LA STUPENDA MOGLIE DI CHARLIE KIRK
Erika, 38 anni, battezzata cattolica, ha detto: ''Passerò la vita profondamente innamorata e devota a quest'uomo che, ancora e ancora, mi indica Cristo'' (VIDEO: Il discorso di Erika Kirk alla cerimonia di commiato)
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Sito del Timone
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IL LIMBO E I BAMBINI MORTI SENZA BATTESIMO
I bambini morti senza battesimo vanno al limbo, dove non godono Dio, ma nemmeno soffrono perché, avendo il peccato originale, non meritano il paradiso, ma neppure l'inferno e il purgatorio (Catechismo di s. Pio X)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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RIVOLUZIONE SESSUALE, IL VIRUS CHE HA INFETTATO L'OCCIDENTE
L'Ungheria di Orbán prova a guarire, Bruxelles preferisce la malattia e grida al fascismo
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Provita & Famiglia
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COSA DICE LA CHIESA SULLE VISIONI DI MARIA VALTORTA
Il Dicastero per la Dottrina della fede dichiara che non sono soprannaturali, eppure le sue 15.000 pagine sulla vita di Gesù restano straordinarie
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone
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AVVENIRE SI ALLINEA AL CORO DEI NEGATORI DELLA SINDONE
Lo storico Antonio Musarra parla di oggetto creato a scopo di devozione, ma senza citare le decine di prove scientifiche a favore dell'autenticità
Autore: Emanuela Marinelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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DALLA CINA UN ROBOT-UTERO ARTIFICIALE PER 14.000 DOLLARI
Da dono di Dio a merce da catalogo: ecco la nuova frontiera della follia tecnologica
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Provita & Famiglia
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OMELIA XXVI DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 16,19-31)
Ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
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LA STUPENDA MOGLIE DI CHARLIE KIRK
Erika, 38 anni, battezzata cattolica, ha detto: ''Passerò la vita profondamente innamorata e devota a quest'uomo che, ancora e ancora, mi indica Cristo'' (VIDEO: Il discorso di Erika Kirk alla cerimonia di commiato)
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Sito del Timone, 17 settembre 2025
Fosse stata progressista, femminista e magari anche bruttarella o almeno spettinata, la sua foto sarebbe sulle copertine patinate, con titoli agiografici: "La forza silenziosa di una donna tutta d'un pezzo", "La first lady del dolore e della rinascita", "Un esempio per tutte". Qualcuno l'avrebbe già paragonata a Evita Perón. Ma Erika Frantzve, 38 anni il prossimo novembre, non ha sposato Juan Domingo Perón bensì Charlie Kirk. Che oltre ad essere pro life e conservatore, era pure cristiano e per giunta un sostenitore di Donald Trump. Non poteva andarle peggio. Il trattamento che i media nostrani le hanno riservato è stato quindi la conseguenza diretta di queste insanabili colpe. Nelle prime ore successive al delitto, diverse testate, per calcare la mano sul marito etichettato come razzista, omofobo e suprematista, hanno sottolineato che per giunta "aveva sposato una Miss", come per dire che uno così non poteva far altro che una scelta estetica e quindi del tutto superficiale. Il Corriere è il primo a dedicarle un trafiletto venerdì titolato: «E la vedova dell'attivista sventola un rosario dall'auto». In realtà la donna non sventolava nulla, è stata ritratta in una fotografia in cui, con gli occhi nascosti dagli lenti scure, mostra un rosario in mano per dire al mondo a cosa si aggrappa nel dolore più atroce. Ma quello "sventolare" era un - nemmeno tanto velato - riferimento a Salvini come a dire "guardate, sono fatti della stessa pasta".
IL PATRIARCATOH L'articolo va anche oltre: «Manicure perfetta, vestiti neri: dal sedile posteriore di un Suv, ieri Erika Lane Frantvze, ha sventolato un rosario come a dire di pregare per il marito Charlie Kirk». Immaginate se quella nota sulla manicure perfetta fosse stata scritta per qualunque altra donna, le vestali del neofemminismo nostrano starebbero ancora gridando al sessismo, al maschilismo e all'oppressione del patriarcatoh. Erika viene anche privata del cognome con cui si presenta, quello del marito, e en passant, si fa notare che viaggia a bordo di un Suv, mica di un'utilitaria come tutti i comuni mortali. Non solo. Poche righe dopo si legge che è «Madre di due figli, di uno e tre anni» e si specifica che «li tiene a casa», ma dove dovrebbe tenerli? Venderli ai trafficanti di organi? Erika paga diverse colpe. Intanto è bianca, conservatrice, ed è cattolica. E' una moglie devota e una madre presente. Non rivendica autodeterminazione, emancipazione, diritti e ha sposato l'uomo più detestato dalla stampa mainstream. E poi è bella, molto bella, troppo bella. E quindi è stata descritta prima come la bambola silenziosa, moglie trofeo da compiangere con sufficienza; poi come la fanatica religiosa, pronta a brandire il rosario per vendicare il marito, poi stratega occulta, rea di voler capitalizzare politicamente sul lutto. Per altro è pure amica della famiglia dell'impresentabile vicepresidente Vance. Insomma le ha davvero tutte. In pochi si sono anche sprecati a tradurre come si deve il toccante discorso che ha fatto sabato notte e hanno titolato "L'urlo di battaglia della vedova di Kirk", "Il grido di battaglia della vedova di Kirk", come fosse una virago pronta a partire per una crociata, quando in realtà bastava ascoltare il discorso per intero capire che quel cry non era grido, ma pianto, e la traduzione corretta: «Il pianto di questa vedova riecheggerà per il mondo come un grido di battaglia». Un messaggio ben diverso, che dice che saranno le lacrime a generare una reazione. E infatti questo è quello che sta accadendo anche col sangue versato dal marito.
COME POSSO ESSERE UN MARITO MIGLIORE? In pochi hanno ripreso altri passaggi del suo discorso, come quello in cui ha detto: «Mio marito ogni giorno mi chiedeva: "Come posso servirti meglio? Come posso essere un marito migliore? Come posso essere un padre migliore?"» Troppo scomodo. Addirittura la narrazione di un marito che serve la moglie! Un marito che chiede come poter servire meglio la moglie, come essere un buon padre, e dire che dovrebbe essere l'antidoto perfetto a quel "patriarcatoh" che ci circonda. E invece. Erika Kirk è un'imprenditrice, ha un podcast di successo e un'organizzazione di beneficienza. Cresciuta in Arizona da una famiglia cattolica, ha studiato scienze politiche e relazioni internazionali, ha giocato a basket, a pallavolo, ed è stata Miss Arizona. Si è sposata nel 2021 e quello è stato il suo turning point, da quel momento suo marito e i suoi figli sono diventati la cosa più importante. Del suo matrimonio scriveva: «L'amore, quando è ordinato secondo Dio, non è soltanto affetto, ma un'offerta, una chiamata, un'alleanza. Non amo mio marito con un sentimento superficiale o passeggero. Lo amo con la gravità di un voto. Con il fuoco costante di un cuore che sa che è stato Dio a sceglierlo per me e me per lui. E in quella scelta, Egli mi ha dato un uomo che fa piegare la mia anima in ginocchio per la gratitudine. Questo amore non è un possesso, né un'ossessione, è una missione sacra. Rispettarlo, servirlo, custodirlo, e gioire dell'uomo che Dio ha scelto perché camminasse al mio fianco. Non lo idolatro. Non lo adoro. Ma lo ammiro con tutto ciò che ho. E proprio in questo, adoro Colui che lo ha creato. Il nostro non è un amore fondato solo sull'emozione, ma sulla resistenza, la fiducia e la forza silenziosa di un'alleanza. Questo tipo di amore non chiede poesia. Chiede fedeltà. E per grazia di Dio, passerò la mia vita profondamente innamorata e devota a quest'uomo che, ancora e ancora, mi indica Cristo». Una provocazione vivente. Che irrita il mondo ma conquista quelli che non sono del mondo.
