BastaBugie n�425 del 28 ottobre 2015

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1 SINODO: EUCARISTIA AI DIVORZIATI RISPOSATI? IL SINODO NON NE PARLA, MA NE PARLA PIPPO BAUDO
Dopo lo Spirito del Concilio dovremo sorbirci anche lo Spirito del Sinodo? E passa sotto silenzio stop a unioni gay e gender
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 SINODO: NULLA E' CAMBIATO, EPPURE SECONDO GIORNALI E TELEVISIONI...
Padre Rosica, il vice di padre Lombardi, messo con le spalle al muro, ha dovuto ammettere che i divorziati risposati non possono ricevere la comunione
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 SINODO: BISOGNA AMMETTERE CHE LA RELAZIONE FINALE MANCA DI CHIAREZZA SULL'INDISSOLUBILITA' DEL MATRIMONIO
Il card. Burke, ex Prefetto della Segnatura Apostolica, chiarisce i tre punti oscuri del documento (ecco i paragrafi ambigui)
Autore: Raymond Leo Burke - Fonte: Corrispondenza Romana
4 SINODO: CARI CARDINALI TEDESCHI, TOMMASO MORO E JOHN FISHER SONO MORTI INVANO?
L'arcivescovo di Denver e Angela Pellicciari pongono qualche domanda a Kasper e Marx sulla comunione ai divorziati risposati
Autore: Samuel J. Aquila - Fonte: Tempi
5 SINODO: CAMPAGNA DIFFAMATORIA NEI CONFRONTI DEI CARDINALI CHE SI OPPONGONO ALLE TESI KASPERIANE EVOCANDO IMPROBABILI COMPLOTTI
Intanto il sacerdote polacco omosessuale che alla vigilia del Sinodo aveva dichiarato la propria omosessualità è stato sospeso a divinis da parte del suo vescovo
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 VOTI UN DEMOCRISTIANO? HAI CONTRIBUITO A FAR APPROVARE LEGGI ANTICRISTIANE (E DISUMANE)!
Il premier spagnolo Rajoy aveva promesso di cancellare le leggi abortiste di Zapatero e invece promuove l'aborto; in California il governatore ''cattolico'' Jerry Brown ha legalizzato l'eutanasia
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana
7 IL CASO ILVA DISTRUGGE TARANTO: CHIUDE UN NEGOZIO SU DUE E IL PORTO ARRANCA
Il processo (47 imputati e mille parti civili, 30 miliardi di euro di risarcimenti), condanna alla chiusura la (ormai ex) più grande acciaieria d'Europa (ovvero: l'italico tirarsi la zappa sui piedi)
Fonte: Tempi
8 FATTA MORIRE DI FAME E DI SETE: ECCO L'EUTANASIA A 12 ANNI IN SPAGNA
Dopo quattro giorni senza alimenti, è morta la ragazzina al centro di un caso di dolce (?!) morte
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
9 OMELIA SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI - ANNO B - (Mt 5,1-12)
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra
Autore: Card. Giuseppe Siri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio
10 OMELIA XXXII DOM. DEL T. ORD. - ANNO B - (Mc 12,38-44)
Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - SINODO: EUCARISTIA AI DIVORZIATI RISPOSATI? IL SINODO NON NE PARLA, MA NE PARLA PIPPO BAUDO
Dopo lo Spirito del Concilio dovremo sorbirci anche lo Spirito del Sinodo? E passa sotto silenzio stop a unioni gay e gender
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27/10/2015

D'accordo: il Sinodo non ne parla. Ma ne parla Pippo Baudo. E non è detto che la cosa contribuisca alla serenità generale. Eucaristia, questa sconosciuta nella Relatio dei Padri Sinodali, che non l'hanno citata nemmeno una volta, a proposito di divorziati risposati. C'è chi dice che sia una vittoria dei reazionari, chi invece dei progressisti. Che categorie stantie, vintage, siamo andati a ripescare!
L'abbiamo capito: i punti 84 e 85 sui divorziati risposati sono frutto di un compromesso. Che ora potrà essere usato come un canovaccio all'interno del quale scorgervi, ognuno, una sua istanza. Pippo Baudo ci fa sapere che «ora chiederò di fare la comunione». Da che cosa deriva questo convincimento? Dai titoli dei giornali, non certo dalla Relazione, che non glielo permette, né dall'esortazione post sinodale di papa Francesco, che ancora non c'è. Ne si sa se ci sarà. Intanto però il terreno si tiene, diciamo, innaffiato. La grande stampa italiana si è attrezzata a tradurre quel «decideremo caso per caso» che è uscito a poche ore dalla pubblicazione delle relatio. Come?

UNA RIVOLUZIONE PASTORALE?
«Francesco ci porta fuori dalle catacombe», recita il titolo d'apertura di pagina de La Stampa. In che senso? Nel senso che è arrivata «una rivoluzione pastorale». Escono fuori come funghi sacerdoti che, con tanto di nome, ammettono con orgoglio, che loro la comunione ai divorziati risposati la davano già. Repubblica invece punta sulla «nuova strada di apertura di Francesco» che fa entusiasmare il cardinal Hummes. E non poteva mancare lui, il cardinal Kasper che lancia il suo alalà dalle colonne del giornale più conservatore d'Italia, Il Giornale: «Sono soddisfatto, si è aperta una possibilità concreta di concedere la comunione ai divorziati risposati». Ma si è aperta dove? Quale Sinodo ha visto il cardinal Kasper dato che la Relatio, letta in lungo e in largo non ne parla? Semplice: ne parla lo spirito, non la lettera.
Eccoci tornati indietro di 50 anni. Ricordate? Al Concilio Vaticano II l'approvazione della divina costituzione sulla liturgia, la Sacrosantum Concilium. I padri non toccarono di uno iota la messa, la liturgia, il latino, il canto gregoriano, l'orientamento ad Deum del fedele e del celebrante. E nemmeno introdussero quelle parole killer che hanno distrutto il linguaggio con il quale Dio vuole essere comunicato: adeguamento liturgico, aula liturgica, creatività liturgica, chitarre, messa come banchetto e non anche e soprattutto come sacrificio. Furono le singole Conferenze episcopali a iniziare a introdurre di sperimentazione in sperimentazione le variazioni con le quali oggi assistiamo a messe show, abusi e alla completa desacralizzazione della messa, «fonte e culmine della vita cristiana», sempre per stare al Concilio. Neppure la riforma di Paolo VI, con il relativo messale, andava a toccare il cuore sacrificale della messa, né la sua lingua. Eppure oggi le messe show, la creatività liturgica del celebrante, gli abusi ormai intollerabili dai fedeli, sono la prova che qualche cosa è successo.

LO SPIRITO DEL CONCILIO
Quel qualche cosa è lo spirito del Concilio. Una malintesa e strumentalizzata idealizzazione di ciò che la messa non era ed è poi diventata facendo perdere il senso del sacro e di conseguenza la corretta disposizione di animo e di cuore all'incontro perfetto con Dio. Di questo spirito del Concilio, contrario alla lettera, dunque alla dottrina, Benedetto XVI fu uno dei più acuti e intransigenti detrattori. Condannò il Concilio mediatico con parole che oggi, applicate al neonato Spirito del Sinodo, non possono non risultare profetiche. Era il 14 febbraio 2013 e il mondo era sconvolto da quella che appena tre giorni prima era stata la sua rinuncia al ministero petrino. L'occasione era il 50esimo anniversario di indizione dell'assise. «C'era il Concilio dei Padri, il vero Concilio», diceva Ratzinger, «ma c'era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite i media». Benedetto XVI lo chiamava «il Concilio dei giornalisti», che «non si è realizzato all'interno della fede, ma all'interno delle categorie dei media di oggi, cioè fuori dalla fede, con un'ermeneutica politica».
Ratzinger attribuiva questo potere dei media all'interno di una «una lotta politica e di potere tra le diverse correnti nella Chiesa». E i media presero così posizione «per quella parte che a loro appariva quella più confacente con il loro mondo. C'erano quelli che cercavano la decentralizzazione della Chiesa, il potere per i vescovi e poi, tramite la parola "Popolo di Dio", il potere del popolo, dei laici. C'era questa triplice questione: il potere del Papa, poi trasferito al potere dei Vescovi e al potere di tutti, sovranità popolare. Naturalmente, per loro era questa la parte da approvare, da promulgare, da favorire».

