturbo mentale solo in termini di scienze umane ed è per questo motivo che ho declinato le mie parole verso i fondamentali dell'annuncio cristiano. Il motivo che mi ha spinto a parlare di me è che sono proprio queste le occasioni che mi confermano l'utilità (oserei dire, "il privilegio") di avere una storia di sofferenza... cioè quando può essere a vantaggio dell'edificazione del Regno di Dio nei fratelli. Ecco dunque la mia storia.
Ho conosciuto l'abisso del disturbo mentale. Il disturbo ossessivo-compulsivo è un pozzo senza fondo che quanto più ti fa credere che ti stai tirando su tanto più ti tira giù. Per dieci anni la mia testa ha vissuto come in un film horror o uno stato anarchico, in cui a dettar legge erano: verso me stessa, l'autosabotaggio; verso gli altri, il senso di colpa; verso la realtà, una dispercezione senza quartiere. Per dieci anni sono entrata e uscita dalla psicoterapia, assunto farmaci, passato depressioni più o meno latenti in cui più tentavo di risolvere i miei pensieri più mi ci avvitavo dentro. "E se avessi ragione io e voi torto?" era questa la domanda che facevo sempre ai dottori ma non trovavo mai una certezza: questo mondo è diventato il regno del relativismo, in cui niente è sbagliato o tutto è giusto... Insomma, non c'era modo in cui io potessi provare la pace di una cosa semplice quanto dirimente: avere fiducia, conoscere la verità delle cose.
Mentre succedeva tutto questo, negli ultimi anni di questa storia, io ricominciavo ad entrare in una chiesa e inginocchiarmi davanti al crocifisso: io, da convinta comunista che ero dicevo robe del tipo: "se ci sei, boh, io ti prego...". Proprio così. Poi ricominciai ad andare a Messa la domenica. Cercavo disperatamente qualcuno di cui non potessi mettere in dubbio la parola, qualcuno decisamente fuori di me, più in alto di me. Fu allora, dalle tenebre della malattia, che è nato il mio desiderio di Dio. Perché vedete, è proprio come un incontro dove ci sono due persone che si vengono incontro e cominciano a conoscersi, ma qui è di più, perché l'incontro è tra una figlia ritrovata e suo padre, Dio Padre. Tra una sorella e suo fratello, Gesù Cristo. Durante la mia ultima depressione, la più profonda, avevo perso tutto e pensavo che sarebbe stato persino meglio farla finita: lì sentii che l'unica mia speranza era Dio, mi ci aggrappai con tutta me stessa. E sapete, a differenza di noi esseri umani, Lui non delude mai le speranze perché ha dato la sua vita per ognuno di noi. Così, il Signore mi ha salvato: Gesù mi ha, per così dire, "risorto". A novembre 2022 ho deciso di lasciare la psicoterapia e abbandonare i farmaci per sempre, spinta dalla risoluzione che dentro di me da allora in poi avrebbe parlato una sola persona: Gesù Cristo. Col tempo sono guarita per opera dell'adesione della mia volontà a Lui e il lavoro della sua vita divina in me: ho stabilito un rapporto sano con me stessa, con gli altri e con la realtà, perché vivo da figlia di Dio, ed è Lui la Verità. Anzi, più esattamente: la Via, la Verità e la Vita.
Ogni società che vuole fare a meno di Dio, ogni discorso che si fonda su principi solo umani, è fallimentare dall'inizio alla fine. Sperare di curare l'uomo con strumenti unicamente psicologici non solo è una strategia irrisoria, ma ingannevole. Questo perché l'uomo non è solo un animale razionale, come diceva Aristotele, ma è anche creato a immagine e somiglianza di Dio, come ci ricorda la Genesi. Ogni giorno ci vengono propinati slogan come "credi in te stesso", "ce la fai grazie alle tue capacità", ma sono tutte illusioni. Crediamo di vivere in un mondo più moderno, inclusivo e invece quando ci guardiamo attorno, cosa vediamo? Ansia, depressione, nevrosi, paure, disordini, perversioni, guerre. Una grande bugia! Tutti questi disagi, che chiamiamo le "malattie del secolo", hanno radici ben più profonde. E queste radici si trovano in tutto ciò che comporta la lontananza dell'uomo da Dio. Infatti se l'uomo non segue il sentiero della vera vita indicata da Dio, cioè la vita eterna che è lo stare in comunione con la Trinità, semplicemente muore. Io non sarei guarita senza la Parola di Dio, senza ricevere dentro di me il grande dono dell'Eucaristia che è la persona stessa di Gesù, senza lasciarmi lavare l'anima dai peccati nella Confessione, senza confermare in me la presenza dello Spirito Santo ricevuto nella Cresima. Soprattutto questo non sarebbe successo se non avessi deciso di fidarmi di Dio anche senza capire all'inizio, come un bimbo fa con i genitori perché sono i genitori e questo gli basta. Chi conosce il cuore dell'uomo se non colui che l'ha creato e può ricrearlo. Quel Gesù che ha assunto su di sé ogni dolore, ogni vizio nelle piaghe sulla croce, per redimerlo? È questa la buona notizia di ogni tempo.
Ecco qualche esempio di come, facendomi curare da Gesù, facendo entrare il suo modo di pensare praticamente e metodicamente nella mia psiche e nel mio essere, cioè vivendo e ragionando secondo Dio, riportando tutto a Lui, alcuni meccanismi si sono trasformati in una risorsa per me e il prossimo. L'allarmismo si è trasformato nella cura dell'altro, la cervelloticità nel discernimento, le paure nella pace di Cristo, il ritualismo fondato sull'insicurezza nel fondare la certezza in Dio mia roccia, il senso di colpa e il rimuginìo nella libertà di poter scrivere una storia sempre nuova da figlia del Risorto.
State certi che tutto l'uomo, corpo, mente, spirito e anima, può salvarsi solo trasformandosi nell'uomo nuovo che si è incarnato in Gesù Cristo. Alle scienze umane il grande compito di essere umile strumento del vero Medico. Così, il reale "progetto di vita" di ogni uomo è corrispondere all'immenso amore con cui Dio lo ha amato dall'eternità, ognuno nell'unicità della propria vocazione. Quale amore più grande di questo?
Elena Palazzi