Nota di BastaBugie: Alejando Bermudez nell'articolo seguente dal titolo "L'eredità di Charlie Kirk: dire la verità senza paura" racconta chi era davvero il giovane leader conservatore ucciso, le sue battaglie e il suo stile, perché lo odiano e cosa ci lascia. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 15 settembre 2025: Durante il mio recente soggiorno in Italia sono rimasto indignato, ma non sorpreso, dal modo in cui i media tradizionali italiani e, più in generale, europei hanno riportato la notizia dell'omicidio di Charlie Kirk. È stato ridotto a un "attivista di estrema destra", un "negazionista del cambiamento climatico" e un "antivaccinista". Non è stato detto nulla della sua meritata ascesa a polemista più popolare d'America, né del fatto che fosse un cristiano sinceramente devoto, marito e padre. Il sottinteso di questa copertura mediatica, sia negli Stati Uniti che all'estero, era chiaro: Kirk, a soli 31 anni, in qualche modo meritava di morire o era almeno in parte "colpevole" del proprio omicidio. IL VERO CHARLIE KIRK La storia di Charlie Kirk è stata straordinaria. Aveva lasciato l'università a 18 anni per dedicarsi all'attivismo politico, stanco del dominio assoluto dell'ideologia di sinistra nel mondo accademico. Ha fondato Turning Point USA, un'organizzazione che ha trasformato l'attivismo nei campus universitari. Il suo metodo era semplice: allestiva un modesto tavolo nel campus con un cartello che spesso recitava: "Io dico che... [e inseriva l'argomento] Dimostratemi che mi sbaglio". Questo format attirava sia ammiratori che sfidanti di sinistra che, però, raramente riuscivano a sconfiggerlo nel dibattito. Col tempo, il pubblico è aumentato, così come la necessità di misure di sicurezza, dato che è stato aggredito fisicamente in diverse occasioni. Il giorno in cui è stato ucciso all'Utah Valley University, stava parlando a una folla enorme, circondato da sei guardie del corpo. Erano pronti a gestire contestatori che lanciavano oggetti o si precipitavano sul palco, ma non a un cecchino con un fucile a lunga gittata che sparava da 100 metri di distanza. La popolarità di Kirk crebbe rapidamente. Le emittenti televisive, comprese quelle di sinistra, lo cercavano come la voce più giovane del conservatorismo. La sua presenza online è cresciuta fino a raggiungere quasi 5 milioni di follower sul suo canale Charlie Kirk e 1,5 miliardi di visualizzazioni. Nel 2021 ha sposato Erika Frantzve, ex Miss Arizona, cristiana devota e voce conservatrice a sua volta, e insieme hanno avuto due figli. I SUOI ARGOMENTI E LE SUE CONVINZIONI Kirk era molto scettico riguardo al cambiamento climatico e metteva in dubbio l'efficacia dei vaccini contro il COVID-19, una posizione che negli Stati Uniti attraversava tutto lo spettro politico. Tuttavia, questi temi non erano i suoi principali interessi. Ciò che lo caratterizzava erano quattro convinzioni fondamentali che difendeva con implacabile eloquenza: L'ideologia di genere, in particolare il transgenderismo, era, a suo avviso, non solo assurda e intellettualmente indifendibile come concetto, ma anche assolutamente distruttiva per la società e per gli individui. Il femminismo, che secondo lui danneggiava le donne invece di aiutarle, promuovendo l'aborto e quella che lui chiamava "anarchia sessuale". Sottolineava anche che le donne conservatrici sposate erano le più felici in assoluto, citando a memoria una serie di sondaggi. Il libero mercato era, a suo avviso, di gran lunga superiore al socialismo nel creare uguaglianza e prosperità. La fede. Era convinto e spiegava con uno stile apologetico vivace che Cristo è Dio, che è veramente risorto e che i suoi insegnamenti sono il fondamento essenziale della cultura occidentale. IL SUO STILE Kirk era brillante, acuto dal punto di vista retorico e volutamente umoristico o ironico. Era performativo nel senso migliore del termine, creando narrazioni brevi e di grande impatto, perfette per i post sui social media e per attirare la ricercata attenzione del pubblico della Generazione Z. Persino il presidente Trump lo ha riconosciuto come la forza trainante della massiccia svolta della Generazione Z verso il Partito Repubblicano nelle elezioni del 2024. Tuttavia, era anche rispettoso. Esponeva le contraddizioni senza ricorrere ad attacchi personali. Quando difendeva la sua fede, parlava spesso con gentilezza e persino con emozione. Era particolarmente gentile con le persone vulnerabili. Prisha Mosley, una giovane donna che ha vissuto credendo di essere un maschio e che in seguito ha vissuto la de-transizione, ha ricordato su X: "Charlie Kirk è stato gentile con me. È stato gentile quando abbiamo parlato. È stato gentile con chi, come me, ha cambiato sesso. Si è preso cura di me, una ragazza che ha rifiutato il proprio sesso e si è rivolta ai macellai per essere salvata. Ha difeso me e quelli come me". In un altro post su X, Rob Smith, un afroamericano apertamente gay che è stato seguito da Kirk, ha scritto: "Quella sera... Charlie e io siamo stati perseguitati dal pubblico, che mi ha lanciato odio perché sono gay e ha odiato Charlie perché mi ha dato una piattaforma. La folla è diventata indisciplinata e rumorosa e, dopo, ci siamo seduti in una sala d'attesa aspettando la scorta e l'auto. Ero sconvolto. Non avevo mai vissuto nulla di simile prima d'allora. Charlie mi guardò dritto negli occhi e mi disse: "Dio ti ama, tu fai parte di questo movimento e noi ti sosteniamo". Charlie e TPUSA lo hanno sempre fatto, anche se io ero troppo immaturo e inesperto per rendermi conto di quanto mi sostenessero e mi proteggessero in mille modi diversi. Questo era Charlie Kirk. Non permetterò che la sua umanità venga ridotta a frasi ad effetto diffuse da persone che non lo hanno mai conosciuto e che vogliono usare le sue convinzioni bibliche come scusa per dipingerlo come una caricatura odiosa ed estremista». Nel 2024, in un'intervista, è stato chiesto a Charlie Kirk come avrebbe voluto essere ricordato se fosse morto e lui ha risposto: «Se morissi? Vorrei essere ricordato per il coraggio della mia fede. Sarebbe la cosa più importante. La cosa più importante è la mia fede nella mia vita». Per più di un anno, prima della sua morte, Charlie ha preso seriamente in considerazione la possibilità di convertirsi al cattolicesimo. Era sempre più impressionato dal corpus dottrinale cattolico e ricordava la sua vicinanza a padre Don Kline, parroco della chiesa cattolica di St. Bernadette a Scottsdale, in Arizona, e il fatto che sua moglie fosse stata battezzata cattolica. Erika ha frequentato la Notre Dame Preparatory High School di Scottsdale. Padre John Burns, sacerdote dell'arcidiocesi di Milwaukee e noto oratore, ha recentemente affermato: «Charlie Kirk si è avvicinato a Maria alla fine della sua breve vita; l'ha definita una soluzione al "femminismo tossico in America"». PERCHÉ ERA ODIATO? La retorica che ha seguito il suo omicidio è stata vile e disumanizzante. I democratici al Congresso hanno rifiutato di osservare un minuto di silenzio in suo onore. Lo stesso è accaduto al Parlamento europeo. Il parlamentare conservatore polacco Dominik Tarczynski ha affermato: «La sinistra, che si definisce democratica, ha naturalmente rifiutato. Sono gli stessi ovunque... Anche di fronte alla morte, sono incapaci di mostrare compassione umana». Su MSNBC, una rete televisiva progressista americana, l'analista politico Matthew Dowd ha affermato che Kirk aveva "incitato all'odio", aggiungendo: «È stata una delle figure più divisive tra i giovani, incitando costantemente all'odio contro determinati gruppi. E io continuo a ripetere che i pensieri d'odio portano a parole d'odio, che poi portano a azioni d'odio». In altre parole, secondo Dowd, Kirk era la causa del proprio omicidio. Sebbene sia stato licenziato dall'emittente, il ragionamento di Dowd ha trovato eco in tutti i media progressisti. Ancora più importante, Tyler Robinson, il presunto assassino, secondo la sua stessa famiglia era diventato «più politico» di recente e pensava che Kirk stesse «diffondendo odio». E sui social media, gli influencer di sinistra hanno persino diffuso "liste" di leader conservatori che «dovrebbero essere i prossimi». Al contrario, Kelsey Reinhardt, presidente di CatholicVote, in una newsletter inviata ai membri della sua organizzazione, ha descritto la causa della sua uccisione in questo modo: «Charlie Kirk è stato preso di mira per un motivo: diceva la verità senza paura. Difendeva la fede, la famiglia e la libertà con una chiarezza e un coraggio rari nella nostra epoca. La sua morte è un duro promemoria del fatto che l'odio, se lasciato incontrollato, degenera in violenza». Questo non è stato solo un attacco a un uomo, ma un attacco ai principi del libero dialogo, dell'ordine civile e della dignità umana». «Come cattolici - ha continuato Reinhardt - affermiamo con incrollabile convinzione che ogni vita umana è sacra. Rispondere alle parole con i proiettili è la via della tirannia, non della libertà. La verità deve essere affrontata con la ragione, la persuasione e il dibattito, non messa a tacere con lo spargimento di sangue». UN MOMENTO DI SVOLTA L'omicidio di Kirk ha rivelato quanto l'odio della sinistra per le sue idee sia diventato viscerale e irrazionale, e come le argomentazioni di buon senso siano state ribattezzate "incitamento all'odio". Tuttavia, ha anche scatenato un'ondata di unità e determinazione nel movimento conservatore americano. I leader e i sostenitori della base si sono schierati a favore dello stile di impegno senza paura di Kirk, mentre alcuni moderati di sinistra hanno preso le distanze dagli estremisti del proprio campo. In un servizio del venerdì mattina sul seguito dell'omicidio di Kirk, un gruppo di giornalisti dell'agenzia di stampa Reuters, solitamente poco comprensivi, ha ammesso che «i video espliciti che hanno invaso i social media sulla sparatoria a Charlie Kirk hanno reso la morte dell'attivista un momento indelebile, costringendo i giovani americani a confrontarsi con l'uccisione pubblica di un leader politico di spicco non molto più vecchio di loro». Reinhardt ha colto nuovamente il momento: «Chiedo a tutti i leader, indipendentemente dal partito o dalle convinzioni politiche, di condannare inequivocabilmente questo omicidio. Rimanere in silenzio di fronte a un tale male significa esserne complici. Spero che questa tragedia risvegli l'America all'urgente necessità di recuperare il rispetto per la vita, la civiltà nel dibattito e il coraggio di cercare la verità». «Preghiamo - ha concluso Reinhardt - per il riposo dell'anima di Charlie, per la forza di sua moglie e delle sue figlie e per la guarigione di una nazione ora segnata dalla sua perdita. Possa Dio accoglierlo nella sua luce eterna e il sacrificio della sua vita possa ispirare tutti noi a difendere con più fermezza ciò che è giusto, senza paura».