CONSEGUENZE DISASTROSE
A farne le spese, tornando alla Sacrosantum Concilium, la tanto bistrattata lettera, con una liturgia che «non interessava come atto della fede, ma come una cosa dove si fanno cose comprensibili, una cosa di attività della comunità, una cosa profana». L'analisi dell'ormai Papa emerito era impietosa: «Queste traduzioni, banalizzazioni dell'idea del Concilio, sono state virulente nella prassi dell'applicazione della Riforma liturgica; esse erano nate in una visione del Concilio al di fuori della sua propria chiave, della fede. Sappiamo come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti».
Ma le conseguenze sono state disastrose, come vediamo sotto gli occhi ormai da tanto tempo: «Il Concilio virtuale ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata e il vero Concilio ha avuto difficoltà a concretizzarsi, a realizzarsi; il Concilio virtuale era più forte del Concilio reale». Leggendo le prime entusiastiche reazioni dei cosiddetti novatori e l'uso che ne sta facendo la grande stampa, l'impressione è che si stia ricreando lo stesso meccanismo di scissione che abbiamo visto con il Concilio Vaticano II. Con un martellamento insistente, fino a quando non entrerà nella testa di ogni singolo fedele, il concetto che la comunione ai divorziati risposati non è altro che una risultante dello spirito del Sinodo. E poco importa se la dottrina non ne parla, anzi la esclude proprio. A questo ci pensano i giornali e i laudatores capitanati da Kasper & C. Diventerà prassi alla luce del sole, senza che ce ne accorgiamo.

Nota di BastaBugie: molto interessanti le conclusioni a cui arriva Massimo Introvigne nell'articolo pubblicato da La nuova Bussola Quotidiana il 27-10-2015 dal titolo "Comunione ai divorziati, unioni gay e gender".
Ne riportiamo due significativi estratti:
Il Sinodo non consiglia da nessuna parte al Papa di aprire le porte della comunione ai divorziati risposati. L'espressione «comunione ai divorziati risposati» o altre analoghe nella relazione semplicemente non ci sono. La relazione ribadisce che il matrimonio cristiano è indissolubile e non contiene nessuna apertura al divorzio. Invita ad accogliere i divorziati risposati nelle comunità cristiane, esortandoli a partecipare alla Messa e alla vita parrocchiale, ma questo era stato detto tante volte in passato e non è certo una novità. Quanto alla «più piena partecipazione alla vita della Chiesa» dei divorziati risposati, il numero 85 della relazione invita a un discernimento. Tra i criteri di discernimento si suggerisce riguardo ai divorziati di «chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l'unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio». Ma il numero 86 esclude ogni gradualità della legge: «dato che nella stessa legge non c'è gradualità (cf. Familiaris consortio 34), questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità», anche se dovrà mettere insieme verità è misericordia.
Non è dunque neppure esatto scrivere che sulla comunione ai divorziati il Sinodo ha consigliato al Papa di invitare i sacerdoti a «decidere caso per caso». [...]
Qualcuno - a partire dal New York Times - ha voluto trovare nella relazione del Sinodo perfino un'apertura alle unioni omosessuali. Il Sinodo si è occupato poco di omosessuali, ma se n'è occupato abbastanza per dire precisamente il contrario. Certo, il Sinodo ha ripetuto quanto il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 già affermava: le persone omosessuali vanno accolte nelle famiglie e comunità con «rispetto, compassione e delicatezza». Nello stesso tempo, il Sinodo ribadisce che il matrimonio è solo fra un uomo e una donna, e che la Chiesa non accetta «analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». L'inciso «neppure remote» è molto importante. Significa che la Chiesa rifiuta non solo il «matrimonio» omosessuale ma anche istituti, comunque si chiamino, che presentano «analogie» anche soltanto «remote» con il matrimonio. La senatrice Cirinnà, che aveva detto di aspettarsi dal Sinodo aperture alle sue unioni civili, che ovviamente hanno ben più di «analogie remote» con il matrimonio, è stata respinta con danni, e non solo lei.
Lungi poi dal cedere a chi cerca d'intimidire la Chiesa sostenendo che la teoria del gender non esiste, il documento afferma al n. 8 che «una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell'ideologia del "gender" che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un'identità personale e un'intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina». Nelle scuole e in altri ambiti educativi, denuncia il n. 58, «spesso vengono presentati modelli in contrasto con la visione cristiana della famiglia. La sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico. In alcuni Paesi vengono perfino imposti dall'autorità pubblica progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana»: rispetto ad essi, «vanno affermati con decisione la libertà della Chiesa di insegnare la propria dottrina e il diritto all'obiezione di coscienza da parte degli educatori».
La relazione stigmatizza pure le organizzazioni internazionali che vogliono imporre la teoria del gender ai Paesi in via di sviluppo. Su questo punto come su altri - si condannano duramente aborto ed eutanasia, e in tema di anticoncezionali si afferma che la Humanae Vitae dev'essere «riscoperta», «al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita» - le bugie hanno le gambe corte. Ma non cortissime. Quanti, non solo fra i fedeli ma anche i sacerdoti, leggono solo i quotidiani laici anziché il testo della relazione del Sinodo e i discorsi del Papa?

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27/10/2015

2 - SINODO: NULLA E' CAMBIATO, EPPURE SECONDO GIORNALI E TELEVISIONI...
Padre Rosica, il vice di padre Lombardi, messo con le spalle al muro, ha dovuto ammettere che i divorziati risposati non possono ricevere la comunione
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 26/10/2015

A leggere i giornali italiani di ieri e a sentire i notiziari sul Sinodo, sembra che l'approvazione della comunione per i divorziati risposati sia la notizia più certa della storia.
Basta scorrere i titoli delle prime pagine dei quotidiani.
Corriere della sera: "Il Sinodo apre sulla comunione ai divorziati". Repubblica: "Sì ai divorziati, ma Sinodo diviso". La Stampa: "Comunione ai divorziati, sì del Sinodo per un voto".
Ma siamo proprio sicuri che le cose stiano così? Davvero il Sinodo ha approvato la comunione per i divorziati risposati?
La nuda verità dei fatti sabato sera faceva capolino - se escludiamo il blog del sottoscritto - solo sul sito della "Nuova Bussola quotidiana" e sul blog che tiene, nel sito dell'Espresso, il più attendibile dei vaticanisti, Sandro Magister il quale titolava: "I divorziati risposati nella 'Relatio finalis'. Ma della comunione non c'è nemmeno l'ombra".
In effetti è proprio questo che emerge dalla lettura obiettiva della "Relatio". Come ho spiegato nel mio articolo uscito ieri, su queste colonne, nel documento finale del Sinodo non c'è alcun riferimento all'accesso all'eucarestia per i divorziati risposati, una rivoluzione che - capovolgendo la dottrina e la prassi consolidata da secoli, basata sulla Sacra Scrittura - ove fosse stata davvero approvata doveva essere messa non solo nero su bianco, ma anche lungamente trattata, con pagine e pagine di supporti magisteriali (che però non esistono).
C'è nella "Relatio" una sincera accoglienza, da parte della comunità cristiana, verso i divorziati che hanno fatto secondi matrimoni civili. Ma non si parla per loro di accesso all'eucarestia (che è impossibile, come ribadiva la "Familiaris consortio" di Giovanni Paolo II, pur valorizzando l'accoglienza).
Ma allora cosa è successo? Possibile che una così solare verità dei fatti che - insieme all'affondamento delle aperture su coppie di fatto e gay - segna la sconfitta di Bergoglio, sia stata ignorata dalla quasi totalità dei media italiani?
Purtroppo sì. Per capire qualcosa in più proviamo a dare un'occhiata ai titoli che i giornali stranieri hanno fatto sulle conclusioni del Sinodo. Paragoniamoli alle prime pagine dei giornali italiani.

NIENTE COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI
Ecco il titolo che ha fatto El Paìs, l'omologo di Repubblica in Spagna: "Il Sinodo della famiglia si chiude senza soddisfare le aspettative del Papa".
Andiamo oltreoceano e vediamo il titolo del Wall Street Journal: "I vescovi portano il papa alla sconfitta sull'apertura ai cattolici divorziati".
Sottotitolo: "Il Sinodo si conclude senza avallare un percorso per accedere all'eucarestia per coloro che hanno divorziato e si sono risposati".
Il Sunday Times: "Il papa attacca i vescovi per aver bloccato la riforma gay". Il Daily Telegraph scrive: "Il Sinodo si è concluso. Niente di sostanziale è cambiato".
Il magazine cattolico ultraprogressista The Tablet scrive senza mezzi termini:
"Il Sinodo sulla Famiglia si è concluso senza alcun consenso sulla questione della comunione per i cattolici divorziati risposati e con il rifiuto di ogni cambiamento nella dottrina della Chiesa sull'omosessualità".
Il confronto fra i titoli dei giornali italiani e quelli del resto del mondo è obiettivamente impressionante. Vorranno i media italiani porsi qualche domanda? Si renderanno conto che c'è qualcosa che non va?
O lanceranno anche sui media internazionali l'anatema del "complotto contro il papa" come è stato fatto, nei giorni scorsi, con il "Quotidiano nazionale"? Non c'è, nei giornali italiani, verso Bergoglio, un eccesso di partecipazione ideologica che impedisce di vedere - e di riferire - i fatti per quelli che sono?
Oltretutto la sconfitta della linea Bergoglio-Kasper appare ancora più eclatante se si considera il punto di partenza, quel Concistoro del febbraio 2014 in cui il papa argentino lanciò la sua battaglia per rivoluzionare l'insegnamento della Chiesa.

