BastaBugie n�947 del 15 ottobre 2025

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1 ACCORDI ISRAELE-HAMAS, PUNTO DI PARTENZA E NON DI ARRIVO
Pace attraverso la forza, la strategia vincente di Trump dimostra tre verità: il totale isolamento di Hamas, i disastri di Obama e Biden, l'irrilevanza di Onu e Unione Europea (VIDEO IRONICO: Flottiglia di pacifinti)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 LA POPOLAZIONE MONDIALE DIMINUIRA'... E NON E' UNA BUONA NOTIZIA
L'attuale collasso della civiltà è la logica conseguenza dell'incapacità di riconoscere che gli esseri umani sono la risorsa più preziosa che abbiamo
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Provita & Famiglia
3 LA MAMMA NE VOLEVA FARE UNA DIVA, DIO NE HA FATTO UNA SANTA
La storia della beata Eugenia Picco dimostra che la grazia lavora anche nei disastri familiari
Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Santi e beati
4 L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE SPINGE I BAMBINI A CAMBIARE SESSO
Promette aiuto e accettazione, ma prepara i bambini alla mutilazione del corpo e insegna a mentire ai propri genitori
Fonte: Provita & Famiglia
5 LA ''PAPESSA'' DI CANTERBURY, CULMINE DEL NAUFRAGIO ANGLICANO
La nomina di Sarah Mullally a primate d'Inghilterra è il coronamento di una ''chiesa'' sfigurata a forza di aperture (qualcuno vorrebbe introdurre anche in casa cattolica...)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 DOPO LA FRANCIA, ANCHE LA SPAGNA VUOLE L'ABORTO IN COSTITUZIONE
In un continente che non genera più, Sánchez copia Macron e celebra la morte come diritto
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Sito del Timone
7 OMELIA XXIX DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 18,1-8)
Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

1 - ACCORDI ISRAELE-HAMAS, PUNTO DI PARTENZA E NON DI ARRIVO
Pace attraverso la forza, la strategia vincente di Trump dimostra tre verità: il totale isolamento di Hamas, i disastri di Obama e Biden, l'irrilevanza di Onu e Unione Europea (VIDEO IRONICO: Flottiglia di pacifinti)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10 ottobre 2025

A scorno dei suoi detrattori, bisogna dare atto al presidente americano Donald Trump di essere il principale protagonista dell'accordo Israele-Hamas su cui fino a pochi giorni fa nessuno avrebbe scommesso. Si capisce quindi la sua aspirazione a ricevere il Premio Nobel per la Pace, malgrado le scelte degli ultimi decenni abbiano decisamente svalutato il significato di questo premio.
Ma sarebbe ben triste se il giorno dei festeggiamenti in Israele e a Gaza (nella foto LaPresse) per il cessate il fuoco l'attenzione si spostasse dalla situazione in Medio Oriente ai desideri - vedremo se soddisfatti - di Trump.
In ogni caso l'accordo - raggiunto anche grazie alla collaborazione di Egitto, Qatar e Turchia, a cui Trump ha riconosciuto il credito - non va considerato un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Non solo perché lo scambio di prigionieri e il cessate il fuoco sono soltanto i primi punti del Piano di pace annunciato la settimana scorsa da Trump, a cui ne dovranno seguire altri, più complicati da realizzare e ancora da negoziare; ma perché per garantire una futura stabilità andranno affrontati alla radice i nodi alla base di un conflitto che dura da almeno 77 anni. Il patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa lo ha detto più volte e lo ha ribadito ancora ieri: «La fine della guerra non è la fine del conflitto».
In questo momento delicato c'è da temere soprattutto qualche azione di sabotaggio da parte di elementi o fazioni che nell'uno e nell'altro campo si oppongono agli accordi. Purtroppo in Medio Oriente accade spesso che quando si avvicinano degli accordi di pace ci sia chi provi a far saltare tutto con qualche gesto clamoroso. Anche il massacro del 7 ottobre 2023 rientra in questa fattispecie, visto che è accaduto proprio mentre si attendeva la firma degli Accordi di Abramo tra Israele e Arabia Saudita, da allora rimasti congelati. E risalendo più indietro, ricordiamo nel 1995 l'assassinio del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin ad opera di un colono che lo considerava un traditore per aver firmato gli accordi di Oslo con il leader palestinese Yasser Arafat.
L'accordo firmato il 9 ottobre, inoltre, mette in una posizione difficile soprattutto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha dovuto rinunciare al piano di sgombero di Gaza dalla presenza palestinese e all'annessione della Cisgiordania (obiettivi che sono stati via via esplicitati durante la guerra), anche se la situazione di quelle che gli israeliani chiamano Giudea e Samaria è ancora tutta da definire in base al Piano Trump. E per poter arrivare a un accordo ha dovuto riconoscere Hamas come legittima controparte. Per cui sarà difficile immaginare una tranquilla uscita di scena del gruppo terroristico come prevederebbe il Piano Trump.
Piuttosto l'accordo dimostra il grave errore di Netanyahu che ha preteso di eliminare Hamas soltanto con la forza delle armi, e infatti in due anni di bombardamenti a tappeto non ci è riuscito. Trump ha invece capito che l'azione armata doveva essere accompagnata da una vigorosa azione diplomatica tesa a convincere i Paesi sponsor di Hamas a ritirare concretamente il loro appoggio. Ed è stata questa la chiave del successo vista, ad esempio, la fattiva cooperazione del Qatar nella mediazione. Ed è significativo che ieri sera anche l'Iran abbia espresso soddisfazione per l'accordo raggiunto, secondo quanto riferito da Trump: «L'Iran vuole lavorare per la pace», ha detto, e «lavoreremo con l'Iran».
Scopriremo nel tempo la contropartita di questo ampio sostegno diplomatico, ma il fatto è che una soluzione si trova soltanto se ciascuno degli attori vede soddisfatto qualche suo interesse.
I passi necessari per il futuro esigono però leadership diverse nei due campi: una pace vera non sarà mai possibile se non si arriva al riconoscimento reciproco della legittimità di abitare questa terra. È questo il punto chiave prima di poter pensare a qualsiasi assetto istituzionale: avere due Stati che perseguono l'annientamento reciproco non cambierebbe in meglio la storia. Ma proprio questa prospettiva esige un cambiamento di leadership da ambo le parti. Netanyahu, con il suo governo di estremisti, non è più credibile; e ancor meno lo è una formazione terroristica come Hamas, a prescindere da chi la guiderà.
Per quanto si può prevedere ora, almeno sulla carta un cambiamento sarà più facile in Israele, dove le elezioni potrebbero far emergere una guida politica convinta della necessità di un vero accordo di pace e di una convivenza. Molto più complicato il discorso per i palestinesi: se anche Hamas - e con esso la galassia delle altre formazioni terroristiche - venisse cancellato da Gaza, e considerata la pessima considerazione dell'Autorità Nazionale, chi potrebbe rappresentare il popolo palestinese? Un governo internazionale con “tecnici” locali, come quello prefigurato dal Piano Trump, può essere soltanto una soluzione temporanea; e d'altra parte la recente esperienza di Iraq e Afghanistan dimostra che i governi guidati da personalità locali ma imposti dall'estero non hanno speranze di sopravvivere.
Vedremo se questi accordi provocheranno anche quei cambiamenti necessari a rafforzarli e renderli stabili, ora non si perda la consapevolezza che il lavoro per arrivare alla pace è appena iniziato.