VIDEO: LA MOGLIE DI CHARLIE KIRK (30 minuti) AUDIO ITALIANO: per ascoltare il video doppiato in italiano (voce sintetica), vai a "impostazioni" e clicca su "traccia audio". Non è il discorso della moglie fatto all'indomani dell'omicidio e di cui si parla nell'articolo, ma quello pronunciato alla cerimonia di commiato del 21 settembre. Per vedere tutti i video di Charlie Kirk, clicca qui!
https://www.youtube.com/watch?v=RSgKtoE4ZbI
Fonte: Sito del Timone, 17 settembre 2025
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IL LIMBO E I BAMBINI MORTI SENZA BATTESIMO
I bambini morti senza battesimo vanno al limbo, dove non godono Dio, ma nemmeno soffrono perché, avendo il peccato originale, non meritano il paradiso, ma neppure l'inferno e il purgatorio (Catechismo di s. Pio X)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 6 luglio 2025
Premetto che si tratta di una questione dibattuta: non abbiamo su questo tema un insegnamento definitivo della Chiesa, sebbene si debba notare che la dottrina sul Limbo dei bambini - adesso vedremo che cos'è e come si è sviluppata - sia stata ritenuta da alcuni teologi dottrina comune e abbia trovato spazio anche all'interno di un catechismo molto conosciuto e molto importante, come il Catechismo di San Pio X. Il primo pronunciamento magisteriale importante, di peso, su questa questione risale al 385. Si tratta di una lettera di papa Siricio al vescovo Imerio. In questa lettera, tra le altre cose, il Papa esorta a battezzare i bambini quanto prima «perché non accada che uscendo da questo mondo qualcuno perda sia il Regno che la vita». È evidente che si riferisce all'uscire da questo mondo senza battesimo. Questa espressione manifesta una verità profonda e cioè che il battesimo è necessario alla salvezza. Ne riparleremo quando vedremo i sacramenti, ma intanto ricordiamo che questa verità si fonda sulle parole stesse del Signore: «Chi non rinasce dall'acqua e dallo spirito non può entrare nel regno dei cieli» (cfr. Gv 3, 5). La Chiesa, sempre sulla base delle Scritture e non per propria fantasia, ha ampliato la questione mostrando che oltre al battesimo sacramentale, cioè con l'acqua, esistono altre due forme: il battesimo di sangue, che si riceve con il martirio, confessando Cristo, e il battesimo di desiderio. Il desiderio può essere esplicito, manifesto, come nel caso dei catecumeni, nel caso dovessero morire prima di ricevere il battesimo, o implicito, occulto, dunque conosciuto solo da Dio che scruta i cuori, vedendovi il desiderio della redenzione di Cristo. Risale al 417 un altro insegnamento importante, stavolta di Innocenzo I: «Che agli infanti possa essere donato il premio della vita eterna anche senza la grazia del battesimo è grande stoltezza». Quindi, in un tempo piuttosto ravvicinato, due pontefici ci dicono in sostanza che: 1) i bambini che escono da questo mondo senza essere battezzati perdono il Regno (Siricio); 2) è stolto pensare che ai bambini possa essere data la vita eterna senza la grazia del battesimo (Innocenzo I).
UNA QUESTIONE DIBATTUTA L'anno successivo, nel 418, un concilio regionale ma importante, ai tempi di sant'Agostino, ovvero il concilio di Cartagine - che era una grande e importante regione ecclesiastica - proprio sulla base di questa asserzione di Innocenzo I, il quale era ben cosciente di questa questione dibattuta all'interno delle Chiese africane, condannava l'esistenza di un luogo «dove vivono come beati i bambini che morirono senza battesimo, senza il quale non possono entrare nel regno dei cieli». Quindi è anatema chi ritiene che esista un luogo dove i bambini morti senza battesimo possano vivere come beati, dunque godendo della visione beatifica. Ora, questa non è una lectio magistralis sul tema; si potrebbero riportare molte più citazioni, ma ci bastano queste tre, tra le più antiche, per capire una cosa importante: questi e altri testi magisteriali mostrano con grande chiarezza e anche con costanza che non si può affermare in linea generale che i bambini che muoiono senza battesimo siano salvati, nel senso che possano godere della beatitudine eterna. Il minimo che si possa dire, secondo questo insegnamento che affonda le sue radici nei primi secoli della storia della Chiesa e viene ribadito con una certa costanza, è che non è possibile affermare che in generale morire con o senza battesimo sia la stessa cosa perché in entrambi i casi i bambini possono godere della visione beatifica. Cosa c'è dietro a questa idea? Di nuovo, è l'idea fondamentale nella presente economia salvifica, che Dio stesso ha stabilito, che la Chiesa non ha altri mezzi, diversi dal battesimo, per dare la vita eterna ai bambini prima dell'uso di ragione. Perché, se riflettete, l'altra forma di battesimo, quella di desiderio, è un'ipotesi, una possibilità accessibile a chi è in grado di esprimere un desiderio, quindi è dotato di un sufficiente grado di ragione. Non perché i bambini non siano dotati di ragione, ma perché la loro razionalità si deve sviluppare secondo un normale iter di natura. Possiamo dire che fino a una certa età hanno la razionalità in potenza, la possibilità di scegliere in potenza, ma non ancora in atto, non ancora effettiva.
LA RIFLESSIONE DEI PADRI E DELLA SCOLASTICA Per queste ragioni, la riflessione dei Padri prima e della Scolastica poi va in una direzione ben precisa, cioè si sposta verso un'altra questione: posto che i bambini morti senza battesimo non possono essere salvati, che ne è della loro sorte eterna? Ed è qui che abbiamo un ampio cambiamento: mentre sulla questione della salvezza c'è una costanza, per cui mai abbiamo trovato un insegnamento magisteriale che dicesse che i bambini morti senza battesimo si salvano a prescindere, sulla loro sorte eterna - cioè sulla risposta alla domanda "che ne è di loro?" - abbiamo avuto una variazione, uno sviluppo. Riassumo questo sviluppo secondo questa linea di direzione: 1) in un primo tempo, alcuni Padri, tra cui sant'Agostino, hanno parlato di "pena mitissima", cioè ci sarebbe una pena, ma molto mitigata dal fatto che questi bambini non hanno evidentemente delle colpe personali, ma hanno ereditato come tutti gli uomini il peccato originale, che gli è rimasto perché non hanno ricevuto il sacramento del battesimo; 2) poi, il transito a uno stato di beatitudine di natura, che possiamo ritenere come lo stadio più maturo. Ora, quello che è chiarissimo in questo sviluppo è che si esclude il fatto che questi bambini possano essere dannati, cioè che questi bambini possano soffrire quelle pene che i dannati soffrono, in quanto evidentemente non hanno colpe personali. Dunque, sarebbe ingiusto ipotizzare una pena, anche mite, di questo tipo. E tuttavia rimane la pena legata alla colpa originale, che accomuna tutta la stirpe umana. E qual è questa pena? Ne abbiamo già parlato nelle due precedenti catechesi, in quanto era ciò che caratterizzava la situazione del Limbo dei patriarchi, cioè il fatto di non poter accedere alla gloria eterna, non poter entrare nella beatitudine eterna, perché con il peccato originale i cieli si sono chiusi; e non si sono semplicemente riaperti con la redenzione di Cristo, perché la redenzione di Cristo, nell'attuale economia salvifica, giunge attraverso il battesimo. Un interessante pronunciamento di Pio VI, la bolla Auctorem fidei del 1794, ha difeso esplicitamente la dottrina del Limbo, cioè una condizione in cui «abbiamo la pena del danno senza la pena del fuoco». La pena del danno è la privazione della beatitudine eterna dovuta al peccato originale; la pena del fuoco è la pena dovuta ai peccati personali, che viene espiata nel Purgatorio per le anime che si salvano; nell'Inferno, invece, per le anime che hanno rifiutato la salvezza di Cristo. Ora, il punto forte di questa posizione del Limbo sta nel fatto che non c'è altro mezzo, all'infuori del battesimo, per comunicare la vita soprannaturale al bambino che non ha ancora l'uso di ragione. E questo è ribadito dallo stesso papa Pio VI: «Senza il battesimo non vi è altro mezzo per comunicare questa vita al bambino che non ha ancora l'uso di ragione». Dall'altra parte, però, essi non pagano, non possono pagare per colpe che non hanno compiuto. Dunque, diciamo che nella sua formulazione più matura il Limbo è ciò che armonizza queste due verità importanti.
