BastaBugie n�442 del 24 febbraio 2016

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1 UMBERTO ECO, RELATIVISTA ANTICATTOLICO E ANTISTORICO... PER QUESTO ESALTATO DAL MONDO
Nel suo famigerato romanzo, Il nome della rosa, deturpa la verità storica su medioevo e inquisizione arrivando alla conclusione che Dio e la verità non esistono
Autore: Aldo Vitale - Fonte: Tempi
2 SPESSO IL PARTO CESAREO E' UN INUTILE RISCHIO
Abbiamo il record di parti cesarei... eppure la gran parte di essi è rischioso per mamme e bambini (è solo un business per incassare tariffe doppie dal Servizio Sanitario Nazionale)
Autore: Anastasia Filippi - Fonte: Notizie Provita
3 SI PUO' ESSERE FAVOREVOLI ALLA PENA DI MORTE
L'insegnamento della Chiesa non esclude il ricorso alla pena di morte quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente la vita di esseri umani dall'aggressore ingiusto
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Civiltà Cristiana
4 PRONTA LA LEGGE ALFANO-GALANTINO (APPARENTEMENTE) SENZA LE ADOZIONI GAY DELLA CIRINNA' #RENZICIRICORDEREMO
Renzi accetta le condizioni di Alfano e del segretario generale della CEI (che pensano che la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003 sia scaduta come la mozzarella)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 SCUOLA PER MOGLI SOTTOMESSE (LEZIONE PER RIPETENTI)
Il bello di essere mogli sottomesse per scelta, felici di servire... donne che possono avere tutto, e scelgono la parte migliore
Autore: Costanza Miriano - Fonte: La Croce quotidiano
6 NAZISTI ATEI? NO, PANTEISTI... E QUINDI ANTICRISTIANI
I loro dei erano l'Universo, la Razza, lo Stato, il Fato (ecco perché Hitler era animalista, vegetariano, credeva nella reincarnazione e perseguitava la Chiesa)
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Timone
7 MASSONERIA, LE AMBIGUITA' DEL CARDINAL RAVASI
Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura scrive un articolo sul Sole 24 Ore dal titolo ''Cari fratelli massoni''
Autore: Angela Pellicciari - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 GENDER OBBLIGATORIO A SCUOLA, MA IL VESCOVO DICHIARA: E' TOTALITARISMO
In Canada, se ti senti donna puoi usare i bagni e gli spogliatoi da donna... anche se sei un uomo (e viceversa)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
9 OMELIA III DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C (Lc 13,1-9)
Se non vi convertite, perirete allo stesso modo
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - UMBERTO ECO, RELATIVISTA ANTICATTOLICO E ANTISTORICO... PER QUESTO ESALTATO DAL MONDO
Nel suo famigerato romanzo, Il nome della rosa, deturpa la verità storica su medioevo e inquisizione arrivando alla conclusione che Dio e la verità non esistono
Autore: Aldo Vitale - Fonte: Tempi, 21 febbraio 2016

Nel Paese in cui si celebra l'ipnosi della coscienza dinnanzi ad un'arma di distrazione di massa come Sanremo che offusca, dietro una cortina nebbiogena colorata di conformismo arcobaleno, la radiosa essenza dell'arte canora e della verità sulla famiglia, ogni tanto succede qualcosa degno di nota, come il trapasso di un grande che in effetti non si sa se un grande fosse. Parafrasando Alessandro Manzoni che si chiedeva a proposito di Napoleone "fu vera gloria?", per Umberto Eco, infatti, ci si dovrebbe chiedere se la sua fu vera arte?
Se l'arte è intesa come mera abilità tecnica, allora indiscutibilmente la risposta non può che essere affermativa, poiché indubbiamente in tal senso la sua più celebre opera Il nome della rosa è tecnicamente ineccepibile dal punto di vista letterario, ma appunto nulla di più, cioè soltanto un bell'esempio del come saper scrivere, un paradigma tecnico su cui poter fare esercitare tutti coloro che intendono diventare degli ottimi esecutori della scrittura, ma senza altre pretese, come i fedeli servitori di un mite tiranno.

LIBERARCI DALLA PASSIONE INSANA (?) PER LA VERITÀ
Se, invece, l'arte, di cui la letteratura è sicuramente simbolo supremo, come dimostra la circostanza per cui ben quattro delle sette muse (Euterpe, Melpomene, Erato e Calliope) si prendono cura della poesia - che sicuramente costituisce il volto nobile della letteratura e l'ambizione empirea, perfino, di ogni eccelsa prosa che per l'appunto si definisce sempre senza indugio come "poetica" - è intesa come epifania del bello, cioè del vero dell'arte, ovvero del vero che nell'arte si declina, la questione si complica alquanto per Umberto Eco.
La sua più celebre opera, infatti, è tutta tesa a dimostrare che, come si legge ne Il nome della rosa per bocca di uno dei due protagonisti, cioè Guglielmo di Baskerville, «l'unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità».
Fu vera arte dunque quella di Eco e del "nome della rosa"? Romano Guardini ha avuto modo di precisare che «essenziale per un'opera d'arte è avere sì un senso, ma non uno scopo. Essa esiste non per un'utilità tecnica, né per un vantaggio economico o un ammaestramento e miglioramento didattico-pedagogico, bensì per essere una forma che rivela».
Rivela cosa? Appunto, la verità, cioè l'essenza del mondo, una essenza la cui esistenza viene ad essere negata ne Il nome della rosa, che, come si ben sa e occorre ricordare, trova tutta la sua carica di suggestione nel motto del nominalismo medievale - cioè la corrente di pensiero in base alla quale non è possibile cogliere l'essenza, cioè la verità del mondo - per il quale "stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus" (la rosa primigenia esiste solo nel nome, possediamo soltanto nudi nomi).
In sostanza, significa una sfiducia completa nelle risorse della ragione a cui è preclusa la possibilità di conoscere il vero delle cose, cioè la loro essenza; riproposizione dello scetticismo gorgiano per cui la verità non esiste, se esiste non si può conoscere e se si può conoscere non si può comunicare o anticipazione modesta di quel nichilismo moderno, tanto caro a Friedrich Nietzsche, per il quale nichilismo significa, infatti, che «manca la risposta al perché».

NEGAZIONE DELLA VERITÀ STORICA
Oltre che la verità filosofica, cioè la capacità della ragione, l'opera magna di Umberto Eco sembra negare anche quella storica.
Del resto, la visione che Eco fornisce del medioevo, dell'inquisizione, della Chiesa, del diritto medievale non è appunto rivelativa, cioè in grado di mostrare la verità tramite l'opus del romanziere, ma, semmai, l'opposto, cioè in grado di riformare e deformare, perfino, la verità su tutte le predette dimensioni.
Tra i tanti esempi citabili, sia sufficiente ricordare la preziosa ed insostituibile opera di recupero e tradizione della dimensione giuridica romanistica compiuta dalla Chiesa all'indomani della caduta dell'impero romano d'occidente.
La Chiesa, come riconoscono tutti gli storici del diritto, ha non solo garantito l'ordine politico e sociale in disfacimento dopo il dissolvimento delle istituzioni dell'impero, ma, soprattutto, ha salvato la tradizione giuridica classica arricchendola con il portato della spiritualità cristiana, dando vita alle fondamenta su cui si costruisce l'intero edificio giuridico dello Stato di diritto sociale e democratico odierno di cui tanto ci si vanta in occidente.
Si pensi, infatti, a quanto scrive lo storico Brian Tierney: «I diritti individuali erano molto importanti per i canonisti e dovevano essere tutelati. I concetti chiave dei teorici dei diritti settecenteschi ebbero spesso origini medievali».