Nota di BastaBugie: Eugenio Capozzi nell'articolo seguente dal titolo "Pace attraverso la forza, la strategia vincente di Trump" spiega che la tregua tra Israele e Hamas dimostra tre verità. Cioè: il totale isolamento di Hamas, i disastri di Obama e Biden, l'irrilevanza di Onu e Unione Europea.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'11 ottobre 2025:

L'accordo per la tregua a Gaza negoziato da Donald Trump è il punto d'inizio di un processo di pace effettiva ancora in gran parte da costruire, e come tale è una creatura fragile, soggetta a molte possibili variabili. Tuttavia, già oggi chiunque voglia giudicare gli avvenimenti senza pregiudizi dovrebbe riconoscere che, per il suo contenuto e per il metodo con il quale esso è stato costruito, esso rappresenta una novità storica molto rilevante, che potrebbe innescare cambiamenti epocali nell'incancrenita questione mediorientale.
1) TOTALE ISOLAMENTO DI HAMAS
Innanzitutto, nel momento del sollievo per il cessate il fuoco e della speranza di una fine stabile delle ostilità a Gaza e in Israele, va ricordato che l'accettazione da parte di Hamas di un accordo che parta dalla restituzione di tutti gli ostaggi israeliani vivi o morti (obiettivo primario delle operazioni belliche di Gerusalemme) costituisce essenzialmente il frutto del totale isolamento in cui l'organizzazione integralista che domina col terrore nella Striscia si è venuta a trovare, dopo che le truppe israeliane l'hanno decimata, braccando i suoi ultimi drappelli nei loro bunker, e dopo che in due anni tutti i suoi principali sostenitori o fiancheggiatori o sono stati ridotti in condizioni di non nuocere dalla pressione militare di Israele e degli Stati Uniti (come l'Iran e Hezbollah), o sono stati avvolti dalla grande rete diplomatica messa in piedi dal presidente americano (come il Qatar e la Turchia).
Una rete diplomatica che ha condotto al risultato, due anni fa assolutamente imprevedibile, di un corale consenso dei Paesi arabi sunniti e di molti grandi Paesi islamici (oltre che, non dimentichiamolo, della Russia e, più discretamente, della Cina) su un piano di pace che prevede il disarmo e l'esilio per Hamas. E che, in continuità con l'intuizione decisiva degli "Accordi di Abramo" del 2020 tra Israele e alcuni Paesi arabi sunniti, potrebbe sfociare - se altre destabilizzazioni integraliste non si frapporranno - in un ampliamento dell'area di pacificazione fino a un generale accordo di coesistenza e collaborazione tra Israele e il mondo musulmano nel suo complesso (di cui si intravvedono i primi, confortanti segni con il plauso all'accordo da parte non solo della Turchia, ma di Pakistan e Indonesia, e persino con il timido "buon viso a cattivo gioco" proveniente da Teheran).
La tregua insomma è stata resa possibile (e la pace, se ci sarà, sarà resa possibile) unicamente dalla congiunzione tra uso deciso della forza militare e pressione diplomatica resa credibile da quella deterrenza. È esattamente il modello della "pace attraverso la forza" che Trump dichiara essere la sua dottrina di politica estera.
2) I DISASTRI DI OBAMA E BIDEN
La seconda considerazione da fare, direttamente conseguente la prima, è che il successo ottenuto dalla linea di Trump fa risaltare, per contrasto, i disastrosi esiti dell'azione, sui temi mediorientali, delle precedenti amministrazioni Dem di Barack Obama e poi di Joe Biden. Entrambe avevano scelto una linea molto simile: invece di isolare il polo destabilizzatore dell'Iran e dei suoi proxy, avevano gettato ponti di dialogo verso il regime degli ayatollah e mostrato freddezza verso Israele e l'Arabia Saudita, leader del fronte sunnita filo-occidentale. Obama, poi, aveva addirittura favorito, con l'appoggio alle cosiddette "primavere arabe", l'emergere delle forze fondamentaliste legate alla Fratellanza Musulmana, e persino dell'Isis.
Il risultato era stato un'ondata di conflitti, precarietà e disgregazione in tutta l'area, su cui le forze islamiste che puntavano ad esasperare la resa dei conti con Israele avevano prosperato. Con Trump il vento è cambiato decisamente, e ora se ne vedono i frutti in termini di pace e stabilizzazione.
3) L'IRRILEVANZA DI ONU E UNIONE EUROPEA
La terza considerazione che gli eventi di questi giorni suggeriscono è che la straordinaria convergenza internazionale sul processo di pace avviato da Trump mostra platealmente, ancora per contrasto, tutta l'irrilevanza delle Nazioni Unite, e tutta la loro totale incapacità di portare avanti in maniera credibile qualsiasi processo di pace rispetto ai molti conflitti in corso nel mondo: tanto più rispetto ad un conflitto radicato, sanguinoso e pericoloso come quello arabo-israeliano. Mentre Trump, con la sua deterrenza credibile e la sua trattativa spregiudicata, ha posto le basi di una autentica e concreta pacificazione, l'Onu non ha saputo fare altro - egemonizzata come quasi sempre da alcuni regimi autoritari e ferocemente anti-israeliani del "Sud globale" - che condannare la reazione militare di Gerusalemme senza dire una parola ferma di condanna verso Hamas o l'Iran, e si è dimostrata strutturalmente inabile a fungere da sede "terza" di mediazione.
Infine, a corollario della débacle Onu, va segnalata la altrettanto totale inconsistenza dell'Unione europea, e dell'Europa in generale sul tema della guerra di Gaza. Per tutta la durata di essa, con poche eccezioni (il governo italiano di Giorgia Meloni e, in parte, quello tedesco di Friedrich Merz) i paesi europei praticamente non hanno "toccato palla", limitandosi a lamentazioni sulle vittime civili e facendo pressione, o addirittura invocando sanzioni, su Israele, piuttosto che sugli integralisti che avevano provocato il conflitto con l'eccidio del 7 ottobre. E alcuni, come Gran Bretagna e Francia, hanno peggiorato la loro posizione con la rovinosa decisione di riconoscere "a prescindere" uno Stato palestinese, prima di qualsiasi accordo e definizione del suo quadro istituzionale, incoraggiando in tal modo Hamas a resistere piuttosto che spingerlo a trattare. In questo modo, Ue e governi del vecchio Continente sono stati superati, in quanto ad apertura a una mediazione, dalla quasi totalità dei Paesi arabi e islamici, con un effetto grottesco che sarebbe quasi comico, se non fosse desolante.
CONCLUSIONE
In conclusione, il metodo Trump di "pace attraverso la forza" e di diplomazia senza steccati si è dimostrato l'unico finora in grado di costruire per il Medio Oriente un possibile futuro di coesistenza pacifica. La continuazione di quel processo dipende, oggi, essenzialmente dalla possibilità che Hamas si lasci effettivamente disarmare, e che rinunci a cercare di svolgere ancora un ruolo politico a Gaza: cosa che l'organizzazione integralista sta già cercando di evitare dilazionando i passi successivi delle trattative e confondendo le acque. In ogni caso, se mai quel traguardo sarà ottenuto non sarà certo grazie all'indulgenza degli europei, alla complicità dell'Onu o alle manifestazioni di piazza a senso unico anti-israeliane, ma grazie alla barra del timone tenuta saldamente dal presidente statunitense.

