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VON DER LEYEN: ''LE PANDEMIE NON AVRANNO FINE''
Comanda chi è capace di terrorizzare le masse: per la presidente dell'UE anche dopo il Covid il rischio resterà alto (eppure le pandemie ci sono sempre state, ma non hanno stravolto l'esistenza come oggi)
di Tommaso Scandroglio

Al mondo di sicuro ci sono solo la morte e le tasse. Ed ora aggiungiamo anche le pandemie. A dirlo al Financial Times è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: «Stiamo entrando in un'era delle pandemie. Se si guarda a quanto è accaduto negli ultimi anni, con Hiv, Ebola, Mers e Sars, quelle erano epidemie che potevano essere contenute, ma non possiamo pensare che sia tutto finito una volta superato il Covid-19. Il rischio resta».
La von der Leyen dichiara che «stiamo entrando in un'era delle pandemie», ma in realtà non ne siamo mai usciti. Ricordiamo, tra quelle più letali, la Spagnola (1918-1920) con 50 milioni di vittime, l'influenza Asiatica (1957) con due milioni di morti, la pandemia del 1968 che provocò oltre un milione di vittime, l'HIV, virus non ancor scomparso dal nostro pianeta, con 25 milioni di morti, così come l'Ebola (il computo dei morti fino al 2016 si aggira intorno agli 11 mila). Insomma, i virus letali hanno sempre accompagnato la nostra esistenza, senza però stravolgerla come sta accadendo da un anno a questa parte, anche oggi lo fanno, pur avendo noi molti più strumenti rispetto al passato per combatterli, e lo faranno anche in futuro. Quindi, niente panico.
Invece, il signor Rossi che ascolta le parole della presidente della Commissione europea è colto, comprensibilmente, da un attacco di puro terrore: entreremo in un'era di durata geologica delle pandemie, dopo il Covid non si tornerà mai più alla normalità, «il rischio resta». Insomma, l'incubo virale rimarrà per generazioni. Perché la von der Leyen ha fatto questa uscita? Non certo, come ha dichiarato, per motivare l'implementazione della ricerca in Europa. In realtà il suo intento pare proprio quello di seminare il panico.

PER QUALE MOTIVO DISSEMINARE IL PANICO?
Dopo un anno di stress emotivo per mezzo pianeta (il Sud del mondo ha altri guai a cui pensare rispetto al Covid) quale persona assennata potrebbe ritenere ragionevole aumentare ancor più il tasso di ansia di qualche miliardo di persone? Nessuna, eppure la figura apicale targata UE su uno dei più autorevoli giornali del mondo decide coscientemente di scrivere un remake di Profondo rosso in cui tutti noi figuriamo come comparse.
Ma per quale motivo disseminare il panico? La tesi, che inizialmente sapeva di complotto e che vede la paura come strumento di controllo delle masse, appare sempre più convincente. La fobocrazia è il nuovo scenario che ci aspetta: comanda chi è capace di terrorizzare le masse. Il virus della paura sarà la vera pandemia del futuro, un virus ben più contagioso del Covid perché si trasmette con parole e immagini, le sue vittime possono essere giovani e anziani, persone semplici e colte.
Il Covid finirà, forse sua sponte o per i vaccini o per l'immunità naturale acquisita o per tutte queste tre cause, ma non deve finire la paura e il ricatto ad essa legato. Ecco allora tirare fuori la sfera di cristallo e predire un'apocalisse a tempo indeterminato. E i buonsensisti a domandarsi: ma come è possibile che fino ad un anno fa le varie pandemie che ci sono state non ci avevano mai sconvolto la vita ed ora, di punto in bianco, quelle future saranno così devastanti da obbligarci a mascherarci e rinchiuderci in casa per sempre? Qualcosa non torna, appare evidente.

MA NON IMPORTA
Chi è nel panico non ragiona, ma obbedisce pur di salvarsi la pelle. E non chiamiamola «responsabilità civile» l'osservanza prona delle misure di sicurezza personali, perché, nella maggioranza dei casi, chi si maschera, chi si disinfetta e tiene le distanze, lo fa per sé, non per gli altri. Se fosse così diffusa questa tanto celebrata «responsabilità civile» tutti pagherebbero le tasse, alla guida non tenteremmo di emulare Lewis Hamilton, non parcheggeremmo in divieto di sosta, non butteremmo il nostro materasso nel boschetto dietro casa e molto, molto altro.
No, è la fifa che ci guida perché l'Io è la persona a noi più cara. La von der Leyen e non solo lei l'hanno capito bene e quindi, dato che ora qualche anelito di speranza viene iniettato nei cuori delle persone insieme ai vaccini, si corre subito ai ripari per spegnere sul nascere tanta improvvida fiducia, avvertendo che le pandemie seguono un moto perpetuo. Occorre allora applicare una strategia di controllo della coscienza di massa tramite la diffusione, in modo ciclico e ininterrotto, di due stati d'animo collettivi: l'ansia a cui segue la speranza. Minacciare e poi tranquillizzare, minacciare e poi tranquillizzare. È indispensabile quindi tenere il signor Rossi come Mr Smith sempre sulla corda, ma facendo attenzione che la corda non si spezzi. Chi possiede l'antidoto contro la paura è lo stesso che l'ha generata.

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Titolo originale: Era delle pandemie? No, fobocrazia
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-03-2021