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Mio marito sostiene che una persona che abbia nella sua vita acquisito un accettabile livello di dignità e riserbo dopo una certa età non festeggia più il compleanno come alle medie, col pranzo buono cucinato dalla mamma e i panini per gli amichetti e i regali e le candeline. Io devo essere totalmente priva di dignità e riserbo, perché se fosse per me festeggerei come alle medie, col divano spostato per ballare e le calze fine e le zie che telefonano.
Oggi però, pur essendo il mio compleanno (qualcuno dei miei conoscenti sostiene che sia il quarantunesimo, ma io sarei pronta a scommettere che siamo sui trentadue, trentaquattro al massimo) mi sa che mi toccherà fare la persona seria: ho riunioni di scuola per tre figli su quattro, nonché un tennis e una visita cardiologica, ammesso che riesca a tornare a casa dal lavoro, visto che si prevede un nuovo nubifragio su Roma, e in certi quartieri ci si prepara coi sacchi di sabbia. Tarallino bisunto della macchinetta per pranzo al posto del pollo arrosto della nonna, la quale comunque ha elargito una donazione che è stata prontamente devoluta al Fondo Idrovora, quello che prosciuga tutto con rate del tennis, scarpine da danza e altri balzelli, imperciocché alla voce numero novantotto (Chanel numero 5) non si arriva mai.
In compenso ho ricevuto dei meravigliosi biscotti da un amico lontano di gran classe, e due disegni, oltre a una collana (ecco dove era finita quella che non trovavo, me l'aveva presa mia figlia per regalarmela).
Ovviamente sto fingendo di lamentarmi, perché in realtà sono contentissima così, e quando lo sono un po' di meno chiedo dei regali speciali al Capo che me li recapita sempre, anche a domicilio, senza costi aggiuntivi, perché bisogna avere l'audacia di chiedere, ce lo dice il Vangelo. Come dice Paolo, Dio ci può dare ciò che sorpassa i nostri desideri.
Inoltre, a compensare il mio giorno di festa che trascorrerò tra aule dagli intonaci scrostati, c'è stato un picco di mondanità, la settimana scorsa. Sono andata a teatro ben due volte, quanto negli ultimi cinque anni, credo. Alla prima del musical Mamma mia! sono andata anche a filmare il red carpet, un brivido di vita sociale se non fosse che ero uscita da casa di corsa con schizzi di brodo vegetale sulla gonna, così mi sono dovuta tenere su il mio cappottino bon ton tutta la serata, sudata come un giocatore di squash. Comunque, infagottata senza speranza, a teatro mi sono portata tre giovani assistenti (il quarto si è rifiutato di vedere una cosa da femmine). E' stato difficilissimo spiegare alle bambine la trama, una donna che è stata con tre uomini in un mese e non sa quale sia il padre della sua figlia, né lo vuole sapere, e una figlia che vuole colmare questo cono di ombra dolorosa. Il messaggio dello spettacolo è chiaro: non importa chi sia il padre (uno dei tre, per correttezza politica lo fanno omosessuale, ci mancherebbe), anzi meglio non sposarsi, rimandare la scelta e partire col fidanzato per un lungo viaggio intorno al mondo.
Le mie bambine si sono divertite, qui a casa sono giorni che non si canta altro che "mamma mia, so che non resisto, ma-mma, sento che ci casco", ma in fondo al cuore in realtà erano tristi, e continuavano a chiedermi "qual è il babbo?". Non si davano pace, davvero, e la musica dal vivo, le canzoni trascinanti non sono riuscite a tacitare le loro domande.
Neanche a farlo apposta, anche la versione di Hansel e Gretel che le ho portate a vedere era una rivisitazione moderna che partiva da una famiglia che si rompe, un figlio abbandonato e una nuova moglie, e finiva per scherzarci, per cercare di sorriderci dolorosamente, perché la vulgata è questa: le famiglie sono allargate, i legami di sangue non sono tutto, i bambini sono forti e superano i traumi.
Altro che. I bambini hanno scritto questo bisogno estremo di sicurezza delle loro origini, della famiglia, che sia padre madre figli per sempre. E siccome per loro, per i bambini, le chiacchiere stanno a zero, siccome loro non leggono i giornali e non guardano la televisione che ci vuole convincere che ci si può accoppiare e scoppiare a piacimento senza che questo lasci traccia, per rinfrancarli ieri invece abbiamo guardato un film meraviglioso tutti insieme.
Si chiama Bella. Me lo ha regalato un caro, vero, generoso amico. Lo cercavo da tanto ma ovviamente è introvabile, perché è il film più potente che si potesse concepire contro l'aborto, e quindi non viene distribuito nelle sale.
Lui è un campione, un calciatore bellissimo che investe e uccide senza troppa colpa una bimba piccola e vive nel dolore, tormentato dal ricordo e dal rimorso. Si mette a fare il cuoco, e viene a sapere che una cameriera , incinta, non se la sente di tenere il bambino. Senza una predica, senza una parola di troppo, semplicemente facendole compagnia la convince a non abortire. Le fa vedere il mare, la sua famiglia, le lanterne sulla spiaggia. Non la corteggia, non la convince. Solo fa un pezzo di strada con lei. Lei ha bisogno e lui c'è.
Di fronte alla bellezza della vita lei tiene la bambina (è una femmina).
I miei figli sono rimasti incantati, perché il tema è scabroso, ma la delicatezza e la gioia di una vita che riesce a vedere la luce è più potente di qualsiasi discorso ideologico, e senza musica, senza canzoni trascinanti, senza luci, ci ha messi tutti più di buon umore.
Nota di BastaBugie: Il film "Bella" non è stato distribuito nei cinema italiani e non sarà mandato in onda in televisione, per cui il solo modo per vederlo è comprare il dvd in italiano (già disponibile: si può ordinare anche in internet). Per approfondimenti e per vedere il trailer del film visitate il sito http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=18
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