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Ci sono paesi dove battersi per vita nascente è un reato penalmente perseguibile. Uno di questi è Cuba, dove è da anni in carcere il medico antiabortista Oscar Biscet. Il luogo dove il fenomeno raggiunge dimensioni spaventose è però la Cina. In quella che è ormai la seconda potenza economica mondiale, il regime post-comunista si ostina a conservare la legge sul figlio unico, emanata a fine anni '70 da Deng Xiao-Ping con finalità malthusiane. Già a quei tempi la popolazione cinese superava il miliardo di abitanti e il governo, preoccupato del boom demografico, ritenne di dover intervenire con la forza.
Tra i più fieri oppositori della legge sul figlio unico c'è il Premio Nobel, Liu Xiaobo, in carcere dal 2009. Chi però ne sta facendo una vera e propria ragione di vita è una coraggiosa 45enne di nome Chai Ling, unica donna tra i leader della protesta di piazza Tienanmen. Meno di un anno fa Chai Ling si è convertita al cristianesimo e ha ricevuto il battesimo. Non solo tra i cristiani cinesi è altissima la percentuale di dissidenti politici, ma spesso avviene anche il contrario: chi è dissidente non di rado si converte, in quanto trova nel Vangelo una perfetta corrispondenza con gli ideali di libertà per i quali lotta. "Quando abbiamo pensato a far nascere un movimento democratico – dice Chai Ling – gridavamo che tutti gli uomini nascono uguali. Ora so e posso dire con tutta la fiducia il perché: Dio li ha creati uguali, a immagine di Lui". Ciò avviene anche tra chi – ed è la maggior parte dei cinesi – è stato educato all'ateismo di stato e al disprezzo di qualunque fede religiosa. "Per i leader – ha raccontato Chai - 'Dio' era una cosa cattiva che i capitalisti usavano per il lavaggio del cervello del popolo. Come risultato, perfino l'amore di Dio era visto come una cosa che faceva paura. La società era piena di odio, sfiducia, paura".
Nel 1989 Chai era una 23enne studentessa di psicologia a Pechino, unica leader donna del movimento anti-governativo represso nel sangue a Tienanmen. Rifugiatasi negli USA si è laureata in economia ad Harvard e ha sposato l'americano Roberto Maggin jr, con il quale gestisce una compagnia di software. Nel suo paese, dove non è più tornata, è stimata tra le 21 personalità più eversive e pericolose per la stabilità del regime post-maoista, al punto di essere finita nel mirino dei servizi segreti cinesi.
La scorsa estate Chai ha fondato All Girls Allowed, una onlus internazionale, finalizzata a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sulle atrocità della legge cinese sul figlio unico e sostenere, in tutti i modi possibili, le donne vittime dell'inumana normativa. Memore della tragedia dell'89 di cui era stata impotente testimone, Chai definisce gli aborti forzati in Cina come "un massacro di Tienanmen quotidiano, cento volte superiore e fatto alla luce del giorno".
Un abominio morale che sta procurando anche danni sociali ed economici al paese asiatico. In primo luogo è da riscontrare lo squilibrio demografico tra uomini e donne: il rapporto tra i primi e le seconde è di 5 a 4, a causa della preferenza di molte famiglie per il maschio. Con il risultato che almeno 40 milioni di giovani uomini cinesi sono destinati a rimanere scapoli. Negli ultimi trent'anni, quindi, sono stati circa 400 milioni gli aborti praticati in Cina, la maggior parte dei quali in ossequio alla suddetta legge. Le forze dell'ordine non vanno troppo per il sottile, quando si tratta di applicare le politiche demografiche: le donne che si rifiutano di abortire, vengono massacrate di botte e, qualora riescano a partorire, di solito, lo sventurato bimbo viene loro soppresso. L'alternativa, per le famiglie più "fortunate", è sottoporsi a salatissime sanzioni pecuniarie, per pagare le quali molti padri scendono in strada ad elemosinare lavoro. A ciò si aggiungono le negatività tipiche dell'Europa e di tutte le civiltà in calo demografico: a partire dal venir meno di una forza lavoro giovane in grado di contribuire alle spese pensionistiche per una popolazione sempre più anziana.
Lontana dal suo paese, Chai Ling continua a battersi per la giustizia in Cina: la libertà economica, ormai consolidata nella terra del dragone, non ha un vero senso, infatti, se non è suffragata dalla libertà politica, la quale, a sua volta, è moralmente preceduta dalla libertà religiosa e dal diritto alla vita, veri cardini di ogni civiltà degna di tal nome. Chai ha preso sul serio tutto ciò e ha intuito quella che lei descrive come la vocazione del Signore per lei: "Portare l'amore di Dio in Cina". Questo motto è l'alfa e l'omega di una vita vissuta controcorrente, ricca di ideali coraggiosi, cui solo la fede può dare una perseveranza e un significato profondo. Nel pensare alle ingiustizie del suo paese Chai ha chiara in mente l'immagine evangelica del Buon Ladrone, salvato da Gesù un istante prima di morire: "Se solo i leader cinesi ascoltassero la Notizia, qualunque cosa abbiano fatto o commesso, se solo si pentissero, riceverebbero lo stesso amore e lo stesso perdono che tutti riceviamo. Che grande dono sarebbe per loro! Libertà per loro stessi e per tutta la Cina, finalmente!".
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