TRE DOCUMENTI
Ci sono tre documenti, nero su bianco, da considerare per capire le tappe della sconfitta dei "sinistrini".
Primo. La relazione di metà Sinodo del 2014, che fu preparata da una commissione bergogliana e che recepiva comunione ai divorziati risposati e aperture a coppie di fatto e gay (fu bocciata).
Secondo. L'"Instrumentum laboris" uscito fra i due Sinodi, che riportava quei tre temi, ma in forma moderata (era già una piccola marcia indietro), tuttavia aggiungeva un sostanziale tentativo di accantonare l'Humanae vitae di Paolo VI.
Terzo. A conclusione del lavoro di questi due anni abbiamo la "Relatio" finale del Sinodo 2015 che ha letteralmente spazzato via quei temi, ribadendo fra l'altro l'insegnamento dell'Humanae vitae e sottolineando la forte opposizione della Chiesa all'ideologia del Gender.
Un'oggettiva sconfitta. Che adesso i bergogliani tentano di gabellare per vittoria usando i media compiacenti.
Ancora una volta, come nel postconcilio, si sta cercando di sostituire il "Sinodo reale" (quello dei documenti) con il "Sinodo dei media".
Sarebbe un vero colpo di mano. Ma i media stanno al gioco?

Nota di BastaBugie: da leggere perché interessante l'articolo di Marco Tosatti pubblicato il 26/10/2015 da La Stampa dal titolo " Sinodo. Voti rovesciati?".
Eccolo in versione integrale:
Abbiamo ricevuto la lettera di una persona esperta di numeri, matematica, percentuali e lettura delle stesse che ci offre un'interpretazione interessante della recente votazione sulla Relazione Finale al Sinodo dei vescovi. E' interessante, perché offre un'interpretazione completamente diversa da quella finora accreditata su chi ha votato pro e/o contro, e perché. E l'immagine che ne esce è profondamente diversa dal panorama corrente. E che sposta l'interesse dal tema dei divorziati risposati a quello delle unioni omosessuali e sull'ideologia gender, dove il testo è molto netto, con grande maggioranza di consensi.
L'autore, che come abbiamo detto è un esperto di questi temi, fa riferimento ai risultati pubblicati dal sito ufficiale della Santa Sede.
Ma ecco il testo:
"Se si analizza il voto per paragrafi, si nota che, indubbiamente, i padri sinodali che si sono opposti alle formule non sono stati pochi (il massimo è il 31% di "no" sul par. 85). Tuttavia, siamo lontanissimi dalla spaccatura che i media riportano, quando affermano che sul tema dei divorziati risposati il testo è passato per un solo voto. Ebbene, che significa che meno di un terzo dei padri ha votato "no" ? Che la frangia vittoriosa dei "si" è proprio quella dei "conservatori", ossia di coloro che hanno voluto un testo che non dicesse proprio nulla di nuovo rispetto al magistero (è stato giustamente richiamata la "Familiaris consortio", che viene riproposta nei paragrafi 84 e 85). (N.D.R. E forse sulla stessa linea può essere letta la dichiarazione del card. Pell, secondo cui è significativo che nel testo non si parli assolutamente di comunione).
Che l'ala della "discontinuità" sia uscita sconfitta e abbia, scontenta, votato "no" lo si capisce se si va a vedere quali sono gli altri paragrafi rispetto ai quali il dissenso è alto e supera il 10%. Si tratta, anzitutto, del paragrafo 76, che ha messo una pesante pietra tombale sulla "via ecclesiale" all'ideologia "gender" e sulle ipotizzate aperture della Chiesa alla ideologia "gay".
Siccome è un paragrafo lapidario e radicale, è matematico che quel 14% di no sia venuto tutto dall'ala "aperturista". Possiamo dunque assumere che il 31% di no al paragrafo 85 ed il 27% di no al paragrafo 84 siano costituiti per circa metà, del dissenso manifestato da coloro che non hanno digerito il paragrafo 76. La restante metà, è fatta in parte, ancora una volta, da "aperturisti delusi" e in piccola parte da quei padri conservatori che, pur approvando la sostanza dei paragrafi 84 e 85, hanno però disapprovato il fatto che il loro senso non sia stato più chiaramente esplicitato, per evitare che taluni possano maliziosamente o involontariamente fraintenderlo.
Come faccio ad affermare ciò? Lo faccio analizzando il voto relativo al paragrafo 86. Il paragrafo 86, infatti, è la chiave per leggere correttamente il n. 84 ed il n. 85, laddove esso prescrive che "..siccome nella legge non vi è gradualità..." allora occorre che "..il discernimento non possa prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo...". Si tratta di dottrina tradizionale allo stato puro, che i più preoccupati tra i conservatori dell'effetto mediatico, volevano fosse inserita nel corpo del n. 85, per evitare che coloro che, nell'epoca di Twitter, non riescono a leggere più di dieci righe alla volta, non cadessero nell'equivoco o non "ci marciassero" (come diciamo a Roma).
E quindi, il voto negativo sul n. 86 è sostanzialmente, ancora una volta, un dissenso tutto degli "innovatori". Riassumendo, quindi, la situazione della "Relatio Finalis" sui temi della morale coniugale più seguiti dal vasto pubblico, è ragionevole ritenere sia quella seguente:
a) la posizione sulla disciplina dei sacramenti per i divorziati risposati è in linea col magistero precedente, ed è stata sostenuta a maggioranza larghissima (stimo il 75%) dei padri sinodali. Un voto nel solco della continuità e, in tal senso, un voto a larga prevalenza conservatrice.
b) la posizione è stata avversata da una minoranza (stimo il 25%) di "aperturisti" o "innovatori". Si tratta di una percentuale fisiologica, non patologica c) la posizione è stata avversata da una piccolissima minoranza di padri conservatori (5%), che pur non essendo in dissenso sulla sostanza, hanno avuto perplessità circa la forma.
Poi vi è la chiusura sul tema gay, che è quasi da Concilio Ecumenico e resterà nella storia della Chiesa. È il vero evento che, silenzioso come una grande stella che esplode lontano di giorno, ma della quale poi ci si accorge nella notte, conferma che la Chiesa è il segno di contraddizione di sempre e che nella tempesta mantiene il suo corso".

Fonte: Libero, 26/10/2015

3 - SINODO: BISOGNA AMMETTERE CHE LA RELAZIONE FINALE MANCA DI CHIAREZZA SULL'INDISSOLUBILITA' DEL MATRIMONIO
Il card. Burke, ex Prefetto della Segnatura Apostolica, chiarisce i tre punti oscuri del documento (ecco i paragrafi ambigui)
Autore: Raymond Leo Burke - Fonte: Corrispondenza Romana, 28/10/2015

L'intero documento richiede uno studio attento, per capire esattamente quale suggerimento si stia offrendo al Santo Padre, in accordo con la natura del Sinodo, "nella salvaguardia e nell'incremento della fede e dei costumi, nell'osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica" (can. 342). La sezione intitolata "Discernimento e integrazione" (paragrafi 84-86), è comunque di immediata preoccupazione, a motivo della mancanza di chiarezza in una importante questione di fede: l'indissolubilità del vincolo matrimoniale, che la fede e la ragione insegnano a tutti gli uomini.

1) INTEGRAZIONE E' UN TERMINE MONDANO
Prima di tutto, il termine "integrazione", è un termine mondano, teologicamente ambiguo. Non vedo come possa essere "la chiave dell'accompagnamento pastorale di coloro che vivono in unioni matrimoniali irregolari". La chiave interpretativa della loro cura pastorale dev'essere la comunione fondata sulla verità del matrimonio in Cristo, che dev'essere onorato e messo in pratica, anche se uno dei due coniugi è stato abbandonato attraverso il peccato dell'altro. La grazia del Sacramento del Matrimonio rafforza il coniuge abbandonato per vivere fedelmente il vincolo matrimoniale, continuando a cercare la salvezza del coniuge che ha abbandonato l'unione matrimoniale. Ho conosciuto dalla mia infanzia e continuo ad incontrare fedeli cattolici il cui matrimonio è stato in qualche modo interrotto, ma che, credendo nella grazia del Sacramento, continuano a vivere nella fedeltà al loro matrimonio. Essi guardano alla Chiesa per un accompagnamento che li aiuti a restare fedeli alla verità della Chiesa nella loro vita.

2) CITAZIONE FUORVIANTE
In secondo luogo, la citazione dal n. 84 di Familiaris Consortio è fuorviante. All'epoca del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia del 1980, come nel corso della storia della Chiesa, ci sono sempre state pressioni per accettare il divorzio, a causa delle situazioni dolorose di coloro che vivono in situazioni irregolari, cioè di coloro la cui vita non è in accordo con la verità di Cristo sul matrimonio, verità che egli ha proclamato nei Vangeli (Mt 19, 3-12; Mc 10, 2-12). Mentre nel n. 84 il Papa San Giovanni Paolo II riconosce le differente situazioni di coloro che vivono in unioni irregolari e spinge i pastori e l'intera comunità ad aiutarli come veri fratelli e sorelle in Cristo in virtù del Battesimo, così conclude: "la Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati". Quindi spiega la ragione di questa prassi: "il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia". Il Papa fa notare correttamente che una prassi differente indurrebbe i fedeli "in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio".