UNA NUOVA RIFLESSIONE TEOLOGICA Tuttavia, questa posizione non nasconde alcuni punti deboli, alcune vulnerabilità, di fronte alle quali anche papa Benedetto XVI aveva chiesto in qualche modo una nuova riflessione teologica sul tema. Dopo questa apertura, c'è stata nel 2007 la pubblicazione di un documento da parte della Commissione Teologica Internazionale, che ha riesaminato un po' la questione e ha riaperto il tema. Sui giornali è uscito un po' di tutto, tipo che il Papa aveva abolito il Limbo, ma la realtà è un po' diversa. Questo documento affronta due domande importanti, che - come dicevo - sono un po' il vulnus della prospettiva del Limbo, che costituisce una condizione di privazione della pena, di ogni pena dei sensi, di ogni pena che è caratteristica dell'Inferno o dello stesso Purgatorio, ma nel quale rimane presente la pena dovuta al peccato originale. Dunque, la visione teologica più matura riteneva questa condizione come una condizione di beatitudine naturale, non soprannaturale: è difficile descrivere questa cosa, ma questo era il punto d'arrivo. Il primo dei suddetti punti deboli era la conciliazione di questa dottrina del Limbo con la volontà salvifica universale di Dio. Perché? Si è detto che Dio vuole salvare tutti: dalla Scrittura è evidente questa volontà, che Dio vuole salvare tutti gli uomini. Ora, che molti uomini di fatto non si salvino per colpa propria non lede questa volontà salvifica, perché rimane la parte dell'uomo, la sua resistenza a questa volontà. Ma dall'altra parte ci troviamo con dei bambini che di per sé non pongono un ostacolo a questa salvezza. E dunque come si concilia la volontà salvifica di Dio con la condizione di non beatitudine eterna di questi bambini? La seconda questione ammessa parte dal fatto che c'è la volontà salvifica universale di Dio e, dall'altra parte, abbiamo la necessità del battesimo; tuttavia si è fatto giustamente notare che noi uomini siamo legati ai mezzi di salvezza, ma non Dio: Dio può salvare le anime anche senza i mezzi che Egli stesso ha istituito nella Chiesa, essenzialmente i mezzi sacramentali. Dio, evidentemente, non può salvare una persona che non vuole essere salvata, ma può salvare una persona che non ha potuto ricevere i sacramenti, non che li ha rifiutati scientemente o comunque non che ha rifiutato la salvezza.
TUTTI I BAMBINI MORTI SENZA BATTESIMO DI FATTO SI SALVANO? Ora, queste sono obiezioni importanti, di peso. Tuttavia, dobbiamo subito prendere le distanze da alcune posizioni che si sono manifestate dopo questa apertura del 2007. Secondo alcuni autori, infatti, tutti i bambini morti senza battesimo di fatto si salvano. Ora, riguardo al perché si salvino, alcuni autori presentano ragioni diverse; alcune di queste posizioni sono francamente inaccettabili, come quella per esempio che vorrebbe una presunta risposta cosciente del bambino nel grembo materno, dove in qualche modo riceverebbe una luce particolare di coscienza, di consapevolezza e quindi diventerebbe capace di rispondere alla grazia e perciò di porre una sorta di battesimo di desiderio. Ora, non voglio dire che siamo alla fantascienza, ma quasi: c'è un ordine delle cose e non si può affermare ciò che dall'osservazione non risulta, se non c'è una prova evidente; certamente Dio può fare tutto, può fare volare gli asini, però gli asini continuano a non volare; quindi non si possono fare ipotesi su quello che Dio "potrebbe", anche perché un'ipotesi di questo tipo introdurrebbe un'altra questione: se questi bambini dovessero avere questo momento di coscienza, nessuno ci dice che in questa coscienza risponderebbero affermativamente a Dio perché, se c'è la libertà, allora c'è anche la libertà di rifiutare. E dunque, ipotizzare questa strada non porterebbe comunque a poter sostenere una salvezza universale dei bambini morti senza battesimo. Un'altra moda che si sta un po' diffondendo è quella di pregare per questi bambini. Anche questa a mio avviso ha delle criticità importanti: perché? Perché, se sono salvi, non serve pregare. Per chi si prega? Noi preghiamo per i vivi, e per i morti che sono in Purgatorio. Ora, sappiamo che questi bambini non sono in Purgatorio evidentemente, perché non hanno colpe personali da espiare; e sappiamo anche che sicuramente non sono all'Inferno. Prendiamo le due ipotesi: se sono salvi, non c'è bisogno di pregare per loro; ma anche se si accetta la teoria del Limbo, non ha senso pregare per loro. Quello che possiamo fare è pregare loro, perché sicuramente non sono anime che finiscono nel nulla e dunque in qualche modo tutti gli uomini possono intercedere presso Dio per noi che siamo su questa terra. Dunque, possiamo pregare loro, ma a mio avviso non ha senso pregare per loro.
NESSUNA ABOLIZIONE DEL LIMBO È altrettanto falso dire che la Chiesa abbia rigettato il Limbo - si è trattato invece di aprire una discussione, non di rigettarlo - e abbia affermato che tutti i bambini che muoiono senza battesimo si salvano; anche questo è falso. Se andate a leggere il documento del 2007 - che non è un documento magisteriale, è un documento della Commissione Teologica Internazionale, che è un documento importante ma di studio, non di magistero - e il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1261, non si dice che i bambini che muoiono senza battesimo si salvano, si dice invece che la Chiesa li affida alla misericordia di Dio, così come si fa nel rito delle esequie dei bambini che muoiono senza battesimo. Dunque, li affida alla misericordia di Dio e, a mio avviso, l'unica via percorribile è proprio quella di affidare a Dio le loro anime. Bisogna invece pregare per i bambini morenti: bambini morenti nel grembo delle loro madri, per un aborto spontaneo, per un aborto volontario, oppure che muoiono già nati senza aver ancora ricevuto il battesimo. Bisogna pregare per questi bambini. Perché è importante questa preghiera? Perché, appunto, noi non abbiamo altri mezzi per soccorrere questi bambini: i mezzi della Chiesa sono i sacramenti; ma abbiamo anche la preghiera. Semmai Dio voglia servirsi della nostra preghiera come mezzo straordinario di salvezza di alcuni di questi bambini - pochi o tanti, non lo sappiamo e non lo potremo mai sapere - ,noi offriamo volentieri a Dio questo mezzo, perché ordinariamente Dio cerca sempre la collaborazione dell'uomo, cerca sempre il mezzo che proviene dall'uomo, il mezzo dei sacramenti ma anche il mezzo della preghiera. Dunque, quello che a mio avviso diventa veramente difficile coniugare con quanto la Tradizione ci consegna e anche con la verità di fede che senza il battesimo, in una delle tre forme, non si può essere salvati, è una concezione di una salvezza generale di tutti i bambini che muoiono senza battesimo, perché diventa poi veramente difficile sostenere che è il battesimo che, cancellando la colpa originale, dà ai bambini (e non solo ai bambini) la beatitudine eterna. Se io dico che qualunque bambino, battezzato o non battezzato, viene salvato, capite che diamo un colpo forte, direi quasi letale, alla necessità del battesimo. Dall'altra parte, però, proprio perché Dio non è legato ai mezzi a cui noi siamo legati, non possiamo escludere che Egli possa intervenire a vantaggio di alcuni bambini; con quali criteri non lo sappiamo. Forse, come dicevo prima, servendosi della preghiera dei genitori, dei familiari, di tutte le anime buone, non lo sappiamo.