VIDEO IRONICO di Silver Nervuti: Flottiglia di pacifinti (15 minuti)
Quando l'indignazione diventa passerella politica: post e bandiere per Gaza invadono i social, ignorando decenni di guerra. L'ipocrisia di attivisti e sindacati trasforma il dolore palestinese in propaganda, senza portare alcun aiuto reale.


https://www.youtube.com/watch?v=oyd3Jo54snY

DOSSIER "GUERRA ISRAELE - HAMAS"
L'attacco islamico e la risposta degli ebrei

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10 ottobre 2025

2 - LA POPOLAZIONE MONDIALE DIMINUIRA'... E NON E' UNA BUONA NOTIZIA
L'attuale collasso della civiltà è la logica conseguenza dell'incapacità di riconoscere che gli esseri umani sono la risorsa più preziosa che abbiamo
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Provita & Famiglia, 21 settembre 2025

Si parla molto di inverno demografico e del fatto che in Italia siamo destinati ad estinguerci presto, visto che il tasso di natalità è ben al di sotto del tasso di sostituzione. Non si mettono in atto politiche efficaci per invertire la tendenza perché probabilmente la questione è, innanzitutto, culturale.
Per di più, poi, il problema demografico non è più solo di alcuni Stati (ricchi e "progrediti"), ma è ormai un problema mondiale. Scrive Michael Munger - un economista americano - che entro 25 anni la maggior parte dei Paesi sviluppati del mondo affronterà un forte calo demografico. La ragione non è una qualche carestia, guerra o pestilenza. Ci siamo auto-puniti promuovendo politiche antinataliste per risolvere un problema che non esisteva affatto: la sovrappopolazione.
La paura è sempre stata il miglior strumento di controllo sociale e la "paura dell'umanità" è stata utilizzata da generazioni di "pensatori" ossessionati dal controllo.

LA PRESUNTA BOMBA DEMOGRAFICA
Uno dei primi fu Paul Ehrlich, che fece una previsione incredibilmente spaventosa e completamente falsa nel 1968, nel suo libro Population Bomb: «Negli anni '70 il mondo sarà colpito da carestie: centinaia di milioni di persone moriranno di fame, nonostante tutti i programmi di emergenza avviati ora... E l'Inghilterra? Se fossi un giocatore d'azzardo, scommetterei alla pari che l'Inghilterra non esisterà più nel 2000».
L'isteria per la sovrappopolazione degli anni '60 e '70 ha avuto conseguenze che hanno cambiato il mondo: sono state pressoché demonizzate le famiglie numerose (e poi più in generale la famiglia stessa è stata "decostruita") ed è emersa una pseudo-scienza che riteneva che la crescita della popolazione fosse una minaccia per la prosperità: il Population Council e l'International Planned Parenthood Federation furono entrambi creati all'inizio, nel 1952.
Le Nazioni Unite e la Banca Mondiale (e in particolare gli Stati Uniti attraverso l'USAID) integrarono sempre più il controllo demografico nei programmi di aiuti esteri (gli aiuti subordinati alla implementazione di politiche antinataliste). Gli alti tassi di fertilità erano visti come ostacoli alla modernizzazione, alla riduzione della povertà e alla sicurezza globale. La Cina attuò la sua sanguinaria e famigerata "politica del figlio unico" nel 1979 (non a caso con il supporto e il know-how fornitole dall’agenzia ONU per la popolazione, Unfpa); l'India condusse campagne di sterilizzazione di massa, in particolare durante il periodo 1975-1977. I contraccettivi e l’aborto diventarono fantomatici mezzi di emancipazione, per liberare le donne dai figli. Questo è stato il frutto di un’ideologia nichilista, cieca e distruttiva che ha ignorato totalmente i dati reali e la storia: la prosperità delle civiltà è sempre seguita alla crescita demografica, mentre il calo della popolazione è sempre stato foriero di grandi crisi (basti per tutti l’esempio della fine dell’Impero Romano d’Occidente).

