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HUMANAE VITAE: 40 ANNI DI LUCE
Humanae Vitae profetica
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Sono passati quarant'anni dalla promulgazione dell'Enciclica profetica "Humanae Vitae" (25 luglio 1968). Un'Enciclica che portò Paolo VI a decidere, «come avvocato della persona umana», anche contro la maggioranza della commissione di studio appositamente da lui costituita. Si trattava non solo di riaffermare, approfondendolo, un insegnamento che apparteneva al patrimonio permanente della dottrina morale della Chiesa, ma anche di contrastare la logica profonda dell'atto contraccettivo e la sua radice ultima. Quale logica? Quale radice? La logica anti-vita: per la quale in questi quarant'anni numerosi Stati hanno rinunciato alla loro dignità di essere i difensori della vita umana innocente, con le legislazioni abortiste, realizzando così una vera strage di innocenti. Una logica che ha la sua radice nella ribellione contro Dio Creatore, unico Signore della vita e della morte delle persone umane, nel tentativo, intrinsecamente assurdo, di costruire un mondo da cui Dio sia del tutto estraneo. «Raramente - scrisse l'allora card. Ratzinger - un testo della storia recente del Magistero è divenuto tanto un segno di contraddizione come questa Enciclica, che Paolo VI ha scritto a partire da una decisione di coscienza profondamente sofferta».
"HUMANAE VITAE" PROFETICA E QUANTO MAI ATTUALE
Il 25 luglio 1968 Paolo VI pubblicava l'Enciclica "Humanae Vitae" nella quale insegnava come verità non solo per i credenti ma anche per ogni uomo, che la contraccezione è obiettivamente ingiusta. "Atto contraccettivo" ha un significato molto preciso nel Magistero della Chiesa: è l'atto di privare la sessualità umana della sua fecondità in vista, durante, o immediatamente dopo un atto coniugale, al fine di evitare il concepimento di una nuova persona.
L'Enciclica rispondeva alla tendenza ormai chiara di ritenere etica la separazione dell'esercizio della sessualità coniugale dalla fertilità in essa eventualmente presente. Si trattava di contrastare la sconnessione della sponsalità/coniugalità dalla paternità/maternità.
Esattamente dieci anni dopo, nel luglio del 1978 venne al mondo la prima persona umana concepita non mediante un rapporto sessuale, ma mediante un procedimento tecnico di fecondazione in vitro. Dimostrando possibile il concepimento umano senza alcuna relazione sessuale, la fecondazione in vitro separava per ciò stesso in linea di principio, almeno, la paternità/maternità dalla sponsalità/coniugalità.
Come ha fatto ripetutamente Giovanni Paolo II durante il suo pontificato, anche Benedetto XVI, in due discorsi dell'11 e del 13 maggio 2006 (rispettivamente al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia e al Pontificio Consiglio per la Famiglia), ha definito l'Enciclica "Humanae Vitae" di Paolo VI "profetica e sempre attuale".
LA STORIA
La vicenda che riguarda la genesi della "Humanae vitae" e tutto il dibattito sulla liceità della contraccezione abbraccia un arco di tempo di quattro anni: dal 23 giugno 1964, quando Paolo VI comunicò la sua decisione di sottrarre al dibattito conciliare la questione della morale matrimoniale e di creare un'apposita commissione pontificia, fino al 29 luglio 1968, quando il testo dell'enciclica, firmato quattro giorni prima, fu reso pubblico. Ma le radici del dibattito affondano ancora più indietro. Il 31 dicembre 1930 Pio XI aveva pubblicato l'Enciclica "Casti connubii", che dichiarava l'illiceità dei mezzi anticoncezionali.
LA DOTTRINA DELLA "CASTI CONNUBII" FU RICONFERMATA RIPETUTAMENTE DA PIO XII.
Intorno alla fine degli anni Cinquanta comincia il dibattito tra medici e moralisti intorno alla "pillola Pincus". Inizialmente l'opinione corrente tra i teologi è di deciso rigetto. A poco a poco, però, si fanno strada una serie di distinguo riferiti a casi limite o particolari (l'uso terapeutico della pillola per regolarizzare il ciclo, il suo uso preventivo da parte di religiose che vivono in Paesi in guerra, con il rischio di violenze sessuali; eccetera). Il dibattito continuò incalzante fino ai primi degli anni Sessanta. E quando si giunse al Concilio fu chiaro a tutti che i fronti si erano capovolti e che l'opinione prevalente soltanto 10 anni prima era divenuta minoritaria.