INQUISIZIONE STRAVOLTA IN CHIAVE ANTICATTOLICA
Anche per quanto riguarda l'inquisizione, inoltre, il panorama tratteggiato da Umberto Eco è ben poco attinente con la realtà, posto che l'inquisizione medievale costituì una vera e propria forma di civilizzazione giuridica dell'occidente, consentendo di abbandonare i sistemi arcaici di risoluzione delle controversie, come la vendetta privata, le ordalie, i duelli, per adottare un sistema giurisdizionale che garantisse i diritti dell'imputato, la terzietà del giudice, un sistema di procedure oggettivo ed unico per tutti i processi.
L'inquisizione, inoltre, offrì riparo alla società europea medievale da tutti quei cancri culturali costituiti dai movimenti ereticali lo sviluppo dei quali avrebbe comportato la fine della civiltà medesima se non fosse intervenuta l'inquisizione a placarne fin da subito, sebbene con alterni successi e insuccessi, i molteplici focolai.
La prova di quanto si afferma deriva non solo dalle parole di un celebre storico dell'inquisizione, ma da uno storico dell'inquisizione virulentemente e risaputamente anti-cattolico come fu Charles Lea che tuttavia, diversamente da Eco, ebbe l'onestà intellettuale di riconoscere il merito dell'inquisizione per aver combattuto le eresie più pericolose come il catarismo: «Qualunque sia l'orrore che ci possa venir ispirato dai mezzi che vennero adoperati per combatterla, qualunque possa essere la pietà che dobbiamo sentire per coloro che morirono vittime delle loro convinzioni, riconosciamo, senza esitazione, che, date quelle circostanze, la causa dell'ortodossia non era altro che la causa della civiltà e del progresso. Se il catarismo fosse divenuto la religione dominante, o anche soltanto l'eguale del cattolicesimo, non c'è alcun dubbio che la sua influenza sarebbe stata disastrosa. L'ascetismo di cui faceva professione nelle relazioni sessuali, se fosse divenuto generale, avrebbe condotto inevitabilmente all'estinzione della specie; e siccome tale risultato è assurdo, è probabile che al matrimonio si sarebbero venute sostituendo le unioni libere, con conseguente distruzione della famiglia, piuttosto che rassegnarsi alla scomparsa del genere umano e al rivolgersi di tutte le anime esiliate verso il loro creatore […]. Non si trattava solo di una rivolta contro la Chiesa, ma dell'abdicazione dell'uomo dinnanzi alla natura».

MINI-MUSEO ANTIRELIGIOSO
L'opera magna di Eco, sembra dunque ben lontana da ogni concretezza storica, non potendosi nemmeno così catalogare nella categoria dei romanzi storici. Non a caso, una celebre studiosa del medioevo come Regine Pernoud, ha avuto modo di definire il romanzo di Eco come un «mini-museo antireligioso».
Fu vera arte dunque? Sicuramente no, perché, al netto delle licenze letterarie ed immaginifiche, in quanto tali sempre legittime, è un'opera tesa a negare la verità in ogni sua declinazione, sia filosofica che Martin Heidegger ha insegnato proprio l'opposto di quanto insegnato da Eco, cioè, appunto, che «l'arte è il mettersi in opera della verità».
Ed è proprio singolare che gli ammiratori di Eco cadano nel così semplicistico errore non solo di non cogliere la natura dell'arte, ma addirittura di non comprendere quanta poca arte vi sia in realtà nell'opera di Eco, a tal punto da attaccare ogni critico del loro scomparso idolo che, tuttavia, critica Eco proprio in loro difesa, quasi, in ciò, facendo rivivere uno degli insegnamenti di Guglielmo di Baskerville: «I semplici pagano sempre per tutti, anche per coloro che parlano in loro favore».

Nota di BastaBugie: un nostro lettore ci scrive per ricordare un episodio della vita di Umberto Eco.
A proposito dell'articolo, di cui condivido tutto, vorrei ricordare che Umberto Eco, per il suo romanzo di successo "Il nome della rosa" ebbe un giudizio davanti a tribunale greco, per aver copiato abbondantemente da romanzo di uno scrittore greco. Questi lo citò davanti al tribunale di competenza ed Eco dovette sborsare parecchi soldi per non aver potuto dimostrare che fosse solo "farina del suo sacco". Ciò a dimostrare che è anche un falsario, copiatore di opere altrui!
Mario

Fonte: Tempi, 21 febbraio 2016

2 - SPESSO IL PARTO CESAREO E' UN INUTILE RISCHIO
Abbiamo il record di parti cesarei... eppure la gran parte di essi è rischioso per mamme e bambini (è solo un business per incassare tariffe doppie dal Servizio Sanitario Nazionale)
Autore: Anastasia Filippi - Fonte: Notizie Provita, 19/02/2016

Il parto cesareo è sempre più diffuso nel nostro Paese, spesso a fronte di una scarsa valutazione dei rischi - per la mamma e per il nascituro - che comporta ricorrere al bisturi per far nascere i bambini.
Come ha messo in luce un articolo sul tema apparso sul quotidiano torinese La Stampa infatti, negli ultimi anni in Italia sono state ben il 25% delle donne partorienti a "scegliere" il parto cesareo, ovvero una donna su 4.
E' ovvio che la donna "sceglie" su consiglio del ginecologo: di norma non è lei a "volere" il cesareo...
Questa media italiana, come sottolinea il quotidiano, risulta essere però una vera e propria anomalia. Infatti secondo i dati internazionali, in un paese con adeguata assistenza sanitaria, il numero dei parti cesarei non dovrebbe superare il 15% del totale. In alcune regioni del nostro Paese, invece, come la Campania, le donne che scelgono di fare il cesareo sono addirittura il 60%: più della metà.
Questo a dispetto del fatto che il dolore del parto oggi possa essere controllato (si veda, ad esempio, la partoanalgesia) e del fatto che molte donne descrivono questa esperienza come la più grande della propria vita, ben al al di là del dolore che viene presto dimenticato...
Quello del cesareo, sottolinea La Stampa, a volte diventa infatti un vero e proprio business, che va contro gli stessi interessi della salute della donna. Più di un articolo aveva infatti denunciato come la gran parte dei primi parti cesarei fosse inutile, stando alle cartelle cliniche delle gestanti, ma venivano fatti per incassare tariffe doppie dal Servizio Sanitario Nazionale. E' semplicemente questo il motivo per cui spesso si procede con i parti cesarei anche quando non c'è nessun rischio per la donna e per il bambino a procedere con il parto naturale. In sostanza, per fini economici si mettono in atto comportamenti "opportunistici" e oltretutto, cosa ancora più grave,irrispettosi della salute della donna e del bambino. Senza considerare inoltre che, quando il primo parto è un cesareo, anche le successive nascite devono avvenire con il bisturi, con buona pace delle casse delle Asl.
Il parto cesareo, "come qualsiasi intervento chirurgico, aumenta i rischi per la donna, tanto più se non ci sono valide ragioni per evitare di partorire per via naturale", spiega Serena Donati, responsabile del reparto Salute della donna e dell'età evolutiva dell'Istituto Superiore di Sanità e citata dal quotidiano torinese.
Ma non solo. Oltre ai rischi per la donna ci sono degli aspetti negativi anche per i piccoli neonati. Il corpo della madre, infatti, è necessario al bambino in tutti i momenti della gestazione, fino all'ultimo minuto in cui il bambino viene alla luce e si stacca da esso. Studi medici hanno dimostrato che il microbiota con cui il bambino viene "avvolto" mentre attraversa la vagina della madre per venire alla luce, lo proteggerà per tutta la vita contro il rischio di asma, celiachia e diabete di tipo 1. Al contrario, i bambini venuti al mondo con il parto cesareo non godono di questa prima protezione e immunità, e di conseguenza saranno più esposti dei loro 'colleghi' nati con il parto naturale a questo tipo di patologie.
Inoltre, il massaggio che subisce tutto il corpo del bambino nell'attraversare la strettoia del canale vaginale provoca dei benefici importanti al sistema nervoso e muscolare che col parto cesareo vengono a mancare.
Il buon senso, oltre che gli esperti, invitano quindi l'Italia a rientrare nei ranghi e a dare priorità alla salute di mamme e bambini, scegliendo sempre il parto naturale quando le condizione di salute della gestante e del nascituro lo consentano. Un'eventualità, questa, che ci permetterà inoltre di risparmiare centinaia di migliaia di euro di soldi pubblici.

