BastaBugie n�513 del 05 luglio 2017

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1 ABBATTERE I MURI E COSTRUIRE PONTI? SI, MA A CASA DEGLI ALTRI (AD ES. I MILANESI HANNO CHIUSO LE PORTE)
L'operazione del comune di Milano ''Un rifugiato in famiglia'' si è rivelata un fallimento clamoroso (VIDEO: Non pago affitto)
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Il Timone
2 MORTO PAOLO VILLAGGIO, UN ATEO SOLITARIO E DISPERATO
Il ragionier Fantozzi nella vita reale non era amato dai figli e invidiava l'amico Monicelli perché si era suicidato
Autore: Elisabetta Broli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 ANGELA PIERO: SUPERQUARK DIVENTA SUPERTRANS
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Germania nozze gay in tempo record, vescovo molestato dai gay scortato dalla polizia (VIDEO: vescovo spagnolo scortato dalla polizia)
Fonte: Gender Watch News
4 DON LORENZO MILANI, UN CATTIVO MAESTRO
Il parroco della Barbiana ha contribuito alla devastazione della scuola italiana (che non premia i meriti, toglie autorevolezza al docente, non prepara alla vita, non educa, anzi devasta i ragazzi)
Autore: Marcello Veneziani - Fonte: Il Tempo
5 NO VASCO, IO NON CI CASCO: LE TUE SONO CANZONETTE
Strade bloccate, centri commerciali chiusi, funerali vietati... perfino la Messa cancellata: Vasco arriva in elicottero come il Papa ed è stato celebrato dai 230mila di Modena come un dio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 LA STORIA DI CHARLIE GARD E DEI SUOI GENITORI
Un caso di accanimento terapeutico? No, perché non ci sono terapie gravose ed inefficaci: giudici e medici hanno deciso che la sua vita non è degna di essere vissuta... insomma Charlie è colpevole di voler vivere (Video: il commento di Cascioli)
Autore: Clemente Sparaco - Fonte: Notizie Provita
7 COSA ACCADREBBE A UN CHARLIE GARD IN ITALIA?
La vita di Charlie vale meno di quella di un cane: negli stessi giorni per un cane italiano c'è stata una mobilitazione di massa, governo incluso, ovviamente con il lieto fine (per il cane)
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: IL PARERE DI DUE MEDICI, UNO A FAVORE E UNO CONTRO LE VACCINAZIONI OBBLIGATORIE
Sono stufo, arcistufo di leggere stupidaggini assurde
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA XIV DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 11,25-30)
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - ABBATTERE I MURI E COSTRUIRE PONTI? SI, MA A CASA DEGLI ALTRI (AD ES. I MILANESI HANNO CHIUSO LE PORTE)
L'operazione del comune di Milano ''Un rifugiato in famiglia'' si è rivelata un fallimento clamoroso (VIDEO: Non pago affitto)
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Il Timone, aprile 2017 (n. 162)

Succede a Milano, da sempre nota per l'apertura e la generosità dei suoi abitanti. Virtù che io stesso posso confermare, avendovi abitato e lavorato per un decennio. La giunta di sinistra che governa la città è molto attenta alle esortazioni di Francesco, cui guarda come a un maestro, pur essendo miscredente per la maggioranza di assessori e consiglieri comunali. Ma si sa quale amicizia ci sia anche tra il Papa argentino e quei "centri sociali" fondati e diretti dall'ultrasinistra e frequentati spesso da estremisti e da nostalgici dei regimi comunisti, magari anche nella loro fase leninista e stalinista.

SPALANCARE A TUTTI LE PORTE?
Sta di fatto che - proprio per rispondere all'appello di "demolire i muri" e di "spalancare a tutti le porte" che giunge incessante da Santa Marta - che, dunque, l'assessore alle politiche sociali del comune di Milano, con l'assenso ovviamente della maggioranza consigliare, lanciò nel 2015 quella che chiamò "Operazione un rifugiato in famiglia". Avendo ottenuto dal municipio una buona dotazione economica, l'assessore provvide anche a una martellante informazione, con manifesti, annunci sui media locali, convegni, interviste. L'operazione prevedeva un contributo di 400 euro al mese per quei milanesi che accettassero di ospitare in casa loro uno di quelli che sono chiamati "rifugiati". In realtà, risulta da ogni ricerca che la grande maggioranza di coloro che entrano clandestinamente in Italia non fuggono da guerre, persecuzioni o altro: si tratta, semplicemente, di immigrati "economici", cioè di persone che sperano di trovare in Europa migliori condizioni di vita. Così come avvenne un tempo anche per milioni di italiani trasferitisi nel Nord del nostro Continente e nelle due Americhe, con la differenza però che immigrarono legalmente, con documenti in ordine e, quasi sempre, "a chiamata": gli Stati, cioè dove volevano trasferirsi stabilivano periodicamente quanti potevano entrare. Molte amministrazioni, poi, stabilivano non solo il "quanto" ma anche il "chi": il governo australiano, ad esempio, volendo preservare le sue origini e tradizioni britanniche, limitava l'ingresso degli europei del Sud, tra cui gli italiani, mentre non c'erano limiti per i cittadini del Regno Unito. Una immigrazione regolata, dunque, non una migrazione di massa, irregolare e caotica come oggi avviene.

ACCOGLIERE UNO STRANIERO IN CASA PROPRIA?
Ma torniamo a Milano e alla edificante operazione di accoglienza. Nella generosa metropoli da un milione e mezzo di abitanti furono solo 56 le famiglie che si dichiararono disponibili ad accogliere in casa uno straniero, quasi sempre un maomettano. Il Comune, come da regolamento, controllò chi erano coloro che si proponevano per l'accoglienza e scoperse che molti miravano solo ad incassare i 400 euro, relegando l'ospite in qualche sottoscala. Alcuni, pare, erano omosessuali, lieti di portarsi in casa vigorosi giovanotti ed essendo per giunta pagati. Altri "generosi" vennero accettati ma poi ci ripensarono e fecero retromarcia. Alla fine la grande "operazione" si è conclusa con l'affidamento di "migranti" a ben cinque famiglie... Ma c'è di più: l'ospitalità era prevista come rinnovabile dopo un anno. Ebbene, al momento del rinnovo, all'inizio di questo 2017, una delle famiglie ha preferito finirla lì. Dunque, nella grande Milano sono rimasti solo 4 nuclei familiari disposti ad ospitare in casa qualcuno giunto coi barconi e con altri mezzi clandestini.
Che dire? Forse la già generosa capitale lombarda è ora abitata da gente "col cuore chiuso" come Bergoglio chiama chi non spalanca subito e a chiunque la porta di casa, affidandogli anche le chiavi? Per quanto vale il mio parere, ci andrei piano nel tranciare giudizi morali. Il problema è vasto, magari ne parleremo un'altra volta. Intanto cominciamo a meditare...