L’INIZIO DEL DECLINO
Oggi, i dati elaborati da Munger, che provengono dalle stesse Nazioni Unite, dai rapporti statistici dell'OCSE e dai dati demografici nazionali, sembrano per lo più collocare il picco della popolazione mondiale tra il 2060 e il 2080. Dopodiché comincerà un inesorabile declino. Ma niente di tutto questo era necessario.
C'è, infatti, un sacco di spazio sulla Terra (in Australia, Canada, Stati Uniti soprattutto). C'è un sacco di spazio vuoto. Ci sono, ad oggi, 8.1 miliardi di persone sulla Terra e se vivessero tutte in Texas (676.600 km2) sarebbero 12.000 persone per chilometro quadrato: la densità di New York è circa 11.300 per chilometro quadrato, di Parigi 20.000, di Manila quasi 44.000.
E i dati di realtà - gli stessi dati Fao - dimostrano che le risorse si moltiplicano abbastanza velocemente rispetto alle persone, grazie all’ingegno umano e al progresso tecnologico: settant’anni fa vivevano sulla terra 2 miliardi di persone e il 50% soffriva la fame. Oggi, appunto, siamo come detto oltre 8 miliardi e ben più di 6 miliardi hanno cibo a sufficienza. Il XX secolo, inoltre, presenta dati che seppelliscono Malthus: le produzioni delle grandi culture sono aumentate di 56 volte a fronte di un aumento di 4 volte della popolazione mondiale.
Non c'era una valida ragione per l'isteria demografica dei decenni passati, mentre gli effetti del declino demografico stanno già iniziando a farsi sentire: i sistemi previdenziali sono in crisi, il numero assoluto di persone sotto i 40 anni inizia a diminuire drasticamente. Avremo quindi case vuote, città abbandonate e orde di anziani incapaci di provvedere a se stessi?
L'attuale collasso della civiltà mondiale, dunque, è conseguenza di una lampante incapacità di riconoscere che gli esseri umani sono la risorsa più preziosa che abbiamo.

Fonte: Provita & Famiglia, 21 settembre 2025

3 - LA MAMMA NE VOLEVA FARE UNA DIVA, DIO NE HA FATTO UNA SANTA
La storia della beata Eugenia Picco dimostra che la grazia lavora anche nei disastri familiari
Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Santi e beati

Difficile trovare un ambiente familiare più disastrato di quello toccato ad Eugenia. E se ne parliamo è soltanto per dire, partendo da lei e dall'inaspettato lavoro della Grazia compiuto nella sua persona, che nessuno è autorizzato a disperare, perché Dio lavora anche là dove meno te lo aspetti. Il papà di Eugenia è un valente musicista non vedente, che collabora con "La Scala" di Milano. Mamma è una cantante, la cui bravura è almeno pari alla sua frivolezza. Artisticamente parlando, forma con il marito una coppia perfetta, spesso in tournée, in Italia e all'estero; peccato che, molto più del marito, lei ami la fama, i soldi e il successo, per cui da una di queste tournées in Russia torna da sola, facendo credere a tutti che il marito è morto durante il viaggio. Nessuno della famiglia avrà più notizie di lui e solo molto più tardi si scoprirà che, abbandonato dalla moglie, il celebre musicista non aveva più avuto il coraggio di tornare ed era salpato per l'America insieme ad un'altra donna.
Eugenia è perennemente parcheggiata dai nonni e un bel giorno viene "rapita" da mamma e costretta ad andare a vivere a Milano, in casa del suo convivente, lo stesso per il quale aveva lasciato il marito. Cresce bella, intelligente, artisticamente dotata, con mamma che le riversa addosso tutte le frustrazioni per la propria carriera interrotta e sogna per lei un futuro da cantante lirica. Ed intanto ha il suo bel daffare per difendersi dalle continue avances del convivente della madre. Le liti in casa sono all'ordine del giorno ed Eugenia esce esasperata dal clima teso che si respira in famiglia e con il resto della parentela. Neppure nella relazione sentimentale, che intrattiene dall'età di quattordici anni, trova la necessaria serenità ed a volte, al limite della sopportazione, cerca rifugio in chiesa.
Un inaspettato momento di luce le arriva sui 19 anni, al culmine dell'ennesima lite familiare, in un momento di preghiera, che è quasi un grido di disperazione, davanti al quadro posto al di sopra del suo letto: quasi una lama di luce che la trapassa e le fa ardentemente desiderare la santità. La sua vita cambia radicalmente e si orienta verso la vocazione religiosa, che la madre ovviamente contrasta con tutte le sue forze: per la ragazza sono mesi di passione, nei quali, oltre alla preghiera, suoi unici appoggi sono le Suore Orsoline dell'oratorio che frequenta, e un sacerdote che queste le fanno conoscere. Se sull'autenticità della sua vocazione nessuno nutre dubbi, più incerta è la scelta della congregazione in cui attuarla. Prudentemente, le Orsoline, troppo vicine alla sua abitazione dove si continua ad avversare il suo ingresso in convento, la dirottano sull'ancor giovane congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria di Parma. È lo stesso fondatore, don Agostino Chieppi (oggi dichiarato Venerabile), ad accoglierla il 31 agosto 1887, quando lei arriva a Parma dopo essere fuggita di casa con l'aiuto dei parenti di papà.
Semplice, umile, fedele e generosa serve la congregazione: prima come insegnante nel Convitto, poi come maestra delle novizie, successivamente in qualità di archivista, di Segretaria generale e di Consigliera. Nel giugno 1911 viene eletta Superiora generale e rimane in carica fino alla morte. Fa voto di compiere con perfezione serena e tranquilla i suoi doveri di Superiora, e i risultati si vedono. Mentre, forse ricordando l'esperienza della sua adolescenza, si preoccupa molto per la formazione della donna e per l'inserimento delle ragazze nel mondo lavorativo, durante la Prima Guerra spalanca le porte della Congregazione per soccorrere i militari e gli orfani dei Caduti. Dalla contemplazione dell'Eucaristia nasce il programma della sua vita di religiosa: "Come Gesù ha scelto il pane, cosa tanto comune, così deve essere la mia vita, comune... accessibile a tutti e, in pari tempo, umile e nascosta, come è il pane"; tre soli i suoi propositi: "purezza per piacere a Gesù, umiltà per me, carità per gli altri". Il suo fisico è minato dalla tisi ossea, con dolori lancinanti in mezzo ai quali continua a sorridere, spiegando che "se Eucarestia significa rendimento di grazie si può ringraziare solo con il sorriso". Subisce l'amputazione di una gamba, ma continua dalla sedia a rotelle il suo generoso servizio di Superiora generale, fino alla morte, che sopraggiunge il 7 settembre 1921, ad appena 54 anni. Il 7 ottobre 2001 Giovanni Paolo II ha beatificato Madre Eugenia Picco, la ragazza che era riuscita a far della sua vita un capolavoro di santità, malgrado la sua famiglia.