Fonte: Notizie Provita, 19/02/2016

3 - SI PUO' ESSERE FAVOREVOLI ALLA PENA DI MORTE
L'insegnamento della Chiesa non esclude il ricorso alla pena di morte quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente la vita di esseri umani dall'aggressore ingiusto
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Civiltà Cristiana, 22/02/2016

Qual è la posizione della dottrina cattolica sulla pena di morte? La risposta ce la fornisce il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 2266 e 2267. Vediamo cosa dice:
«n.2266: Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole».
«n.2267: L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. [Evangelium vitae, n. 56]».

IL PRINCIPIO DELLA LEGITTIMA DIFESA
Dunque, la pena di morte s'inserisce all'interno del principio della legittima difesa. Come il singolo ha il diritto di difendersi da un aggressore, come uno Stato ha il diritto di difendersi da uno Stato aggressore (è il principio della "guerra giusta"), così la società ha il diritto di difendersi; e in questo caso lo Stato ha il dovere di difendere il corpo sociale da coloro che delinquono utilizzando i metodi che ritiene più efficaci.
C'è un'espressione di Gesù che è a riguardo indicativa: «Chi avrà indotto al male uno di questi piccoli (...) sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa una macina da mulino al collo e fosse gettato nel mare» (Matteo 18,6).
Indicativa è anche un'espressione di san Paolo: «I governanti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fa' il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male» (Romani 13, 3-4).
Tra i santi che affermano la legittimità della pena di morte vi sono diversi dottori della Chiesa, anche i più famosi: sant'Agostino di Ippona e san Tommaso d'Aquino.
Ovviamente, nei contesti attuali, laddove più facilmente ci si può difendere dai delinquenti (diffusione capillare del sistema carcerario, che però - diciamocelo francamente - non sempre viene fatto funzionare, soprattutto per motivi ideologici) l'applicazione della pena capitale non troverebbe sempre giustificazione. Ecco perché il Catechismo della Chiesa Cattolica precisa: «Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo "sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti [Evangelium vitae, n. 56]».

PURIFICANTE CASTIGO PER IL CRIMINE COMMESSO
C'è da aggiungere una cosa importante. A proposito di ciò che dice il Catechismo sul fatto che una pena volontariamente accettata dal colpevole costituisca occasione di purificazione del colpevole stesso, si può leggere la bella storia di Jacques Fesch (1930-1957), un assassino francese, condannato a morte, che in carcere scoprì la fede, si convertì. Si racconta che disse al suo confessore di non far richiesta di grazia perché aveva capito che l'accettazione della condanna a morte sarebbe stato il giusto e purificante castigo per il crimine commesso: dopo una rapina aveva ammazzato un uomo in una colluttazione. Offrì la sua morte anche come espiazione per altri condannati a morte. Attualmente per Fesch è in corso una causa di beatificazione. Egli scrisse un bel diario. Tra le tante frasi vi è questa: «Se date dei beni a i vostri figli, ma senza disciplina, è peggio che se li uccideste».  
L'insistenza (tutta moderna) della esclusiva rieducazione del colpevole è una pura utopia che trova le sue origini nella tipica concezione roussoniana (da Rousseau) dell'uomo. L'uomo sarebbe buono per natura e se si mostra cattivo è perché è la società a renderlo tale. Un'utopia per l'appunto che muove dalla negazione della libertà e della responsabilità umane. Invece, la pena - cristianamente parlando - deve essere soprattutto afflittiva. Perché è proprio l'afflizione la migliore rieducazione.
D'altronde questo discorso lo si può capire solo quando si è convinti dell'esistenza della vita ultraterrena e del relativo giudizio di Dio. Ma quando invece si pensa che la vita sia solo quella dalla nascita alla morte allora è evidente che un simile discorso diventa impossibile da poterlo accettare.

DOSSIER "PENA DI MORTE"
Non è contraria al Vangelo

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Fonte: Civiltà Cristiana, 22/02/2016

4 - PRONTA LA LEGGE ALFANO-GALANTINO (APPARENTEMENTE) SENZA LE ADOZIONI GAY DELLA CIRINNA' #RENZICIRICORDEREMO
Renzi accetta le condizioni di Alfano e del segretario generale della CEI (che pensano che la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003 sia scaduta come la mozzarella)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/02/2016

Unioni civili a una svolta, accordo fatto nella maggioranza di governo. Salvo sorprese dell'ultimo istante domani verrà presentato un maxi emendamento al ddl Cirinnà che stralcia la stepchild adoption (adozione del figliastro), aggiusterà gli articoli 2 e 3 per evitare l'equiparazione al matrimonio, e verrà sottoposto al voto di fiducia. In questo modo sarà votato anche dall'NCD di Angiolino Alfano e tra giovedì 25 febbraio e martedì 1 marzo dovrebbe essere approvato dal Senato. Sempre che non abbia qualche esito il ricorso alla Corte Costituzionale di una cinquantina di senatori per essere stato violato l'articolo 72 della Costituzione, che impone il passaggio di ogni disegno di legge dalla Commissione competente.

DDL ALFANO-GALANTINO
In ogni caso da un punto di vista politico l'accordo è dato per fatto, e così il ddl Cirinnà si trasforma in ddl Alfano-Galantino, essendo questo l'obiettivo congiunto voluto sia dal leader dell'NCD sia dal segretario della Conferenza Episcopale: sì alle unioni civili (distinte dal matrimonio), no alle adozioni. Grande sponsor il presidente del Consiglio Matteo Renzi che ancora ieri ha ribadito che la legge si deve fare subito, e per questo è disposto anche a "sacrificare" le adozioni, visto che non ritiene di potersi più fidare dei 5 Stelle, che hanno fatto saltare l'accordo per il ddl Cirinnà integrale la scorsa settimana. "Sacrificare" si fa per dire, perché è scontato che una volta approvate le unioni civili ci penserà qualche giudice italiano o la Corte Europea a provvedere l'integrazione. È solo questione di tempo.
Ma se Renzi è l'attore principale, una mano decisiva gliel'ha data il segretario della CEI che ha garantito il via libera alle unioni gay, se prive dell'adozione e di alcune attribuzioni matrimoniali. È questo senz'altro il dato più interessante, soprattutto se messo a confronto con l'atteggiamento della CEI nel 2007, che promosse il Family Day per bloccare i Di.Co., una versione castigata delle attuali unioni civili. Un cambiamento radicale che, curiosamente, interessa soltanto i vertici della Chiesa italiana dato che la base, il popolo, oggi ancora più numeroso di nove anni fa è contrario a questi riconoscimenti senza se e senza ma.
Come si giustifica un tale cambiamento? La ragione più gettonata dice che sono cambiati i tempi, ovvero la società italiana, per cui ormai bisogna fare i conti con una realtà sociale profondamente mutata. Tesi suggestiva ma un po' difficile da dimostrare visto che le coppie omosessuali conviventi in Italia risultano essere 7500 su oltre 24 milioni di nuclei familiari. Ad essere cambiato in realtà è l'atteggiamento dei vertici della Chiesa italiana, che appaiono oggi più inclini al compromesso politico oltre che a una visione della Chiesa decisamente più liquida.

LA NOTA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE DEL 2003
Esemplare da questo punto di vista è la sorte della famosa Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003 intitolata "Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali". La Nota, partendo dal significato del matrimonio e analizzando le unioni omosessuali da diversi punti di vista - incluse le gravi conseguenze per il bene comune della società - arriva a chiedere a tutti i fedeli di opporsi al riconoscimento di tali unioni. E in particolar modo afferma che il parlamentare cattolico «ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge». Per dovere di cronaca, la gran parte dei senatori cattolici (del Pd e dell'Ncd) voterà invece a favore del ddl Alfano-Galantino, con la benedizione delle gerarchie.
Questo documento fu peraltro la base su cui anche i vescovi italiani fondarono la Nota in occasione del dibattito sui Di.Co. nel 2007. Negli ultimi anni però sulla Nota del 2003 è calato il silenzio, e le cose hanno preso un'altra piega come abbiamo visto. Improvvisamente la Nota è riemersa in occasione della conferenza stampa in aereo di papa Francesco al ritorno dal Messico. Alla domanda di una giornalista che chiedeva se fosse ancora attuale, il Papa se l'è cavata affermando di non ricordare bene questo documento, per poi soffermarsi sulla necessità di una coscienza ben formata.
Una battuta che è bastata al solito Alberto Melloni (che evidentemente legge il Papa nel pensiero) per affermare su Repubblica che «in questo modo ha garbatamente riconsegnato (la Nota, ndr) al suo posto nella storia del magistero delle congregazioni romane». Ergo: «Nei prossimi giorni nessuno, dunque, potrà più usare quello strumento d'età ratzingeriana per operazioni volte a impedire una mediazione che in materia di unioni civili è indispensabile non solo per fare una legge discreta, ma per fare una società "buona"».