RISPOSTA DEL SACERDOTE

Cara Elena,
grazie per la tua lunga e intensa testimonianza. L'ho letta con profonda gratitudine e commozione.
Nel tuo racconto vibra qualcosa che oggi, purtroppo, si sente sempre meno: una fede viva, vissuta nel concreto, provata nel dolore,
Hai ragione quando dici che la cultura contemporanea tenta di curare l'uomo partendo solo dall'uomo stesso. È una strategia cieca: non si può guarire davvero senza verità, e non esiste verità senza Dio. Le "malattie del secolo" non sono solo psicologiche o sociali, ma sono essenzialmente spirituali. Nascono da una frattura profonda: la separazione dell'uomo dal suo Creatore. Non è un caso se nel Medioevo non si ha notizia di un solo suicidio. Nemmeno uno. Eppure è la storia di mille anni, mentre oggi i suicidi sono una delle principali cause di morte tra i giovani.
La tua esperienza lo conferma: nessuna terapia può dare pace se manca il perdono dei peccati, nessun farmaco può guarire l'anima senza la Grazia di Dio. Questo, ovviamente, non è un disprezzo delle cure umane, che possono essere strumenti utili, ma la verità va detta: senza Cristo, ogni cura resta monca.
Tu non solo hai trovato la forza di alzarti dal fondo dell'abisso, ma hai lasciato che fosse Cristo stesso a farti "risorgere". E oggi testimoni, con parole forti e vere, che solo tornando a Dio l'uomo può tornare a essere se stesso.
Grazie per aver avuto il coraggio di parlare della tua storia anche in un contesto accademico, probabilmente ostile. È in questi luoghi che serve la voce dei figli di Dio, non per giudicare, ma per testimoniare.
La tua lettera è già apostolato. È già annuncio. Ed è anche profezia, perché grida quello che il mondo non vuole più sentire: che c'è salvezza, e si chiama Gesù Cristo.
Continua così. Non smettere mai di parlare, di scrivere, di portare la tua esperienza. Perché la verità che hai incontrato, e che ti ha guarita, è quella che può liberare tanti.