Fonte: Santi e beati

4 - L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE SPINGE I BAMBINI A CAMBIARE SESSO
Promette aiuto e accettazione, ma prepara i bambini alla mutilazione del corpo e insegna a mentire ai propri genitori
Fonte Provita & Famiglia, 12 agosto 2025

Negli Stati Uniti, un'inchiesta giornalistica ha svelato gli inquietanti rischi che l'intelligenza artificiale porta con sé in tema di indottrinamento gender ai danni dei minori. Il Daily Wire ha condotto un test approfondito su ChatGPT - il celebre chatbot di OpenAI - e ha scoperto che il sistema non solo risponde a domande esplicite da parte di presunti bambini di 12 e 14 anni che dichiarano di soffrire di disforia di genere, ma fornisce indicazioni dettagliate su come accedere a risorse per la "transizione" senza che i genitori vengano informati. E questo, nonostante le politiche dichiarate della piattaforma vietino l'uso ai minori di 13 anni e impongano il consenso dei genitori fino ai 17.
Nel corso dell'inchiesta, un operatore ha simulato una conversazione tra ChatGPT e una ragazzina di 12 anni in crisi con la propria identità di genere. La risposta dell'intelligenza artificiale è stata chiara: «Esistono gruppi e risorse che possono aiutarti senza coinvolgere i tuoi genitori, soprattutto se hai bisogno di aiuto per capire la tua identità o accedere a servizi in modo sicuro». Nessun filtro, nessun blocco. Anzi, piena disponibilità ad accompagnare la minore in un percorso "gender affirming".

COSA RISPONDE L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE A UN BAMBINO
ChatGPT ha suggerito alla finta dodicenne di rivolgersi a Point of Pride, un'organizzazione attivista con sede in Oregon che distribuisce gratuitamente binder per il torace - dispositivi usati per nascondere il seno - e altri indumenti "gender-conforming". Sebbene il sito dell'associazione indichi chiaramente che le richieste devono provenire da maggiorenni, il chatbot ha spiegato come aggirare l'ostacolo: usare carte prepagate acquistate in contanti, far recapitare il pacco a un "adulto di fiducia", e scegliere spedizioni "discrete" e gratuite. In più, ChatGPT si è offerto di aiutare la bambina a scrivere una lettera formale per ottenere il binder e ha fornito istruzioni dettagliate su come misurare il torace per ordinare il prodotto corretto.Ma non finisce qui. Il chatbot ha anche prospettato l'eventualità della chirurgia per la rimozione del seno, rassicurando che «potrebbe sembrare lontano, ma è possibile in futuro», e ha incoraggiato la minore a cominciare sin da subito a sentirsi più a proprio agio con il proprio corpo tramite le risorse disponibili. Ha indicato come riferimenti positivi due associazioni molto controverse: GenderGP e WPATH, entrambe note per sostenere trattamenti medici e chirurgici di "transizione" anche su minori.
Durante la stessa conversazione, l'intelligenza artificiale ha proposto di consultare due youtuber trans adulti - uppercaseChase (Chase Ross) e Ty Turner - che pubblicano contenuti in cui mostrano e recensiscono protesi genitali maschili, packers, binder e altri strumenti legati alla transizione, anche a torso nudo dopo la mastectomia. Canali che, come è facile intuire, non sono affatto adatti a un pubblico di minori. La parte forse più allarmante della conversazione è stata quella in cui ChatGPT ha suggerito alla bambina di non parlare con i propri genitori. Ha invece consigliato di rivolgersi a "altri adulti", come un insegnante, un parente "gentile" o un amico Lgbt. Secondo l'intelligenza artificiale, infatti, questi soggetti sarebbero più "sicuri" per parlare delle proprie emozioni. Ha anche raccomandato alcune associazioni radicali - come The Trevor Project, Gender Spectrum e Trans Lifeline - note per offrire supporto e materiali "gender-affirming" a minori anche senza il coinvolgimento della famiglia. In particolare, Trevor Project gestisce TrevorSpace, una piattaforma per giovani tra i 13 e i 24 anni, dove - secondo il Daily Wire - si possono leggere anche discussioni sessualmente esplicite.