3) LEGGI IMMUTABILI
In terzo luogo, la citazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1735) sull'imputabilità dev'essere interpretato nel senso della libertà che "rende l'uomo responsabile dei suoi atti, nella misura in cui sono volontari" (CCC, n. 1734). L'esclusione dai Sacramenti di coloro che vivono in situazioni irregolari non costituisce un giudizio circa la loro responsabilità per la rottura del vincolo matrimoniale, al quale sono legati. E' piuttosto il riconoscimento oggettivo di questo legame. La Dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi del 24 giugno 2000, che pure viene citato, è in totale accordo con l'insegnamento e la prassi costanti della Chiesa a riguardo, citando il n. 84 di Familiaris Consortio. Questa Dichiarazione chiarifica la finalità del colloquio con un sacerdote in foro interno, che è, secondo le parole del Papa San Giovanni Paolo II, "una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio" (Familiaris Consortio, n. 84). La disciplina della Chiesa provvede ad una continua assistenza pastorale per coloro che vivono in unioni irregolari e che "per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione" così che possano vivere in piena continenza, nella fedeltà alla verità di Cristo (Familiaris Consortio, n. 84).

Nota di BastaBugie: ecco un estratto dalla Relatio Finale del Sinodo 2015 nei punti chiave che fanno discutere.
84. I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell'integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Quest'integrazione è necessaria pure per la cura e l'educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti. Per la comunità cristiana, prendersi cura di queste persone non è un indebolimento della propria fede e della testimonianza circa l'indissolubilità matrimoniale: anzi, la Chiesa esprime proprio in questa cura la sua carità.
85. San Giovanni Paolo II ha offerto un criterio complessivo, che rimane la base per la valutazione di queste situazioni: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C'è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell'educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido» (FC, 84). È quindi compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l'insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l'unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio. Una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno.
Inoltre, non si può negare che in alcune circostanze «l'imputabilità e la responsabilità di un'azione possono essere sminuite o annullate» (CCC, 1735) a causa di diversi condizionamenti. Di conseguenza, il giudizio su una situazione oggettiva non deve portare ad un giudizio sulla «imputabilità soggettiva» (Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000, 2a). In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. Perciò, pur sostenendo una norma generale, è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la medesima in tutti i casi. Il discernimento pastorale, pure tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi.
86. Il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c'è gradualità (cf. FC, 34), questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa.

Fonte: Corrispondenza Romana, 28/10/2015

4 - SINODO: CARI CARDINALI TEDESCHI, TOMMASO MORO E JOHN FISHER SONO MORTI INVANO?
L'arcivescovo di Denver e Angela Pellicciari pongono qualche domanda a Kasper e Marx sulla comunione ai divorziati risposati
Autore: Samuel J. Aquila - Fonte: Tempi, 23/10/2015

L'idea che ai cattolici dovrebbe essere concesso di risposarsi e ricevere la comunione non è stata avanzata per la prima volta nella lettera firmata dal cardinale Kasper e da altri membri dell'episcopato tedesco nel 1993. L'episcopato di un altro paese, l'Inghilterra, ha fatto da pioniere in questo campo della dottrina cristiana circa 500 anni fa. Al tempo non ci si chiedeva appena se un cattolico potesse risposarsi, ma se il re potesse farlo, dal momento che sua moglie non gli aveva generato un figlio.
Come nel caso di coloro che chiedono la comunione per chi si risposa civilmente, così anche i vescovi inglesi non volevano autorizzare apertamente il divorzio e le nuove nozze. Così, scelsero di piegare la legge alle circostanze individuali del caso che dovevano affrontare e il re Enrico VIII ottenne "l'annullamento" su basi fraudolente e senza il permesso di Roma.
Se "l'eroismo non è per il cristiano medio", per dirla con il cardinale tedesco Walter Kasper, certamente non lo era per il re di Inghilterra. Al contrario, la felicità personale e il benessere di un paese costituivano due forti argomenti a favore del divorzio di Enrico. Ed era difficile che il re si prendesse il disturbo di saltare la comunione come conseguenza di un matrimonio irregolare.

L'UOMO NON OSI SEPARARE CIO' CHE DIO HA UNITO
Il cardinale di Inghilterra Wolsey, insieme a tutti i vescovi del paese, con l'eccezione del vescovo di Rochester, John Fisher, appoggiarono il tentativo del re di cancellare il suo primo e legittimo matrimonio. Come Fisher, anche Tommaso Moro, laico e cancelliere del re, gli rifiutò il suo sostegno. Entrambi vennero martirizzati e in seguito canonizzati.
Difendendo pubblicamente l'indissolubilità del matrimonio del re, Fisher sostenne che «questo matrimonio del re e della regina non può essere dissolto da alcun potere, umano o divino che sia». Per questo principio, disse, era disposto a dare la vita. Continuò facendo notare che Giovanni il Battista non aveva trovato «causa più gloriosa per cui morire che quella del matrimonio», nonostante allora il matrimonio «non fosse così sacro come lo è diventato dopo che Cristo ha versato il Suo sangue».
Come Tommaso Moro e Giovanni il battista, Fisher fu decapitato e come loro fu chiamato "santo". Al Sinodo sulla famiglia che si sta svolgendo in questi giorni a Roma, alcuni vescovi tedeschi insieme ai loro sostenitori stanno facendo pressione perché la Chiesa permetta a chi ha divorziato, e poi si è risposato, di ricevere la comunione. Al contrario, altri vescovi da tutto il mondo insistono che la Chiesa non può cambiare l'insegnamento di Cristo. Questa situazione impone una domanda: credono i vescovi tedeschi che san Tommaso Moro e san John Fisher abbiano sacrificato invano le loro vite?
Gesù ci ha mostrato lungo tutto il suo ministero che per seguirlo è necessario un sacrificio eroico. Quando si legge il Vangelo con cuore aperto, un cuore che non mette il mondo e la storia al di sopra del Vangelo e della Tradizione, si scorge il costo della sequela che tutti i discepoli sono chiamati a pagare. I vescovi tedeschi farebbero meglio a leggere "Il costo dell'essere discepoli" del martire luterano, Dietrich Bonhoeffer. Infatti, ciò che loro promuovono è una "grazia a poco prezzo" invece che una "grazia onerosa", e sembrano anche ignorare le parole di Gesù: «Chi mi vuol seguire rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc. 8: 34, Lc. 14: 25-27, Gv. 12: 24-26).

L'ESEMPIO DELL'ADULTERA
Pensiamo, ad esempio, all'adultera che i Farisei presentarono a Gesù per coglierlo in fallo. La prima cosa che fece fu proteggerla dai suoi accusatori e la seconda cosa che fece fu richiamarla. «Va'», comandò, «e non peccare più». Seguendo le parole di Cristo in persona, la Chiesa cattolica ha sempre insegnato che il divorzio e le nuove nozze sono solo un altro modo per chiamare l'adulterio. E poiché la comunione è riservata ai cattolici in stato di grazia, coloro che vivono in una situazione irregolare non possono partecipare a questo aspetto della vita della Chiesa, anche se devono sempre essere accolti all'interno delle parrocchie e anche a Messa.
A maggio, il cardinale Kasper, in un'intervista a Commonweal Magazine, ha affermato che «non possiamo dire se l'adulterio è in corso» quando un un cristiano divorziato e pentito intrattiene «rapporti sessuali» in una nuova unione. Piuttosto, lui ritiene che «l'assoluzione sia possibile». Ma, ancora, Cristo ha chiaramente chiamato adulterio il risposarsi e ha detto che l'adulterio è peccato (Mt. 5:32, Mc. 10:12, Lc. 16:18). Nel caso della Samaritana (Giovanni 4:1-42), Gesù ha anche confermato che risposarsi non può essere valido neanche quando è un gesto dettato da fedeltà e sentimenti sinceri.
Se si aggiunge all'equazione l'alto tasso di fallimenti delle nuove nozze in seguito a un divorzio, nessuno può dire a che cosa potrebbero portare i ragionamenti del cardinale Kasper. Per esempio, la comunione sacramentale dovrebbe essere ammessa solo per coloro che si risposano una volta? E per coloro che si risposano due o tre volte? Ed è ovvio che gli argomenti usati per ammorbidire il divieto di Cristo di risposarsi potrebbero essere utilizzati anche per l'uso dei contraccettivi o per innumerevoli altri aspetti della teologia cattolica, che il mondo moderno e auto-referenziale giudica "difficili".
Per predire a che cosa porterà tutto questo non serve conoscere il futuro, è sufficiente osservare il passato. Dobbiamo solo guardare la Chiesa anglicana, che ha aperto la porta alla contraccezione (e poi l'ha abbracciata) nel 20esimo secolo e per oltre un decennio ha permesso ai divorziati di risposarsi in alcuni casi.