Nel marzo del 1963, Giovanni XXIII (1958-1963) aveva istituito una Commissione di studio per affrontare i temi relativi al matrimonio e alla famiglia, la quale aveva dato un parere favorevole al controllo artificiale delle nascite.
Nel giugno 1964 Paolo VI avocò a sé il tema della contraccezione, sottraendolo al dibattito conciliare e creando una Commissione pontificia di esperti. In realtà una Commissione era già stata creata nel marzo del 1963 da Giovanni XXIII ed era composta da sei membri. Paolo VI la ristrutturò, portandola a 12 membri. Nella primavera del 1965 la rafforzò di nuovo, includendovi medici, sociologi, demografi, teologi e un certo numero di sposi cattolici. E nel marzo 1966 ne ingrossò ancora le file. Alla fine la commissione risultò composta di 75 membri oltre a un presidente (il cardinale Ottaviani, prefetto del Sant'Uffizio) e due vicepresidenti (i cardinali: Doepfner, tedesco, e Heenan, inglese).
Il 29 ottobre 1964 il cardinale Leo Suenens, arcivescovo di Malines (Belgio), pronuncia uno degli interventi più famosi e drammatici del Concilio Vaticano II. Si sta dibattendo il paragrafo 21 (sulla teologia del matrimonio) dello schema De Ecclesia in mundo huius temporis, che diventerà poi parte della Gaudium et spes. Ma il vero oggetto della discussione è una questione "caldissima": il rinnovamento della morale coniugale, i problemi della regolazione delle nascite e, in definitiva, la liceità o meno della "pillola" come strumento per attuare una moderna «paternità responsabile». Suenens si fece interprete dell'esigenza di un rinnovamento della morale coniugale che affrontasse in maniera nuova e più aperta anche il delicato tema della regolazione delle nascite. Accanto alla sua, si levarono anche le voci dei cardinali Alfrink e Léger, e del patriarca melchita Maximos IV Saigh e di altri autorevoli esponenti della maggioranza "progressista" dei Padri conciliari.
Nel giugno 1966 la Commissione Pontificia per lo studio della Popolazione, della Famiglia e della Natalità (Cppfn) concluse i suoi lavori. Paolo VI richiese un supplemento di studio al cardinale Ottaviani e ad un ristretto gruppo di teologi.
Si deve ricordare, a questo punto, il ruolo che ebbero alcuni teologi e pastori che operavano come una vera lobby già prima della promulgazione dell'Enciclica. Nell'aprile del 1967, per far pressione sul Papa, la lobby di teologi e pastori favorevoli alla pillola contraccettiva, tra cui il redentorista Bernard Haring, fecero uscire contemporaneamente in Francia su Le Monde, in Gran Bretagna su The Tablet e negli Stati Uniti sul National Catholic Reporter, il "documento della commissione preparatoria", che a maggioranza era in contrasto con le decisioni che prenderà poi Paolo VI (si scrisse che nella commissione i favorevoli erano 70 e i contrari solo 4).
Importante a questo proposito è la testimonianza di Bernardo Colombo, professore emerito di demografia all'Università di Padova, fratello di mons. Carlo Colombo, vescovo e teologo di fiducia di Paolo VI negli anni del Concilio Vaticano II, che in qualità di "perito" conciliare, prese parte all'elaborazione della costituzione "Gaudium et Spes", ma soprattutto lavorò intensamente nella Commissione Pontificia per lo studio della Popolazione, della Famiglia e della Natalità (Cppfn).
Colombo raccontò che quando uscì sulla stampa la cosiddetta "relazione della maggioranza", egli si sentì "intimamente offeso e disgustato". Quel testo era solo "uno di dodici rapporti presentati al Santo Padre". Quanto ai responsabili della fuga afferma: "Io vi vedo una campagna orchestrata con malizia: non mi risulta che questa rientri tra le virtù cristiane. [...] Intimamente sentii che quella gente, in fatto di comportamenti morali, non aveva nulla da insegnarmi. [...] A me venne fatto di confrontare la serietà di quelle persone con quella dei componenti del comitato centrale del partito comunista italiano...".
Dopo la promulgazione dell'Enciclica, avvenuta il 25 luglio 1968, la contestazione esplose un po' ovunque - dentro e fuori la Chiesa - e quella lobby, uscita sconfitta, non era certamente estranea a questa ondata di contestazione del Magistero.