L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE: UNO STRUMENTO DA SAPER USARE
In una seconda simulazione, il chatbot ha addirittura elaborato un vero e proprio piano segreto per vivere da persona "trans" senza che i genitori lo sappiano. E quando, in un altro test, una quattordicenne ha chiesto dove ottenere trattamenti "gender-affirming" nello Stato di New York, ChatGPT ha indicato cliniche del Dipartimento della Salute e il Callen-Lorde Community Health Center, specializzati in assistenza a persone Lgbt, specificando che alcuni servizi potrebbero essere accessibili anche senza il consenso parentale. Non è la prima volta che ChatGPT finisce al centro di un'inchiesta simile, visto che tra giugno e luglio scorsi sempre il Daily Wire aveva dimostrato che il chatbot era disposto a guidare una ragazza di 14 anni in un percorso abortivo, indicando dove reperire le pillole abortive senza che i genitori ne fossero informati e suggerendo di evitare i "pregnancy centers" pro-life. [...]
L'intelligenza artificiale, e strumenti come ChatGPT in particolare, possiedono un enorme potenziale positivo. Possono informare, stimolare la creatività, fornire aiuti importanti su vari aspetti e temi, ma proprio per questo è fondamentale vigilare sul modo in cui vengono programmati, gestiti e utilizzati, soprattutto quando sono in mano agli adolescenti. L'inchiesta americana, infatti, ci mostra quanto possa essere pericoloso un sistema di intelligenza artificiale lasciato in mano a concetti ideologici: l'intelligenza artificiale può diventare, di fatto, un indottrinatore automatico, capace di superare ogni barriera educativa, valoriale, perfino legale. E può insinuarsi proprio dove i genitori non possono arrivare, offrendo ai più piccoli contenuti, suggerimenti e indicazioni che compromettono il loro sviluppo affettivo, psicologico e fisico. La cultura gender, attraverso le sue lobby internazionali, ha ormai invaso ogni ambito della comunicazione, dell'informazione e della tecnologia. Ora punta anche sull'intelligenza artificiale per manipolare i minori, agendo alle spalle delle famiglie. Per questo è necessario che le istituzioni, i genitori, gli educatori e ogni cittadino responsabile alzino la soglia di attenzione. Non possiamo permettere che strumenti così potenti diventino armi nelle mani dell'ideologia.

DOSSIER "INTELLIGENZA ARTIFICIALE"
Il futuro è già qui

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Fonte: Provita & Famiglia, 12 agosto 2025

5 - LA ''PAPESSA'' DI CANTERBURY, CULMINE DEL NAUFRAGIO ANGLICANO
La nomina di Sarah Mullally a primate d'Inghilterra è il coronamento di una ''chiesa'' sfigurata a forza di aperture (qualcuno vorrebbe introdurre anche in casa cattolica...)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 4 ottobre 2025

Il 1° novembre prossimo papa Leone XIV proclamerà san John Henry Newman dottore della Chiesa. Ormai oltre un secolo e mezzo fa Newman cercava di scuotere il mondo anglicano - il proprio mondo - per tentare di ricondurlo al porto sicuro della Chiesa apostolica, nell'alveo della tradizione dei Padri, scongiurando i naufragi del cristianesimo liberale, soggetto allo spirito di questo mondo. È noto che la risposta delle autorità anglicane fu tranchant: la linea scelta da Newman era troppo "romana", troppo simile al cattolicesimo continentale, e pertanto inaccettabile. Né la gerarchia anglicana né buona parte dei colleghi di Oxford avevano compreso che Newman non guardava solamente indietro, al IV-V secolo della Chiesa, ma guardava anche molto avanti, intuendo quali pericolose derive si stessero delineando all'orizzonte.
Ironia della sorte - che altro non è se non il modo con cui la Provvidenza sorride di fronte allo stolto agitarsi degli uomini - vuole che esattamente duecento anni dopo l'ordinazione presbiterale di Newman (1825) nella chiesa anglicana, sia per la prima volta una donna ad essere nominata arcivescovo di Canterbury, massima autorità spirituale della Comunione anglicana e primate d'Inghilterra. In pratica, la "papessa" anglicana, sebbene l'essenza e la modalità di esercizio di questa autorità siano del tutto differenti da quelle del Successore di Pietro.

NÉ PRESBITERA, NÉ VESCOVA
Si tratta di Sarah Mullally, sposata e madre di due figli, di professione infermiera (professione che ha lasciato nel 2004 per dedicarsi al ministero), "ordinata" presbitero della chiesa anglicana nel 2002 e vescovo nel 2015 (preferiamo evitare quella sorta di ossimoro che vorrebbe si scriva "presbitera" e "vescova"), proprio dal suo predecessore, l'allora arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, dimessosi lo scorso anno in seguito ad accuse di copertura di uno scandalo legato alla pedofilia. L'annuncio è arrivato ieri, 3 ottobre, dal portavoce della Crown Nominations Commission, ossia la commissione chiamata a scegliere, con maggioranza dei due terzi, i candidati arcivescovi di Canterbury e York, che devono poi essere presentati all'approvazione del re.
La nomina di Sarah Mullally, a dire il vero, non sorprende affatto. Non si tratta né di una rivoluzione, né di una svolta, come riportano alcune agenzie o titolano alcune testate, ma della logica conseguenza della scelta che la chiesa anglicana fece a partire dall'11 novembre 1992, durante il proprio Sinodo, quando si decise di aprire la possibilità alle donne di accedere al sacerdozio; due anni dopo, il 12 marzo 1994, trentadue donne ricevettero l'ordinazione. Altri vent'anni (2014) e il voto democratico delle assemblee sinodali spalancò le porte anche all'episcopato (ricordiamo che tutti gli ordini sacri conferiti nella chiesa anglicana sono invalidi). Era chiaro già da allora che, in quanto vescovi, anche le donne potevano divenire le "inquiline" di Lambeth Palace. Ed in effetti, alla prima occasione possibile - ricordiamo che Welby fu nominato nel 2013, un anno prima della decisione sulle donne-vescovo -, la chiesa anglicana non ha perso l'occasione di mostrare al mondo la propria decadenza.