I VESCOVI TEDESCHI VOGLIONO FARE A MODO LORO
Il "Piano B" dei vescovi tedeschi, cioè fare "a modo loro" in Germania, anche a costo di andare contro gli insegnamenti della Chiesa, presenta le stesse falle. Ed è "anglicanamente" inquietante. Consideriamo le parole del presidente della Conferenza episcopale tedesca, il cardinale Marx, che secondo la citazione riportata dal National Catholic Register sostiene che mentre la Chiesa tedesca può restare in comunione con Roma per quanto riguarda la dottrina, per quanto riguarda invece la cura pastorale dei singoli casi, «il Sinodo non può prescrivere nel dettaglio ciò che dobbiamo fare in Germania». Enrico VIII sarebbe stato sicuramente d'accordo.
«Non siamo appena una succursale di Roma», ha affermato il cardinale Marx. «Ogni conferenza episcopale è responsabile per la cura pastorale nella sua cultura e deve proclamare il Vangelo a modo suo. Non possiamo aspettare che il Sinodo decida qualcosa, mentre dobbiamo occuparci qui del ministero del matrimonio e della famiglia». Anche gli anglicani hanno ricercato una simile autonomia, anche se questa ha portato come risultato a crescenti divisioni interne e a uno svuotamento delle comunità.
È innegabile che la Chiesa debba raggiungere con misericordia coloro che si trovano ai margini della fede, ma la misericordia parla sempre il linguaggio della verità, non condona mai il peccato, e riconosce che la Croce è al cuore del Vangelo. Si potrebbe richiamare papa san Giovanni Paolo II, citato da papa Francesco alla sua canonizzazione come "il Papa della famiglia", che scrisse estensivamente della misericordia, dedicandole un'intera enciclica e istituendo la festa della Divina misericordia. Per san Giovanni Paolo II, la misericordia era un tema sì centrale, ma che necessitava di essere letto alla luce della verità e della scrittura, piuttosto che in contrasto con esse.

LE NUOVE NOZZE
Per quanto riguarda le nuove nozze, e molte altre questioni, nessuno può dire che gli insegnamenti della Chiesa, che sono quelli di Cristo, siano facili. Ma Cristo stesso non è sceso a compromessi con i suoi principali insegnamenti per impedire ai discepoli di andarsene - che si trattasse dell'Eucaristia o del matrimonio (Gv 6: 60-71; Mt 19: 3-12). Neanche John Fisher è sceso a compromessi per mantenere cattolico il re. Per cercare un modello su questo tema, non dobbiamo andare oltre le parole di Cristo e san Pietro che troviamo nel capitolo 6 del vangelo di Giovanni, un passaggio che ci ricorda che gli insegnamenti sull'Eucaristia sono spesso difficili da accettare per i credenti.
«"È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. (…) Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio". Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: "Forse anche voi volete andarvene?". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna"».
Come i discepoli, noi siamo sempre chiamati ad ascoltare la voce di Gesù prima che la voce del mondo, della cultura e della storia. La voce di Gesù illumina le tenebre del mondo e delle culture. Preghiamo affinché tutti prestino ascolto a queste parole di vita eterna, a prescindere dalla loro difficoltà!

Nota di BastaBugie: interessante l'articolo di Angela Pellicciari pubblicato il 23-10-2015 su La nuova Bussala Quotidiana dal titolo "Il cardinale Marx? Parla come Lutero".
Ecco l'articolo in versione integrale:
Il problema dell'accesso dei divorziati risposati alla comunione è davvero così difficile da risolvere? Un gruppo di porporati di lingua tedesca suggerisce la quadratura del cerchio: si tratta di consentire a quanti si trovano nella spinosa situazione di voler fare la comunione pur senza averne diritto, di decidere cosa fare a livello personale, a livello di "foro interno", con l'aiuto, va da sé, di un padre spirituale.
Portata alle estreme conseguenze la soluzione suggerita dal gruppo tedesco opta per un deciso ricorso al relativismo: non c'è una verità assoluta perché le cose cambiano col variare delle situazioni e ciascuno può valutare in coscienza la cosa migliore da fare. Padre di questa posizione è un altro tedesco, un tedesco famoso: Martin Lutero.
Mutatis mutandis anche Lutero si trova a dover prendere posizione su un caso spinoso: è lecito al langravio Filippo d'Assia, luterano della prima ora, definito dal "profeta della Germania" il "nuovo Arminio", diventare bigamo? Vizioso e lussurioso, Filippo scrive a Lutero per ottenere il suo consenso alla celebrazione in pubblico di seconde nozze - cui la prima moglie acconsente - con la diciassettenne damigella di corte Margherita di Saale. Il caso non è di facile soluzione perché, se Lutero rifiuta, il suo braccio destro può passare armi e bagagli nelle fila del cattolico imperatore Carlo V. Vista la delicatezza del momento Lutero e Melantone rispondono immediatamente, il giorno dopo aver ricevuto la lettera: in pubblico non si può celebrare nessun matrimonio perché lo scandalo sarebbe troppo grande; se però il langravio insiste, gli si può concedere una dispensa perché il "matrimonio supplementare" non ha nulla contro la legge di Dio e può essere determinato da una "necessità di coscienza": "l'uomo può col consiglio del suo pastore, prendersi ancora un'altra donna".

Fonte: Tempi, 23/10/2015

5 - SINODO: CAMPAGNA DIFFAMATORIA NEI CONFRONTI DEI CARDINALI CHE SI OPPONGONO ALLE TESI KASPERIANE EVOCANDO IMPROBABILI COMPLOTTI
Intanto il sacerdote polacco omosessuale che alla vigilia del Sinodo aveva dichiarato la propria omosessualità è stato sospeso a divinis da parte del suo vescovo
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/10/2015

E meno male che il Papa lo scorso 6 ottobre aveva invitato a «evitare l'ermeneutica cospirativa» riguardo al Sinodo. Da due giorni tg e giornaloni italiani – cattolici e laici - sono pieni di teorie della cospirazione, ovviamente ordita da elementi conservatori per delegittimare il Papa. Non è la prima volta che accade durante questo Sinodo, ma il can can di questi giorni lascia a dir poco perplessi. Tutto nasce dal presunto scoop di due giorni fa del Quotidiano Nazionale circa il presunto tumore (benigno) al cervello di papa Francesco. Immediata la smentita del portavoce vaticano padre Lombardi (addirittura a mezzanotte e mezzo: visto che quando vogliono in Vaticano sono tempestivi?), ripetuta nelle ore successive e molto dura nei contenuti. Tutto sommato poteva anche finire lì. Speculazioni e falsi scoop sulla salute dei Papi non sono certo una novità: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ne hanno subiti diversi. Si è sempre smentito, magari qualche nota di rimprovero per un certo modo di fare giornalismo, e chiusa lì.
Stavolta no: certo, la notizia di un tumore al cervello è pesante, se è priva di fondamento ancora di più. Né si può escludere moventi particolari dietro alla diffusione della notizia. Ma quello che certamente è l'ennesimo episodio che andrebbe inquadrato casomai in un certo malcostume giornalistico è diventato il pretesto per un'altra aggressione contro i padri sinodali che si oppongono - diciamo per semplificare - alle tesi del cardinale Kasper.
Una qualche giustificazione forse ce l'ha l'Osservatore Romano, che per primo ha affermato che «il momento scelto rivela l'intento manipolatorio del polverone sollevato». Accusa dura, ma molto generica. Ieri però era davvero sorprendente leggere tutti i principali giornali che dedicavano paginate al "complotto" riportando la stessa identica tesi cospirativa, senza alcuna prova al riguardo, come se fosse passata per le redazioni una velina.
In sintesi - sostengono in coro Corriere, Stampa, Repubblica, Avvenire - chi resiste ai cambiamenti voluti da papa Francesco avrebbe ordito questa faccenda della malattia per dare a intendere che certe idee del Papa vengono da un cervello malato, e così delegittimarlo. Si chiede infatti un acuto vaticanista: dovendo inventarsi una malattia, perché un tumore al cervello e non una leucemia? Ragionamenti degni della Signora in Giallo, ma il peggio deve ancora venire. Perché tutti mettono in fila il coming out di monsignor Charamsa alla vigilia del Sinodo, la lettera dei 13 cardinali e infine la notizia della malattia del Papa per concludere che tutto è parte di un grande disegno teso ad attaccare l'autorità del Papa e il dibattito al Sinodo.
Tre episodi che evidentemente non hanno nulla in comune - e anzi, in almeno due casi sono anche di segno opposto a quello descritto - se non il fatto che sono tutti serviti come pretesto per scatenare vere e proprie aggressioni verbali contro i padri sinodali che vedono in certe proposte sul matrimonio il tentativo di cambiare la dottrina della Chiesa pur affermando il contrario.
Incredibile, in particolar modo, che si continui a parlare di cospirazione a proposito della lettera dei cardinali, visto che era una missiva privata firmata e consegnata direttamente al Papa e alla quale il Papa ha risposto pubblicamente il 6 ottobre. Nessuna manovra segreta, nessuna trappola alle spalle del Papa, eppure le grandi firme della stampa laicista e cattolica continuano con questa menzogna. Aggravata dal fatto che, nel caso della presunta malattia del Papa, si insinua che la mente sia da cercarsi appunto nel giro di quei 13 cardinali.
Questa sì è una manovra sporca, perché si calunnia dei cardinali che hanno sempre espresso apertamente il loro pensiero, evocando "forze oscure", "sottili trame" e via di questo passo senza mai portare un solo fatto a sostegno della propria tesi. Provo allora a fare un'ipotesi sul perché di queste teorie della cospirazione: ho infatti l'impressione che, non avendo nel Sinodo la maggioranza per i cambiamenti voluti, i "kasperiani" abbiano messo in atto una vera e propria opera di intimidazione nei confronti dei padri sinodali e di mistificazione così che alla fine si potrà sempre dire che dal Sinodo sarebbero usciti risultati diversi se non fosse stato per le indebiti pressioni e oscure manovre dei "conservatori". E rilanciare in questo modo lo Spirito del Sinodo che - come lo Spirito del Concilio - servirà a dare una indicazione diversa, a volte opposta, rispetto ai documenti scritti. Forse non a caso il cardinale tedesco Marx ha già detto che «il Sinodo non finisce qui».
Peraltro c'è anche da notare che per pura coincidenza il can can mediatico creato a seguito della notizia sulla presunta malattia del Papa, è servita a coprire una dichiarazione importante del cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier, uno dei 13 firmatari la lettera al Papa. Nella conferenza stampa di mercoledì 21 ottobre, rispondendo a una domanda proprio sulla lettera, Napier ha spiegato che nasceva dalla preoccupazione che si ripetesse quanto accaduto nel Sinodo dell'anno scorso, quando fu evidente la manipolazione a uso del pubblico messa in atto dalla segreteria del Sinodo. Vale la pena riprendere un passaggio della sua risposta, laddove con molta chiarezza spiega cosa è accaduto allora. E si noterà che i manipolatori di allora sono ancora alla guida del Sinodo e che fanno parte della compagnia che oggi grida al complotto:
«Penso che la prima cosa da dire è che nel precedente sinodo c'erano alcuni singoli elementi che erano motivo di preoccupazione. E uno in particolare è stato il presentare la relazione intermedia come se fosse venuta dal sinodo, come se facesse parte della deliberazione del sinodo. E questo non era vero, perché noi abbiamo ricevuto il documento circa un'ora dopo che voi dei media l'avevate ricevuto. E solo allora abbiamo cominciato a leggerlo. E quel documento già diceva delle cose che io sapevo erano state dette nell'aula da due o tre persone al massimo. Ma era presentato come se quelle fossero la riflessione del sinodo. Ora questo certamente dava l'impressione che il sinodo fosse spinto in una certa direzione. Ho anche fatto parte della commissione che ha redatto il documento finale. E ci sono state anche lì alcune materie che ancora una volta venivano spinte in una certa direzione. Quindi, in questo senso una particolare ideologia, o agenda, o come la si vuole chiamare, sembrava essere all'opera»

