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IL FRUTTO DEL DELITTO DI GIULIA E' LA CACCIA AL MASCHIO
L'accordo sulla (ri)educazione nelle scuole tra Meloni e Schlein è inquietante, del resto Giulia sarebbe ancora viva se Filippo avesse fatto un corso a scuola anni fa?
di Raffaella Frullone

Alla sorella di una ragazza morta prematuramente concedo tutto, figuriamoci alla sorella di una ragazza uccisa brutalmente, perciò non mi scompongo se la sento dire: «Gli uomini devono fare mea culpa. Anche chi non ha mai fatto niente, chi non ha mai torto un capello a una donna. Sono sicura che nella vita di ogni uomo c'è stato almeno un episodio in cui ha mancato di rispetto a una donna solo perché donna. Fatevi un esame di coscienza, imparate da questo episodio e iniziate a richiamare anche gli altri vostri amici».
È folle, ma non mi scompongo, al dolore ognuno reagisce come vuole, molto più spesso come può. Non concedo però la stessa impunità a chi a queste parole ha fatto da cassa di risonanza ripetendole, riproponendole, facendone un dogma che vede l'uomo come colpevole a prescindere, come se la responsabilità non fosse personale ma collettiva in base al sesso di nascita. Secondo Elena Cecchettin sua sorella Giulia è stata uccisa «in quanto donna» e quindi siamo di fronte ad un «femminicidio». In realtà Giulia non è stata uccisa "in quanto donna", altrimenti Filippo Turetta avrebbe ammazzato la commessa, la postina, un'amica, una donna qualunque, invece la furia del ragazzo si è scatenata contro la ex fidanzata. Il movente ancora non è chiaro, ancora non sappiamo tante cose di quanto accaduto quella notte. I tribunali mediatici sembrano comunque avere già deciso.
La sola causa di questo omicidio sembra essere il sesso, meglio "il genere" della vittima e il sesso, o meglio "il genere" del carnefice. I giornali ieri erano un fiume di accuse verso i maschi, rei solo di essere tali. Uno su tutti Paolo Giordano, che sul Corriere scriveva: «La possibilità della sopraffazione è il segreto meglio custodito dagli uomini, e che tutti gli uomini conoscono. Tutti gli uomini, anche i mansueti. Ognuno di noi (maschi), al cospetto dell'omicidio di Giulia Cecchettin, riconosce in sé l'eco dell'ascesso psichico dal quale talvolta scaturisce l'aggressione: un bolo di possesso, frustrazione, inadeguatezza, odio, invidia, terrore, ferocia, propensione all'ossessività, desiderio di punizione e annientamento e di autodistruzione, che ci riguarda tutti ma che rimane cautamente oscurato dal dibattito pubblico». E questa è solo la punta dell'iceberg.

UN'ALTRA DONNA FREDDATA A COLPI DI FUCILE, MA QUELLA NON CONTA
È curioso perché nelle stesse ore a morire per mano omicida c'era un'altra donna, Francesca Romeo, un medico freddato a colpi di fucile mentre si trovata in macchina col marito a Reggio Calabria. Non solo non ha avuto la stessa eco mediatica, non ha avuto nessuna mobilitazione istituzionale, nessuno ha osservato un minuto di silenzio per lei, perché? Forse siccome non possiamo incolpare il marito, questa vita ci interessa meno?
La verità è che nel nostro Paese ci sono molti più uomini morti per mano omicida, questo dicono i dati, questo dice la realtà. Perché la violenza non ha genere, ma se lo avesse, sarebbe più quello maschile ad essere penalizzato, lo spiega bene Giuliano Guzzo nel suo ultimo libro, Maschio bianco etero & cattolico. Questo can can mediatico sul corpo di Giulia ancora caldo ha un solo scopo, una rieducazione collettiva del maschio che va devirilizzato a forza, privato dei suoi tratti di forza e di coraggio perché essi sono stati ridotti solo al rovescio della medaglia.
Sarebbe come dire che dobbiamo rieducare le mamme perché secondo la giustizia Annamaria Franzoni ha ucciso il figlio Samuele, Veronica Panarello ha ucciso il piccolo Loris Stival, Francesca Sbano ha avvelenato la sua piccola di  soli tre anni, Mary Patrizio ha ucciso il figlio di cinque mesi, Alessia Piffari ha lasciato morire la figlia di fame e stenti e via dicendo. Ma non regge.
E non regge nemmeno questa pressante campagna per l'educazione "all'affettività" o "al rispetto delle donne". Se vogliamo accendere un faro sulle tante relazioni malate, allora facciamolo davvero. Uno dei punti chiave rilevati dai giornali in questi giorni è la possessività di questo ragazzo. Ma - posto che non tutte le persone possessive arrivano ad uccidere e non tutti gli assassini sono anche possessivi - allora mettiamo i puntini sulle "i", il contrario del possesso non è un'astratta forma di rispetto.

