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ANDARE O NO A CONVIVERE PRIMA DEL MATRIMONIO?
Gabriella era titubante, ma poi al Sinodo padre Lombardi annuncia che le unioni di fatto presentano ''elementi di santificazione e di verità'': dilemma sciolto, convivenza iniziata
di Gianfranco Amato

Gabriella è una brava ragazza di parrocchia, che ha vissuto, fino a pochi giorni fa, un tormentato dilemma. Doveva decidere se aderire alla richiesta del suo ragazzo Guido di andare a convivere con lui.
La vicenda è divenuta un piccolo dramma familiare quando è stata esternata ai genitori, entrambi cattolici praticanti e membri di riferimento della loro comunità ecclesiale. Da qualche giorno Gabriella ha potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo. A rimuovere gli ultimi scrupoli morali per quella sua sofferta decisione ci ha pensato la Sala Stampa Vaticana. Non poteva credere alle proprie orecchie quando ha saputo che la Seconda Congregazione del Sinodo per la famiglia ha dichiarato che «le unioni di fatto in cui si conviva con fedeltà ed amore, presentano elementi di santificazione e di verità». È corsa dalla madre e, dopo averle precisato che lei e Guido si vogliono bene e sono fedeli, le ha spiegato che con la nuova Chiesa di Papa Francesco anche nella forma di convivenza che loro vogliono vivere ci sono «elementi di santificazione e verità». Niente più remore di sorta.

SANTIFICAZIONE E VERITÀ?
Gabriella ha quindi raccolto le sue cose e ha lasciato la casa paterna per andare a sperimentare questa nuova modalità di «santificazione e verità». Inimmaginabile il cruccio dei genitori, che non sono affatto degli anziani bigotti. Anzi, sono relativamente giovani e appartengono alla generazione cresciuta con gli insegnamenti di San Giovanni Paolo II, il Papa della Familiaris Consortio. La loro dottrina è quella del Catechismo della Chiesa Cattolica – che, peraltro, non pare essere stato ancora abrogato – il quale sulla questione della "libera unione" ha posizioni di magistero assai chiare. I genitori di Gabriella sono ancora convinti che valga, per esempio, il n. 2390 del Catechismo, quello che recita così: «Si ha una libera unione quando l'uomo e la donna rifiutano di dare una forma giuridica e pubblica a un legame che implica l'intimità sessuale. L'espressione è fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano l'una nei confronti dell'altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia nell'altro, in se stessi o nell'avvenire? L'espressione abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità di legarsi con impegni a lungo termine (Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 81). Tutte queste situazioni costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l'atto sessuale deve avere posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale».

DIRITTO ALLA PROVA?
Al corso prematrimoniale frequentato dai genitori di Gabriella era stato loro spiegata l'inconsistenza dei motivi invocati a giustificazione della convivenza prima delle nozze. Era stato letto loro, infatti, il n. 2391 del Catechismo: «Molti attualmente reclamano una specie di "diritto alla prova" quando c'è intenzione di sposarsi. Qualunque sia la fermezza del proposito di coloro che si impegnano in rapporti sessuali prematuri, tali rapporti "non consentono di assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione interpersonale di un uomo e di una donna, e specialmente di proteggerla dalle fantasie e dai capricci" (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 7). L'unione carnale è moralmente legittima solo quando tra l'uomo e la donna si sia instaurata una comunità di vita definitiva. L'amore umano non ammette la "prova". Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro (Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80)».
Sia detto con tutto il rispetto, ma la vicenda di Gabriella dimostra come non sembri essere davvero un ottimo metodo quello di dare in pasto alla stampa le riflessioni "franche" dei padri sinodali prima che si giunga ad una posizione finale e definitiva. Si rischiano di sottovalutare gli effetti negativi, sotto il profilo pedagogico, che semplici affermazioni estemporanee, fuori contesto, non circostanziate e non approfondite, possono avere sull'opinione pubblica, soprattutto fra coloro che non hanno un'adeguata maturità o solidità dottrinale. A meno che - ma Dio non voglia - l'obiettivo sia proprio quello di demolire il depositum fidei, un colpo alla volta, grazie al piccone di Padre Lombardi. Sempre ai genitori di Gabriella, quando erano fidanzati, il parroco aveva spiegato anche che secondo il n. 2400 del Catechismo, «l'adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono gravi offese alla dignità del matrimonio». Un cattolico fortemente preoccupato potrebbe chiedersi se dopo lo sdoganamento della libera unione, toccherà alla poligamia, al divorzio e all'adulterio. In tal caso occorrerebbe modificare il n. 2400 del Catechismo. Anzi, abrogarlo.

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Oppure si può telefonare o scrivere alla redazione del Timone: via Benigno Crespi, 30/2 – 20159 Milano (MI), tel. 02.66.82.52.06– fax 02.60.85.70.91– e-mail: info@iltimone.org


https://www.youtube.com/watch?v=8CkGE7jQYo8

 
Titolo originale: Gabriella, la prima vittima del Sinodo
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-10-2014