Fonte: BastaBugie, 21 maggio 2025

7 - OMELIA VI DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 14,23-29)
Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: BastaBugie, 21 maggio 2025

Il Vangelo di questa sesta domenica di Pasqua ci invita a entrare in un dialogo intimo con Gesù, che ci parla di amore, fedeltà, presenza divina e pace. È un discorso denso, che tocca il cuore e interpella la nostra vita quotidiana. Visto che siamo immersi in un mondo frenetico e spesso confuso, queste parole ci offrono una bussola per orientarci verso ciò che davvero conta.

L'AMORE SI FA OBBEDIENZA
"Se uno mi ama, osserverà la mia parola". Gesù inizia con un'affermazione chiara: amare Lui significa osservare la sua parola. Non si tratta di un amore romantico o astratto, ma di un amore concreto, che si traduce in scelte, azioni e fedeltà. Osservare la parola di Gesù significa vivere secondo i suoi insegnamenti, anche quando è scomodo o controcorrente. Questo può significare scegliere l'onestà in un contesto lavorativo competitivo, perdonare un amico che ti ha ferito o dedicare tempo alla preghiera in una giornata piena di impegni. Quando vivi così, Gesù promette che il Padre ti amerà e che loro "prenderanno dimora" in te. È un'immagine potente: Dio non è lontano, ma vuole abitare nel tuo cuore, essere parte della tua vita.
Pensiamo a San Francesco d'Assisi. Nato in una famiglia benestante, avrebbe potuto vivere una vita comoda e spensierata. Invece, ha scelto di ascoltare la parola di Gesù, spogliandosi di tutto per seguire il Vangelo alla lettera. La sua obbedienza era gioiosa, perché scaturiva dall'amore per Cristo. La sua vita mostra che osservare la parola di Gesù non toglie libertà, ma, al contrario, la rende piena.
Nella tua vita quotidiana, quali sono le "parole" di Gesù che trovi più difficili da mettere in pratica? Perché? C'è una situazione in cui senti di dover fare una scelta coraggiosa per essere fedele a ciò che Gesù ti chiede? Come puoi affrontarla?

LO SPIRITO SANTO, GUIDA E MEMORIA
"Il Paràclito vi insegnerà ogni cosa". Gesù sa che non possiamo farcela da soli. Per questo promette il dono dello Spirito Santo, il Paràclito, che significa "colui che sta accanto". Lo Spirito non è un concetto astratto: è la presenza viva di Dio che ti illumina, ti consola e ti ricorda le parole di Gesù nei momenti di smarrimento. Se ti trovi a dover prendere decisioni importanti nella tua vita lo Spirito Santo è lì per guidarti, se gli dai spazio attraverso la preghiera e l'ascolto. È come un navigatore interiore che ti aiuta a ritrovare la strada quando sei confuso.
Santa Teresa di Lisieux, la "piccola Teresa", visse una vita apparentemente semplice, ma profondamente guidata dallo Spirito. Nella sua autobiografia, racconta come lo Spirito le insegnava a fare piccoli atti d'amore con grande cuore, anche nelle difficoltà del convento. La sua "piccola via" è un esempio di come lo Spirito può ispirare anche le vite più ordinarie a diventare straordinarie.
Quando hai sentito, magari in un momento di preghiera o riflessione, una "luce" o un'intuizione che ti ha aiutato a capire meglio la tua strada? Come puoi coltivare l'ascolto dello Spirito nella tua vita quotidiana? Ci sono momenti in cui ti senti smarrito o confuso? Come puoi affidarti allo Spirito Santo per ritrovare chiarezza?