Nota di BastaBugie: ricordate il sacerdote polacco omosessuale che alla vigilia del Sinodo aveva dichiarato al propria omosessualità? [IL COMING OUT DI MONSIGNOR CHARAMSA https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3934]
Nell'articolo di Marek Lehnert pubblicato sul sito del Timone si trova la notizia relativa alla sua pronta sospensione a divinis da parte del suo vescovo. Ecco l'articolo completo:
Monsignor Krzysztof Charamsa, il teologo e officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede che alla vigilia del Sinodo dichiarò la sua omosessualità, è stato sospeso dal sacerdozio dal vescovo della diocesi polacca di Pelplin, mons. Ryszard Kasyna.
Nel comunicato diffuso in data 21 ottobre il portavoce del vescovo Ryszard Kasyna ricorda che il prete gay, subito dopo il suo coming out, era stato da lui ammonito ed invitato "alla conversione e al ritorno all' autentico insegnamento della Chiesa e al sacerdozio di Cristo". Di fronte alla mancanza di qualsiasi segnale di volontà di ravvedimento da parte di mons. Charamsa e di fronte alle sue pubbliche dichiarazioni sul fatto di voler continuare la vita non conforme alle norme di condotta consone a un prete cattolico, "il vescovo di Pelplin, conformemente alle norme del Codice di diritto canonico, il 17 ottobre scorso gli ha inflitto la pena della sospensione, proibendogli nello stesso tempo di esercitare l'autorità derivante dalla ordinazione, come pure di indossare la veste sacerdotale".
Il comunicato sottolinea come tale pena abbia principalmente lo scopo di ricondurre Charamsa alla ragione e potrebbe essere revocata in qualsiasi momento. "Ciò dipende dalla futura condotta del suddetto sacerdote", scrive il portavoce episcopale, aggiungendo che il vescovo di Pelplin "non perde la speranza del completo ritorno di Krzysztof Charamsa al sacerdozio di Cristo", chiedendo ai sacerdoti e ai fedeli della diocesi di pregare secondo questa intenzione.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/10/2015

6 - VOTI UN DEMOCRISTIANO? HAI CONTRIBUITO A FAR APPROVARE LEGGI ANTICRISTIANE (E DISUMANE)!
Il premier spagnolo Rajoy aveva promesso di cancellare le leggi abortiste di Zapatero e invece promuove l'aborto; in California il governatore ''cattolico'' Jerry Brown ha legalizzato l'eutanasia
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Corrispondenza Romana, 14/10/2015

È passato circa un mese da quando il Partito Popolare spagnolo in Senato ha fatto passare una deludente mini-riforma della legge Aído sull'aborto: un'operazione dal sapore spiccatamente elettorale, per cercar di recuperare, senza riuscirvi, quel contatto con la gente perso, dopo aver tradito le promesse scritte nel programma prima delle urne.
All'epoca il leader Rajoy si impegnò a cancellare la normativa voluta dal suo predecessore Zapatero, che prevedeva un «diritto» all'aborto «su richiesta» sino alla quattordicesima settimana. Poi però non se ne fece niente, vinte le elezioni Rajoy ripose il progetto di legge pro-life nel cassetto, spingendo alle dimissioni il suo autore, l'allora ministro di Giustizia Alberto Ruiz Gallardón, sentitosi preso in giro. Questo tradimento della sua base elettorale, al premier, non fu mai perdonato.
Ora la mini-riforma non ha ancora neppure completato il proprio iter parlamentare, che già si profila un nuovo dietrofront: Rajoy, dalla sua poltrona strategica nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, si trova nell'imbarazzante situazione di dover fare il pro-life in casa propria ed, allo stesso tempo, di dover estendere ovunque nel mondo aborto ed anti-natalismo. Potrebbe opporsi, certo. Ma non lo farà. Ecco perché.
Lui, quel posto di membro non permanente per il biennio 2015-2016 se l'è conquistato sgomitando, un anno fa, per sedere a fianco di Angola, Malesia, Nuova Zelanda e Venezuela. A differenza di questi, però, non l'ha conquistato alla prima, bensì alla terza votazione, dopo un combattuto testa a testa con la Turchia di Erdogan. Ed, una volta spuntata la vittoria, non ha esitato a far conoscere la propria soddisfazione, definendo tale risultato il frutto della fiducia riposta dalla comunità internazionale nella Spagna. Fiducia, che ora, lui, non può o non vuole evidentemente tradire. Anzi, pare deciso a pagarne fino in fondo il prezzo.
Tant'è vero che Rajoy, oltre che primo ministro anche presidente del Partito Popolare iberico, ha annunciato di sostenere apertamente col suo governo l'agenda Onu 2030 con tutti i suoi Obiettivi per uno sviluppo sostenibile. Obiettivi, tra i quali figura specificamente il conseguimento entro i prossimi 15 anni dell'eguaglianza «di genere», nonché l'estensione della pratica abortiva e contraccettiva ovunque, in particolar modo nei Paesi cosiddetti "in via di sviluppo", dove finora non ha attecchito. È ciò che maldestramente si cela nell'antilingua dietro termini melliflui come «salute sessuale» e «diritti riproduttivi», proponendosi d'introdurli già nelle scuole, per diffondere una mentalità contraria alla vita e contraria alla famiglia presso le giovani generazioni, cancellandone l'innocenza, la purezza e l'anima.
Il tentativo, dunque, di rifarsi una credibilità politica si conferma per quel ch'è parso sin dall'inizio ovvero una squallida operazione di facciata, peraltro mal riuscita. E nient'altro. Val la pena ricordare cosa preveda a pag. 108 il programma elettorale con cui il Partito Popolare vinse le elezioni del 2011: «La maternità dev'essere protetta e sostenuta. Promuoveremo una legge che la tuteli con adeguati mezzi, specie a favore delle donne in condizioni di difficoltà. Daremo impulso ad una rete d'appoggio. Cambieremo l'attuale legge sull'aborto, per rafforzare la tutela del diritto alla vita». Rileggere oggi queste parole ha l'amaro sapore, a dir poco, della beffa. Di fronte alla quale val la pena ricordare come «non dire falsa testimonianza» sia uno dei dieci Comandamenti...