Durante la preghiera dell'Angelus del 4 agosto il Papa farà udire la sua voce di padre e pastore: «La voce della Nostra Enciclica Humanae vitae ha avuto molti echi [...]. Sappiamo che vi sono anche molti che non hanno apprezzato il Nostro insegnamento, anzi non pochi lo osteggiano. Possiamo in un certo senso capire questa incomprensione ed anche questa opposizione. La Nostra parola non è facile, non è conforme ad un uso che oggi si va purtroppo diffondendo, come comodo e apparentemente favorevole all'amore e all'equilibrio familiare. Noi vogliamo ancora ricordare come la norma da Noi riaffermata non è Nostra, ma è propria delle strutture della vita, dell'amore e della dignità umana; è cioè derivata dalla Legge di Dio. Non è norma che ignori le condizioni sociologiche o demografiche del nostro tempo [...]. È solo una norma morale esigente e severa, oggi sempre valida, che vieta l'uso di mezzi i quali intenzionalmente impediscono la procreazione, e che degradano così la purezza dell'amore e la missione della vita coniugale. Abbiamo parlato per dovere del Nostro ufficio e per carità pastorale [...]».
Gli studiosi cattolici Hervé Cavallera e Ramón Garcia de Haro avanzano l'ipotesi che da questa Enciclica sia cominciata la grande contestazione del Magistero pontificio: in effetti, dalla grave crisi modernista manifestatasi all'inizio del secolo XX, mai il Magistero pontificio aveva più ricevuto contestazioni così dure ed esplicite all'interno della Chiesa; sotto Paolo VI queste invece ci saranno e cresceranno proprio con l' "Humanae vitae".
Paolo VI, il 18 settembre 1968, parlando dei "cattolici inquieti" e della contestazione in atto, denunciava che "uno spirito di critica corrosiva è diventato di moda in alcuni settori della vita cattolica", aggiungendo: «Vengono alle labbra le parole di Gesù: "Inimici hominis, domestici eius", i nemici dell'uomo saranno i suoi di casa!».
Il 12 di settembre, pochi giorni prima di concludere il suo pellegrinaggio terreno (23 settembre), Padre Pio da Pietrelcina scrisse una lettera - anche a nome di tutti coloro che in qualche modo gli erano legati: figli spirituali, gruppi di preghiera, benefattori delle opere sociali e caritative, ecc. -, con la quale intendeva alleviare le sofferenze del Papa promettendogli la sua preghiera ed i sacrifici, affinché il Signore mitigasse il suo dolore e facesse trionfare la verità da lui proposta e difesa in quella Enciclica tanto contrastata e in tutti gli altri atti del suo Supremo Magistero Apostolico. La lettera di Padre Pio venne pubblicata dall'Osservatore Romano del 29 settembre 1968.

Testo della lettera di San Pio da Pietrelcina:
San Giovanni Rotondo, 12 settembre 1968
Santità,
approfitto del Vostro incontro con i padri Capitolari per unirmi spiritualmente ai miei confratelli ed umiliare ai Vostri piedi il mio affettuoso ossequio, tutta la mia devozione verso la Vostra Augusta Persona, nell'atto di fede, amore ed obbedienza alla dignità di Colui che rappresentate sulla terra. [...]
So che il Vostro cuore soffre molto in questi giorni per le sorti della Chiesa, per la pace del mondo, per le tante necessità dei popoli, ma soprattutto per la mancanza di obbedienza di alcuni, perfino cattolici, all'alto insegnamento che Voi assistito dallo Spirito Santo e nel nome di Dio ci date.
Vi offro la mia preghiera e sofferenza quotidiana, quale piccolo ma sincero pensiero dell'ultimo dei Vostri figli, affinché il Signore Vi conforti con la sua grazia per continuare il diritto e faticoso cammino, nella difesa dell'eterna verità, che mai si cambia col mutar dei tempi.
Anche a nome dei miei figli spirituali e dei "Gruppi di preghiera" vi ringrazio per la parola chiara e decisa che avete detto, specie nell'ultima Enciclica Humanae Vitae, e riaffermo la mia fede, la mia incondizionata obbedienza alle vostre illuminate direttive.
Voglia il Signore concedere il trionfo alla verità, la pace alla sua Chiesa, la tranquillità ai popoli della terra, salute e prosperità alla Santità Vostra, affinché dissipate queste nubi passeggere, il regno di Dio trionfi in tutti i cuori, mercé la vostra opera apostolica di supremo Pastore di tutta la cristianità.
Prostrato ai vostri piedi vi prego di benedirmi, assieme ai confratelli, ai miei figli spirituali, ai "Gruppi di preghiera", ai miei ammalati, a tutte le iniziative di bene che nel nome di Gesù e con la vostra protezione ci sforziamo di compiere.
Della Santità Vostra umilissimo figlio

 
Fonte: fonte non disponibile, 7 Maggio 2008