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Per Uomo di Piltdown si intende il frammento di un cranio e di una mandibola scoperti verso il 1912 in una miniera a Piltdown - presso Uckfield nell'East Sussex. I frammenti erano ritenuti appartenenti ad una forma sconosciuta di ominide a cui venne dato il nome di Eoanthropus dawsoni. Questa attribuzione restò argomento di controversia fino a quando, il 21 novembre del 1953, gli esperti del British Natural History Museum dichiararono che si trattava di un falso, costituito da un osso mandibolare di un Orangutan combinato con il cranio di un uomo moderno.
Fu suggerito che il falso fosse il lavoro della persona stessa indicata come lo scopritore, Charles Dawson, da cui la presunta nuova specie aveva preso il nome. Com'è naturale si accese fin dall'inizio un dibattito e fu sospettato il coinvolgimento di altri. Ancora nell'agosto 1980, dalle pagine del Natural History Magazine, il geologo e biologo Stephen Jay Gould argomentò su una possibile complicità del giovane Pierre Teilhard de Chardin, futuro paleontologo ed eminente teologo gesuita, che conobbe Dawson nel 1909 e partecipò ad alcuni sopralluoghi a Piltdown. L'opinione conclusiva di Gould fu comunque che la partecipazione di Teilhard iniziò "come uno scherzo che, contro ogni previsione, si trasformò incredibilmente in una cosa molto seria e amara".
Il falso di Piltdown è forse la più famosa beffa archeologica della storia. È stato considerevole per due ragioni: l'attenzione prestata per il problema dell'evoluzione umana, e la distanza di tempo (più di 40 anni) che passò dalla sua scoperta fino all'esposizione come falso.
LA PROVA PSEUDOSCIENTIFICA DELL'ANELLO MANCANTE TRA LA SCIMMIA E L'UOMO
La scoperta del cranio di Piltdown fu documentata scarsamente, ma ad un incontro della Geological Society of London tenuto nel Dicembre del 1912, Dawson affermò che gli fu dato un frammento del cranio quattro anni prima da un operaio allo scavo di ghiaia di Piltdown. Secondo Dawson, gli operai del sito avevano scoperto il cranio poco prima della sua visita e l'avevano fatto a pezzi. Rivisitando il sito durante diverse occasioni, Dawson trovò, inoltre, frammenti del cranio e li portò da Arthur Smith Woodward, custode del reparto geologico al British Museum. Fortemente interessato dai ritrovamenti, Woodward accompagnò Dawson al sito, dove, tra Giugno e Settembre del 1912, ritrovarono insieme più frammenti del cranio e metà della mandibola.
Allo stesso incontro, Woodward annunciò che una ricostruzione dei frammenti era stata preparata e che indicava che il cranio era in vari modi simile a quello dell'uomo moderno, eccetto per l'occipite (la parte del cranio che poggia sulla colonna spinale) e per le dimensioni del cervello, che erano circa due-terzi di quello dell'uomo moderno. Egli poi proseguì indicando che, salvo per la presenza di due molari uguali a quelli umani, la mandibola trovata era indistinguibile da quella di un moderno, giovane scimpanzé. Basandosi sulla ricostruzione del cranio fatta dal British Museum, Woodward propose che l'Uomo di Piltdown rappresentasse un anello mancante evolutivo tra la scimmia e l'uomo, poiché la combinazione di un cranio uguale a quello umano con una mandibola uguale a quella di una scimmia tendeva a sostenere il concetto allora prevalente in Inghilterra, che l'evoluzione dell'essere umano fosse guidata dal cervello.
Fin quasi dal primo momento, la ricostruzione di Woodward dei frammenti di Piltdown fu aspramente messa in discussione. Al Royal College of Surgeons le copie degli stessi frammenti usati dal British Museum nella loro ricostruzione furono usate per produrre un modello totalmente diverso, uno che nelle dimensioni del cervello e in altre fattezze rassomigliava all'uomo moderno. Malgrado queste differenze, comunque, non sembra che la possibilità di un vero e proprio falso sia stata formulata relativamente al cranio.
Negli anni venti, Franz Weidenreich esaminò i resti e riportò correttamente che consistevano di un cranio umano moderno e di una mandibola di orangutan con denti limati. Weidenreich, essendo un anatomista, rivelò facilmente l'imbroglio per quello che era. Comunque, le comunità scientifiche ci impiegarono 30 anni per ammettere che Weidenreich era nel giusto. [...]
L'INDAGINE SCIENTIFICA SERIA PORTA ALLO SMASCHERAMENTO
A Joseph Weiner, un giovane professore di antropologia alla Oxford University, si deve il maggior riconoscimento per lo smascheramento dell'imbroglio. Egli raccolse meticolosamente le prove intervistando coloro che erano vivi, visitando i siti, parlò alle persone del luogo, e preparò delle argomentazioni ben documentate. [...]
L'Uomo di Piltdown fu rivelato essere un falso composito, metà scimmia e metà uomo. Esso consisteva di un cranio umano di età medioevale, di una mandibola vecchia di 500 anni di un orangutan del Sarawak e di denti fossili di uno scimpanzé. L'aspetto invecchiato era stato prodotto macchiando le ossa con una soluzione di ferro e con acido cromico. L'esame microscopico rivelò le tracce della lima, da cui si dedusse che qualcuno aveva limato i denti sino a dar loro una forma più adatta a quella che era la dieta umana.
Il problema principale di Weiner nell'accettare le prove fabbricate, fu che la mandibola animale con i suoi denti canini (fresati con precisione) erano stati adattati al cranio umano dove i denti erano stati modificati da un milione di anni d'alimentazione differente, sino a ricoprire con uno strato uniforme i denti molari. Le mascelle umane sono capaci di un considerevole movimento "da lato a lato" (come si vede negli erbivori ruminanti) che necessita di una differente sorta di giuntura della mandibola.
Per il falsario, l'area dove la mandibola si univa al cranio aveva presentato problemi superati con il semplice stratagemma di spezzare i terminali della mandibola. I denti canini nella stessa erano poi stati limati per farli corrispondere, e fu questa modifica a far dubitare dell'autenticità dell'intero reperto. Per caso, si osservò che la cuspide di uno dei molari aveva un angolo molto diverso da quello dell'altro dente. Un esame più accurato condotto al microscopio rivelò a quel punto le tracce di fresatura, e da questo si dedusse che la fresatura aveva avuto lo scopo di alterare la forma dei denti, che nella scimmia è molto diversa da quella dei denti umani.
Il livello di competenza tecnica evidenziato dal falso di Piltdown continua ad essere soggetto di dibattito; comunque, il colpo di genio del falsario è generalmente ritenuto essere stato quello di aver offerto ad alcuni degli esperti esattamente quello che volevano: una prova convincente che l'evoluzione umana fosse guidata dal cervello. A quell'epoca, un terreno di vivace disputa fra gli antropologi era infatti se si fosse prima evoluto il cervello umano, determinando le caratteristiche al contorno, o se lo sviluppo del cervello umano fosse stato effetto e non causa di altre trasformazioni fisiche.
Si sostiene che il falso dell'Uomo di Piltdown abbia avuto tanto successo perché forniva ad un vasto gruppo di esperti la prova di cui avevano bisogno per vincere la disputa scientifica. Gli esperti che caddero nella truffa di Piltdown erano pronti ad ignorare molte delle regole normalmente applicate alle prove, perché il ritrovamento era a loro favore. [...]
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