Nota di BastaBugie: il seguente video (che ha avuto 18 milioni di visualizzazioni) dimostra come non solo la politica dell'accoglienza crea una situazione che porterà ad una devastazione dell'Italia senza precedenti, ma che perfino ci facciamo prendere in giro senza reagire. Provate in Italia a prendere in giro un nero e vi accorgerete della differenza di trattamento.
ATTENZIONE: la canzone contiene parolacce e volgarità. A proposito: andate in un qualunque paese musulmano (oppure va bene anche in Russia) e pubblicate un video simile e poi raccontateci se la passate liscia come il "cantante" Bello Figo che canta "Non pago affitto" per sbeffeggiarci impunemente.


https://www.youtube.com/watch?v=ookGv44MMd4

Fonte: Il Timone, aprile 2017 (n. 162)

2 - MORTO PAOLO VILLAGGIO, UN ATEO SOLITARIO E DISPERATO
Il ragionier Fantozzi nella vita reale non era amato dai figli e invidiava l'amico Monicelli perché si era suicidato
Autore: Elisabetta Broli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04/07/2017

I panni del ragionier Ugo Fantozzi - purtroppo patrimonio nazionale - li aveva smessi ormai da anni, e da anni viveva lontano dalle luci del cinema che, a detta della figlia Elisabetta, lo aveva dimenticato. Paolo Villaggio aveva 84 anni e un forte diabete che ieri mattina l'ha portato alla morte. Sui social l'omaggio del mondo della politica e dello spettacolo, Gentiloni, Renzi e Pieraccioni, Fabio Fazio, Benigni, Tognazzi, su facebook Anna Mazzamauro ha lasciato un messaggio come signorina Silvani: "Fantozzi, l'unico che mi abbia veramente amata". Aveva recitato con Fellini, Olmi e Monicelli, anche se era entrato nella cultura popolare appunto con il personaggio di Fantozzi, non sempre amato da tutta la critica.

CHI ERA VERAMENTE PAOLO VILLAGGIO
Ma chi era veramente Paolo Villaggio, al di là dell'impiegato più famoso d'Italia? Lasciando perdere la sua filmografia - ogni lettore avrà un parere personale in merito - forse vale la pena guardarlo, con grande rispetto, da due angolazioni diverse. Innanzitutto da quella del figlio Piero, che l'ha descritto a lungo nel suo libro Non mi sono fatto mancare niente. Piero, ex tossicodipendente, ha usato parole dure nei confronti del padre, "una persona molto egoista e megalomane: è molto difficile relazionarsi con lui. Oggi il nostro rapporto è facilitato perché lui ha quasi 84 anni, ha il diabete e, avendo condotto una vita molto sregolata, i segni della vecchiaia sono tutti visibili. La rabbia che ho nutrito per anni si è quasi trasformata in tenerezza". In un'intervista a Vanity Fair Piero confessa anche che parte delle colpe di quanto gli è accaduto (cadere nel tunnel della droga mentre nei cinema spopolava Fantozzi) è proprio da attribuirsi al padre: "Il confronto con un artista ingombrante come lui mi ha inevitabilmente condizionato".

UN ATEO SENZA SPERANZA
L'altra angolazione dalla quale guardare Villaggio è il suo ateismo. "Invidio a Mario Monicelli il coraggio di compiere questo gesto estremo (il suicidio N.d.R). Io non ce l'avrò mai", dichiarò il 30 novembre 2010 dopo la morte dell'amico che lo aveva lanciato nel cinema nel 1970 in Brancaleone alle crociate.
Non era una delle sue tante battute ma l'espressione di un vissuto interiore lontano da Dio. Le sue parole durante un incontro pubblico nel 2015: "Io ho un sospetto, quasi una certezza: questo Papa argentino, così furbo e così abile da aver semplificato il linguaggio, sinceramente mi sembra che abbia paura della morte. Questo Papa, come tutti i papi, sa che non esiste l'aldilà promesso dai cattolici. E poi, pensandoci, il paradiso cattolico che cos'è? Nel Corano è spiegato esattamente com'è quello islamico: pieno di fiori, di frutta, di dolci e di donne. E' un paradiso molto convincente. Ma quello cattolico è vago. Io non ci credo e neppure il Papa. Purtroppo".
Concetti ripetuti in un'intervista televisiva a Giletti: "Migliaia di galassie che si allontanano l'una dall'altra velocemente nell'Universo, e voi credete in un piccolo Dio. Sono dell'avviso che oggi credere in Dio sia molto difficile". Un ateo moderno che in un'intervista a Il Tempo ha detto di "pensare seriamente al suicidio, so già la data della mia morte, me l'ha detta una maga russa. Ha rivelato a una decina di miei amici la data della loro morte con venti anni di anticipo". A Un giorno da pecora su Radiodue: "... eutanasia, preservativi e via dicendo. La Chiesa se non si rinnova muore"
Certezze sulle quali ha costruito i suoi tanti film di Fantozzi. Divertenti? Discutiamone. Divertente la storia quotidiana di un povero impiegato vessato dalla vita, incapace di reagire alle ingiustizie, senza speranza? Nel 2015, alla Festa del Cinema di Roma, Villaggio spiegò così il successo dei suoi film: "Fantozzi siamo tutti noi. Manda un messaggio rassicurante: non abbiate paura, non siete soli ad avere questa incapacità di essere felici. In questa Italia di m... siamo tutti Fantozzi".
Non noi, grazie.