SAN TOMMASO San Tommaso, nella quæstio 68 della terza parte della Summa, rispondendo alla prima obiezione dell'art. 11, parlava della possibilità di «conseguire la santificazione per qualche privilegio di grazia». Ci sono dei privilegi noti nelle Scritture: la Vergine Maria addirittura è stata concepita senza peccato; san Giovanni Battista viene santificato nel grembo materno, evidentemente senza battesimo, come il profeta Geremia, che si ritiene sia stato santificato nel grembo materno. Capite che sono privilegi di grazia. Dio li può certamente concedere. Ma Dio li concede sempre, in modo universale? Non lo possiamo dire, non lo possiamo affermare. L'altro tentativo di accomunare per esempio tutti gli aborti volontari ai Santi Innocenti, la cui memoria liturgica è festeggiata il 28 dicembre, nell'Ottava di Natale, è un'idea un po' particolare, anche rischiosa, perché si arriverebbe a un paradosso: quale sarebbe il paradosso? Il paradosso sarebbe quello di pensare che i bambini abortiti dalle loro madri riceverebbero una salvezza che i bambini abortiti involontariamente non riceverebbero: in questo secondo caso infatti sicuramente non c'è un battesimo di sangue, ipotizzando che il primo caso lo sia. Dunque, vedete, è un po' una questione problematica, macchinosa, di fronte alla quale, a mio avviso, penso che dobbiamo rispettare quello che Dio ha stabilito come Suo: Dio ha stabilito dei mezzi di salvezza per la Chiesa, ci dobbiamo attenere a questo; quello che Dio fa al di fuori di questi mezzi, salvo evidentemente il caso di una rivelazione speciale come per san Giovanni Battista, l'Immacolata Concezione, i Santi Innocenti, non lo sappiamo. E quello che a mio avviso è l'atteggiamento giusto, prudente, della Chiesa è affidare questi bambini alla misericordia di Dio, lottare perché finiscano gli aborti, e non "solo" perché sono un omicidio ma anche perché il rischio di privare questi bambini non solo della vita, ma della salvezza eterna è altissimo; non si può presumere che Dio intervenga sempre a sanare quello che l'uomo causa. Non lo si può negare, ma non lo si può neanche presumere per affermarlo come criterio generale. Bisogna insistere perché i bambini nati vengano battezzati quanto prima, perché c'è un'altra moda che si sta diffondendo, ossia battezzarli dopo mesi dalla nascita: non va bene perché ordinariamente la vita eterna viene data a questi bambini con il battesimo, se dovessero morire prima... capite cosa scatta dopo: "ah, ma tanto Dio li salva lo stesso". Ma sulla base di che cosa? Di qualcosa che obiettivamente nella Tradizione della Chiesa non abbiamo, cioè non troviamo da nessuna parte che siamo tranquilli, sereni e certi che tutti i bambini che muoiono senza battesimo siano salvi: anzi, abbiamo, come detto all'inizio, l'altra posizione. Dunque, la posizione a mio avviso più corretta, più percorribile è quella di affidare queste anime alla misericordia di Dio, confidando che Dio può salvarle anche senza il battesimo, ma non presumere che questa sia una via ordinaria, parallela a quella del battesimo, perché provocherebbe problemi molto seri alla necessità del battesimo per la salvezza. Lascio alla vostra riflessione queste considerazioni; preciso ancora una volta che il tema è aperto, è dibattuto. È vero che la Chiesa non ha un insegnamento definitivo su questo e tuttavia non possiamo neanche tacere che per duemila anni i testi, le riflessioni dei Padri, il Magistero autentico siano andati in una certa direzione e non in un'altra.
LA CHIESA E IL LIMBO La Commissione Teologica Internazionale sembrava smentire l'esistenza del Limbo, ma in realtà ha ribadito la necessità e l'urgenza di battezzare i bambini di Pietro Guidi https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7119
ANCORA SUL LIMBO E I BAMBINI MORTI SENZA BATTESIMO Nel Limbo non ci sono pene da scontare e si vive in uno stato di felicità naturale: questo consola molto chi ha perso un bambino senza poterlo battezzare (VIDEO: Il Limbo dei bambini e la consolazione delle mamme) di Pietro Guidi https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7127
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 6 luglio 2025
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RIVOLUZIONE SESSUALE, IL VIRUS CHE HA INFETTATO L'OCCIDENTE
L'Ungheria di Orbán prova a guarire, Bruxelles preferisce la malattia e grida al fascismo
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Provita & Famiglia, 21 agosto 2025
L'immagine in evidenza mostra una croce disegnata in cielo dall'aeronautica sul Parlamento di Budapest, in occasione della festa nazionale del 20 agosto scorso, che esprime l'orgoglio dell'Ungheria di essere una nazione cristiana, grazie a Santo Stefano, dall'anno 1000. Viktor Orbàn, Primo Ministro ungherese, è uno dei più odiati dai media e dalle élite globaliste e progressiste europee e internazionali: un recente articolo di Jonathon Van Maren (un giornalista canadese che scrive per europeanconservative.com) ci fa capire perché. Da almeno dieci anni Orbàn - che è di religione Calvinista - promuove nel suo Paese la "democrazia cristiana" (niente a che vedere con il noto partito scudocrociato italiano). Sa bene che nessun governo può rendere cristiano il popolo. La sua "democrazia cristiana" non si occupa di difendere gli articoli di fede o la religione. "Democrazia cristiana" significa proteggere lo stile di vita che scaturisce dalla cultura cristiana e in particolare la dignità umana, la famiglia e la nazione - perché il cristianesimo non cerca l'universalità attraverso l'abolizione delle nazioni, ma attraverso la loro conservazione. Questi i cinque principi fondamentali della democrazia cristiana di Orbàn: 1) difendere la cultura cristiana e riservarsi il diritto di rifiutare le ideologie multiculturali, 2) difendere la famiglia naturale e il diritto di ogni bambino a una madre e un padre, 3) difendere i settori economici e i mercati strategici nazionali, 4) difendere i propri confini e riservarsi il diritto di respingere l'immigrazione, 5) insistere sul principio che a ogni nazione spetti un voto sulle questioni più importanti discusse in sede di Unione Europea. La visione di Orbán è stata facilmente bollata come "nazionalista" (o "sovranista" e con altri epiteti considerati più o meno offensivi e dispregiativi) e molto criticata dall'élite di un'Europa che ha rinnegato le sue radici cristiane e promuove una "società aperta" senza confini, fluida in tutto e per tutto. Un'Europa che sta perdendo le identità, le tradizioni dei popoli a favore delle culture degli immigrati (islamici) che devono essere accolti senza se e senza ma, un'Europa in cui "famiglia" è ormai qualsiasi forma di convivenza facoltativa e fluida.
L'AGENDA CONSERVATRICE DI ORBÁN HA POSTO L'UNGHERIA SU UNA STRADA DIVERSA La Costituzione ungherese del 2011 afferma che lo Stato "protegge l'istituzione del matrimonio come unione di un uomo e una donna stabilita per decisione volontaria, e la famiglia come base della sopravvivenza della nazione". Inoltre, afferma che "I legami familiari si basano sul matrimonio o sul rapporto tra genitori e figli", e sottolinea che "l'Ungheria sostiene l'impegno ad avere figli", e che: "la dignità umana è inviolabile. Ogni essere umano ha diritto alla vita e alla dignità umana; la vita del feto è protetta fin dal momento del concepimento". Una serie di politiche a favore del matrimonio e dell'infanzia ha implementato effettivamente questi principi costituzionali. Il tasso di matrimoni è raddoppiato tra il 2010 e il 2021; i divorzi si sono dimezzati. Sebbene l'aborto sia ancora legale in Ungheria fino a 12 settimane - il governo riconosce che un divieto, pur essendo costituzionalmente valido, non gode ancora di sufficiente sostegno pubblico - gli aborti si si sono dimezzati, e anche tra le adolescenti tasso di abortività è in diminuzione. La politica di promozione della famiglia ha comportato logicamente e coerentemente una fiera battaglia alla rivoluzione sessuale. Una legge vieta la propaganda sessuale LGBT tra i minori dal 2021 e le manifestazioni oscene ai gaypride. Un emendamento costituzionale approvato ad aprile ha affermato l'esistenza di solo due sessi. Il cambio di genere è stato dichiarato illegale nel 2020. I critici insistono sul fatto che si tratti di un attacco alla democrazia, ma gli Ungheresi sostengono massicciamemte le politiche del governo. Il progetto di Orbán appare illiberale alle élite globaliste perché, a partire dagli anni '60, le società occidentali sono state letteralmente sconvolte dalla rivoluzione sessuale. La secolarizzazione e la scristianizzazione dell'Europa dipendono certamente dalla filosofia illuminista, dallo scientismo darwiniano, dal consumismo e anche dagli orrori sanguinosi del XX secolo, spiega Van Maren. Ma non solo. Come osserva Mary Eberstadt ("How the West Really Lost God: A New Theory of Secularization"), la Seconda Guerra Mondiale fu seguita da un boom religioso fino all'inizio degli anni '60 in tutto il mondo occidentale, anche in società che ora sono totalmente scristianizzate, come la Nuova Zelanda, l'Australia, il Canada. La perdita della fede è stata successiva, collettiva e drammatica, accelerata senz'altro negli anni '60: la rivoluzione sessuale ha infettato le famiglie e queste hanno smesso di frequentare le chiese.