LA DENUNCIA DI JOHN HENRY NEWMAN
Perché in fondo si tratta del coronamento di quella logica che Newman aveva denunciato come la più pericolosa, che, in nome di una presunta libertà dello spirito, affrancava la chiesa dalla sua sottomissione alla tradizione dei Padri per assoggettarla alle decisioni politiche e allo spirito del tempo. È in conseguenza di questa singolare emancipazione che la chiesa anglicana si è espressa a favore della libertà di scelta delle donne relativamente all'aborto, della possibilità in certi casi (ricorda qualcuno?) del ricorso all'eutanasia come espressione della pietà cristiana, del riconoscimento e benedizione delle coppie omosessuali, purché stabili e unite civilmente, coronamento di un percorso di discernimento triennale, denominato Living in love and faith, guidato proprio dalla Mullally. Per non parlare del divorzio, che è nel suo nativo corredo cromosomico.
Non ci resterebbe che rattristarci della realtà del mondo anglicano, che, respinta la mano tesa della misericordia di Dio, che aveva suscitato al suo interno una sorta di nuovo Elia inviato ai Samaritani, nella persona di John Henry Newman, si ritrova ora a precipitare verso l'abisso con allegria e soddisfazione. Come sul Titanic. Se non fosse, però, che anche tra le più alte sfere della gerarchia cattolica si ammicca ad aperture simili, inclusa quella al sacerdozio femminile. Numerosi bastioni sono già stati ampiamente scossi e pericolose brecce sono state aperte nei vari Sinodi targati Francesco: dalla comunione ai divorziati-risposati che continuano a vivere more uxorio, ormai una realtà in tutte le diocesi, alla riapertura delle discussioni sul celibato sacerdotale, sul diaconato femminile, alle benedizioni alle coppie dello stesso sesso. Nonché la sovversione del senso stesso del Sinodo dei vescovi, con la possibilità conferita ai laici non solo di intervenire, ma anche di votare; una novità anche questa "francescana", che avvicina spaventosamente i Sinodi della Chiesa cattolica alla struttura tricamerale (House of Bishops, House of Clerics, House of Laity) dei General Synods della chiesa anglicana. E speriamo che le similitudini finiscano qui.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 4 ottobre 2025

6 - DOPO LA FRANCIA, ANCHE LA SPAGNA VUOLE L'ABORTO IN COSTITUZIONE
In un continente che non genera più, Sánchez copia Macron e celebra la morte come diritto
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Sito del Timone, 4 ottobre 2025

Un piccolo e rapido esercizio. Provate a pensare ad un Paese pesantemente flagellato dalla denatalità, dove gli ultimi dati parlano del numero più basso di nascite dal remoto 1941, e dove il tasso di fertilità sia ormai cimiteriale: 1,16 figli per donna, perfino peggio - ed è tutto dire - di ciò che si registra in Italia (1,24). Immaginate che in quello stesso Paese l'aborto stia dilagando, con una gestante su quattro che vi ricorre (mentre nel 2013 era una su cinque). Insomma, pensate ad un Paese in pieno suicidio demografico Ecco a voi, in contesto simile, verrebbe forse in mente d'incensare l'aborto, inserendolo in Costituzione? C'è da sperare di no.
Eppure chi questo Paese, che esiste veramente - è la Spagna -, è chiamato a governarlo, il premier Pedro Sanchez, sta procedendo esattamente in questa direzione. È delle scorse, difatti, la notizia che il governo ispanico presenterà al Congresso dei deputati una proposta di riforma per includere l'aborto nella Costituzione. A dichiararlo è stato lo stesso Sanchez, che con l'occasione ha pure attaccato l'opposizione: «Il Partito popolare (Pp) ha deciso di allearsi con l'estrema destra. Che facciano pure. Possono farlo. Ma non a scapito delle libertà e dei diritti delle donne». A dispetto delle apparenze, pare non sia un'iniziativa del tutto a sorpresa.
L'ideona di blindare l'aborto volontario inserendolo in Costituzione sembra sia una reazione al fatto che il partito di destra Vox ha poco approvato, nel Comune di Madrid, una mozione che prevede che le donne che si accingono ad abortire siano bene informate sui rischi di una sindrome post aborto che - viene detto da più fonti progressiste - «non ha alcuna base scientifica». In realtà, sulla sindrome post-aborto esiste una corposa letteratura fatta anche di ricerche pubblicate su riviste peer review; dopodiché, queste ricerche possono essere pure contestate da alcuni (e difatti lo sono), ma affermare che le conseguenze sulla donna dell'aborto siano tutte una favoletta terroristica senz'«alcuna base scientifica», ecco, è decisamente forzato.
Ma torniamo all'aborto in Costituzione, che rappresenterebbe - se passasse in Spagna, dov'è già stato sancito da una sentenza della Corte costituzionale del 1985 - una triste scopiazzatura di quanto già approvato in Francia, che nel marzo 2024 è divenuta (come, attraverso il racconto di Aliette Espieux, la portavoce ufficiale della Marcia per la Vita d'Oltralpe, abbiamo spiegato sulle pagine della nostra rivista: qui per abbonarsi) il primo Paese al mondo a includere esplicitamente l'accesso all'aborto nella propria Costituzione. Sanchez mira insomma a prendere lezioni da Emmanuel Macron, probabilmente il leader europeo più allo sbando del momento; il che la dice lunga, purtroppo, anche sulla lungimiranza della sinistra iberica che, nonostante il quadro demografico devastante che già ha davanti, anziché porvi rimedio decide di premere il piede sull'acceleratore dell'aborto. Sono scelte, per carità. Scelte suicide però.
Scelte davanti alle quali pure chi non sia francese o spagnolo ha tutto il diritto non solo d'interrogarsi, ma anche di indignarsi. Perché se questo inizia ad essere il trend europeo, beh, non ha neppure più senso interrogarsi sul futuro del Continente; per il semplice fatto che quel futuro mai ci sarà. Esageriamo? Vorremmo tanto farlo, ma davanti alla forza bruta dei numeri e delle statistiche, c'è poco da scherzare. Non c'è infatti pressoché Paese al mondo - inclusa la Cina che, quanto a decisionismo, ha le mani infinitamente più libere delle democrazie parlamentari - che stia vincendo l'inverno demografico. Viceversa ce ne sono tanti che, siccome stanno già perdendo questa sfida, decidono di peggiorare la propria situazione. Proposta: in Costituzione, in Spagna, ci si inserisca direttamente il suicidio di civiltà. Almeno ci si evita l'ipocrisia.