Nota di BastaBugie: Paese che vai, democristiano che incontri. Ecco l'articolo di Alfredo de Matteo pubblicato su Corrispondenza Romana il 7 ottobre 2015 dal titolo "Il si del cattolico Brown al suicidio assistito in California".
Ecco l'articolo completo:
La storia si ripete: un'altra legge ingiusta ed omicida è stata sottoscritta da un politico sedicente cattolico. Accade in California, dove il governatore Jerry Brown, dichiaratamente cattolico ed ex seminarista, ha apposto la sua firma ad un provvedimento che legalizza la pratica disumana del cosiddetto suicidio assistito.
Il governatore ha spiegato, in una lettera ai legislatori, di aver sottoscritto il documento dopo attenta ed accurata riflessione che lo ha portato a mettersi nei panni del paziente (secondo il suo punto di vista, però...). Brown ha rivelato, altresì, di essersi consultato, tra gli altri, con un vescovo cattolico, con amici ex seminaristi come lui e soprattutto con ... la sua coscienza. «Non so cosa farei io in caso di prolungata e dolorosa agonia, sono sicuro tuttavia che sarebbe un conforto poter considerare tra le opzioni quella contemplata in questo testo. E non vorrei negare a nessuno questo diritto», scrive nella lettera il governatore della California.
La legge sull'eutanasia ricalca quelle già in vigore in altri Stati americani, ossia Oregon, Vermont, Washington e Montana, seppur con qualche differenza: il testo prevede che il provvedimento venga rivisto dopo dieci anni di applicazione (e migliaia di morti ammazzati, aggiungiamo noi...) e una serie di accorgimenti per garantire che nessuno venga assassinato contro la sua volontà.
In particolare, i medici dovranno sostenere una serie di colloqui privati con gli aspiranti suicidi, accertarsi che i pazienti siano in grado di assumere i medicinali in maniera consapevole ed autonoma e subordinare l'approvazione, che dovrà essere ratificata da due medici, a fronte di una serie di richieste scritte da parte del paziente.
Tali misure precauzionali esprimono la preoccupazione che la situazione possa sfuggire di mano al legislatore, come è accaduto in Belgio e Olanda dove ormai si procede con l'eutanasia dei malati su semplice richiesta dei congiunti nonché su decisione autonoma dei medici in considerazione della presunta irrecuperabilità del paziente, anche nei casi di malattie come la depressione o in quelli che coinvolgono carcerati o minori.
Nella società attuale che esalta in maniera innaturale e sganciata dalla dimensione etica e razionale i diritti umani, tanto che essi spesso tendono a ritorcersi contro l'uomo stesso, giocano un ruolo decisivo i cattolici, i quali non di rado si fanno essi stessi promotori di leggi ingiuste o avallano provvedimenti altrettanto iniqui.
Segno che il vero problema non sono tanto le derive laiciste degli Stati atei contemporanei ma il contributo decisivo del mondo cattolico al processo di autodistruzione dell'umanità, sia nei termini di collaborazione attiva al male ed all'errore, sia nei termini di un'opposizione tutt'altro che eroica al male ed all'errore stessi.

Fonte: Corrispondenza Romana, 14/10/2015

7 - IL CASO ILVA DISTRUGGE TARANTO: CHIUDE UN NEGOZIO SU DUE E IL PORTO ARRANCA
Il processo (47 imputati e mille parti civili, 30 miliardi di euro di risarcimenti), condanna alla chiusura la (ormai ex) più grande acciaieria d'Europa (ovvero: l'italico tirarsi la zappa sui piedi)
Fonte Tempi, 21/10/2015

L'Ilva in profonda crisi porta a fondo un'intera città. Ma non c'è da meravigliarsi, qualcuno lo aveva detto chiaro e tondo fin dall'inizio: «Quando cercavamo di spiegare ai commercianti che il disastro della fabbrica si sarebbe abbattuto sui consumi e su tutti, non siamo stati ascoltati», ha dichiarato al Corriere della Sera Vincenzo Cesareo, presidente degli industriali. Più volte vi abbiamo raccontato il romanzo del caso Ilva, di come i giudici siano seriamente responsabili della distruzione di una delle sue più industrie nostrane. E vi abbiamo anche riportato i dubbi di uno dei più noti epidemiologi dei tumori, Diego Serraino, sull'affidabilità e scientificità delle maxiperizie che hanno dato il via al processo "Ambiente Svenduto", che la Corte d'assise di Taranto ha aperto e rinviato al primo dicembre.
Il più grande processo per disastro ambientale della storia italiana conta 47 imputati, mille parti civili, 30 miliardi di euro di richiesta di risarcimenti che se dovessero essere confermati confermerebbero la definitiva chiusura della (ex) più grande acciaieria d'Europa. In attesa che la giustizia faccia il suo corso (lentissimo), il rinvio del processo non rallenterà la terribile agonia di Taranto: «Un negozio su due in centro ha abbassato le saracinesche», ha detto ancora Cesareo. E non si riferisce solo a boutique: il porto arranca, spariscono marchi storici, i call center rischiano di buttare per strada tremila addetti.
A inizio anno si erano registrati tre miliardi di perdite nel giro di 30 mesi. Cento milioni al mese "bruciati". Per trenta mesi. "Bruciati" dalle inchieste, dai provvedimenti giudiziari di sequestro, dagli asfissianti controlli sugli impianti (per due terzi ancora sotto sequestro), dalla impossibilità di rimettere in moto il ciclo produttivo, stendere un piano industriale eccetera eccetera. Tre miliardi in 30 mesi. Eppure qualche idea per salvare un'industria che valeva l'1 per cento del Pil italiano c'era. Anche se, la condizione perché si riuscisse a evitare il disastro, era che la procura di Taranto mollasse la presa sui sequestri e consentisse all'azienda di tornare sul mercato producendo e vendendo acciaio e non avvisi di garanzia. Comunque, nonostante gli sforzi dei governi, i decreti salva Ilva fatti di promesse e pure qualche miliardo, il risultato per ora non sta cambiando: Taranto, in ogni caso, sta morendo.
Il rebus è semplice da capire, non certo da risolvere: a produzione piena l'Ilva inquina troppo, a produzione ridotta non campa più. E così crolla l'indotto, anzi di più, e in una città da sempre votata all'acciaio succede che «chiudono anche le panetterie, nemmeno il pane riesce a comprare la gente».

Nota di BastaBugie: ecco il link all'articolo sull'Ilva che abbiamo diffuso nel 2012
LA PROCURA DI TARANTO IMPEDISCE UNA SOLUZIONE PER L'ILVA RESPINGENDO SENZA MOTIVO IL PIANO DELL'AZIENDA PER INVESTIMENTI PER 400 MILIONI DI EURO
Chiudere l'Ilva di Taranto significa mettere fuori mercato tutta l'industria manifatturiera nazionale che fa dell'acciaio l'elemento base, settore in cui l'Italia è indiscusso leader mondiale
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2477

Fonte: Tempi, 21/10/2015

8 - FATTA MORIRE DI FAME E DI SETE: ECCO L'EUTANASIA A 12 ANNI IN SPAGNA
Dopo quattro giorni senza alimenti, è morta la ragazzina al centro di un caso di dolce (?!) morte
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 10/10/2015

Dopo quattro giorni senza cibo e acqua la dodicenne Andrea Lago è morta venerdì all'ospedale clinico di Santiago de Compostela. I supporti vitali che servivano per nutrire Andrea, affetta sin da piccola da una malattia neurodegenerativa che le ha bloccato progressivamente gli arti, le erano stati tolti lunedì dopo una battaglia ingaggiata lo scorso giugno dai genitori, Antonio Lago e Estela Ordonez (nella foto), convinti che la figlia dovesse morire "dignitosamente". «Non vogliamo vederla agonizzante, deperita, in pena e incapace di riconoscerci».
A giugno il parlamento della Galizia aveva approvato, all'unanimità, una legge sul fine vita, aprendo un foro nella diga. La norma, infatti, pur escludendo l'eutanasia e parlando di sedazione «senza accorciare la vita», lascia spazio ad interpretazioni ammettendo generiche «limitazioni di trattamento» in condizioni cliniche irrecuperabili. L'ospedale, nonostante le richieste dei genitori, si era opposto spiegando che «la piccola non prova alcun dolore». Il caso era poi arrivato al governo regionale della Galizia che aveva emesso un parere non vincolante in cui si richiedeva la rimozione dell'alimentazione e dell'idratazione. L'ospedale aveva mantenuto la propria posizione.

