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Eugenio Scalfari, il 30 marzo scorso, ha fatto questa perspicace previsione nel suo editoriale sulla Repubblica: “Ho un presentimento: il centrosinistra vincerà sia alla Camera sia al Senato.
Fino a pochi giorni fa pensavo il contrario, che non ce l'avrebbe fatta.
Ebbene ho cambiato idea. Ce la fa. Con avversari di questo livello non si può perdere. Gli elettori cominciano a capirlo. Io sono pronto a scommetterci”.
Quando si dice cogliere nel segno! Si può ironizzare. Ma stiamo parlando del decano dei giornalisti italiani, colui che, una settimana fa, ha inaugurato con la sua lectio magistralis il “Festival del giornalismo” di Perugia.
E’ il perfetto simbolo di una classe intellettuale che si scopre (ancora una volta) lontana anni luce dal Paese e dalla vita concreta.
Ieri, in un filo diretto con i lettori sulla tv di Repubblica, un ascoltatore ha detto a Scalfari: “la smettete di trattare da cretini la maggioranza degli italiani?
Fatevi un esame di coscienza piuttosto.
Magari, visto che siete così intelligenti, riuscirete anche a capire perché padri di famiglia monoreddito con tre figli a carico (di cui uno con handicap) come il sottoscritto, abbiano votato Pdl.
Ma avete visto la Bindi cos’ha combinato nelle due finanziarie? Si può far ministro per le politiche familiari chi una famiglia non l’ha mai avuta?”.
Scalfari è ammutolito e poi ha farfugliato qualcosa per cambiar discorso.
La gente comune, diversamente dai giornalisti, ha capito che la sinistra se ne infischiava delle famiglie vere e anche dei lavoratori.
Ha visto che per quella sinistra l’Italia era quella dei Vladimir Luxuria. Era la sinistra che voleva “farmaci gratis per chi vuol cambiare sesso”, mentre la povera gente si deve pagare di tasca propria tanti farmaci per curarsi.
Per questo l’Italia vera, fatta di famiglie che pagano tasse esose e tirano la cinghia, li ha mandati a quel paese.
Gli arcobaleno e i socialisti – che hanno fatto di queste “battaglie di laicità” la loro bandiera - sono stati letteralmente polverizzati dal corale “vaffa” degli elettori.
Con buona pace della corte salottiera di attori che magari si dicono “comunisti”, fanno il predicozzo sociale all’Italia berlusconiana, e poi si comprano barche da 4 milioni di euro mentre vanno a votare Bertinotti.
Una sinistra così, già cancellata dal Parlamento, non dovrebbe essere ridimensionata anche sui giornali? La gente comune, la gente vera, incompresa dai giornali, è stata invece capita molto bene da Berlusconi.
La sua scelta di dare il segno della svolta già al primo consiglio dei ministri, con l’abolizione dell’Ici e il bonus bebè, è perfetta.
Dice tutto. E’ un altro mondo. E’ l’Italia che vuole farcela e vuole avere un futuro.
Se continua così avrà sempre con sé la stragrande maggioranza del Paese e inizia un’epoca nuova.
Anche se non compresa da ex sessantottini, prigionieri di ideologie, snobismi e pregiudizi altezzosi, che tuoneranno con i loro editoriali su giornali che, alle 11 del mattino, già incartano l’insalata ai mercati rionali.
E’ stata emblematica la puntata di “Otto e mezzo” di lunedì sera.
Per commentare i risultati delle elezioni c’erano Ritanna Armeni e Lanfranco Pace e avevano come ospiti Gad lerner, Lucia Annunziata e Giuliano Ferrara.
Tutte ottime persone e anche intelligenti, ma tutti opinionisti di sinistra eccetto Giulianone che è fra i pochi anticonformisti, ma viene pur sempre dall’aristocrazia del Pci e dal ’68.
Tutti questi magnifici cinque hanno fatto il ’68 e hanno letto gli stessi libri.
La loro è l’Italia di serie A. L’aristocrazia. Poi c’è quella (molto più vasta) di serie B a cui ha dato espressione politica Berlusconi, non a caso ritenuto per anni un parvenu.
Ce n’è uno, fra gli opinionisti di Corriere, Repubblica, Stampa e compagnia che sia culturalmente in sintonia con quel popolo e – per dirla brutalmente - col “fenomeno Berlusconi”, con quello che rappresenta?