LA PACE DI CRISTO E' DIVERSA DA QUELLA DEL MONDO
"Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi". In un mondo che associa la pace all'assenza di problemi o al successo materiale, Gesù offre una pace diversa, profonda, che non dipende dalle circostanze esterne. È la pace che ci viene donata nella confessione quando ci vengono rimessi i peccati. Per questo la pace la puoi sperimentare solo sapendo che sei amato da Dio, anche nei fallimenti o nelle tempeste della vita. Questa pace può essere un'ancora in momenti di ansia, come l'incertezza del futuro, le insicurezze personali o i conflitti relazionali. Gesù ci invita a non lasciare che il nostro cuore sia turbato, ma a fidarci di Lui. Questa pace è un dono, ma richiede di accoglierlo, di scegliere di non lasciarsi sopraffare dal peccato e dalla paura.
San Giovanni Paolo II da giovane visse in un contesto di guerra e oppressione prima sotto il regime nazista e poi quello comunista. Nonostante le difficoltà, trovò pace nel suo rapporto con Cristo, dedicando tempo alla preghiera e al teatro clandestino per mantenere viva la speranza. La sua serenità, anche di fronte alle minacce, era radicata nella fiducia in Dio e questa pace lo accompagnò fino a quando fu eletto Papa. Nella omelia per l'inizio del pontificato disse: "Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi - vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia - permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna".
Quali sono le "tempeste" che turbano il tuo cuore in questo momento? Come puoi accogliere la pace di Cristo in queste situazioni? In che modo la pace di Gesù è diversa da quella che cerchi nel successo, nelle distrazioni o nelle approvazioni degli altri? Come puoi coltivarla?

LA GIOIA DELLA FEDE
"Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre". Gesù invita i discepoli a rallegrarsi della sua partenza verso il Padre, perché è parte del piano di salvezza. Questo può sembrare paradossale: come rallegrarsi di un distacco? Eppure, Gesù ci insegna che la fede è gioia, anche quando non capiamo tutto. Questa gioia può essere difficile da vivere in un mondo che spesso premia il cinismo o l'indifferenza. Rallegrarsi significa scegliere di vedere la presenza di Dio anche nelle incertezze, di credere che Lui sta lavorando nella tua vita, anche quando non lo vedi chiaramente.
Il Beato Carlo Acutis, un giovane vissuto nel nostro tempo, aveva una fede contagiosa. Nonostante la leucemia fulminante che lo colpì a soli quindici anni, Carlo non perse la gioia. Offrì le sue sofferenze per il Papa e la Chiesa, vivendo con un sorriso che nasceva dalla sua amicizia con Gesù e dall'accogliere il dono dell'Eucaristia che diceva essere "l'autostrada per il paradiso". La sua vita ci ricorda che la gioia cristiana non è superficiale, ma radicata in un amore più grande.
Quando hai sperimentato una gioia profonda, magari in un momento di preghiera, servizio o condivisione? Come puoi ritrovarla oggi? Cosa ti impedisce di rallegrarti pienamente della presenza di Gesù nella tua vita? Come puoi fare un piccolo passo per fidarti di più del suo piano per te?
Gesù ti invita a vivere un cristianesimo vivo, pratico e personale. Ti chiama ad amarlo con le tue scelte, ad affidarti allo Spirito Santo, a pentirti dei tuoi peccati e accogliere la sua pace per trovare la vera gioia. Hai davanti a te un mondo pieno di opportunità, ma anche di sfide. Lascia che le parole di Gesù risuonino nel tuo cuore: non sei solo, Dio vuole abitare in te e guidarti.
Prenditi un momento per pregare con queste parole: "Signore Gesù, grazie per il tuo amore che non si stanca di cercarmi. Donami il coraggio di osservare la tua parola, la fiducia di affidarmi al tuo Spirito, l'umiltà di pentirmi dei miei peccati, la pace che supera ogni paura e la gioia di sapere che sei con me. Fa' che la mia vita, a imitazione di quella dei santi, sia un riflesso del tuo amore. Amen."

Fonte: BastaBugie, 21 maggio 2025

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