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Denatalità e iperdigitalizzazione non hanno solo drammatiche e dirette conseguenze come meno figli o più disagi per bambini e adolescenti, ma anche effetti collaterali egualmente tristi e problematici. Come la chiusura di negozi di giocattoli, con tutto ciò che questo comporta tanto in termini economici quanto sociali e, consentiteci di dirlo, di vera e propria tristezza nel vedere un modo così alla deriva.
I casi non sono pochi, ma a fare più clamore è quando vittime sono veri e propri negozi storici, quasi delle "istituzioni", come "Casa Mia". Per chi è romano, in particolare della zona centro-sud, è un colpo pensare che l'iconico negozio di giocattoli con le vetrine sull'Appia Nuova nel quartiere San Giovanni abbia chiuso i battenti dopo quasi 80 anni di attività. «Con profondo rammarico annunciamo la chiusura definitiva del negozio, una realtà che ha rappresentato un punto di riferimento per la vendita di giocattoli e un luogo magico in cui immergersi per generazioni di bambini e famiglie», scrive sul cartello in vetrina la proprietaria Grazia Battista. La notizia giunge tra l'altro a pochi giorni dalla chiusura di "Ciuff Ciuff" in via Etruria, altro celebre negozio del settore - sempre nella zona San Giovanni - in particolare per quanti siano alla ricerca dei giochi di un tempo per figli e nipoti.
MENO FIGLI E TROPPO INTERNET
Tra i diversi motivi di tale decisione "Casa Mia" addita anche «l'evidente diminuzione della natalità, che si va ad aggiungere alla difficoltà delle giovani coppie di trovare alloggi in città storiche come Roma, dove sempre più appartamenti vengono sottratti agli affitti tradizionali a favore di quelli brevi per i turisti». A Roma, ma non solo purtroppo, mancano all'appello nuove famiglie e giovani coppie, e dunque conseguentemente figli. Meno bimbi vuol dire sostanzialmente anche meno giocattoli. Quei pochi che vengono acquistati sono poi comprati principalmente online, per cui tanti negozi faticano a sopravvivere, dati i costi di gestione evidentemente più alti. Infatti la proprietaria di "Casa Mia" richiama nel cartello esposto anche le «molteplici ragioni che riflettono il profondo cambiamento socio-economico a cui stiamo assistendo. Innanzitutto lo sviluppo del commercio online, caratterizzato da una competizione sfrenata e priva di regole, la cui diffusione è esplosa con la pandemia penalizzando i negozi di prossimità. Il servizio assistito che i negozi tradizionali garantiscono e i loro costi di gestione non permettono di competere con l'estensione a livello mondiale del mercato virtuale e dei prezzi sempre più bassi delle piattaforme digitali a portata di click». Infine la stessa titolare evidenzia anche il rischio dell'iperdigitalizzazione, dal momento che «la tecnologia ha trasformato le abitudini dei più piccoli: già in tenera età i bambini vengono attratti da dispositivi digitali che li allontanano anticipatamente dal gioco manuale e tradizionale. Applicazioni, giochi e social network sono sempre a disposizione sui telefonini dei familiari e hanno cambiato il modo di divertirsi e interagire anche per i bambini più piccoli».
RECUPERARE UN'AUTENTICA DIMENSIONE LUDICA
D'altra parte fino a non molti anni fa i bambini ancora scorrazzavano nelle piazze, riempivano i parchi e desideravano incontrarsi nelle case per giocare insieme con le costruzioni o con la casa delle bambole, oggi invece hanno maggiormente gli occhi incollati agli smartphone anche quando siedono su una panchina l'uno accanto all'altro e preferiscono incontrarsi sulle piattaforme social in Rete piuttosto che dal vivo coi loro coetanei. E in effetti, come conclude con profonda amarezza la titolare di "Casa Mia" nel messaggio affisso in vetrina, «abbiamo sempre creduto che la ricerca e il progresso siano fondamentali per costruire un futuro migliore, ma oggi ci troviamo davanti alla necessità di riflettere anche sui suoi effetti collaterali».
Si rende pertanto necessaria una riflessione seria e più ampia anche a livello istituzionale sui danni ingenti di una simile iperdigitalizzazione affinché ai bambini siano restituite modalità di gioco autentico. Come tra l'altro più volte denunciato, tra gli altri, anche dallo psicologo newyorkese Haidt e in Italia in particolare dal pedagogista Daniele Novara e dallo psicoterapeuta Alberto Pellai, tra i promotori di una petizione per chiedere lo stop agli smartphone sotto i 14 anni e il divieto di uso dei social sotto i 16 anni. Così come la Campagna "Piccole Vittime Invisibili" di Pro Vita & Famiglia onlus, che da anni va nella stessa direzione di combattere l'eccesso di digitale ma anche di abusi e pericoli - sessuali e non - per i minori derivanti dal Web. Quel gioco - sia esso libero o strutturato, all'aperto o nelle case coi giocattoli, con i coetanei o con genitori e nonni -, attraverso cui il bambino implementa la propria creatività e costruisce il mondo intorno a sé, fondamentale nel percorso di crescita anche per lo sviluppo di relazioni autentiche con i pari.
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