No. Con Veltroni, D’Alema e Prodi sì.
La storia sono loro. Il resto (quasi) non esiste. O esiste solo a modo loro. Per questo, per anni, il “berlusconismo” è esistito sui media solo in forma di caricatura, di demonizzazione, o come plebe volgare, un’Italia taroccata a piacimento.
Mentre la sinistra politica e quella giornalistica sono sempre state contigue. Essere stato (o essere) comunista in Italia ha sempre fatto curriculum.
Puoi passare tranquillamente dalla direzione di un “quotidiano comunista” al ruolo di commentatore sulla prima pagina del giornale di Agnelli. E nessuno avverte la minima contraddizione. Bene.
Però nel frattempo il Paese reale ha cancellato dalla storia i comunisti e pure i socialisti (con i verdi) e loro se ne sono accorti solo a cose fatte, dopo un milione di comparsate televisive di Berti-night, il simbolo del comunismo al caviale del tramonto, leader di una rivoluzione che russa nei salotti, ben aggrappata alle poltrone.
E’ la sinistra che ha prediletto il “proletariato esterno” (quello degli immigrati e delle delocalizzazioni) e ha accantonato quello italiano. Per forza che gli operai poi hanno votato centrodestra.
Paolo Garimberti, nel suddetto filo diretto sulla tv di Repubblica, ha riferito a Scalfari che molti ascoltatori erano assai critici con loro: “molti dicono che noi, inteso come giornalisti, osservatori, in fondo non conosciamo l’Italia vera, l’Italia profonda.
A Sesto San Giovanni – che è sempre stata una roccaforte rossa, si chiamava addirittura la Stalingrado d’Italia - ieri ha vinto Berlusconi.
Tanti voti sono andati alla Lega che – diceva proprio ieri qui Massimo Cacciari – ha saputo cogliere e interpretare meglio i sentimenti di frustrazione di persone monoreddito, magari con figli a carico.
Tu Scalfari pensi che ci sia, fra l’élite intellettuale, politica e giornalistica del Paese e il Paese, un gap che ci impedisce di cogliere fino in fondo gli umori della gente?”.
Scalfari lo nega. Se i fatti dimostrano il contrario tanto peggio per i fatti.
Però si intuisce che l’establishment, anche quello dei giornali, stavolta – almeno per i primi mesi – non alzerà le barricate.
Proverà a blandire Berlusconi. In fondo ora hanno scoperto – grazie al libro di Giulio Tremonti – che il centrodestra ha persino un pensiero. E per niente banale.
Infatti lo stesso Scalfari ieri, da volpone di classe, in quel filo diretto sulla tv di Repubblica, ha abbozzato una piccola autocritica: “Io ho detto, forse insistendo eccessivamente, che Berlusconi era inadatto.
Ho detto che non è fascista (come alcuni ritengono), non è razzista, non è xenofobo, non è uno a vocazione dittatoriale di tipo militaresco. Ma che è inadatto.
Poi ho aggiunto: è inadatto per una parte degli italiani che lo reputano tale. Ma non lo è per una serie di altri ceti e forze.
E’ evidente che questi si sono dimostrati la maggioranza.
Non resta che congratularsi con lui per la sua vittoria. Può darsi che questa inadeguatezza, alla luce di una vittoria così netta si mitighi. Dobbiamo vedere alla prova la nuova maggioranza”.
Queste parole rappresentano già una virata rispetto alle cose che Scalfari scriveva prima delle elezioni. Ma siamo lontani dal capire il fenomeno in corso in Italia.
Il fatto è che anni e anni di caricature e invettive contro Berlusconi si sono dimostrate analisi da buttare (comprese alcune di noi opinionisti di centrodestra).
Ormai il leader del Pdl può permettersi il lusso di snobbare gli editoriali dei giornali, prenotandosi alcune pagine sui libri di storia se non altro perché è di fatto l’uomo che ha messo ko la sinistra comunista in Italia e ci ha portati fuori dal fascismo e dall’antifasciamo.
Oggi comincia la terza repubblica e stavolta ci sono tutte le condizioni perché – anche facendo tesoro degli errori passati – Berlusconi dia il meglio di sé e cambi l’Italia.
Forse alla fine cambieranno perfino i giornali.
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