DOSSIER "SIC TRANSIT GLORIA MUNDI"
Personaggi morti dal 2009 al 2019

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04/07/2017

3 - ANGELA PIERO: SUPERQUARK DIVENTA SUPERTRANS
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Germania nozze gay in tempo record, vescovo molestato dai gay scortato dalla polizia (VIDEO: vescovo spagnolo scortato dalla polizia)
Fonte Gender Watch News, 29/06/2017

Ieri a Superquark - storica trasmissione di divulgazione non sempre scientifica condotta da Piero Angela - si è parlato di transessualismo, proprio in conclusione di puntata. Il taglio è stato solo elogiativo della transessualità: le disforie di genere si superano adattando il corpo alla mente e non facendo accettare la realtà sessuato del proprio corpo, dopo le operazioni tutti i transessuali sono felici, le operazioni riescono sempre perfettamente, etc. Peccato che gli studi scientifici dicano altro.
La ciliegina sulla torta l'ha messa in studio l'endocrinologo Emmanuele Jannini il quale - vendendola come pratica diffusa in tutto il mondo, cosa che invece è falsa - ha suggerito di stoppare gli ormoni di tutti i bambini che si affacciano alla pubertà. In tal modo a suo dire questi potranno liberamente scegliere a quale sesso appartenere.
La trasmissione di Angela non è nuova a questa uscite ed anzi appoggia in pieno le teorie del gender.
Un'altra prova che la Rai, in merito alla sessualità, preferisce alla scienza l'ideologia [per ulteriori approfondimenti leggi: ANGELA PIERO CI INGANNA SU GAY, MIGRANTI E VACCINI, clicca qui, N.d.BB].

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).

GERMANIA, "NOZZE" GAY DA RECORD
Sei giorni fa la cancelliera Merkel in un'intervista aveva fatto sapere che, in caso di voto sui "matrimoni" gay, avrebbe lasciato liberà di coscienza ai propri compagni di partito. Ed ecco che l'opposizione ha preso la palla al balzo: il Bundestag ha approvato "il matrimonio" omosessuale con 393 favorevoli e 226 contrari, grazie al sì compatto della Spd, dei Verdi e della Linke, ma anche grazie a 75 "sì" della Cdu uno su quattro. In meno di una settimana dunque le opposizioni hanno tirato fuori dal cassetto la loro proposta legislativa è le "nozze" omosex sono passate a tempo di record.
La Merkel, con un tatticismo ipocrita, ha votato No. In tal modo è riuscita a far passare le "nozze" gay togliendo così un forte argomento all'opposizione in vista delle prossime elezione e dall'altro si è mostrata amica dei conservatori.
Morale della storia: svendere la verità per una poltrona.
(Gender Watch News, 01/07/2017)

VESCOVO MOLESTATO DAI GAY SCORTATO DALLA POLIZIA
La si rigetta perché queste violenze sono accadute in un lontano passato e non potranno mai più riaccadere. Invece certi episodi sono la spia di un fenomeno strisciante che l'opinione pubblica tende a minimizzare. Parliamo della persecuzione che sta subendo la Chiesa cattolica in Spagna. Persecuzione ormai alla luce del sole e non più evocata da qualche maniaco visionario. Nella parte del carnefice ci sono le associazioni Lgbt che sono diventate così forti da dettare l'agenda dei governi nazionali e locali. Carnefici, dicevamo. Sì, perché al loro posto negli anni '30 del '900 in Spagna c'erano i rivoluzionari di estrazione marxista che dettero poi vita alla guerra civile, in cui la Chiesa pagò il suo tributo di sangue: prima di ammazzare preti e vescovi, in Spagna furono 13, iniziarono minacciando il clero, poi irridendolo pubblicamente con azioni dimostrative, ancora, impedendone l'esercizio, bruciando chiese e infine arrivando al delitto dopo essere passati per il pestaggio.
In Spagna siamo passati dalla fase della protesta provocatoria all'impedimento dell'esercizio episcopale. La storia ci insegna quale sarà il prossimo passo. Quando ci sarà la prima vittima, Dio ce ne scampi, tutti si accorgeranno che qualche cosa è accaduto.
Certe cose stanno riaccadendo con le stesse vittime, il clero, ma differenti carnefici, oggi le lobby Lgbt? Chi dice no forse non conosce la situazione spagnola che domenica ha visto l'introduzione di un ulteriore tassello nell'inquietante escalation di violenza verbale nei confronti di un vescovo, che è stato preso di mira con cori e insulti all'uscita da messa tanto che per allontanarsi il pastore ha chiesto aiuto alla Polizia [guarda il video alla fine dell'articolo, N.d.BB].
Scene del genere in Spagna non accadevano appunto da quei giorni, che così si stanno diabolicamente riattualizzando sotto le insegne della dittatura di pensiero gay. Ma che cosa aveva fatto di male questo vescovo? Niente, aveva semplicemente detto un'ovvietà: che nella persona con tendenze omosessuali manca la figura paterna. Una verità scientifica, prim'ancora che cattolica. Ma al collettivo Lgbt della città di Tárrega, 16mila abitanti nella diocesi di Solsona, Catalogna, è bastato per attentare all'incolumità del pastore.
Lui, Xavier Novell, il vescovo più giovane di Spagna e tra i più giovani del mondo, è dovuto uscire dalla chiesa scortato dalla Polizia municipale facendosi largo tra gli insulti e le minacce inferocite di un nugolo di attivisti dell'associazione De Transcantó. Il pastore era arrivato domenica per impartire la cresima ai ragazzetti della parrocchia di Santa María del Alba, ma dopo la cerimonia ad attenderlo c'erano una trentina di attivisti con cartelli e bandiere minacciose.
E' quello che in sudamerica viene chiamato "escrache", una protesta di piazza rumorosa e intimidatoria contro i rappresentanti del governo. Questa volta ad essere preso di mira non era un politico, ma un vescovo. Gli attivisti Lgbt hanno apostrofato il vescovo con cori offensivi e minacce. Così il sindaco della cittadina ha pensato bene di far arrivare la polizia municipale per scortare il vescovo all'automobile. Fortuna che Novell ha trovato un primo cittadino comprensivo. Nella vicina Cervera, 9000 anime nella stessa diocesi il sindaco ha promesso un intervento del Consiglio comunale per dichiarare il prelato persona non gradita. E nel capoluogo diocesano, Solsona, il municipio ha preso le distanze dicendo che certe cose non devono accadere. Insomma: il vescovo è bandito.
Ovviamente i sindaci sono stati aizzati da un nugolo di associazioni Lgbt che con gran spolvero di accuse in questi giorni hanno preparato il terreno definendo Novell un omofobo, un cattivo cristiano e un pessimo vescovo. Il tutto per quell'articoletto pubblicato sul giornalino diocesano in cui il pastore, riferendosi anche agli studi di Joseph Nicolosi (il nemico è sempre lui con le sue teorie riparative!) diceva: "Mi chiedo se il fenomeno crescente della confusione sull'orientamento sessuale di molti adolescenti non si debba imputare nella cultura occidentale alla figura paterna, che è stata assente, deviata e svuotata fino alla messa in discussione della stessa virilità".
Alla fine il vescovo, scortato, è riuscito a salire in auto e a tornare in diocesi, mentre alcuni parrocchiani si riunivano per pregare davanti alla folla inferocita e a due lesbiche che, provocatoriamente, si baciavano.
A questo punto ci si aspetterebbe un minimo sindacale di solidarietà da parte dello stesso mondo cattolico. Macché. A parte il silenzio della Conferenza episcopale spagnola, si segnala l'intervento a gamba tesa di un'associazione di gay cristiani, chiamata Asociación Cristiana de Lesbianas, Gais, Transexuales y Bisexuales (ACGIL) che sul portale cristianosgays.com non ha preso le parti del vescovo, ma dei compagni di lotta omosessualista. "Non è la prima volta che ci sentiamo profondamente feriti da questo uomo come cristiani di diverse sessualità - dicono - è ormai obsoleto cercare le cause dell'omosessualità come se fosse una malattia, con le sue parole il vescovo di Solsona sceglie di mettersi a fianco di persone e di una società più inumane".
Non poteva mancare un riferimento che Gesù che "è venuto a instaurare un mondo nuovo in cui tutti quelli che si amano hanno diritto di cittadinanza indipendentemente dal loro essere uomini, donne, giudei, schiavi o liberi". Ovviamente facendo finta di dimenticarsi delle parole di Gesù sulla triste fine di Sodoma. Ma quelle associazioni sono poi quelle che, con la complicità di molti vescovi organizzano le ormai note veglie anti omofobia, rafforzando così il partito di chi nella Chiesa ha deciso di sposare la tesi dell'omoeresia.
A occhio e croce, come si chiama quello scontro dove tra fratelli ci si accoltella e si gode nel colpire l'altro per le sue idee? A casa nostra si chiama guerra civile. Ma in Spagna è una parola che non si può pronunciare.
(Andrea Zambrano, La Nuova Bussola Quotidiana, 31-05-2017)