I DANNI DELLA RIVOLUZIONE SESSUALE Ciò che si suppone comunemente è che le persone religiose abbiano maggiori probabilità di avere una famiglia (numerosa). Eberstadt, invece, sostiene che è la vita di famiglia con la condivisione di nascita, morte, sacrificio di sé che spinge le persone ad andare in chiesa. La vita familiare incoraggia la vita religiosa perché madri e padri cercano sostegno nella comunità e nella fede, e cercano un quadro trascendente che dia un senso alla stessa vita familiare con tutte le sue vicissitudini (e difficoltà). Come ci si può aspettare che i giovani di oggi abbraccino il cristianesimo quando, a causa di famiglie sempre più assenti e insignificanti, non hanno mai tenuto in braccio un bambino, accudito un anziano, partecipato a un funerale? Wilhelm Reich, che coniò l'espressione "rivoluzione sessuale", predisse tutto questo. Credeva che tutte le libertà derivassero dalla libertà sessuale e pronosticò che con la completa liberazione sessuale la famiglia e la religione sarebbero presto scomparse. Allora, le politiche di Orbàn che incoraggiano, incentivano e proteggono la famiglia naturale costruiscono una nazione di famiglie con figli, una nazione che, umanamente parlando, è un terreno fertile per il ritorno del cristianesimo. Nessun governo può tentare una "cristianizzazione" del proprio Paese, ma può onorare la propria eredità cristiana e orientare le proprie politiche in tal senso. Negli ultimi quindici anni, l'Ungheria è stata impegnata in politiche pro-vita e pro-famiglia da un lato, e in una ferma resistenza alla colonizzazione della rivoluzione sessuale (anche quella con la bandiera arcobaleno) dall'altro. I risultati che questo esperimento ha prodotto finora sono incoraggianti. Se questi risultati persistono, la visione di Orbán per una "democrazia cristiana" potrebbe essere un modello per i politici conservatori di tutto il continente, conclude Van Maren. Può darsi che abbia ragione. Ma noi cittadini abbiamo il sacrosanto dovere di far sentire i nostri politici, che finora si sono mostrati piuttosto esitanti e timorosi, sostenuti da una maggioranza solida e non più silenziosa.
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Fonte: Provita & Famiglia, 21 agosto 2025
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COSA DICE LA CHIESA SULLE VISIONI DI MARIA VALTORTA
Il Dicastero per la Dottrina della fede dichiara che non sono soprannaturali, eppure le sue 15.000 pagine sulla vita di Gesù restano straordinarie
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone, giugno 2025
Il dicastero vaticano per la Dottrina della fede ha dichiarato che «"visioni", "rivelazioni" e "comunicazioni" contenute negli scritti di Maria Valtorta, o comunque a essi attribuite, non possono essere ritenute di origine soprannaturale». Ergo, la Valtorta non è una veggente. Roma locuta, causa finita. Forse. Perché ai ripensamenti, magari secolari, di Roma ormai siamo abituati. Ero ancora uno studente universitario fresco di conversione religiosa quando qualcuno dei miei nuovi amici mi mise in mano non un libro, bensì quindici. I primi tre erano la trilogia de Il signore degli anelli (più un quarto, Lo hobbit), gli altri erano i volumi de Il poema dell'Uomo-Dio di Maria Valtorta. Il titolo, dopo alcuni anni, fu mutato in L'Evangelo come mi è stato rivelato, che, messo così, prendeva netta posizione su quella che per i fan era una rivelazione privata tout court. Con la lena del neofita li lessi tutti, e devo dire che non faticai affatto: erano libri che trascinavano e, ricordo, talvolta restavo sveglio tutta la notte per vedere come andava a finire. La Valtorta non era la prima a scrivere una dettagliata biografia di Gesù.
ANNI VISSUTI A LETTO Prima di lei c'erano state María di Ágreda (XVII secolo) e Katharina Emmerick (XIX secolo, e si dice che qualcosa del genere sia in preparazione a Medjugorje). Quel che la Emmerick, analfabeta, dettò allo scrittore Clemens Brentano permise ad alcuni archeologi di scoprire la casa della Madonna a Efeso, Meryem Evi, oggi in Turchia: era esattamente dove e come la veggente, inferma a letto, l'aveva descritta. Anche la Valtorta era irrimediabilmente a letto, anche se, a differenza della Emmerick, era quasi arrivata al diploma prima che un comunista («Colpirne uno per educarne cento») non le spezzasse la schiena a tradimento con una sbarra di ferro nel 1920 a Firenze. Suo padre era un ufficiale di cavalleria di stanza a Caserta, dove lei nacque nel 1897, sua madre insegnava francese. Dopo quella botta, il trasferimento finale a Viareggio, dove dal 1934 fino alla morte (1961) non poté più lasciare il letto. Dal 1943 al 1947 scrisse a mano ciò che, asseriva, Gesù le dettava: 15.000 pagine, 122 quaderni. Oggi riposa nella basilica fiorentina della Santissima Annunziata, retta dai Serviti. L'opera, ormai diffusa in una ventina di lingue, ebbe da subito problemi con l'allora Sant'Uffizio, quantunque Pio XII sembra non le fosse contrario. Io, che ho letto tutti i volumi, devo dire che qualche particolare narrato mi lasciò perplesso. Lo stile mi parve subito quello di una donna, mi si passi l'espressione, innamorata. Innamorata di Cristo, cosa che va benissimo, ci mancherebbe. Ma in lei diventava una descrizione minuziosa, anche troppo attenta ai dettagli. Un maschietto come me, per esempio, non è molto interessato al fatto che le orecchie della Madonna in fasce sembravano boccioli di rosa, né che sui piedi di Gesù trasparivano delicate vene bluastre. Dettagli da innamorata coinvolta, appunto. La quale, però, "vedeva" anche altro, ed è questo "altro" che rende la sua opera intrigante. L'"altro" è lo sfondo, i paesaggi, le abitudini e gli usi, i nomi delle località e le loro ubicazioni, i dati climatici, la flora, le strade, i fiumi, i cibi, le costruzioni. Come in un film. Certo, si potrebbe pensare che la Valtorta abbia fatto come Salgari, che l'ambientazione dei suoi romanzi la trovava alla pubblica biblioteca, non avendo mai viaggiato. Solo che la Valtorta non aveva niente del genere a disposizione. Di più: certe cose da lei descritte sono state portate alla luce dagli archeologi molti anni dopo la sua morte. Dieci volumi di dati storici, topografici, cronologici, architettonici. E tutti esatti, si badi. Da notare che nemmeno un turista erudito potrebbe accumularli, per il semplice fatto che si tratta di sapere non come stanno adesso le cose ma come stavano duemila anni fa. Per esempio, non ci sono coccodrilli in Terra Santa, è noto. Ma c'erano ai tempi di Gesù, forse portati dall'Egitto, e ciò è oggi assodato. Ma come faceva la Valtorta a saperlo? L'esistenza di una città di nome Krokodeilos è stata appurata solo nel 1999.
