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Ogni anno, subito prima e durante la stagione balneare, i media e il grande pubblico si accorgono che in mare ci sono organismi diversi dai pesci e dai delfini, esseri che possono essere fastidiosi e finanche pericolosi: le meduse. E ogni anno, immancabilmente, giornalisti di varia cultura cercano disperatamente "esperti" che possano far luce su queste presenze.
Di solito i veri esperti del settore dicono subito che non si tratta di fenomeni riconducibili a fatti eclatanti o all'ormai onnipresente cambiamento climatico, ma di situazioni naturali. Vengono così privilegiati gli "esperti" che possano testimoniare a favore di un qualunque allarme. Ed ecco fantasiose teorie di connessioni con i recenti cambi climatici, con la presunta scomparsa dei tonni e dei pescespada (che per nostra fortuna continuano a esistere malgrado la sovrapesca) e anche con la minaccia per la sopravvivenza dei delfini. Altri "esperti" legano positivamente la presenza delle meduse al fatto che funzionino meglio i depuratori e le acque siano più pulite; o anche al caldo afoso continuato che ne favorisce la riproduzione.
I veri esperti che si occupano quasi stabilmente anche di meduse, che pure esistono in Italia e hanno i loro laboratori presso l'Università del Salento o l'Università di Trieste, hanno correttamente più dubbi che certezze, perché il mare è un ambiente complesso e le nostre conoscenze sono limitate. Ma, come sanno bene anche i biologi dell'Acquario di Genova, i fattori che regolano la nascita delle meduse sono legati a gradienti freddi e non al calore.
La presenza di meduse nelle reti dei pescatori, o le scie luminose create dai velieri di notte, quando passavano in mezzo a banchi di meduse in grado di provocare bioluminescenza, sono presenti nelle cronache del '500 e del '700. Il compianto professor Elvezio Ghirardelli, nel suo famoso libro "La Vita nelle Acque", riporta invasioni massive in Adriatico (un mare di solito abbastanza freddo) anche negli anni antecedenti agli '80.
Da quando frequento le spiagge, dato che il mare e i suoi abitanti sono stati sempre la mia grande passione, ricordo periodicamente le meduse. Da piccolo, negli anni '50, restavo spesso sulla ghiaia della spiagge di Mazzarò o Isola Bella, vicino a Taormina, perché le fredde acque joniche erano piene di questi esseri violacei e urticanti, che talvolta mi procuravano bruciori intensi. Ma allora il cambio climatico non era di moda e i pescatori della zona dicevano sorridendo che i "bromi" (così chiamano gli organismi del macro-plancton, incluse le meduse) erano figli del mare e che occorreva solo prestare attenzione.
Nessuno lanciava allarmi diffusi, non era il caso e mancava la sostanza. Quando le piccole Pelagia noctyluca, le meduse viola-rosate che sono tra le più urticanti nel nostro Mediterraneo, si avvicinavano a qualche spiaggia, i bagnanti cambiavano le proprie abitudini, aspettando che le correnti le spostassero da qualche altra parte.
Ora non è più così: le meduse (come anche altri animali marini) sono anche oggetto privilegiato della comunicazione estiva, dato che i bagnanti che si affollano lungo le rive del solo Mediterraneo sono decine e decine di milioni. Molti di loro, la gran parte, non conoscono il mare e i suoi abitanti.
Quanto alle grida di allarme legate a previsioni di arrivi catastrofici di meduse in massa, c'è un piccolo problema: non esiste alcun monitoraggio della distribuzione delle meduse e, quindi, nessuno può fare previsioni attendibili nel settore.
La Fondazione Acquario di Genova Onlus tenta di fare in modo che le notizie siano sempre scientificamente fondate e proprio per questo è in contatto costante con i maggiori scienziati, in Italia e all'estero. Ne ho parlato ieri, a lungo, con Nadia Pinardi, che coordina il Gruppo nazionale di oceanografia operativa (Gnoo) e che attualmente si trova negli Usa, con Giuseppe Manzella, che coordina il monitoraggio dei dati oceanografici per conto dell'Enea e della rete europea Sea Data Net e con Federico De Strobel, fisico oceanografico emerito, presidente della Historical Oceanography Society.
Gli studi oceanografici, negli ultimi decenni hanno fatti passi da gigante grazie alle nuove tecnologie, a navi da ricerca sofisticatissime, a boe in grado di registrare milioni di parametri e ai satelliti dedicati, che ci danno immagini continue della superficie degli oceani. Le immagini del Mar Ligure, negli ultimi giorni, indicano la presenza di acque fortemente riscaldate a ovest, di alcuni gradi superiori alla media del periodo. La previsione sulle correnti, basata anche sull'arrivo dei venti dai quadranti settentrionali, mostra una situazione abbastanza inconsueta, dato che la corrente dominante nel Mar Ligure in questo mese (verso ovest), viene temporaneamente sostituita in superficie da una corrente che dovrebbe spostarsi verso est
Cosa questo comporti per lo spostamento delle meduse non credo che qualcuno possa dirlo. Nessuno sa, infatti, dove siano i maggiori addensamenti di Pelagia, la specie più urticante. Le osservazioni dei bagnanti non sono sufficienti, essendo necessarie osservazioni al largo. Quasi con certezza, le correnti superficiali in Costa Azzurra spingeranno al largo le meduse che dovessero trovarsi nello strato superficiale del mare, ma qui il gioco delle correnti si fa molto più complesso e la previsione mostra due vortici, uno ciclonico al largo della Costa Azzurra e uno anticiclonico tra la costa occidentale della Liguria e la Corsica. Quindi è abbastanza difficile sapere come possano essere spostati questi delicati esseri nelle acque liguri.
Cerchiamo, quindi, di essere realistici e consci dei nostri limiti di conoscenza, godiamoci il mare d'agosto. Ovviamente, facciamolo con attenzione e rispetto, come è d'obbligo quando si entra in casa d'altri.
E poi, quando si parla di meduse, si fa quasi sempre riferimento solo a Pelagia noctyluca, quella maggiormente urticante, mentre le nostre acque ospitano anche tante altre specie di meduse, tutte splendide e alcune praticamente non urticanti per noi umani. Parliamo soprattutto delle grandi Rhizostoma pulmo, dal colore bianco-celeste, e delle brune Cotylorhiza tubercolata. Lungo le spiagge, quando queste due grandi specie sono presenti, si vedono bimbi e adulti che le raccolgono con secchielli e retini, lasciandole poi morire lentamente al sole. È un gesto sciocco e inutile, dettato dalla non conoscenza. Aiutiamole, invece, a lasciare la riva, spingendole in acque più profonde: possiamo farlo tranquillamente a mani nude.
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