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Il motivo indicato dal Vaticano è formale: raggiunti limiti di età. E così l'80enne mons. Vincenzo Paglia ha lasciato la guida del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia e al suo posto, in qualità di Gran Cancelliere, è stato nominato il cardinale Baldassare Reina. Paglia lascia anche la presidenza della Pontificia Accademia per la Vita (Pav) a favore di monsignor Renzo Pegoraro.
Quale l'eredità che ci ha lasciato mons. Paglia? Disastrosa. Ricordiamo per sommi capi l'opera di distruzione che Paglia ha compiuto a danno della dottrina morale cattolica sotto il pontificato di Francesco. Siamo nel 2017 e la Pav organizza un convegno con la World Medical Association. Nel convegno sono intervenuti relatori schiettamente a favore dell'aborto come Yvonne Gilli, rappresentante della sezione svizzera del colosso abortista Planned Parenthood, e dell'eutanasia, quali René Héman, allora presidente dell'Associazione dei medici tedeschi, Volker Lipp, professore di diritto civile all'università Georg-August di Gottingen, Heidi Stensmyren, già presidente dell'Associazione dei medici svedesi, Anne de la Tour, già presidente della Società francese di cure palliative, e Ralf Jox, docente dell'università di Monaco.
Mons. Paglia licenzia alla Pav e all'Istituto Giovanni Paolo II la vecchia guardia, troppo legata agli assoluti morali, e assume personalità più inclini ad una morale votata al situazionismo, alla fenomenologia etica e al proporzionalismo. E così nel 2017 Paglia nomina come membri della Pav Nigel Biggar - professore di Teologia Morale e Pastorale presso l'Università di Oxford - abortista e pro-eutanasia, la professoressa Katarina Le Blanc, docente al Karolinska Institut, che nel suo lavoro usava cellule staminali embrionali, e don Maurizio Chiodi, docente di bioetica presso la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale e favorevole alla fecondazione artificiale, alla contraccezione e all'omosessualità. Nel 2022 entra come membro della Pav anche l'economista Mariana Mazzucato, atea, pro-aborto e legata al Forum Economico di Davos.
DIMENTICARE LA DONUM VITAE
Altri accadimenti segnano la vita della Pav in quegli anni. Nel 2017 un seminario internazionale per i trenta anni della Donum Vitae viene annullato: quel documento dell'allora Congregazione per la Dottrina della Fede era palesemente in contrasto con il nuovo corso. Nel febbraio dello stesso anno mons. Paglia elogia il leader radicale Marco Pannella da poco scomparso: «la sua è una grande perdita per questo nostro paese», «una storia per la difesa della dignità di tutti», «un tesoro prezioso da conservare», «ispiratore di una vita più bella per il mondo che ha bisogno di uomini che sappiano parlare come lui».
Passiamo al 2018: Paglia interviene sul caso del piccolo Alfie Evans, vivo grazie al supporto di macchinari particolari e poi condannato a morte dalla giustizia inglese, e considera tenere in vita questo bambino come accanimento terapeutico, sposando così la tesi eutanasica dei giudici dell'Alta Corte di Londra.
Siamo nell'agosto del 2020: il Governo ha emanato alcune linee guida per potenziare l'accesso all'aborto chimico in piena emergenza Covid. La Pav pubblica una Nota che critica queste linee guida, ma nella stessa manca una esplicita critica alla legge 194 e al fatto che il tempo di assunzione di queste pillole fosse stato ampliato, ampliando così anche l'efficacia abortiva delle stesse.
Nell'ottobre del 2021 mons. Paglia è ospite di Rebus, talk show di Rai 3. In quell'occasione, tra le altre "sbavature", l'allora presidente della Pav esprime il suo favore, seppur obtorto collo, ad una legge sul suicidio assistito. Nel novembre di quello stesso anno interviene al convegno Tecnologie e fine vita: il primato dell'accompagnamento, dove incorre in vari inciampi su tematiche come il consenso, le Dat e l'indisponibilità della vita. Nell'aprile del 2023, in occasione di un festival del giornalismo, torna sul tema "legittimazione del suicidio assistito" e questa volta è chiaro il suo appoggio ad una norma legittimante, nonostante una rettifica che tale non è perché conferma il giudizio iniziale.