DIBATTITO STRUMENTALE
A quel punto i genitori si sono rivolti al tribunale di Santiago, che ha richiesto l'intervento di quattro esperti, per sapere se i medici stessero «prolungando inutilmente l'agonia della bambina». La tragedia è stata politicizzata e usata dal leader del partito socialista, Pedro Sànchez, che ha promesso la legalizzazione dell'eutanasia in caso di vittoria alle elezioni generali di dicembre. Al contrario, l'assessore alla Salute del governo della Galizia, Rocio Mosquera, si è schierato dalla parte dei medici spiegando che privare una persona del cibo e dell'acqua è un atto di «eutanasia attiva».
La campagna martellante dell'"Associazione Morte Dignitosa" ha puntato sul «diritto del paziente che ha la libertà di rifiutare i trattamenti», nonostante Andrea non potesse esprimersi e nonostante cibo e acqua non siano trattamenti medici. Eppure, ha insistito l'associazione, «la nuova maggioranza del prossimo parlamento spagnolo dovrà decriminalizzare l'eutanasia e il suicidio assistito». Solo il vescovo di Alcala de Henares, Juan Antonio Reig Pla, ha ricordato il documento di Benedetto XVI del 2007, in cui rispondeva ad alcune domande della Conferenza Episcopale americana, spiegando che alimentazione e idratazione fornite tramite dispositivi medici non possono essere interrotte perché sono «un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita». Citando papa Benedetto il vescovo ha poi spiegato che «un paziente in "stato vegetativo permanente" è una persona la cui dignità umana è fondamentale», che comprende «la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali».
Di fronte alla decisione dei genitori di rivolgersi al giudice, l'ospedale alla fine ha ceduto. Così, lunedì scorso, l'avvocato della coppia, Sergio Campos, ha annunciato che ad Andrea erano stati tolti cibo e acqua, mantenendo «solo un livello minimo di idratazione». Campos ha chiarito che in questo modo la bambina sarebbe morta entro «due, quattro, otto o trentotto giorni». Monsignor Reig Pla aveva invece ricordato che la vera sofferenza è questa: «Morire di fame e di sete».

Fonte: Tempi, 10/10/2015

9 - OMELIA SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI - ANNO B - (Mt 5,1-12)
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra
Autore: Card. Giuseppe Siri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° novembre 2015)

Le letture di questo giorno, solennità di tutti i Santi, sono entusiasmanti. La prima lettura (Ap 7,2-4.9-14) ci ha mostrato, naturalmente in traduzione simbolica, dietro alla quale sta la realtà che va all'infinito, l'assemblea dei Santi, alla quale, se siamo in Grazia di Dio, partecipiamo anche noi. La seconda, estratta dalla prima lettera di san Giovanni (3,1-3), ci ha detto l'essenza della felicità di quest'assemblea: la visione di Dio faccia a faccia. La terza lettura ci ha riportato, secondo il dettato di Matteo (5,1-12), il Discorso della Montagna, le otto Beatitudini, che sono il codice della santità e racchiudono la più alta sapienza. Ma voglio attirare la vostra attenzione su una riflessione di carattere generale. Oggi, che è in realtà per il cristiano un giorno entusiasmante, si direbbe che la divina liturgia si ferma per raccogliere tutto quello che ha ricordato nei vari giorni dell'anno, raccogliere coloro la cui memoria ha presentato al popolo cristiano per vederli tutti insieme. È come se questo lungo nastro sul quale sono incisi i capolavori di Dio si raccolga in un unico affresco. Ma l'anno trascorre, ed è su questo trascorrere che io attiro la vostra attenzione.
Quando gli Ebrei uscirono dall'Egitto miracolosamente, attraversando il Mar Rosso – lo dice il Sacro Testo –, passarono «avendo il mare come un muro a destra e a sinistra» (cf Es 14,29). Per chi sente e vive secondo Cristo accade qualche cosa di analogo, ma di più grande, sì, più grande che la traversata del Mare Rosso. Da una parte c'è questa parete che ci accompagna lungo tutti i giorni dell'anno e che ogni giorno ci presenta da ascoltare, meditare, assimilare, tradurre negli atti della vita la Parola di Dio. Ma dall'altra parte c'è l'altra parete, in cui appaiono i Santi, e sono la parete relativa all'altra, in cui non si sente più la Parola di Dio direttamente, ma se ne sente l'applicazione pratica in tutte le multiformi circostanze e difficoltà della vita, come la presentano questi uomini santi, che hanno risolto i problemi posti dalla grande prova (la prova: l'unica ragione per cui siamo nel mondo!). E così si svolge l'anno. I Santi sono la corrispondenza pratica, la documentazione diretta della Parola di Dio. Guai a vederli come se fossero un velo che copre Iddio, che detrae qualche cosa alla gloria di Dio, che deprime il suono della Sacra Parola! No! Sono la Parola ricevuta e rifratta agli occhi nostri, in quella luce che viene dall'alto e che si chiama la Grazia: i Santi sono questo. L'anno, visto a questo modo, da questo giorno di tutti i Santi, in cui in un certo senso ha la sua significazione più alta, è diverso. I Santi sono il riflesso più autentico di Colui che ci ha creato, dopo Cristo, Dio e uomo, e dopo la Vergine sua Madre, che è la capofila di tutti i Santi.
Ma dietro i Santi, e alla pari loro in un certo senso, almeno per molti, stanno coloro che, essendo mancata una designazione da parte di Dio coi miracoli operati dopo la morte, una designazione ad una missione postuma, sono passati nel silenzio, ma nella santità. E sono innumerevoli, perché è in questo giorno di tutti i Santi che si può e si deve affermare che l'Incarnazione del Verbo non è stata un fallimento, e sarebbe fallimento se una minoranza esigua del genere umano soltanto si fosse salvato; gli uomini faranno fallimento, Dio no. E pertanto i più si vedono da questa parte e accompagnano l'anno. Perché non li accettiamo compagni della nostra vita?

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° novembre 2015)

10 - OMELIA XXXII DOM. DEL T. ORD. - ANNO B - (Mc 12,38-44)
Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per l'8 novembre 2015)

Il tema centrale della liturgia della Parola di questa domenica è la generosità della creatura nei confronti di Dio a cui segue sempre una generosità ancora più grande di Dio verso le sue creature. È quanto abbiamo letto nella prima lettura. Dio chiede alla vedova di Sarepta tutto quello che ella aveva per vivere: un pugno di farina e un po' d'olio. Era l'unico sostentamento per lei e per suo figlio. Dio le chiede quell'atto di generosità per sfamare il profeta Elia, ed ella, con grande carità preparò una focaccia per il Profeta. Dio ricompensò ampiamente quel gesto facendo sì che né la farina venne meno nella giara e né l'olio diminuì nell'orcio. E così Elia, la vedova e suo figlio poterono mangiare per diversi giorni.
In questo episodio ammiriamo la fede di entrambi, di Elia e della vedova, e la generosità di quest'ultima, la quale è di esempio per ciascuno di noi.
La stessa generosità la vediamo nel brano del Vangelo: Gesù osserva che diversi ricchi gettavano nel tesoro del tempio molte monete, mentre una povera vedova vi gettò due monetine che erano tutto ciò che ella aveva. Gesù lodò quella generosità, dicendo: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei, invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». (Mc 12,43-44).
Dio non può rimanere indifferente di fronte alla generosità delle sue creature e ricompensa ampiamente ogni gesto di bontà verso di Lui e verso il prossimo. Possiamo affermare che, nella vita cristiana, per moltiplicare le nostre sostanze, le dobbiamo dividere. Quanto più condivideremo, tanto più saremo beneficati dal Signore.
Il Signore guarda il cuore e non tanto l'offerta che facciamo. Per questo motivo, nel brano che abbiamo letto, Gesù rimproverò aspramente la condotta degli scribi e dei farisei, i quali ostentavano una santità di vita solo apparente, mentre dentro di loro nascondevano una grande malvagità. Essi amavano ricevere i primi posti, pregavano a lungo per farsi vedere, apparentemente sembravano degli esempi per tutti, ma in realtà, secondo le parole di Gesù, «riceveranno una condanna più severa» (Mc 12,40).
Con queste parole, Gesù ci indica la semplicità della vita come un ideale a cui tendere incessantemente. Essere semplici significa essere trasparenti, cristallini, puri nella nostra intenzione, facendo tutto per amore di Dio e del prossimo, senza nascondere altri motivi dettati dal nostro amor proprio.
Si racconta che un giorno san Francesco d'Assisi incontrò una povera vecchietta che chiedeva l'elemosina. Non potendo resistere oltre, nella sua generosità, il Santo di Assisi le diede il suo mantello. Subito dopo fu preso da un sentimento di vanagloria per la bella figura che aveva fatto davanti alla folla che era lì attorno a lui. La gente iniziava già a lodarlo per quel gesto caritatevole, allora egli prese la parola e disse che non dovevano lodarlo perché, davanti a Dio, quell'azione non valeva niente dal momento che si era insuperbito (cf FF 716). San Francesco non voleva apparire esteriormente ciò che non era.
Questo episodio ci insegna ancora una volta che le nostre azioni varranno davanti a Dio nella misura dell'amore che ci metteremo. Un gesto caritatevole, fatto per vanagloria, è come un legno tarlato, bello dal di fuori, ma dentro è tutto vuoto. Una opera buona fatta per essere lodati è come le opere fatte dagli scribi e dai farisei, i quali si servivano di Dio come di uno sgabello per innalzarsi al di sopra degli altri. Si capisce come simili azioni valgano poco o nulla.
Ricerchiamo l'autentico amore di Dio e del prossimo, allora le nostre azioni acquisteranno un valore molto grande. Facciamo come le due vedove di cui parlano le letture di oggi: siamo generosi con Dio, ed Egli lo sarà con noi.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per l'8 novembre 2015)

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