VIDEO DEL VESCOVO SCORTATO DALLA POLIZIA
Ecco il video di un minuto sul vescovo offeso e sbeffeggiato da parte della folla di gay militanti


http://www.ccma.cat/tv3/alacarta/noticies-324/escridassada-al-bisbe-novell-per-lescrit-sobre-lhomosexualitat/video/5669953

Fonte: Gender Watch News, 29/06/2017

4 - DON LORENZO MILANI, UN CATTIVO MAESTRO
Il parroco della Barbiana ha contribuito alla devastazione della scuola italiana (che non premia i meriti, toglie autorevolezza al docente, non prepara alla vita, non educa, anzi devasta i ragazzi)
Autore: Marcello Veneziani - Fonte: Il Tempo, 23/04/2017

È cominciato in anticipo e in modo imbarazzante il ricordo di don Lorenzo Milani, il mistico parroco della Barbiana, a cinquant'anni dalla sua morte. È cominciato sull'onda di un libro assai controverso di Walter Siti, Bruciare tutto, dedicato a don Milani. È un libro che racconta la storia di un prete pedofilo. [...]
Non è di questo però che vorrei parlarvi, perché non amo i processi alle intenzioni, sortiti da mezze frasi; preferisco giudicare un uomo dall'intera sua personalità, vita e attività e non per un suo pur inquietante risvolto, che peraltro stride troppo con la testimonianza di chi lo ha conosciuto e amato.

UNA NOCIVA UTOPIA
Di don Milani ho il rispetto che si deve agli idealisti in buona fede; ma insieme nutro la diffidenza che si deve al loro devastante idealismo, alla loro generosa e nociva utopia. Si, perché furono negativi gli effetti delle sue buone intenzioni in termini di educazione, scuola e morale.
Altri idealisti in buona fede contribuirono in quegli anni a gettare le basi del nostro presente (gettare le basi qui sta per gettarle davvero, sostituendole col nulla); ad esempio l'anti-psichiatra Basaglia che animato dal benevolo furore di liberare i pazzi dai manicomi e dalla follìa che riteneva frutto dei muri ospedalieri, mise i pazzi in mezzo alla strada, gettando nella disperazione loro e i loro famigliari. [leggi: LA CHIUSURA DEI MANICOMI E I DANNI DELL'IDEOLOGIA DELL'ANTI-PSICHIATRIA, clicca qui, N.d.BB]
O Pannella, che ingaggiò con la sua pattuglia radicale tante battaglie animate da fervore ideale, che produssero una società più bastarda ed egoista, permissiva e mortifera, in forma di aborto, droga e suicidi, più contorno di trans e omo.
Tutti idealisti, persone di qualità, in buona fede, convinte di liberare l'umanità e migliorarla. Tra loro spicca don Milani. Che per giunta era prete, praticava la carità, si dedicava ai ragazzi con tutto il cuore, agiva nella Firenze dei La Pira, don Balducci e don Turoldo, ed è morto pure giovane. Lasciando a noi posteri i danni effettivi della sua amorosa utopia.