LA DIFESA DELLA LEGGE SULL'ABORTO
Arriviamo al giugno del 2022. Il Corsera intervista Paglia sul tema aborto e sulla 194: il già presidente della Pav non approfitta della ghiotta occasione per affermare che la Chiesa auspica la sua abrogazione, anzi pare proprio che Paglia non voglia metterla in discussione. I dubbi spariscono dopo due mesi, quando su Rai 3 Paglia dichiara che la legge 194 è «un pilastro della società», aggiungendo che non «è assolutamente in discussione». Nel novembre dello stesso anno rilascia un'intervista a The Tablet in cui, in merito alla liceità della contraccezione, il monsignore così si esprime: «Credo che verrà il giorno in cui papa Francesco o il prossimo papa, lo farà. Ma cosa posso dire? Di sicuro, lo dobbiamo prendere in considerazione».
Sempre nel 2022 viene pubblicato il volume della Pav Etica teologica della vita. Scrittura, tradizione che sostiene la bontà della contraccezione, per superare i limiti imposti da Humanae vitae, della fecondazione extracorporea e dell'eutanasia. Poi nel 2024 si dà alle stampe il Piccolo lessico del fine-vita in cui si evince che la Pav sia a favore dell'eutanasia, mascherandola da rifiuto di accanimento terapeutico, e del suicidio assistito. Il libretto suscita una certa riprovazione e allora Paglia tenta di metterci una toppa rilasciando alcune interviste, ma la toppa si rivela peggiore del buco.
In merito all'Istituto Giovanni Paolo II, un motu proprio di papa Francesco del 2017 ne stravolge l'identità, così come era stata pensata da Giovanni Paolo II, perché il documento di riferimento diventa Amoris laetitia: la pastorale soppianta la dottrina, i riferimenti morali sono dati dai casi particolari, dal discernimento personale, dalla prassi, dall'intenzione soggettiva, dalle circostanze, etc. Paglia, naturalmente, sposa appieno questo cambio di paradigma. Una prova tra le tante: nello stesso anno rilascia un'intervista in cui approva la comunione ai divorziati risposati. Nel 2019 Paglia pubblica gli statuti dell'Istituto: cancellata Teologia morale, che è come cancellare l'esame di diritto privato a giurisprudenza, e silurati due docenti simboli del GPII e dalla specchiata ortodossia dottrinale: monsignor Livio Melina e padre José Noriega. A seguire arriveranno altre purghe, mentre verranno chiamati ad insegnare docenti che sposano un orientamento contrario agli insegnamenti di Giovanni Paolo II, come il già ricordato don Maurizio Chiodi, don Pier Davide Guenzi, favorevole alle condotte omosessuali, e monsignor Pierangelo Sequeri, preside dell'Istituto. Forse la sintesi migliore della nuova natura che innerva il GPII la possiamo rinvenire in un post, pubblicato nel gennaio del 2021 sulla pagina Facebook dell'Istituto, che così recitava: «difendere il diritto all'aborto non significa difendere l'aborto».
Veniamo, è proprio il caso di dire, alla morale della favola, che più una favola appare essere un dramma. La Pav e il GPII a guida Paglia sono transitati da una teologia morale fondata sulla Rivelazione e sulla metafisica dell'essere e della persona, ad una teologia storicista e soggettivista. I mala in se sono diventati i mali secondo me, l'intenzione soggettiva ha cancellato il significato morale oggettivo degli atti, le circostanze si sono trasformate in cause legittimanti il male, i fenomeni sociali sono assurti a paradigmi etici di riferimento, la natura umana è stata soppiantata dai costumi, dai condizionamenti, dagli usi, dai tratti psicologici individuali. In definitiva, Dio e le sue esigenze sono stati sfrattati da qualsiasi mero desiderio e bisogno dell'uomo.
Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo seguente dal titolo "Soddisfazione ma non entusiasmo, il dopo-Paglia è un'incognita" parla dell'uscita di scena di monsignor Paglia che è certo motivo di soddisfazione, ma gli uomini chiamati a sostituirlo non garantiscono che ci sia la volontà di riportare la Pontificia Accademia per la Vita e l'Istituto Giovanni Paolo II alle origini.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 28 maggio 2025:
Con la sostituzione anche alla presidenza della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), annunciata ieri, cala definitivamente il sipario su monsignor Vincenzo Paglia, il "sicario" scelto da papa Francesco per stravolgere il magistero di san Giovanni Paolo II su vita e famiglia. Un'opera a cui Paglia si è dedicato con grande efficacia in questi nove anni in cui ha ricoperto, oltre al ruolo nella PAV, quello di Gran Cancelliere dell'Istituto Giovanni Paolo II su matrimonio e famiglia, dopo essere stato per quattro anni presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Come documenta l'articolo di Tommaso Scandroglio, oggi PAV e Istituto Giovanni Paolo II sono lontani parenti delle istituzioni che erano all'origine, create da Giovanni Paolo II nella convinzione che su vita e famiglia si giocasse la sfida più grande che il mondo lanciava alla Chiesa. Quindi che monsignor Paglia finalmente se ne vada non può che essere motivo di soddisfazione.
Ma non si deve cedere a facili entusiasmi, perché la sua uscita di scena non indica di per sé una rivoluzione al contrario, un ritorno alle origini, una svolta chiara. Anzitutto perché era dovuta e attesa: monsignor Paglia ha compiuto 80 anni lo scorso 21 aprile, giorno della morte di Francesco, e quindi sarebbe uscito di scena anche se papa Bergoglio fosse ancora vivo. Proprio la morte del Papa e tutti gli ovvi adempimenti per l'inizio del nuovo pontificato hanno semmai ritardato questo passaggio. Anzi, c'è da ritenere che la successione a Paglia fosse già stata preparata in precedenza.
Piuttosto è giusto notare che la decisione per la PAV è arrivata una settimana dopo quella dell'Istituto Giovanni Paolo II, il che potrebbe indicare che papa Leone XIV avesse dubbi sulla soluzione proposta dal suo predecessore, o volesse comunque rifletterci maggiormente.
Un altro elemento da considerare in chiave futura è il profilo basso dei due chiamati a sostituire monsignor Paglia: il cardinale Baldassare Reina (vicario generale della diocesi di Roma, nella foto LaPresse) all'Istituto Giovanni Paolo II e monsignor Renzo Pegoraro alla PAV. Nel primo caso, si tratta piuttosto di un ritorno alla normalità amministrativa, se è vero che prima di Paglia, il ruolo di Gran Cancelliere dell'Istituto apparteneva al vicario di Roma. Del resto non è nota alcuna attività di rilievo o presa di posizione importante del cardinale Reina sui temi che sono centrali per l'Istituto Giovanni Paolo II. Al contrario, un ruolo fondamentale lo svolge il preside, monsignor Philippe Bordeyne, la cui nomina nel marzo 2021 completava la trasformazione dell'istituto all'insegna della Amoris Laetitia e del rovesciamento della morale cattolica. Difficile dunque immaginare che qualcosa qui possa cambiare in meglio senza una sostituzione del preside e una ripresa in mano degli Statuti del 2017, con cui si è voluto ricostruire l'istituto sulle ceneri di quello fondato nel 1982 da san Giovanni Paolo II.
Prudenza è necessaria anche sul cambio di guardia alla PAV, dove è prevalsa la soluzione interna: monsignor Pegoraro era già cancelliere dell'Accademia dal settembre 2011, nominato in quel ruolo da Benedetto XVI. E già questo dà l'idea di un tratto caratteristico del neo-presidente: considerata la rivoluzione che è avvenuta con l'arrivo di monsignor Paglia, deve essere una persona capace di adattarsi a indirizzi "politici" molto diversi. In questi anni si è distinto da Paglia solo per una maggiore competenza (è laureato in medicina ed è stato docente di Bioetica), ma ne ha di fatto supportato la linea. Di certo non dovremmo assistere alle sparate e alle affermazioni gravemente imprudenti, tanto per apparire, tipiche di chi l'ha preceduto. Ma non avendo una sua autorità in materia (nulla a che vedere con il primo presidente Jerome Lejeune o Elio Sgreccia, tanto per intenderci) è facilmente intuibile che seguirà l'indirizzo che gli verrà chiesto dall'alto.
Dunque, il futuro del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e della Pontificia Accademia per la Vita sono ancora tutti da scrivere, gli uomini scelti per sostituire monsignor Paglia indicano per il momento soltanto la volontà di papa Leone XIV di non provocare rotture traumatiche e di muoversi a piccoli passi. Se dei cambiamenti reali ci saranno lo si vedrà nel tempo.
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