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Chiesa costantiniana, o Chiesa delle catacombe? Chiesa che, affermando la sua veracità, si fa cultura e quindi civiltà, oppure Chiesa che, ritenendosi appena una delle tante forme possibili di religione, si chiude nei propri confini, rinunciando all'ideale di Civiltà cristiana?
È stato questo il tema della conferenza svoltasi il 6 giugno a Milano, presso il Centro Ambrosianeum, per iniziativa della rivista "Radici Cristiane". Nel corso dell'incontro, che è stato moderato dal dott. Alessandro Gnocchi hanno preso la parola, di fronte a un numeroso e attento pubblico, Julio Loredo, presidente di Tradizione, Famiglia e Proprietà e Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto. Fino a non molto tempo fa ‒ ha esordito il dott. Julio Loredo ‒ la lettura dell'Editto di Milano come l'inizio di una nuova era storica per la Chiesa, caratterizzata da un certo modello di Chiesa e da un certo rapporto tra Chiesa e potere temporale, era pacifica.
Per esempio, i commenti in occasione dell'Anno Costantiniano indetto da S. Pio X nel 1903 rilevavano, senza eccezione, due elementi: la libertà religiosa per la Chiesa e, di conseguenza, il sorgere di una nuova civiltà, la civiltà cristiana. Oggi, invece, con poche eccezioni, si è scelto di farne una lettura parziale e incompleta, e quindi potenzialmente fuorviante in quanto omette elementi essenziali. In concreto, si mette unilateralmente l'enfasi sulla libertà religiosa, sottacendo l'idea di civiltà cristiana. Ora, la Chiesa non può tralasciare, come parte importante della sua missione salvifica, la costituzione d'una civiltà cristiana, ideale presente in tutti i Papi da Pio IX in poi.
La rinuncia a tale ideale, proposto dai settori progressisti, è un elemento importante dell'odierna crisi nel cattolicesimo. Julio Loredo ha quindi spiegato l'importanza d'una civiltà cristiana nella costruzione del Regno di Dio, tutelando la pratica sociale della virtù, influenzandone così anche quella individuale, e incorporando istituzioni secondo il diritto naturale e l'ordine cattolico, secondo l'analisi "tendenziale" della civiltà cristiana, sviluppata dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira.
Il prof. de Mattei, si è soffermato a sua volta sul significato storico dell'Editto di Milano. Oggi – ha detto ‒ si dice che l'Editto di Milano merita di essere ricordato perché introdusse la libertà religiosa. In realtà, né Costantino, né tantomeno i cristiani perseguitati dei primi secoli avrebbero condiviso il moderno concetto di libertà religiosa. La libertà religiosa era proclamata non dai cristiani, ma dal paganesimo e i cristiani venivano perseguitati proprio perché la negavano, rifiutandosi di essere una delle tante religioni del Pantheon romano.
I cristiani dei primi secoli, da parte loro, non chiedevano la libertà religiosa, ma la libertà di professare il loro culto e il loro ideale non era uno Stato laico o neutrale, ma un Impero cristiano. Oggi la libertà dei cristiani si restringe sempre di più nel mondo, anche in Occidente, attraverso una persecuzione che non è ancora violenta, ma si avvia ad essere giudiziaria, con la leggi sull'omofobia, ad esempio, che reprimono chiunque voglia difendere pubblicamente la famiglia naturale, composta da un uomo e da una donna. «1700 anni dopo – ha concluso il presidente della Fondazione Lepanto ‒ lottiamo per difendere lo spazio sociale del Cristianesimo. Alcuni cattolici sognano un Cristianesimo anti-costantiniano, che si sbarazzi della Cristianità e i laicisti assecondano questo sogno, perché sanno che la fine della Civiltà cristiana conduce inesorabilmente alla fine del Cristianesimo. L'Editto di Milano è, in questa prospettiva, una svolta, o meglio un bivio, che indica due strade: quella del progresso, che da Costantino conduce a Teodosio e alla Civiltà cristiana, o quella del regresso, che riporta a Diocleziano e alle persecuzioni».
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