IL CONTRIBUITO ALLA DEVASTAZIONE DELLA SCUOLA ITALIANA
Don Milani sognava una scuola non dei ricchi ma di tutti, con il professore uguale ai suoi alunni, dialogante, senza bocciature e senza autorità, perché "l'obbedienza non è una virtù". Nobili intenzioni, ma spostiamoci sugli effetti.
La scuola di oggi che onora don Milani e non certo il modello della scuola di Gentile, fa assai più schifo della scuola di allora; la scuola che non premia i meriti e le capacità, che non seleziona e non è fondata sull'autorevolezza del docente, prepara sempre meno alla vita, non educa, non migliora i ragazzi e non suscita spirito di missione nei docenti; non produce alunni più liberi ed uguali ma più bulli e prepotenti.
È una scuola che non ha ridotto le distanze tra ricchi e poveri ma le ha ingigantite; perché allora gran parte dei benestanti mandavano i loro figli nelle scuole pubbliche; ora invece li mandano alle private. La selezione non era classista ma il contrario, perché faceva risaltare le capacità personali, il valore, rispetto alla provenienza e all'appartenenza.
Se togli i meriti resta il censo, resta quel che ti dà la famiglia. Al mio liceo il preside era figlio di contadini e da ragazzo faceva il contadino pure lui; e il professore di lettere era figlio di trovatelli. Grazie alla loro tenacia e alla loro capacità, si erano fatti strada; il latino per loro non era una forma di oppressione di classe, come sostenevano gli allievi di don Milani, ma un mezzo per emanciparsi, persino un mezzo di rivalsa rispetto ai ricchi, pigri, incolti e viziati, i signorini insoddisfatti o i leopardiani annoiati - le due definizioni sono di Ortega y Gasset e Antonio Labriola - che non erano abituati alla fatica perché avevano una rendita di posizione.
La selezione dei più bravi aveva permesso il loro riscatto, la loro affermazione. I seguaci di don Milani chiesero di abolire i grembiuli, ritenuti strumenti di oppressione e di irreggimentazione; e così sono risaltate le differenze di classe tra i figli griffati della classe agiata e i poveracci di borgata.

LA FINE DELLA MERITOCRAZIA
La conoscenza della lingua italiana era un modo per uscire dalla loro origine umile e contadina e integrarsi. La valorizzazione del dialetto e del gergo quotidiano, che voleva don Milani, invece li restituisce alla loro condizione di partenza e al turpiloquio delle periferie degradate. Se ha prodotto un livellamento è stato verso il basso, nel senso che anche i figli di papà hanno cominciato a usare il turpiloquio sgangherato della tv e delle borgate.
La fine delle bocciature ha coinciso con la fine della meritocrazia, così si va avanti più di ieri per affiliazione, se si è figli o protetti dai potenti. La fine della leva obbligatoria, come sognava don Milani, ha prodotto la fine di uno dei pochi luoghi di socializzazione in cui i terroni convivevano coi polentoni, i ricchi con i poveri, ed ha eliminato pure gli obiettori di coscienza che servivano proprio ai preti per aiutare i malati, gli invalidi e gli anziani.
E il professore che un tempo godeva di prestigio e autorevolezza, è stato ridotto al rango di un poveraccio, a metà tra l'animatore di villaggio e la colf, o nel migliore dei casi l'istruttore di palestra e scuola guida. E' sceso nella scala sociale, fino a costituire un antimodello, ciò che i ragazzi non vogliono diventare. E tutto questo mentre il prof. per due terzi è femmina.
Insomma la brutta scuola d'oggi è figlia dei begli ideali di ieri. Lo dico anche all'amico Franco Cardini che elogia sempre don Milani. Franco, avevi ragione da ragazzo, quando a Firenze preferisti a don Lorenzo Attilio Mordini, cattolico della tradizione, morto anche lui a 43 anni, l'anno prima di don Milani. Mordini capì che la scuola senza educazione, tradizione e meritocrazia non ha più un ruolo e a farne le spese sono più i poveri che i benestanti.
Vorrei che don Milani fosse riconosciuto per la sua forte personalità e la sua grande idealità ma fosse riconosciuto come un cattivo maestro. A giudicare dai frutti, non dalle intenzioni.
Non un maestro cattivo, ma un cattivo maestro.

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Fonte: Il Tempo, 23/04/2017

5 - NO VASCO, IO NON CI CASCO: LE TUE SONO CANZONETTE
Strade bloccate, centri commerciali chiusi, funerali vietati... perfino la Messa cancellata: Vasco arriva in elicottero come il Papa ed è stato celebrato dai 230mila di Modena come un dio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/07/2017

«No, Vasco, no, Vasco, io non ci casco...». Così cantava qualche anno fa Jovanotti (un'altra «icona» della gioventù contemporanea da qualche decennio) e così verrebbe di cantare anche a me se non fosse che ho la stessa età del Rossi (il cognome nazionale) e, a differenza di lui, di cantare non mi va più. A sessantacinque anni un uomo normale sente tutto il peso della vita, vita la cui gran parte ha ormai alle spalle. E pure lui dovrà pur sentirlo, perché l'anagrafe è spietata. Anche se, per esigenze di copione, deve continuare a fare quel che fanno i dinosauri del rock, che a settant'anni seguitano ad agitarsi sul palco (come notava Ernesto Galli Della Loggia in un suo vecchio editoriale sul Corsera).
Gianni Morandi, settantadue, dal palco c'è pure caduto l'altroieri (ma poi ci è risalito: the show must go on). Il Gianni, pur con le rughe, ha conservato nell'aspetto una faccia e una silhouette giovanilistica, e pure la folta pettinatura, che per ovvi motivi ha dovuto tingere di rosso tiziano. Con Vasco Rossi il dna è stato più inclemente: pancetta accentuata, calvizie da nascondere sotto il cappellino e che il pizzetto brizzolato invano cerca di compensare. Ma che importa ai fans? Se uno è dio, è dio.
Esageriamo? No: «divo» vuol dire proprio divinità. E qualche anno fa mise a rumore il web il post di alcune ragazzine che, avallate dal padre divertito e compiaciuto, inneggiarono a Vasco in tal senso («Sei un dio»). E non c'è divinità (o «idolo», fate voi) che non richieda sacrifici. Nel megaconcerto di Modena i fans (da «fanatic») i sacrifici li hanno fatti, eccome. Dalle sei della mattina in piedi sotto il sole, per un «evento» che cominciava alle otto e mezza di sera. Restrizioni a non finire, perché la polizia, giustamente, non voleva situazioni alla Torino (panico e gente calpestata, anche a morte) o, peggio, alla Manchester (terrorismo). Così, anche le bottigliette d'acqua dovevano essere prive di tappo e la gente ha dovuto depositare pure le chiavi di casa. Più di duecento sono stati colpiti da malore, uno è perfino morto d'infarto [leggi: VASCO ROSSI LA VITA SPERICOLATA PRESENTA IL CONTO di Costanza Miriano, clicca qui, N.d.BB].
Ma per Vasco questo e altro. Confesso che conosco poche canzoni del Rossi nazionale. Ricordo soprattutto la prima, Vita spericolata, che fece dire a Nino Manfredi, presente a quell'edizione di Sanremo: «Ahò, se questo vuole una vita piena di guai, gliene dâmo un poco de li nostri!». E' arrivato in elicottero, come il papa. E, come il papa (Wojtyla) ha esortato a non avere paura. Be', non ha torto: ci sono almeno duecentotrentamila persone che pendono letteralmente dalle sue labbra, e quel che dice Vasco per loro è vangelo [leggi: ANTONIO SOCCI RISPONDE A VASCO ROSSI, clicca qui, N.d.BB].
Nei primi anni Settanta il cantautore scozzese Donovan fu processato (anche lui) per droga. Il giudice gli disse pressappoco così: lei ha una grande influenza sui giovani, cerchi di usarla per il bene. Donovan ne rimase molto impressionato e, scontata la condanna, pubblicò un album doppio contro l'uso delle droghe. Naturalmente, da quel momento il suo successo intraprese la via del declino. Tanto che, di quello che era considerato a quei tempi l'anti-Dylan, oggi è scomparso perfino il ricordo. E dire che, ai suoi tempi, veniva utilizzato perfino per la pubblicità del dentifricio («Are you a Donofan?») e, quanto a creatività, altro che Vasco. Epperò a quei tempi i concerti andavano a farseli in località deserte come Woodstock o l'isola di Whigt, e nessuno si sognava di interrompere le messe e i funerali o paralizzare una città intera per quelle che, la si giri come si vuole, sono solo canzonette.

Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo sottostante dal titolo "Arriva Vasco e il parroco cancella la messa" riflette sul ruolo della Chiesa. Sempre più sembra prona al mondo: la messa è ormai un servizio a consumo slegato dal culto a Dio, un happening da cancellare se ci sono appuntamenti più importanti. E il Blasco, evidentemente, lo è. Peraltro anche il comune per Vasco dopo aver chiuso tutte le strade, costretto centri commerciali ad abbassare le serrande e invitato i modenesi a "fuggire" dalla città e a gettare la spazzatura il giorno prima, il Comune vieta anche i funerali. Così l'amministrazione toglie la libertà ai suoi cittadini con la scusa della super efficienza.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 giugno 2017:
Via la messa, arriva Vasco. Da diversi giorni a Modena non si parla d'altro. Il Modena Park si candida a diventare un concerto storico. Vasco Rossi celebra i quarant'anni di carriera e per l'occasione la sua città si sta prodigando in tutti i modi per omaggiarlo. Il concerto che si terrà sabato al Parco Enzo Ferrari ha già battuto ogni record, basti dire che saranno presenti più 220mila fan del rocker di Zocca. Insomma: un evento di quelli da ricordare per sempre.
E la città si è adeguata alle scomodità che l'arrivo di così tanta gente comporta. Il Comune ad esempio, dopo aver detto che il concerto risveglia il senso di appartenenza ad una comunità ha avvertito quanti volessero arrivare sabato sotto la Ghirlandina per fare altro che non sia partecipare al concerto: state fuori da Modena; anche il Ministero dell'Istruzione ha pensato bene di sospendere le prove orali della maturità nei due istituti del quartiere che gravitano attorno al parco Ferrari. Insomma: tutti sono così ben disposti ad assecondare l'evento che non ci si preoccupa più di tanto dei disagi dei cittadini.
Poteva la Chiesa rimanere indifferente a tanto clamore di sudori e euforia? No che non poteva. Infatti la parrocchia che si affaccia sull'ex autodromo dove il Drake provava le prime "Rosse", ha pensato bene di non "offuscare" l'evento, mettendosi, diciamo così, umilmente in disparte. Come? Cancellando la messa prefestiva prevista come ogni settimana per il sabato alle 18.
E' così che la Parrocchia di Gesù Redentore, fatti due conti e analizzata la situazione dei disagi di parcheggi e caos di chitarre e batteria pronte ad essere sguainate, ha annunciato che la messa salterà. Proprio così. Il parroco, premuroso lo ha deciso e lo ha anche scritto sul bollettino parrocchiale, affinché nessuno si trovi impreparato e si presenti in chiesa quel giorno: "A causa del concerto la messa delle 18 è sospesa", recita l'avviso pubblicato sul notiziario parrocchiale.
Ma il parroco non vuole passare per il solito guastafeste, uno di quelli che grida allo scandalo se i doveri verso Dio vengono messi in secondo piano. No. Infatti nell'avviso chiarisce le sue buone, anzi ottime intenzioni: "La comunità parrocchiale di Gesù Redentore - si legge sul foglietto degli avvisi distribuito dalla parrocchia - nel cui territorio parrocchiale si trova il luogo della manifestazione musicale, pur essendo consapevole dei disagi che l'evento provocherà ai residenti, apprezza vivamente che la musica diventi occasione per riunire insieme migliaia di persone in un evento che vuole essere prima di tutto di fraternità e di pace".
Insomma: tutti insieme appassionatamente nel nome del Blasco che fa il tifo per le cause Radicail. Vabbè, sono i tempi. Cioè: ci costringete a cancellare una messa, ma noi siamo contenti lo stesso perché la musica è un evento di pace e noi siamo del mondo e nel mondo, anche se un po' proni. Bisogna vedere se il titolare, che viene così sorpassato per importanza dal rocker di Zocca, sia contento, ma questo è un altro discorso.
Ovviamente la notizia non poteva non suscitare l'indignazione del web. E ovviamente non è mica colpa di Vasco, d'altra parte la decisione è stata presa dal parroco. E senza consultare il vescovo. "No, è una decisione che ho preso autonomamente - ha spiegato al telefono con la Nuova BQ il parroco don Fabio Bellentani -. D'altra parte ho deciso per ragioni di opportunità, sabato ci sarà molta confusione. Però domenica le messe si svolgeranno regolarmente". E ci mancherebbe altro!
In effetti il vescovo sembra non essere stato informato come ci ha confermato il suo segretario. Ma che cosa pensa mons. Erio Castellucci di questa soppressione forzata? "Lo impariamo ora da voi e comunque il vescovo di solito non interviene su queste questioni", ci fa sapere la sua segreteria particolare. D'altra parte che cosa potrebbe dire? Non siamo mica gli americani, verrebbe da dire. Sarà colpa d'Alfredo, allora. Ma in serata, voilà: l'ufficio diocesano delle comunicazioni ci comunica che «la decisione è stata presa di comune accordo col parroco perché raggiungere la parrocchia sarebbe davvero proibitivo e poi non ci sarebbe il clima di raccoglimento adatto per una messa».
Ecco che in due e due quattro la messa diventa un happening come un altro: un semplice servizio da spostare a piacimento se viene surclassato da altri happening più importanti in quel momento. O se per scomodità non si crea il clima adatto, a causa di un idolo, quello ben pagato del rock. Alla faccia di chi pensa che la messa debba essere celebrata sempre come fosse l'ultima e l'unica. Suvvia. O un servizio a consumo da fare o da non fare non primariamente per Dio, ma per i bisogni di un pubblico a seconda del numero di partecipanti. Eppure con uno, dieci o mille fedeli, non fa differenza: resta pur sempre l'atto di culto supremo gradito a Dio. Non ha il valore della tortellata di San Giovanni, che può saltare se mancano gli iscritti o se minaccia pioggia.
Ormai trionfa la legge del panem et circenses, quell'altro, di Pane, può aspettare e comunque il forno è l'unico aperto di domenica, quindi non lamentatevi. Miracoli di una Chiesa che a forza di essere in dialogo col mondo sceglie di togliersi un pezzettino di sé. In quanto al parroco chiediamo se, vista l'ora libera che si è concesso, sarà anche lui a cantare sotto al palco a squarciagola Vita spericolata: "No, Vasco non è il mio genere", ci dice. Capito. Si vede che resterà sdraiato sul divano, a parlar del più e del meno. Come nelle favole.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/07/2017