L'ARCHEOLOGIA CONFERMA Uno studioso francese, Jean-François Lavère, si è preso la briga di spulciare rigo per rigo l'opera della Valtorta, incuriosito dal fatto che, in essa, delle tre piramidi di Giza ne compaia una sola. Come, così precisa in migliaia di dettagli e poi una topica tanto madornale? Ora, la Fuga in Egitto terminò a Matarea, quartiere dell'antica Heliopolis, oggi El Matariya. C'era una folta comunità ebraica, ed è logico che la Sacra Famiglia vi cercasse alloggio e lavoro. L'"Albero di Maria" e "La Fontana di Maria" là sono ancora oggi venerati dai copti. Ebbene, la località è a solo 20 km dalle tre famose piramidi, ma la Valtorta ne "vedeva" una sola per il semplice fatto che da Matarea si vede solo la più grande, che nasconde le altre due. Ancora: Caecilius Maximus. Chi era costui? La Valtorta lo nomina appena. È uno dei due soldati romani di cui riferisce un breve colloquio. E riporta la data: inizi dell'anno 29. Ebbene, in una scritta su coccio ritrovata a Pompei nel 1959 compare tal Caecilius Maximus e lo dice presente nella vicina Puteolis (Pozzuoli) in data luglio dell'anno romano che corrisponde al 29 della nostra era. Pozzuoli era il primo porto d'approdo per chi veniva dalla Palestina e si dirigeva a Roma. Certo, che ci fossero due soldati romani con lo stesso nome è probabile. Un po' meno che fossero entrambi in quei luoghi nello stesso anno. Chi inventasse sparerebbe un, che so, Massimo Decimo Meridio, come nel film Il gladiatore. Che, pur avendo a disposizione fior di studiosi, sbaglia, perché un romano antico vero si sarebbe chiamato, semmai, Meridio Decimo Massimo. Per quanto riguarda i luoghi, la Valtorta li descrive, dicevamo, in maniera filmica. Come fa, per esempio, quando dettaglia le due cime con in mezzo una specie di sella, in occasione del Discorso della montagna. Oggi sappiamo trattarsi dei Corni di Hattin, dove Saladino, alla conquista di Gerusalemme, sbaragliò l'esercito crociato (come narrato in un altro - discutibile - film dello stesso regista de Il gladiatore, Le crociate). E come faceva la Valtorta a sapere dell'esistenza di Alessandroscene, città di cui ai suoi tempi non restava che qualche pietra nota solo agli archeologi? E della foresta pietrificata in Egitto, luogo divenuto turisticamente interessante solo nel 1989? E poi: Jotapata, scoperta solo nel 1992; Magdalgad e Lesendam, menzionate una sola volta nell'Antico Testamento e ritrovate solo nel 1966 da archeologi israeliani; la fortezza di Doco, Docus per i romani, della quale nessuno sapeva niente perché scomparsa, ma che la Valtorta menziona più volte; la colonia greca di Posideion, già in rovina ai tempi di Gesù e la cui ubicazione ancora oggi è nota a pochi studiosi. E si potrebbe continuare a lungo. Insomma, se quella valtortiana è solo invenzione, allora è un (misterioso) romanzo di fantascienza sui viaggi nel tempo.
Fonte: Il Timone, giugno 2025
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AVVENIRE SI ALLINEA AL CORO DEI NEGATORI DELLA SINDONE
Lo storico Antonio Musarra parla di oggetto creato a scopo di devozione, ma senza citare le decine di prove scientifiche a favore dell'autenticità
Autore: Emanuela Marinelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 settembre 2025
Da un po' di tempo stiamo assistendo a un attacco continuo contro la Sindone. Dopo il clamore mediatico del presunto bassorilievo che sarebbe all'origine della Sindone, è stata diffusa con grande enfasi la scoperta di un documento trecentesco che dichiara falsa la Sindone. Ne parla il ricercatore Nicolas Sarzeaud in un suo articolo apparso sul Journal of Medieval History che riporta una frase tratta dall'opera Problemata del vescovo Nicola d'Oresme, testo scritto probabilmente verso il 1370: «Non ho bisogno di credere a chi dice: "ll tale ha compiuto per me questo o quel miracolo", perché in questo modo molti ecclesiastici ingannano gli altri inducendoli a portare offerte alle loro chiese. Questo è chiaro dal senso della chiesa in Champagne, dove si diceva che fosse la Sindone del Signore Gesù Cristo, e dal numero apparentemente infinito di altri che hanno inventato questo o quello». In base a questa frase si può affermare che la Sindone sia falsa? Ovviamente no. Si può solo dedurre che quel vescovo la riteneva falsa, come farà pochi anni dopo un altro vescovo, Pierre d'Arcis, in un testo del 1389 indirizzato all'antipapa Clemente VII. In questo memoriale, d'Arcis affermava che la prima ostensione della Sindone a Lirey, che egli diceva fosse avvenuta intorno al 1355, era stata fatta senza l'autorizzazione di Henri de Poitiers, suo predecessore come vescovo di Troyes. Questi aveva, perciò, provveduto a condurre un'indagine. Esperti teologi e uomini di fiducia gli avevano assicurato che la Sindone di Lirey non poteva essere autentica, perché se sul lenzuolo funebre di Cristo fosse stata visibile un'impronta, i Vangeli ne avrebbero senz'altro parlato. Inoltre, che essa fosse falsa lo aveva avvalorato la dichiarazione del pittore stesso che l'aveva dipinta. Ma d'Arcis non portava documenti e prove per le sue affermazioni.
LA SINDONE HA CERTAMENTE AVVOLTO UN VERO CADAVERE La pretesa che i Vangeli dovessero parlare dell'immagine presente sulla Sindone è priva di senso, in quanto Pietro e Giovanni osservarono il lenzuolo dal lato esterno, non dal lato che era verso il corpo, dove è visibile l'immagine. Nel XIV secolo, comunque, non c'erano gli strumenti di indagine che hanno permesso di escludere qualsiasi fabbricazione ad arte della Sindone. Solo con le ricerche condotte nel 1978 dallo Shroud of Turin Research Project sappiamo che la Sindone ha certamente avvolto un vero cadavere. I risultati di quelle analisi, condotte direttamente sulla reliquia, sono pubblicati su riviste scientifiche referenziate. Ritenere falsa la Sindone perché così credevano due vescovi del XIV secolo sarebbe come affermare ancora oggi che il sole gira intorno alla terra perché allora si pensava fosse così. Eppure i negatori danno tanto risalto a quei testi medievali e i mass media amplificano le loro affermazioni, ignorando le ricerche condotte direttamente sulla reliquia. Se il lenzuolo non esistesse più e avessimo solo quei testi, sarebbe legittimo attribuire un valore a quelle affermazioni; ma l'oggetto c'è, è stato esaminato e non corrisponde a quanto sostenuto dai due vescovi, quindi quei documenti non hanno alcun valore ai fini dell'autenticità della Sindone.
IL CORO DEI NEGATORI IN MALA FEDE Eppure i negatori giungono perfino a sbizzarrirsi in ipotesi contrastanti: convinti della fabbricazione ad arte della Sindone, non c'è solo chi pensa all'inganno a fini di lucro, ma chi piuttosto vede un nobile scopo nella realizzazione dell'artefatto. Fra questi ultimi si distingue lo storico Antonio Musarra che propone questa idea sulle pagine di Avvenire. Musarra è un negatore soft: sembra non prendere posizione sull'autenticità. Infatti dichiara: «Ovviamente, questo discorso presuppone che l'oggetto risalga al XIV secolo. Non prende in considerazione l'ipotesi dell'autenticità; e ciò, nonostante il dibattito contemporaneo si sia cristallizzato attorno a questa alternativa. Non entro nel merito». Non entra nel merito, ma non spende una parola per ricordare che tutti gli studi scientifici escludono l'opera artistica. Al contrario, da quello che scrive si capisce che ritiene la Sindone un oggetto ottenuto manualmente: «Eppure, il fatto che la Sindone fosse mostrata come l'autentico sudario del Cristo (...) ci autorizza a ritenere che tale fosse l'intento di chi la commissionò? Credo che ciò sia limitativo, e che si possa valutare l'ipotesi - si badi: non suffragata, per il momento, da alcuna fonte - ch'essa sia stata fabbricata per altri scopi. Non tanto un "falso", dunque, ma un oggetto creato per commemorare - rendere presente - le sofferenze del Cristo». Insomma, fabbricata per ingannare o per commuovere, sempre falsa la Sindone deve essere. E persino Avvenire si allinea con il coro dei negatori, che parlano con evidente malafede, non citando mai tutte le ragioni preponderanti a favore dell'autenticità. Una situazione davvero triste, non c'è che dire.
DOSSIER "LA SINDONE E' AUTENTICA" Il lenzuolo che ha avvolto Gesù Per vedere articoli e video, clicca qui!