IL BENESSERE DEI SINGOLI
Perché se nelle relazioni inneggiamo ad una malintesa forma di libertà che si traduce nel benessere dei singoli fino a che ne hanno voglia, è facile capire che i due potrebbero anche non trovarsi con i tempi, e per qualcuno il benessere possa finire e per l'altro no? Rispetto non significa semplicemente, come vorrebbe il mondo, "accetto che oggi mi vuoi e domani non mi vuoi più", è qualcosa di più profondo che parte dal fatto che il corpo dell'altro è sacro, la vita dell'altro è sacra e anche il mio stesso corpo e la mia stessa vita lo sono.
Dal riconoscimento della reciproca sacralità deriva una responsabilità nel trattare noi stessi, l'altro e la relazione stessa. Questa è l'unica educazione di cui tutti abbiamo bisogno. I famosi "corsi all'affettività" di cui si parla sono momenti in cui il parametro è il proprio piacere, fino a che si continuerà a proporre il libertinaggio spinto staccato da qualunque tipo di responsabilità, fino a che conta l'emozione del momento, fino a che l'altro è utile solo se nutre il mio piacere e il mio benessere, fino a che normalizzeremo la pornografie e Onlyfans, fino a che diremo che un maschio può diventare femmina, una femmina un maschio o anche niente, o ancora tutto insieme, come potremo stupirci se le relazioni saranno violente e se le persone saranno violente?
La Chiesa è sempre stata attaccata quando ha parlato di castità, perché essa è sempre stata vista come la castrazione di una libertà, eppure solo uno sguardo casto è davvero libero dal possesso. Perché entra nell'ottica del dono da custodire, da preservare, da proteggere, da curare, far fiorire. Solo questo sguardo consente di uscire dalla sterile battaglia tra maschi e femmine per stabilire un'alleanza feconda. Ma questo certamente non è un'argomentazione che troverà spazio nei grandi media, e meno che meno verrà rilanciata. Eppure resta vera.

Nota di BastaBugie: Roberto Marchesini nell'articolo seguente dal titolo "Filippo e Giulia, il frutto del delitto: caccia al maschio e rieducazione" parla della martellante campagna, che stavolta coinvolge anche il governo, e che colpevolizza il genere maschile nel suo insieme. E chiede più (ri)educazione nelle scuole.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 20 novembre 2023:

Eccoci di fronte all'ennesimo omicidio che ha come vittima una donna. Abbiamo dato un nome a questi omicidi: femminicidio. E abbiamo deciso che, se la vittima è una donna, il delitto è più grave rispetto ad altri omicidi. Non mi riferisco solo agli omicidi che hanno come vittima un uomo, circa due terzi di tutti gli omicidi; penso anche all'omicidio di tutti i bambini uccisi nel luogo dove dovrebbero essere più al sicuro, il grembo della mamma. Penso che molti di questi bambini sono femmine; e penso alla piccola Indi, morta di asfissia, di sete e di fame. Questi non sono chiamati femminicidi, nemmeno omicidi. Non so cosa siano... forse sacrifici umani a qualche demone?
Ormai i lettori della Nuova Bussola sono sazi di riflessioni sul femminicidio e sulla virilità tossica, l'archivio del nostro quotidiano on-line è pieno di argomenti e valutazioni. Tuttavia, con tutto il rispetto per il lutto e il dolore che questo dramma ha causato, è forse il caso di puntare lo sguardo altrove. In particolare sulle reazioni che questo orribile delitto ha sollevato.
Innanzitutto notiamo l'ondata di rabbia che si è riversata sugli uomini in genere; per fare un esempio, riportiamo la dichiarazione del ministro Tajani che ha detto: «Come uomo chiedo scusa a tutte le donne, a cominciare da mia moglie e da mia figlia per quello che fanno gli uomini». Che senso ha una tale affermazione? Tajani ha forse partecipato all'omicidio di Giulia Cecchettin? Di cosa, precisamente, si scusa con la moglie e la figlia? Per quale motivo si scusa «per quello che fanno gli uomini»? Ogni uomo è responsabile di ciò che fa ogni altro uomo? Se applicassimo questo ragionamento, che so… agli stranieri? Ogni straniero sarebbe responsabile di ciò che fanno altri stranieri? E poi: cosa fanno gli uomini? Solo cose orrende, solo delitti, solo il male?
Tutto questo ricorda il caso - tutt'ora controverso - di George Floyd, che suscitò un'ondata di disordini negli Stati Uniti e, in tutto il mondo compresa l'Italia, l'idea che ogni bianco caucasico (ma le razze esistono oppure no?) dovesse inginocchiarsi dinnanzi ai neri per chiedere perdono di crimini (la schiavitù) commessi da altri. E che ha avuto come conseguenza un enorme numero di aggressioni estremamente violente ai danni di ragazzini e ragazzine europoidi da parte di coetanei neri.
Tutto questo sembra l'ennesimo caso di indignazione a comando, di caccia all'untore, di «cinque minuti d'odio» di orwelliana memoria. Da parte di chi? Con quale fine? Ma qualche indizio ce l'abbiamo. Lo slogan che sta rimbalzando sui social media è questo: «Educate i vostri figli». Torna nuovamente a galla l'idea (voltairiana) che tutto si risolva con l'educazione: educazione civica per formare cittadini rispettosi, educazione sessuale per svilire la sessualità e diffondere contraccezione e aborto, educazione «al rispetto e all'affettività» per prevenire i femminicidi. Traduco: l'educazione non è più diritto e dovere dei genitori (articolo 30 della Costituzione più bella del mondo), ma compete alla scuola pubblica, cioè allo Stato; basta spiegare che non si uccidono le donne per risolvere il problema del femminicidio. Francamente è una soluzione un po' superficiale e c'è da dubitare che funzioni ma, probabilmente, il punto non è questo.
Quando tutto l'arco costituzionale si trova d'accordo su qualcosa, in genere il cittadino fa bene a preoccuparsi. In questo caso abbiamo il segretario del Pd che dichiara: «Approviamo subito in Parlamento una legge che introduca l'educazione al rispetto e all'affettività in tutte le scuole d'Italia»; e il Presidente del Consiglio Meloni fa eco: «È già pronta una campagna di sensibilizzazione nelle scuole».
Non sappiamo in cosa consistano l'educazione al rispetto e all'affettività e questa campagna di sensibilizzazione; la cosa, tuttavia, è inquietante. Perché, finora, ciò che si legge non va oltre la colpevolizzazione del maschio in quanto maschio, un nuovo attacco al «patriarcato» (cit. il film Barbie) e un rilancio della solita «virilità tossica»; il tutto risolto rendendo gli uomini più sensibili, autorizzandoli al pianto e vestendoli da femmina. È chiaro dove ci porta tutto questo? Esatto: all'educazione al gender nelle scuole. Strumentalizzando un omicidio - pardon: un femminicidio.
Siamo davvero caduti così in basso? Davvero non c'è più rispetto, né pudore o vergogna? Siamo ancora uomini o ci siamo trasformati in mostri? Ci sono forme di vita intelligenti, sulla terra? Chi ci salverà da questo inferno terrestre che noi stessi abbiamo creato? «Vieni presto, mio Dio; tu sei mio aiuto e mio salvatore; Signore, non tardare» (Salmo 69).

DOSSIER "FEMMINICIDIO"
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Titolo originale: Il maschio colpevole? La violenza non ha genere
Fonte: Sito del Timone, 22 novembre 2023