6 - LA STORIA DI CHARLIE GARD E DEI SUOI GENITORI
Un caso di accanimento terapeutico? No, perché non ci sono terapie gravose ed inefficaci: giudici e medici hanno deciso che la sua vita non è degna di essere vissuta... insomma Charlie è colpevole di voler vivere (Video: il commento di Cascioli)
Autore: Clemente Sparaco - Fonte: Notizie Provita, 03/07/2017

Affetto da una rarissima patologia classificata come incurabile, la sindrome da deperimento mitocondriale, il piccolo Charlie Gard riposa nella sua culla al Great Ormond Street Hospital di Londra.
Potrebbe sembrare un bimbo come tanti, se non fosse per i macchinari che lo tengono in vita mimetizzati fra gli orsacchiotti di peluche. Tutti quei tubicini servono, infatti, ad idratarlo e ad alimentarlo. Senza non potrebbe farcela.
Ma i medici dicono che non ci sono speranze, che Charlie non potrà guarire, che è tutto inutile.
Egli non sa che è stato al centro di una battaglia legale nei vari gradi d'appello, né che anche la Corte Europea dei Diritti Umani si è pronunciata perché quei tubicini gli vengano staccati dal nasino.
Non sa Charlie, ma forse sente, che i suoi genitori sono contrari. Hanno fatto di tutto perché ciò non avvenga, ma medici e tribunali hanno detto no. Hanno detto no al suo trasferimento in America per una terapia sperimentale e poi al suo ricovero in un centro di assistenza per malati terminali. Infine, hanno detto no al suo ritorno a casa, come pure avevano chiesto mamma e papà.
Il suo verrebbe ad essere, quindi, un caso di eutanasia di Stato, perché sarebbe lo Stato attraverso la magistratura a decidere, avverso la volontà dei genitori, se debba continuare a vivere o morire (lo ha scritto Magdi Cristiano Allam su Il Giornale del 2 luglio).
Si attende, da un momento all'altro, che si dia corso alla sospensione del "trattamento" di idratazione e alimentazione, essendo stati scrupolosamente osservati i protocolli medici.
Ma Charlie ha fame, una fame che non si sazia di comunicati o di arbitrati. E ha sete, una sete che aspetta di essere lenita dall'acqua sorgiva della vita, pur nelle sue forme artificiali del trattamento idratativo. Le nostre «mere scienze di fatti creano meri uomini di fatto» - ha scritto il grande filosofo Edmund Husserl -, ma Charlie non è un fatto e non è nemmeno riconosciuto come un uomo. Perché un uomo avrebbe diritto a scegliere, lui no.
Charlie è nudo, nel senso scandaloso di una totale dipendenza, di un essere del tutto inerme, che è tanto più disarmante in un tempo in cui ognuno si vanta delle proprie possibilità e coltiva una gelosa indipendenza.
Charlie è un piccolo carcerato. Il suo carcere ha delle sbarre che sono i limiti del nostro mondo chiuso all'amore. Sconta, quindi, una pena di cui è innocente. La sconta per quanti non sanno vedere e non sanno dare, in un'era in cui la profezia sembra perduta.
La sua malattia è, infatti, incurabile non tanto o non solo perché non si conosce la medicina che potrebbe curarla, quanto perché si dispera dal trovarla. E non esiste cura per chi ha perso la speranza.
Il silenzio presto calerà sulla sua breve vita, ma sarà un silenzio più eloquente delle parole, che si impone dove il linguaggio fa difetto.
In esso ci sarà tutta la sua e la nostra impotenza, unita però alla speranza che è mancata e all'amore che non è bastato.