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 settembre 2025
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DALLA CINA UN ROBOT-UTERO ARTIFICIALE PER 14.000 DOLLARI
Da dono di Dio a merce da catalogo: ecco la nuova frontiera della follia tecnologica
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Provita & Famiglia, 20 agosto 2025
Secondo un articolo del Telegraph, i ricercatori della Kaiwa Technology di Guangzhou, in Cina, stanno creando un utero artificiale in grado di far crescere e nutrire un bambino per tutti e nove i mesi della gravidanza impiantato in un robot. Il dottor Zhang Qifeng ha affermato che il progetto è già in una "fase matura": l'azienda prevede di iniziare a vendere un prototipo già dal prossimo anno a un prezzo di circa 14.000 dollari (molto meno di quello di una madre surrogata). L'umanoide sarà in grado di replicare l'intero processo, dal concepimento al parto, ma non è chiaro su come un feto verrebbe impiantato nell'utero artificiale. Una domanda sorge spontanea: e il bambino come crescerà all'interno di una macchina senza alcun rapporto umano con la madre? La madre non è solo nutrimento. La scienza ancora non è in grado di sviscerare e comprendere del tutto il misterioso legame complesso che si istaura tra la donna e suo figlio: il "cross talk" dei primi otto giorni dal concepimento pare sia determinante per la salute fisica e psichica non solo del bambino e anche dell'adolescente e dell'adulto poi. Nei restanti 9 mesi, non solo il legame fisico di madre e figlio è fortissimamente misterioso, ma c'è senza dubbio un altrettanto insondabile legame psichico: che ne sarà di un figlio che nasce deprivato di tutto questo? Una cronaca medievale, quella di fra Salimbene da Parma (1221-1288), cronista dell'ordine dei francescani, racconta che Federico II di Svevia (1194-1250), per un esperimento, prese dei neonati e li rinchiuse in un'alta torre. Poi ordinò a delle balie di nutrire e pulire quotidianamente quei bambini; senza, tuttavia, parlare, cantare o avere nei loro confronti alcun gesto di affetto. Fra Salimbene ci dice che quei bambini (accuditi per quanto riguarda i bisogni biologici) morirono tutti. Stesso risultato (o simile) è stato ottenuto da altri "luminari" che hanno tentato esperimenti simili più recentemente, anche con le scimmie. Allora mi chiedo: se i bambini già nati muoiono per mancanza di rapporti umani con la madre, che ne sarà di quelli cresciuti nell'utero impiantato in un robot? C'è solo da sperare che l'esperimento cinese non sia così "maturo" come dice l'articolo di The Telegraph. E che non vedremo mai un bambino che nasce da una macchina. Ci sono buoni motivi per credere che sarà così. Altrimenti mi chiedo: Dio perdonerà anche questa?
Fonte: Provita & Famiglia, 20 agosto 2025
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OMELIA XXVI DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 16,19-31)
Ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
La Provvidenza ci offre oggi, per la nostra meditazione settimanale, una delle più celebri parabole raccontate dal Signore Gesù: la parabola del ricco e di Lazzaro. È, per così dire, una tragedia in due atti. Il primo atto è collocato in questo mondo e ci presenta due figure fortemente contrapposte; il ricco che vive nell'agiatezza e nel godimento, e il povero, affamato, piagato, trascurato da tutti tranne che dai cani; il secondo atto è ultraterreno, e ci dice che la storia dell'uomo non finisce quaggiù, ma ha un esito nel mondo invisibile, il mondo definitivo e più vero. Ci sono dunque in questo racconto come due versanti: il versante della vita che si conclude con la morte, e il versante della vita che comincia dopo la morte. E ci sono offerti due tipi di insegnamento: in primo luogo ciò che dobbiamo fare per impiegare bene questi giorni fuggevoli che ci sono dati, e poi ciò che dobbiamo attenderci oltre la soglia misteriosa, per la giornata che non conoscerà tramonto. Per quel che si riferisce alla vita presente, la parabola ci insegna soprattutto tre cose.
LA TRISTEZZA DI UNA VITA SENZA DIO La prima è che non dobbiamo comportarci come quel ricco gaudente. Ma in che cosa egli è condannabile? Non tanto perché si godeva la vita, quanto perché nei godimenti terreni aveva identificato tutte le sue aspirazioni e tutte le sue speranze. È un uomo senza ideali, senza tensione che non sia la ricerca dei suoi agi e dei suoi piaceri. È un uomo che si appaga di ciò che riesce ad assaporare giorno per giorno, che confida solo nella potenza delle sue ricchezze, che non si dà nessun pensiero né del suo destino, né della moralità del suo comportamento, né del rapporto personale con la realtà eterna di Dio. Un uomo così - che per molti aspetti può essere considerato la raffigurazione dell'umanità de nostri tempi - è avviato, secondo Gesù, a una tragica sorte. Come ci ha detto il profeta nella prima lettura, guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulle montagne di Samaria! Insomma, il primo avvertimento che ci dà la parabola sta nell'invito a recuperare la dimensione religiosa dell'esistenza, cioè a dare a Dio - e non ai nostri programmi di benessere - l'attenzione primaria del nostro cuore; a considerare Dio - e non i mezzi offertici dalle nostre bravure e dalle fortune umane - il fondamento della nostra fiducia e della nostra serenità; a fare di Dio - e non dei successi mondani - il vero traguardo al quale tendere con tutte le nostre forze.
NON BASTA EVITARE IL MALE, OCCORRE ANCHE FARE IL BENE C'è un altro insegnamento prezioso. Il ricco è condannato non tanto per i suoi vestiti e i suoi banchetti, quanto perché il suo lusso e la sua avidità di godere hanno così rattrappito la sua anima e inaridito il suo cuore che neppure si accorge di avere alla sua porta un essere umano - e quindi un suo fratello - nella miseria e nella sofferenza. È dunque condannato non tanto per quello che fa, ma per quello che non gli viene neanche in mente di fare. Così ci viene detto che non basta evitare il male e non recare danno a nessuno; bisogna anche fare il bene e aiutare positivamente coloro che sono nella necessità. Al momento del giudizio saremo esaminati anche sull'attenzione che avremo saputo dare agli altri, a coloro che, vicino a noi, sono l'immagine del Signore Gesù.
LA VITA CRISTIANA NON SI REGGE SUI FATTI STRAORDINARI L'ultima avvertenza della parabola per la vita di quaggiù riguarda il fondamento della fede e della vita cristiana, che non deve essere ricercato nei fenomeni insoliti e prodigiosi - come le apparizioni, le rivelazioni private, i miracoli - ma nella verità divina che ci è presentata dalla Chiesa. A capire le cose che contano e a vivere bene non servono tanto i fatti straordinari; basta - se il cuore è ben disposto - la forza della parola di Dio: Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro. Noi, che abbiamo la fortuna di venire ogni domenica alla scuola del Figlio di Dio, l'unico vero Maestro, dobbiamo radicarci bene nella persuasione che proprio qui possiamo trovare il nutrimento che ci dà l'energia necessaria a mantenerci sulla giusta strada. Chi si apre a questa luce, può vincere ogni debolezza, può superare ogni eventuale sbandamento, può procedere decisamente incontro al Signore.
SENZA LA FEDE NELL'ALDILÀ MANCA LO STIMOLO PER FARE IL BENE Ma questa parabola è ancora più importante per le prospettive richiamate sul mondo che sta oltre la morte. Qui è preso di mira direttamente quello scetticismo diffuso che il mondo senza fede in cui viviamo riesce a insinuare anche in coloro che pur si dicono credenti. Oggi non si parla più molto né del Paradiso né dell'Inferno; sembra quasi che li si considerino i residui di una visione fiabesca ormai improponibile. È una insipienza che ci potrebbe procurare dei grossi guai. Gesù oggi ci ricorda vigorosamente che la nostra esistenza si concluderà o con un premio o con una condanna; e proprio perché esiste questo duplice destino ha un significato essere onesti, ha un significato essere generosi, ha un significato vivere. L'uomo, che crede di essere diventato adulto perché si è liberato della convinzione che sta scegliendo tra una salvezza senza insidie e una perdizione senza rimedio, alla fine si trova privo di motivazioni: non ha una motivazione adeguata né per praticare le giustizia né per operare con bontà né per durare a vivere con fatica. La controprova di questa verità evangelica è sotto i nostri occhi. Le dottrine sociali e politiche, le proposte di comportamento, le abitudini di vita che non riconoscono un al di là - quali che siano le loro etichette e le loro ispirazioni - approdano tutte a costruire un mondo più violento, più disumano, più disperato, dove non ci si difende più dai prevaricatori, dove le leggi e i castighi non bastano più a fronteggiare la malvagità e il disordine. Come si vede, la parola di Gesù è dura, aspra, forse sgradita al nostro palato troppo delicato, ma è salutare e feconda. La verità di Dio non è mai compiacente: contesta sempre i miti carezzevoli, i pensieri troppo dolci e leggeri, le sciocche spensieratezze, che troppo spesso trovano accoglienza nel nostro cuore. Noi abbiamo bisogno di essa. Abbiamo bisogno che ci venga proposta con coraggio, senza arbitrarie riduzioni, senza travisamenti. Alla fine è solo la verità di Dio che resta, e solo affidandoci alla verità di Dio noi ci possiamo salvare.
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
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