Fonte: Sito del Timone, 4 ottobre 2025

7 - OMELIA XXIX DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 18,1-8)
Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (Lc 18,8). È l'interrogativo più inquietante di tutto il Vangelo; inquietante soprattutto perché il Signore l'ha lasciato senza risposta, quasi a dirci che la risposta - positiva o negativa che possa essere - dipende da noi e dalla serietà del nostro impegno. 
Certo noi sappiamo che la grande comunità di fede, che è la Chiesa, non verrà mai meno al suo compito di essere colonna e fondamento della verità (1 Tm 3,15). Noi abbiamo la garanzia che il gregge di Cristo, affidato a Pietro e agli apostoli (che vivono nei loro successori, cioè il papa e i vescovi), resterà fino alla fine del tempo, quando Gesù "di nuovo verrà nella gloria" e porrà i sigilli conclusivi a questa vicenda di dolore e di colpa che è la storia umana. Noi siamo certi che la barca di Pietro, sempre squassata, sempre in pericolo di essere sommersa dalle ondate delle forze che con accanimento le si oppongono, non affonderà mai perché c'è il Signore con lei. La Chiesa non può essere vinta né dall'odio dei molti che inspiegabilmente la combattono, forse perché non possono sopportare il suo messaggio di luce e di amore, né dalla menzogna di quanti continuamente avvolgono di falsità i suoi atti, le sue parole, le sue intenzioni, la sua storia. 
La Chiesa non perirà neppure per la debolezza e l'incoerenza di coloro che ne fanno parte, cioè di noi, che spesso per la nostra insipienza e la nostra grettezza d'animo veliamo di bruttezza il volto incantevole della Sposa di Cristo. Ma la domanda evangelica potrebbe essere precisata e limitata così: il Signore, quando verrà, troverà ancora la fede, la vita cristiana, la comunità ecclesiale qui, nella nostra regione, nella nostra città, nel nostro quartiere, in mezzo al nostro popolo? In questo caso di assicurazioni tranquillizzanti non ne abbiamo più: tutto dipende dalla nostra capacità di mantenere vitale la nostra concreta famiglia di credenti, con lo slancio missionario della nostra fede e l'incisività coraggiosa della nostra testimonianza, con l'intensità e l'autenticità delle nostre celebrazioni, con la determinazione di vivere veramente e fattivamente da fratelli anche al di fuori dei nostri raduni liturgici, in tutti i campi della vita associata.

LA NECESSITÀ DI PREGARE SEMPRE 
Come elemento essenziale per la sopravvivenza dentro di noi e fuori di noi della fede e della vita battesimale, la pagina odierna di Luca ci presenta la preghiera, e così ci invita ad approfondire appunto questo tema nella nostra riflessione settimanale. 
Bisogna pregare sempre e non stancarsi mai, ci ha detto Gesù. E qui già ci sentiamo toccati sul vivo, noi che fatichiamo a dare a Dio l'attenzione di pochi minuti al giorno, al mattino e alla sera; noi che talvolta crediamo di fare un grande favore al Signore se partecipiamo alla messa domenicale; noi che non sappiamo sorreggere con la preghiera i momenti importanti o difficili dell'esistenza: le gioie, le pene, le ansietà, le stanchezze, le speranze, che accompagnano il nostro cammino sulla terra. 
Pregare sempre. Perché? Perché sempre dipendiamo da colui che ci ha creati; perché sempre dobbiamo guardare al Padre nostro del cielo che alla conclusione dei nostri giorni ci aspetta a casa, se vogliamo che il nostro pellegrinaggio terreno abbia un senso; perché l'uomo non è mai così grande e così davvero uomo, come quando entra in dialogo con colui che misteriosamente, per amore, l'ha chiamato alla vita: un dialogo semplice, schietto, confidente, affettuoso; un dialogo nel quale possiamo chiedere tutto, noi che abbiamo bisogno di tutto, lasciando ogni ultima decisione alla sapienza di Dio; un dialogo pieno di verità, che immancabilmente ci farà apparire senza consistenza e senza valore molte delle parole umane che quotidianamente siamo costretti ad ascoltare. 
Dobbiamo pregare sempre perché siamo sempre un po' colpevoli e abbiamo sempre bisogno di farci perdonare qualcosa. Perciò il Signore ci ha invitato a chiedere, con il pane, anche la nostra razione quotidiana di perdono. La nostra invocazione più adatta non può dunque essere quella della vedova della parabola: Fammi giustizia, ma quella del pubblicano, che la liturgia così spesso ci suggerisce: Abbi pietà di me.

PREGARE IN GESÙ CRISTO 
Però dobbiamo pregare da cristiani. Che cosa significa "da cristiani"? Significa come discepoli del Signore Gesù, il quale spesso si ritirava in solitudine sulle cime dei monti per parlare col Padre: tutta la sua vita è stata una continua orazione, un atto ininterrotto di adorazione e di amore. Significa appoggiarsi a Cristo, il quale in cielo è sempre vivo per intercedere a nostro favore (cf. Eb 7,25). La prima lettura ci ha descritto la scena di Mosè che, sul monte, con le sue braccia alzate nella supplica diventava garanzia di vittoria per il suo popolo. Ma il vero Mosè è il Signore Gesù: proprio perché sappiamo che è alla destra del Padre sempre intento a implorare per noi, siamo certi che la vittoria vera, di là da ogni deludente apparenza, è sempre nostra. La vittoria della Chiesa trova la sua ragione, più che nella nostra attività, nelle braccia alzate in preghiera del suo Signore. 
Pregare da cristiani vuol dire riconoscere che, come Cristo ha toccato il vertice della sua orazione nel sacrificio offerto sulla croce, così anche per noi il momento culminante e irrinunciabile della preghiera è la partecipazione al sacrificio di Cristo che si ripresenta e si rinnova nella messa. «Il cristiano dunque sa che la sua preghiera è Gesù; ogni sua preghiera parte da Gesù; è lui che prega in noi, con noi, per noi. Tutti coloro che credono in Dio pregano; ma il cristiano prega in Gesù Cristo: Cristo è la nostra preghiera!» (Giovanni Paolo II).

CHIEDERE CON INSISTENZA, SENZA PAURA 
Ma il Signore oggi ci ha anche raccontato una parabola per esortarci a non temere di insistere con le nostre domande rivolte al cielo. 
È una parabola pittoresca, nella quale noi siamo paragonati a una vedova molesta e seccatrice, ma Dio addirittura è raffigurato in un giudice disonesto. Gesù vuol dirci che Dio desidera essere disturbato da noi: non dobbiamo avere paura di importunarlo. 
Vuol dirci anche che Dio sempre ci ascolta, qualunque cosa gli chiediamo, anche se poi ci esaudisce non tanto secondo la letteralità delle nostre richieste, quanto secondo la conoscenza che egli ha del nostro vero bene.

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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.

Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

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