IL MAGISTERO SCADE COME LE MOZZARELLE?
Siccome è dell'«età ratzingeriana» (per dire l'età della pietra) sarebbe dunque inutilizzabile, come se il Magistero avesse la scadenza come le mozzarelle. Ma Melloni non è solo: pochi giorni prima a tentare di demolire scientificamente la Nota ci aveva pensato il professore Francesco D'Agostino, presidente dei Giuristi cattolici nonché uomo di fiducia della CEI ed editorialista di punta di Avvenire.
In una lettera aperta ai membri del Consiglio centrale dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, D'Agostino scrive infatti che si tratta di «un bel testo» ma che «si tratta però - ahimé - di un testo del 2003, quando si poteva ancora parlare di progetti di riconoscimento legale delle unioni gay». Oggi invece le unioni sono già realtà e quindi il documento non sarebbe più valido.
A parte il fatto che in Italia siamo ancora in fase di progetto, per cui il testo ratzingeriano sarebbe ancora valido, a D'Agostino deve essere sfuggito che nella Nota si fa riferimento esplicito anche a quei Paesi dove il riconoscimento delle unioni gay è già avvenuto, con le indicazioni del caso. Inoltre il giudizio dell'allora cardinale Ratzinger poggia sulla verità della Rivelazione, fa riferimento al progetto creatore di Dio, al fine che Dio ha stabilito per il rapporto uomo-donna. Tutte cose che hanno valore perenne, figurarsi se scadono dopo 13 anni.

LA LEGGE NATURALE
In una cosa si può convenire con D'Agostino: il linguaggio della legge naturale non è più compreso nel mondo. Ma per onestà bisogna aggiungere che non è più tollerato neanche nella Chiesa. È così che invece di porsi il problema di come rendere comprensibile la legge naturale - cioè la legge che Dio ha inscritto nel cuore di ogni uomo, di ogni cultura e di ogni tempo - D'Agostino predica di fatto la riduzione al linguaggio moderno. In questo modo però la Chiesa – così come già accade per le confessioni protestanti - sarebbe condannata a inseguire costantemente il mondo, a diventare relativista. Se per la Nota dell'«età ratzingeriana» la verità sull'uomo non cambia e non può cambiare quindi il giudizio su certe forme di convivenza, per il duo Melloni-D'Agostino anche la verità diventa relativa. È proprio questo relativismo entrato nella Chiesa che fa sì che si consideri oggi un obiettivo da raggiungere ciò contro cui si è scesi in piazza appena nove anni fa.
Così fra pochi giorni, a meno di sorprese, ci ritroveremo una legge che contraddice quanto affermato dalla Chiesa, ma promossa o quantomeno avallata dai vertici della Conferenza episcopale. In questo senso, è proprio vero che i tempi sono cambiati.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/02/2016

5 - SCUOLA PER MOGLI SOTTOMESSE (LEZIONE PER RIPETENTI)
Il bello di essere mogli sottomesse per scelta, felici di servire... donne che possono avere tutto, e scelgono la parte migliore
Autore: Costanza Miriano - Fonte: La Croce quotidiano, 25/01/2015

Non pensavo che qualcuno mi si sarebbe filato ancora su questa storia della sottomissione. Insomma l'ho spiegata anche al maiale. Pensavo di essere finalmente fuori moda. Invece per colpa o merito del mio amico Mario mi ritrovo a cercare di spiegare di nuovo cosa ho capito io della parola sottomissione usata da San Paolo, e lo faccio per la volta numero duecentosettantaquattro - includendo i tentativi in inglese e violettese (quella specie di lingua spagnola imparata sentendo le canzoni di Violetta, che mi si è resa necessaria quando la Procura generale spagnola ha aperto un fascicolo nei miei confronti su mandato del ministro della Salute e della Pari opportunità, per l'ipotesi di istigazione alla violenza sulle donne. Non mi riprenderò mai dalle risate fatte pensando al magistrato spagnolo che si è dovuto sorbire i racconti dei vomiti dei miei figli nel tentativo di ravvisare tracce di reato, poveraccio).

CHIESA E MONDO: DUE VISIONI COMPLETAMENTE OPPOSTE
Dunque. Vediamo. Un conto è quando parlo di sottomissione nelle parrocchie, o comunque a un pubblico di formazione cattolica, che tendenzialmente parla la mia lingua. Un popolo che crede in un re che è morto in croce, un re che invita i più grandi a servire i più piccoli, e che quindi credo possa meglio capire la bellezza dello "stare sotto" per dare la vita, non solo partorendo ma generando in ogni momento coloro che ci sono affidati. Un conto è rivolgermi al giornalista collettivo, che dopo l'incontro di Milano mi ha dato dell'oscurantista medievale cattoislamista.
Io vorrei dire che capisco che chi rimane dentro un'ottica di rapporti di forza tra uomini e donne non può che avvertire fastidio nel sentire questa parola. Non me la prendo quando mi danno della deficiente (e se mi vedessero contemplare il decoder e i cinque telecomandi di casa nel tentativo di vedere un tg potrebbero trarre qualche conferma). Chi vive i rapporti sentimentali nell'ottica della conquista, che all'inizio dunque è tutto sentimento, e poi a volte rischia di diventare un giogo pesante oppure un gioco di equilibri di forza, non può invece che infastidirsi nel sentire la parola sottomissione.

IL CUORE DEL PROBLEMA FEMMINILE
Ma io credo, potrei dire che sono certa se la mia ignoranza di esegeta e di biblista da quinta elementare non mi imponesse una certa cautela, che san Paolo abbia saputo cogliere quello che è il cuore del problema femminile, la tentazione che più di tutte tocca le donne: il desiderio di controllo. Noi donne vogliamo controllare le persone che abbiamo care. Siamo capacissime di manipolarle, abbiamo dei radar raffinatissimi nel cervello, strumenti super sofisticati che l'uomo si sogna. La Provvidenza ce li ha dati per educare, questa è la nostra chiamata, perché "Dio affida l'umanità alla donna, che, prima ancora dell'uomo stesso, vede l'uomo", come scriveva san Giovanni Paolo II. La tentazione contro cui noi donne dobbiamo combattere è quella dunque del controllo sull'uomo, della sua manipolazione.
Quando una donna impara a usare i suoi talenti per servire, non da schiava come scrivevo, ma da volontaria custode di coloro che le sono affidati, la vita intorno a lei fiorisce. Ogni persona viene accolta e si sente valorizzata da uno sguardo materno, che include, che non giudica. È uno sforzo costante che noi donne dobbiamo fare, una lotta contro il nostro perfezionismo.

LA TENTAZIONE DELL'UOMO
L'uomo al contrario deve imparare a dare di più, a morire, dice san Paolo, perché la sua tentazione invece è quella della fuga, o dell'egoismo, del disimpegno dalla relazione. A me sembra così chiara, lucida, profonda l'analisi di san Paolo. Così rispondente alla verità del cuore dell'uomo, che non capisco come qualcuno possa sentirsene offeso.
Bisogna sempre ricordare che l'uomo e la donna sono due creature ferite, che vorrebbero essere amate in modo perfetto, e invece fanno una continua esperienza del proprio limite e del limite dell'altro. La donna con la sua voragine, la sua fragilità, il suo bisogno di conferme, di uno sguardo che le dica che è bella. L'uomo con il suo desiderio di potere, di possesso, di dominio, che deve imparare a essere circonciso, regalato. Che deve trasformarsi in capacità di sacrificio e di prendere i colpi della vita su di sé a difesa dei piccoli.

