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Senza entrare nel dettaglio delle proposte di legge sul 'divorzio breve', in continuità con le considerazioni svolte da Francesco Belletti su Avvenire il 15 gennaio, ci preme ulteriormente motivare le ragioni della nostra decisa contrarietà verso di esso. Va sottolineato che siamo molto sensibili alle sofferenze che si verificano in certi matrimoni, le quali esigono molto affetto (lo scrivente conosce dei casi molto dolorosi). È anche per questo motivo che non biasimiamo la separazione quando la convivenza produce un danno serio ad uno o ad entrambi i coniugi. Ma la separazione consente dei ripensamenti (che diventano quasi impossibili dopo un divorzio), rari ma non inesistenti e che potrebbero probabilmente aumentare se lo Stato aiutasse le coppie in crisi a restaurare il rapporto: per il loro bene e per quello dei loro figli, come ha ricordato ieri Benedetto XVI. In effetti, dobbiamo prenderci a cuore i più deboli, appunto i figli. Ora, numerosissime ricerche sociologiche documentano le profonde sofferenze prodotte dalla separazione, e maggiormente dal divorzio, sui figli.
Essi, inoltre, in aggiunta, fanno uso di droghe e patiscono diverse patologie psicologiche molto più spesso rispetto ai figli con genitori uniti. Un solo dato tra i tanti: negli Usa, durante gli anni Ottanta, il 63% dei suicidi dei giovani si è verificato in contesti con il padre assente.
Nonostante i talvolta amorevoli ed encomiabili sforzi per il benessere dei figli da parte dei genitori, sono grandi le sofferenze non solo dei bambini, ma anche degli adolescenti, sia quando i genitori restano soli, sia quando trovano nuovi compagni. Lo diciamo sempre alla luce dei dati, che certificano che per i figli è preferibile – ancorché molto doloroso – vivere con i genitori divisi invece che uniti solo nei casi di conflittualità decisamente alta, che però sono rari ( tale conflittualità precede circa il 30 % delle separazioni). Ma la separazione, lo ribadiamo, è più compatibile con successive riappacificazioni. Ora, se lo Stato approva il divorzio breve, danneggia appunto i figli, sia perché riduce i tempi del ripensamento, perché indebolisce in generale il matrimonio, provocandone più spesso il fallimento. Infatti, le leggi non soltanto disciplinano le situazioni sociali, ma inoltre le modificano, hanno un forte impatto sulla mentalità e sul costume, che dipende dal messaggio che esse esprimono. Un esempio è proprio il divorzio breve introdotto da Zapatero nel 2005 in Spagna, dove è avvenuto un aumento clamoroso dei divorzi: rispetto al 2005 erano già saliti del 74,3 % nel 2006, e sono ulteriormente cresciuti del 140 % nel 2008. Questo aumento si può spiegare connettendolo sia alla riduzione del tempo del ripensamento, sia – e forse soprattutto – all’idea di matrimonio che lo Stato diffonde. Col divorzio breve, infatti, lo Stato produce, consapevolmente o meno, una banalizzazione del matrimonio – denunciata, relativamente alla situazione francese, anche dal quotidiano gauchiste Libération –, perché diffonde l’idea secondo cui il matrimonio è non già un impegno che bisogna tentare di far durare e per la cui riuscita e durata i coniugi si devono impegnare molto ed a fondo, bensì un rapporto temporaneo, transitorio, provvisorio, legato esclusivamente ai sentimenti reciproci, tanto è vero che è possibile interromperlo dopo breve tempo: dunque un rapporto per il quale non sono necessari né un’accurata preparazione previa, né un impegno speciale durante, perché tanto si può rapidamente ricominciare da capo.
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