SOTTOMESSE PER SCELTA: FELICI E LIBERE
Mi sembra così bella questa dinamica del rapporto di amore tra maschio e femmina, così liberante, che davvero non vedo cosa ci possa essere di offensivo. Penso che solo le ferite del passato, di un tempo in cui alla donna questa accoglienza veniva in qualche modo imposta (anche se sul fatto che essere relegate in casa fosse necessariamente uno svantaggio rispetto a oggi avrei qualcosa da obiettare) possano avere lasciato nervi scoperti, e una sensibilità esasperata. Credo che la sottomissione nel senso di stare sotto a sostegno e di rinunciare alla volontà di controllo per dare la vita sia scritta nel cuore della donna. L'importante è che sia scelta, che sia libera. Che sia abbracciata con gioia.
Chissà, magari si apre una stagione di donne sottomesse per scelta, felici, libere di servire non da schiave ma da donne che possono avere tutto, e scelgono la parte migliore.

Fonte: La Croce quotidiano, 25/01/2015

6 - NAZISTI ATEI? NO, PANTEISTI... E QUINDI ANTICRISTIANI
I loro dei erano l'Universo, la Razza, lo Stato, il Fato (ecco perché Hitler era animalista, vegetariano, credeva nella reincarnazione e perseguitava la Chiesa)
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Timone, dicembre 2015

Le due più spaventose ideologie di morte della storia, il comunismo e il nazionalsocialismo, hanno perseguitato entrambe, la fede cattolica e, in modi e con strategie diverse, la Chiesa.
Ma mentre il comunismo è stata ed è tutt'ora, dove ancora resiste, un'ideologia apertamente ed esplicitamente atea, il nazionalsocialismo appare più sfuggente. Non di rado gli storici tendono a definire "ateo" anche il nazionalsocialismo, in quanto ideologia che, nella sostanza, esclude Dio per sacralizzare e divinizzare Razza e Stato, ponendoli al di sopra di ogni cosa. Boris Pasternak considerava comunismo e nazismo come elementi dell'unica "notte materialista" e tanti come lui hanno sempre notato le somiglianze tra la forma mentis nazista e quella bolscevica, sottolineando come tra il materialismo comunista e il mito tedesco del sangue e del suolo (cioè della biologia e della terra), vi sia, appunto, una comune radice materialista.

UNA CONCEZIONE PANTEISTA
Anche molti oppositori del nazismo, nella Germania di allora, ne denunciavano la matrice atea, nel senso di negatrice di un Dio trascendente. I ragazzi della Rosa Bianca, che diedero la loro vita contro Hitler e per la Germania, scrissero in uno dei loro volantini: "Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare".
Altri invece hanno sottolineato come nella visione più esoterica, il nazismo fosse ricco di riferimenti religiosi: di riti, simboli e celebrazioni magiche. Sino alla presenza, sulla bocca di Hitler e di vari gerarchi, della parola "Dio". Cosa intendono i nazisti quando utilizzano questa parola? Siamo forse di fronte, come qualche polemista un po' grossolano, ha cercato di sostenere, ad un'ideologia di "credenti"? Il pontefice Pio XII, nella sua poco a sufficienza ricordata enciclica contro il nazismo, la Mit brenneder sorge, proprio per mettere in guardia i fedeli da un uso strumentale e fasullo della parola, afferma i quegli anni: "Abbiate cura che la fede in Dio […]" rimanga pura e integra nelle regioni tedesche. Non si può considerare come credente in Dio colui che usa il nome di Dio retoricamente […]. Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l'universo, materializzando Dio nel mondo e deificando il mondo in Dio, non appartiene ai veri credenti. Né è tale chi, seguendo una sedicente condizione precristiana dell'antico germanismo, pone in luogo del Dio personale il fatto tetro e impersonale […]". E aggiunge che il popolo, lo Stato e i rappresentanti del potere statale sono degni di rispetto, ma "elevandoli a suprema norma di tutto, anche dei valori religiosi, e divinizzandoli con culto idolatrico" si "perverte e falsifica l'ordine da Dio creato e imposto", in modo radicalmente "lontano dalla vera fede in Dio e da una concezione della vita ad essa conforme". Perciò Pio XII conclude che l'"aberrazione" in corso in Germania deve suscitare una "vigile ripulsa" perché "il nostro Dio è il Dio personale, trascendente, onnipotente, infinitamente perfetto". Per Pio XI non c'è dubbio: i nazisti sono panteisti, i loro dei sono l'Universo, increato ed eterno, la Razza, lo stato, "il fato tetro e impersonale". Essi non adorano dunque il Dio trascendente, Creatore del cielo e della terra dei cristiani.

LA CONFERMA DI ALCUNI IDEOLOGI NAZIONAL SOCIALISTI
Non è solo Pio XI a vederla così. Sono gli ideologi del nazismo a confermarlo. Martin Bormann, segretario di Hitler, respinge in particolare come assurdi due dogmi cattolici: la creazione del mondo e l'immortalità dell'anima. Così in alcune occasioni spiega che "quando noi nazionalsocialisti parliamo di una fede in Dio, non intendiamo per Dio, come cristiani ingenui e coloro che ne approfittano, un essere simile all'uomo seduto da qualche parte tra le nuvole. L'affermazione secondo cui un essere superiore si occuperebbe delle sorti di ogni singola creatura […] si basa su un'enorme dose di ingenuità ovvero su una interessata spudoratezza" (G. Knopp, Complici ed esecutori di Hitler, Corbaccio, 2000, p.203). Del tutto analogo il pensiero consegnato al suo Il Mito del XX secolo, dell'ideologo nazista Alfred Rosenberg, seguace di un panteismo sincretista non immune all'influenza della filosofia di Spinoza; o il pensiero del gerarca Adolf Eichmann, che prima di morire per condanna a morte nel 1961 affermerà di non pentirsi, non credendo né all'Inferno né in un Dio personale, creatore e giudice, ma nel "Dio della natura" ("das Gott" in luogo di "der Gott", sottolineando il "das", ossia il genere neutro).
Bisogna tener conto del fatto che l'avversione nazista verso le "favole ebraiche" è dettata anche dalla loro opposizione al dogma della creazione dal nulla, la più forte affermazione possibile della creaturalità e contingenza dell'universo. Per lo stesso motivo il regime nazista (come quello comunista) respingono tutta la fisica del primo Novecento, in quanto vedono nel Big Bang del sacerdote Lemaître, nell'Universo finito e illimitato di Einstein, nel concetto di morte termica, la ripetizione dell'idea biblica di un universo creato, spazialmente e temporalmente finito.

E NEGLI SCRITTI DI HITLER
Anche negli scritti e nei discorsi di Hitler i riferimenti panteisti sono svariati. E forse persino il suo suicidio, così come il suo animalismo e la sua credenza nella reincarnazione, devono essere letti alla luce di questa convinzione. Riflettendo sul suicidio, nel 1941, Hitler scrive: "Anche se ti togli la vita, ritorni comunque alla natura, tanto nella sostanza che nello spirito e nell'anima". E in altra occasione: "Spirito e anima ritornano certamente in un serbatoio collettivo, come il corpo. Di conseguenza, come sostanza della vita, noi fertilizziamo le fondamenta da cui emerge nuova vita".
T. Ryback, che ha studiato la biblioteca da dittatore, nota anche, tra le altre cose, alcune sottolineature di suo pugno di un libro intitolato Corpo, mente e anima. Queste le parole considerate da Hitler degne di nota: "Il corpo, la mente e l'anima non appartengono all'individuo: appartengono all'universo" (T. W. Ryback, La biblioteca di Hitler, Mondadori, 2008, p.142 e 152).
Nelle sue conversazioni a tavola Hitler nega costantemente "la concezione insensata di una vita che si protrae in un preteso aldilà" e ricorda di essere stato, sin da ragazzino, un oppositore della concezione biblica, dell'idea di un Creatore e di un mondo creato. Inoltre, in vari passi sostiene che l'evoluzione negherebbe la creazione, che "in natura non esiste alcuna frontiera tra l'organico e l'inorganico" e che "quando la maggior parte degli uomini saprà che le stelle non sono fonti di luce, ma mondi, forse mondi abitati come il nostro, allora la dottrina cristiana sarà accusata di assurdità" (Adolf Hitler, Conversazioni a tavola, Goriziana, 2010).

NAZISMO ED ECOLOGISMO
Razzista, sterminatore di uomini, fautore degli esperimenti sugli esseri umani, Hitler fu un appassionato ecologista. La sua concezione panteista poggia sulla divinizzazione della Natura e sulla credenza nella reincarnazione.
"Chi vive in comunione con la natura - dichiara la sera del 14 ottobre 1941 - entra necessariamente in opposizione con le chiese", perché l'idea cristiana di un Dio trascendente è connessa a quella della centralità dell'uomo, fine dell'universo, in quanto dotati di anima. Per contro, il panteismo, che è la radice dell'ecologismo hitleriano, nega l'antropocentrismo biblico: per Hitler non vi è frontiera tra materia morta e materia vivente, e così non vi è differenza tra uomo e animale (di qui anche l'idea di eugenetica). Così, sotto il nazismo si vieta la vivisezione degli animali, ma si permette quella degli uomini, dato che l'uomo viene definito da Hitler "il microbo più pericoloso che si possa immaginare". Anche per questo sterminii, aborto ed eutanasia verranno vissuti da alcuni gerarchi come una volontaria e cosciente negazione della Bibbia (che invece distingue Dio e l'Universo, animali e uomini) e della legge biblica, cioè ebraica e cristiana. L'eutanasia - in cui Heydrich, il promotore della soluzione finale del problema ebraico, era impegnato - "era un elemento chiave della riconquista del "diritto di uccidere" contro duemila anni di civiltà giudeo-cristiana".
(E. Husson, Heydrich e la soluzione finale. La decisione del genocidio, Einaudi, 2010). Hitler amava molto il filosofo Schopenhauer, per il quale gli ebrei e i cristiani, sono sordi al dolore degli animali, a causa del loro stupido antropocentrismo.

DOSSIER "ADOLF HITLER"
Era vegetariano e voleva distruggere la Chiesa

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Fonte: Il Timone, dicembre 2015

7 - MASSONERIA, LE AMBIGUITA' DEL CARDINAL RAVASI
Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura scrive un articolo sul Sole 24 Ore dal titolo ''Cari fratelli massoni''
Autore: Angela Pellicciari - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/02/2016

Padre Rosario Esposito (1921-2007), religioso paolino che alla fine della vita ha deciso di rendere pubblica la propria affiliazione alla massoneria, ha calcolato che la Chiesa ha emesso 586 condanne contro l'ordine dei liberi muratori. Moltissime. La ragione di tanto reiterato interesse da parte dei Papi è principalmente dovuta all'instancabile azione lobbistica dei fratelli che non smettono mai, all'indomani di ogni nuova condanna, di professarsi tutt'atro che ostili alla Chiesa cattolica. I Papi non avrebbero visto giusto e, in ogni caso, il nuovo tipo di massoneria avrebbe abbandonato ogni forma di ostilità nei confronti della Chiesa.

LA PRIMA CONDANNA DELLA MASSONERIA
La prima condanna antimassonica è emessa da Clemente XII nel 1738 solo pochi anni dopo la fondazione della Gran Loggia di Londra nel 1717. Tenuto conto che ripetuti giuramenti vincolano al segreto i fratelli massoni per tutto quanto riguarda la vita di loggia, tenuto conto anche che la violazione del patto stipulato comporta la pena di morte, la tempestività della condanna è prodigiosa. Nella lettera apostolica In Eminenti papa Corsini specifica che il suo pronunciamento riguarda tutte le associazioni di tipo massonico, indipendentemente dal nome con cui vengono chiamate. Particolare di non poco conto.
L'ultimo pronunciamento a carico della massoneria è emesso il 26 novembre 1983 dal cardinal Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che scrive con l'esplicita approvazione del Santo Padre Giovanni Paolo II. La secolare condanna è ribadita nei termini più netti. La motivazione della reiterazione del pronunciamento è dovuta –una volta di più- al non aver il Codice di Diritto Canonico del 1983 esplicitamente condannato la massoneria: dalla mancata ripetizione della scomunica le logge deducono (meglio, affermano e divulgano di dedurre) che l'ostilità ecclesiastica nei loro confronti è finita.

L'ARTICOLO DE L SOLE 24 ORE
Questo rapido excursus è necessario per cercare di capire l'articolo ("Cari fratelli massoni") che è stato pubblicato da Il Sole 24 Ore domenica 14 febbraio a firma del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il cardinale dà risalto a «un interessante volumetto» che, oltre alla Dichiarazione di Ratzinger, riporta «due documenti di altrettanti episcopati locali, la Conferenza episcopale tedesca (1980) e quella delle Filippine (2003)». A partire dall'analisi di questi testi Ravasi giunge alla conclusione che, proprio come scrivono i vescovi tedeschi, «bisogna andare oltre "ostilità, oltraggi, pregiudizi" reciproci, perché "rispetto ai secoli passati sono migliorati e mutati il tono, il livello e il modo di manifestare le differenze" che pure continuano a permanere in modo netto».
Cosa dicono i vescovi tedeschi? Ripercorriamo i punti salienti della Dichiarazione nell'ordine in cui vengono menzionati: è possibile ipotizzare un nuovo rapporto fra Chiesa cattolica e massoneria, si domandano i presuli? «L'opinione che la Libera Muratoria si fosse a tal punto trasformata, che la precedente posizione della Chiesa fosse superata» è stata diffusa tramite «un'ampia attività rivolta alla pubblica opinione, in forma di convegni, sedute aperte di logge, pubblicazione di libri, articoli in giornali e riviste» (curiosamente la Dichiarazione parla di articoli in giornali). I vescovi precisano: l'opinione menzionata fu favorita da un certo modo, completamente falso, di interpretare l'ultimo Concilio «come se la Chiesa avesse abbandonato l'idea orientatrice di una verità obiettiva, sostituendola con quella della dignità umana. Ne conseguirebbe un rapporto di vicinanza fra la Chiesa cattolica e la Libera Muratoria».

INCOMPATIBILI
Le cose non stanno così perché «la Libera Muratoria mette in questione la Chiesa in modo fondamentale». É vero che «sono migliorati e mutati il tono, il livello e il modo di manifestare le differenze» come è vero che la Chiesa sa di dover collaborare «quando si tratta del raggiungimento di fini umanitari e caritativi» (e quando mai è successo il contrario?), ma è altrettanto vero che «La Libera Muratoria non è mutata nella sua essenza» e che quindi «l'appartenenza contemporanea alla Chiesa cattolica e alla Libera Muratoria è esclusa». Le dichiarazioni di incompatibilità non «impediscono, però, il dialogo», scrive Ravasi. La notazione è curiosa perché non c'è periodo storico in cui la Chiesa non sia stata aperta al confronto. E questo vale dall'inizio.
A cominciare dalla Prima lettera di Pietro («pronti sempre a rispondere a chi vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto»), per continuare con tutto il pensiero filosofico cristiano (vedi la Città di Dio di Agostino o la Summa di Tommaso). Alla massoneria appartiene invece la teorizzazione di un tipo di dialogo particolare, funzionale alla scomparsa della verità cattolica: «Il gran punto sta nel dividere dal Papa il maggior numero possibile di cattolici […] Modo lento, ma certo, a combattere e spegnere il mostro chiamato superstizione cattolica, il quale s'incarna nel Papa e nell'esercito clericale, sì numeroso e sì bene ordinato, è la libera discussione, il cui suono rintrona ormai fin entro le mura del Vaticano», scrive nel 1871 il massone Giuseppe Ricciardi.

UNA FRASE ALLUSIVA INCOMPRENSIBILE
Dopo aver parlato di dialogo, il cardinale scrive una frase allusiva che risulta incomprensibile: bisogna «superare quell'atteggiamento di certi ambienti integralisti cattolici che - per colpire alcuni esponenti anche gerarchici della Chiesa a loro sgraditi - ricorrevano all'arma dell'accusa apodittica di una loro appartenenza massonica». A chi si riferisce Ravasi? Chi sono coloro che screditano alcuni membri della gerarchia (quali?) addebitando loro un'appartenenza massonica non dimostrata? L'arma di cui parla Ravasi ha un nome preciso, si chiama calunnia. L'accusa andrebbe pertanto circostanziata, trattandosi di materia grave. Altrimenti si tratta di fare di tutta l'erba un fascio.
Forse non sarebbe stato male, oltre alla citazione di un documento prodotto da una singola Conferenza episcopale, fare qualche cenno al ricchissimo, sempre chiaro e netto magistero pontifico, magistero che mette ripetutamente in evidenza anche il carattere satanico del progetto massonico.
Cosa rimane dalla lettura dell'articolo di Ravasi? La sensazione che il dialogo fra massoneria e Chiesa cattolica vada ufficializzato, superando la secolare contrapposizione frontale. Non sarebbe male se, per l'ennesima volta, la Santa Sede tornasse a pronunciarsi contro la massoneria.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/02/2016

8 - GENDER OBBLIGATORIO A SCUOLA, MA IL VESCOVO DICHIARA: E' TOTALITARISMO
In Canada, se ti senti donna puoi usare i bagni e gli spogliatoi da donna... anche se sei un uomo (e viceversa)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 05/02/2016

Quando ha scoperto che le nuove linee guida del governo sul «rispetto della diversità di genere degli studenti» sarebbero dovute essere applicate in via obbligatoria da tutte le scuole, il vescovo di Calgary Fred Henry si è seduto al tavolo e ha scritto una lettera intitolata: «Totalitarismo in Alberta». Nella lettera per i fedeli e le scuole cattoliche della provincia canadese ha voluto denunciare la «follia del relativismo».
Il governo dell'Alberta, infatti, ha rilasciato a metà gennaio le nuove linee guide sul rispetto della diversità a scuola, che in base all'Alberta School Act tutti gli istituti devono rispettare. Per l'applicazione delle linee guida il governo ha dato tempo a tutte le scuole per organizzarsi fino al 31 marzo. Dopo questa data, scatteranno eventuali sanzioni.

PROMUOVERE E PROTEGGERE LA DIVERSITÀ?
Con lo scopo di «promuovere e proteggere la diversità» e ispirare «un senso positivo di se stessi», al fine di «rispettare i diversi orientamenti sessuali, le identità di genere e le espressioni di genere», le linee guida richiedono ad ogni scuola di «sostenere gli studenti nel fondare organizzazioni studentesche» come l'«Alleanza gay-etero» o l'«Alleanza queer-etero».
Alla base delle linee guida c'è la convinzione che «l'auto-identificazione è la sola misura dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere e dell'espressione di genere di un individuo». Non ha alcuna importanza se si è nati maschi o femmine, dunque. Non ha importanza neanche se si vuole cambiare sesso. Se un bambino pretende di essere una bambina o viceversa, per qualsiasi motivo, anche in assenza di cambiamenti corporei, deve «essere rispettato» e trattato di conseguenza. Se vuole, per questo, essere chiamato con un altro nome, deve essere rispettato. Il nome prescelto dal bambino, anche se non è sulla carta di identità, deve essere usato il più possibile anche sui documenti della scuola. Tranne che su quelli governativi/ufficiali.
Poiché scuola e insegnanti devono «rispettare il diritto di un individuo alla auto-identificazione», a prescindere da tutto, è a loro richiesto tra le altre cose: permettere a un bambino, se si auto-definisce femmina per qualunque motivo, di partecipare alle attività femminili, accedere al bagno femminile e agli spogliatoi femminili. E viceversa.
«A prescindere dal fatto se l'individuo abbia o no documenti legali che testimoniano il cambiamento del nome o la riassegnazione del genere», gli individui possono chiedere di essere chiamati dai professori con nomi o pronomi differenti da quelli dettati dal loro sesso. «Se non si sentono inclusi con i pronomi "lui" o "lei"», devono essere chiamati a scuola con «pronomi alternativi come "ze", "zir", "hir", "they", "them" o "Mx" al posto di Mr, Mrs, Ms, Miss».

CONSEGUENZE: SPOGLIATOI E BAGNI
Gli studenti, ancora, hanno «il diritto di vestirsi nel modo che più rispetta la loro identità di genere o espressione di genere». E anche per quanto riguarda le «attività atletiche» devono poter gareggiare con i bambini del «genere con cui si auto-identificano». Un maschio dunque, «per non sentirsi escluso», deve poter gareggiare nelle gare di atletica con le femmine se vuole. Anche per questo, è meglio abolire eventuali attività che necessitano di separare maschi e femmine. Allo stesso modo un bambino «ha diritto ad avere accesso agli spogliatoi e ai bagni del genere con cui si sente congruente». Sempre a prescindere dal fatto se abbia cambiato sesso o se abbia intenzione di farlo.
Il vescovo Henry ha denunciato queste misure scrivendo ai suoi fedeli: «Cari fratelli e sorelle, mi rattrista dovervi dire che il totalitarismo è vivo e sta molto bene in Alberta». Con le nuove linee guida vogliono «imporre un'ideologia ristretta e anti-cattolica. Essendo un approccio totalitario, è in contrasto con l'opinione data dalla Corte Costituzionale».
«Le nostre scuole cattoliche sono inclusive e insegnano l'amore e compassione per ogni persona», continua. «Il nostro insegnamento è semplice e diretto. Dio ci ha creati maschi e femmine. Facendo questo, ha dato uguale dignità sia agli uomini che alle donne. Il corpo e il sesso sono doni di Dio e sono buoni, per questo non guardiamo alla sessualità con timore né alla carne con ostilità». Ma la visione «ideologica e politicizzata» che il governo dell'Alberta ha della «sessualità non è cattolica» e la Corte Costituzionale ha invece garantito il diritto alle scuole cattoliche di «spiegare in autonomia la propria fede». Ecco perché il vescovo si è opposto all'applicazione obbligatoria delle direttive in tutte le scuole.

STRAVOLGIMENTO ANTROPOLOGICO
 Altri vescovi si sono espressi contro la decisione del governo. L'arcivescovo di Edmonton, Richard Smith, ha dichiarato che «l'idea prevalente che ognuno possa auto-determinare la propria identità porta a un mondo dove niente può essere creduto al di là dei confini della propria mente. Ma la realtà è che la verità ci precede». Il vescovo Paul Terrio di San Paolo ha scritto una lettera pastorale nella quale ribadisce che «affermare che l'auto-identificazione è la sola misura dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere e dell'espressione di genere è uno stravolgimento antropologico che nega la realtà biologica dell'uomo».
Non tutti però hanno apprezzato l'intervento dei vescovi. La Edmonton Catholic School, che ha distribuito la lettera del vescovo Henry alle famiglie, ha poi detto nella persona del rettore: «Non sono d'accordo con la lettera perché non è in linea con l'Anno della misericordia indetto da papa Francesco». Il vescovo ha risposto: «Ho ricevuto centinaia di lettere di ringraziamento ma la scuola preferisce seguire la lobby Lgbt. Tanta gente sente di non avere voce ed è spaventata di parlare ma tanti stanno scoprendo che è giusto intervenire e opporsi».
Il ministro dell'Educazione dell'Alberta, David Eggen, ha dichiarato che il governo andrà avanti. «È uno sviluppo positivo che porterà a ottimi risultati». Nonostante i dissidi, le scuole cattoliche dell'Alberta sono intenzionate a non applicare le linee guida. «Dobbiamo stare attenti», conclude l'arcivescovo. «Se il governo proverà a imporcele, allora chiaramente dovremo affrontare la situazione».

Nota di BastaBugie: Leone Grotti nell'articolo dal titolo "Tranquilli soldati, congeleremo il vostro sperma e i vostri ovuli" ci svela la mossa che costerà agli americani 30 milioni di dollari all'anno che è stata annunciata dal segretario americano della Difesa Ashton B. Carter. Annunciato come un aiuto alla famiglia, ne è in realtà la finale distruzione.
Ecco l'articolo integrale pubblicato da Tempi il 05-02-2016:
Il Pentagono vuole un esercito più «family friendly» per trattenere in servizio i soldati. Così, come annunciato dal segretario americano della Difesa Ashton B. Carter, offrirà ai suoi uomini e donne la possibilità di congelare lo sperma e gli ovuli.
L'obiettivo è avvantaggiare gli uomini, che spesso rischiano di subire danni agli organi riproduttivi in battaglia, ma anche incoraggiare le donne a non uscire dall'esercito una volta raggiunti i 20 e 30 anni. Grazie alla possibilità di congelare gli ovuli - è il ragionamento di Carter - le donne potranno tranquillamente dedicarsi alla carriera, e magari ad operazioni all'estero, rimandando al futuro la possibilità di avere figli.
L'iniziativa ricalca quella offerta da Facebook ed Apple alle sue dipendenti, ma non si riesce a capire in che modo possa aiutare la famiglia. «Congelare sperma e ovuli non è come congelare il pollo per cena», dichiara al New York Times Arthur Caplan, professore di bioetica alla New York University. Innanzitutto ci sono moltissimi problemi etici: «E se muori? Tua moglie può usare per sé il tuo sperma? E cosa succede se tua mamma vuole dei nipoti e tua moglie no? Non può usare lo sperma con una madre surrogata? E se subisci danni al cervello, puoi ancora usarlo? E se la compagnia che congela [il materiale biologico] va in bancarotta?».
Di domande simili se ne potrebbero fare a centinaia: che fine faranno ovuli e sperma nel caso in cui una famiglia si divida? Resta il fatto che la misura, invece di mirare alla conciliazione tra lavoro e famiglia, spinge a mettere quest'ultima in secondo piano, rimandando il problema. Ma procrastinare, in questi casi, è pericoloso: «Se i tuoi ovuli non funzionano, potresti scoprirlo solo a 39 anni», continua il docente, quando la fertilità della donna è quasi compromessa. Inoltre, dopo il congelamento, la vitalità di ovuli e sperma diminuisce nel tempo.
Il dipartimento di Difesa, ignorando questi problemi, ha deciso di andare avanti: farà partire la sperimentazione e tra due anni ne farà una valutazione. Di sicuro, essendo il Pentagono uno dei più grandi datori di lavoro al mondo, si tratta di un costo ingente per lo Stato. Per congelare gli ovuli, infatti, si spende circa 10 mila dollari e secondo i primi calcoli al Pentagono l'operazione costerebbe almeno 30 milioni di dollari all'anno. Se gli studiosi di bioetica e non solo storcono il naso, in compenso le aziende che offrono il servizio di congelamento e stoccaggio fanno festa, prevedendo un massiccio incremento nei ricavi.
Come dichiarato a Radio Vaticana ai tempi dell'iniziativa di Facebook ed Apple dal giurista Alberto Gambino, «in questo modo i dipendenti sono più intesi come forza lavoro che non come persone in carne e ossa, che sono pronte, specie se donne, ad accogliere bambini. Forse sullo sfondo c'è anche un altro ragionamento: la donna quando è giovane serve per lavorare, quando comincia ad avere un'età un po' più avanzata, diventa scarto».
Sul tema, si era espressa anche la giornalista Maureen Anderson su Forbes: «Sembra che le aziende stiano cercando di possedere, non solo i mezzi di produzione, ma anche i mezzi di riproduzione dei loro lavoratori». La maternità differita «è un patto o pegno di fedeltà con la quale si afferma il primato del lavoro rispetto ad altre aree della tua vita: "Il lavoro viene prima di tutto e metterò i miei ovuli nel ghiaccio per dimostrarlo". Quale sarà il prossimo passo?».

Fonte: Tempi, 05/02/2016

9 - OMELIA III DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C (Lc 13,1-9)
Se non vi convertite, perirete allo stesso modo
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 28 febbraio 2016)

Siamo giunti a metà del nostro itinerario quaresimale e la lettura del Vangelo ci presenta la parabola del fico infruttuoso. Quell'albero di fico simboleggia ciascuno di noi chiamati a portare frutti abbondanti che rimangano per la Vita eterna. Come un albero carico di frutti piega i suoi rami a terra, fino quasi a spezzarsi, così noi, al termine della nostra vita, dovremmo giungere ricolmi di opere buone per il Paradiso.
Nel racconto della parabola, il padrone di quel campo attende per tre anni che il fico porti i suoi frutti, fa di tutto affinché possa restare, lo pota, lo concima, ma tutto è inutile: i frutti tanto attesi non maturano. Allora lo taglia affinché possa per lo meno essere bruciato nel fuoco.
Questa parabola ci insegna prima di tutto che la nostra vocazione è quella di portare frutti abbondanti di opere buone. Solo così potremo essere felici. Certamente ciò comporterà sacrificio: i rami pieni di frutti quasi si spezzano, ma se un albero non fruttifica a cosa serve? Un genitore è contento di tutti i suoi sacrifici quando vede che questi sono serviti a far crescere i figli buoni e onesti. Quando si ama, i sacrifici sono amati e benedetti.
Per dare frutto autentico, noi dobbiamo intraprendere un cammino di seria conversione. Ciò è indispensabile. Dobbiamo intensificare la nostra preghiera, lottare contro il peccato, e dobbiamo esseri generosi nella nostra mortificazione. In poche parole, dobbiamo convertirci. Per ben due volte, nel brano del Vangelo di oggi, Gesù ci dice: «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,3-4).
La Quaresima è il tempo adatto per convertirci e cambiare rotta. La mortificazione, la penitenza di cui il Vangelo tante volte parla, si possono paragonare a tutte quelle cure che il contadino prodiga affinché gli alberi da lui curati portino frutto. La sua opera è faticosa, ma indispensabile.
La parabola del fico ci insegna inoltre la pazienza di Dio. Il padrone del campo attese per tre anni prima di tagliare quell'albero infruttuoso. Così fa Dio con noi. Egli non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva. Ma non bisogna abusare della sua pazienza. San Bernardino da Siena insegnava che Dio aspetta la conversione del peccatore, ma, dopo un certo tempo più o meno lungo, interviene per il bene stesso di quel peccatore. Questi interventi medicinali di Dio che tante volte chiamiamo "castighi di Dio", su questa terra, sono espressioni della sua infinita Misericordia. Il castigo è come una medicina amara che Dio non vorrebbe somministrare, ma che usa come estremo rimedio per scuotere i suoi figli prodighi e ricondurli al suo Amore. Dio, che tanto ama le sue creature, non può disinteressarsi della sorte dei suoi figli che camminano per la via della perdizione: Egli fa di tutto per ricondurli sulla retta strada che conduce al Cielo.
Non dobbiamo attendere questi interventi, convertiamoci subito! Chiediamo incessantemente a Gesù per intercessione della Madre sua e nostra la grazia di una continua e profonda conversione.
Anni fa un missionario incontrò una donna, la quale aveva un figlio che da poco si era convertito. In precedenza egli era un delinquente, un violento e rubava di continuo. La mamma cercava di richiamarlo, di condurlo alla Fede, ma inutilmente. A un certo punto, dopo diversi anni di questa vita dissoluta, il giovane disse alla madre: «Se Dio veramente esiste e se Dio veramente mi ama, come tu dici, certamente mi punirà, perché un padre corregge sempre un figlio che sbaglia». Passarono pochi giorni e dopo l'ennesimo furto, il giovane fu arrestato. In quel Paese le carceri sono molto dure e in mezzo a tanta sofferenza il giovane si convertì e divenne un apostolo per tanti compagni di prigionia, distribuendo loro i Rosari e le Medagline che la mamma gli portava. Accettò con rassegnazione la sofferenza di quella dura prigionia, in riparazione dei suoi numerosi e gravi peccati.
Dio amava davvero quel giovane e proprio perché lo amava permise quella sofferenza, per convertirlo e salvarlo. Da questo episodio possiamo capire come la più grande sventura che ci possa capitare è quella di non essere corretti da Dio.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 28 febbraio 2016)

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