Nota di BastaBugie: quello che è accaduto con Charlie rappresenta una svolta epocale per la nostra società. Un bambino totalmente espropriato ai genitori da uno Stato che lo ha condannato a morte. In sfregio al principio di tutela della vita che dovrebbe essere alla base della civiltà occidentale [leggi: COSA ACCADREBBE A UN CHARLIE GARD IN ITALIA?, clicca qui, N.d.BB].
Ecco qui sotto il video con il commento di Riccardo Cascioli direttore de La Nuova Bussola Quotidiana.


https://www.youtube.com/watch?v=0eBbZh_wDsw

Tommaso Scandroglio nell'articolo sottostante dal titolo "Il grande inganno dell'accanimento terapeutico" fa notare che per qualche commentatore cattolico Charlie deve morire e non ha esitato a scomodare Evangelium Vitae quando parla di accanimento terapeutico. Ma è un falso clamoroso. Non sono le terapie ad essere gravose ed inefficaci, ma è la condizione stessa di Charlie che viene considerata dai medici e giudici così grave da risultare inaccettabile. L'accanimento deve quindi riferirsi non alle terapie, ma alla qualità di vita. Charlie è reo di accanimento a vivere, colpevole di rimanere aggrappato ad un'esistenza da malato gravissimo.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 giugno 2017:
Charlie deve morire. Questa è la sentenza emessa dai giudici inglesi prima e successivamente dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in merito al destino del piccolo Charlie Gard, affetto da una rara patologia genetica.
Qualche commentatore, anche in casa cattolica, ha definito le decisioni dei tribunali giuste perché direbbero "Stop" a terapie che configurano accanimento terapeutico. Le cose non stanno così. Richiamiamo prima di tutto la definizione di accanimento terapeutico così come indicata da Giovanni Paolo II al n. 66 dell'Evangelium vitae: l'accanimento terapeutico si concretizza in "certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile, si può in coscienza 'rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi' (Iura et bona, IV) Si dà certamente l'obbligo morale di curarsi e di farsi curare, ma tale obbligo deve misurarsi con le situazioni concrete; occorre cioè valutare se i mezzi terapeutici a disposizione siano oggettivamente proporzionati rispetto alle prospettive di miglioramento. La rinuncia a mezzi straordinari o sproporzionati non equivale al suicidio o all'eutanasia; esprime piuttosto l'accettazione della condizione umana di fronte alla morte".
Tentiamo di chiarire meglio il senso di questo paragrafo. L'accanimento terapeutico può venir definito come un trattamento di documentata inefficacia perché sproporzionato agli obiettivi. In merito alle tematiche cosiddette di fine vita l'accanimento terapeutico interessa soprattutto la fase terminale della vita del paziente e la proporzione riguarda il rapporto tra gravosità dei trattamenti e il prolungamento dell'aspettativa di vita e/o il miglioramento delle condizioni del paziente. In buona sostanza abbiamo accanimento terapeutico quando il trattamento è inutile e inefficace o addirittura dannoso. Ancor più in sintesi: il gioco non vale la candela. Incaponirsi a procedere su una strada senza uscita significa non accettare la finitezza umana e la condizione dell'uomo che è mortale.
L'accanimento terapeutico non deve essere confuso con l'eutanasia. Nell'eutanasia omissiva il medico non fornisce al paziente i trattamenti utili a vivere, all'opposto nel rifiuto dell'accanimento terapeutico il medico non fornisce al paziente i trattamenti inutili a vivere o a migliorare le sue condizioni.
In genere non configurano accanimento terapeutico l'idratazione, la nutrizione e la ventilazione assistite e i trattamenti di cura normale (analgesici, antipiretici, antibiotici, disinfezione delle ferite, aspirazione del muco bronchiale, etc.) perché sono interventi proporzionati, anche su paziente moribondo.
Torniamo al caso del piccolo Charlie. In primo luogo la sua morte non è inevitabile (ovviamente in senso relativo, dato che anche lui, come tutti, dovrà morire primo o poi), non è malato terminale. Questa condizione è quella di chi soffre di una patologia sicuramente incurabile o non più curabile e dunque gli manca poco da vivere. Non è il caso di Charlie. Infatti esiste una possibilità - seppur remota - di curarlo negli States. L'esito sarà la guarigione, la cronicizzazione della malattia, il solo prolungamento dell'esistenza? Non è dato di saperlo a priori, ma di certo vale la pena tentare. Già questo ci fa dire che tutti gli interventi posti in essere dal Great Ormond Street Hospital dove è in cura il piccolo non sono inefficaci perché sono utili a farlo vivere ancor quel tempo necessario per trasferirlo negli Usa e magari salvarlo.
In secondo luogo, anche escludendo l'ipotesi delle terapie negli States, i media - seppur in sordina - stanno parlando della vicenda di Charlie da settimane. Prova indiretta che Charlie non è moribondo, ad un passo dalla morte, ma sta lottando per vivere da tempo. E l'astensione delle terapie inefficaci si predica, come ha ricordato il Papa, soprattutto quando manca poco al trapasso - ore o giorni - ed è inevitabile.
In terzo luogo, anche se non esistesse una speranza di terapia, gli interventi clinici che attualmente sono applicati sul corpo di Charlie non configurano accanimento terapeutico perché sono semplicemente interventi volti a tenerlo in vita senza essere troppo gravosi per lui. Qui sta il punto. Infatti non configurano accanimento terapeutico quei trattamenti che, sebbene non siano in grado di guarire da una patologia con prognosi infausta o comunque grave, hanno però la capacità di mantenere in vita il paziente e, nella fase terminale, non risultino eccessivamente gravosi per lui.
Come scrive la bioeticista Claudia Navarini, secondo gli ideologi del "diritto" a morire "non sarebbero eventuali trattamenti gravosi e inutili a costituire una forma di accanimento, ma sarebbe un accanimento il fatto stesso di mantenere in vita un morente o un malato grave. Risultato: la gran parte dei mezzi di sostegno vitale andrebbero evitati in fase terminale o nelle malattie croniche e invalidanti" (C. Navarini, Eutanasia, in T. Scandroglio [a cura di], Questioni di vita & di morte, Ares, Milano, 2009, p. 197). Non si vogliono togliere terapie perché ritenute inefficaci o troppo gravose, si vogliono togliere terapie e cure che sono proporzionate perchè permettono di vivere a Charlie seppur in una condizione di sofferenza. Non sono dunque le terapie ad essere gravose ed inefficaci, ma è la condizione stessa di Charlie che viene considerata dai medici e giudici così grave da risultare inaccettabile. L'accanimento deve quindi riferirsi non alle terapie, ma alla qualità di vita. Charlie è reo di accanimento a vivere, colpevole di rimanere aggrappato ad un'esistenza da malato gravissimo.
Infine le sentenze in realtà non chiedono di interrompere l'accanimento terapeutico, bensì di provocare attivamente la morte del piccolo tramite asfissia. Infatti la procedura da seguire prevedrà la sedazione e quindi il distacco del respiratore. Ma, come già accennato, la ventilazione meccanica non è una terapia, bensì un mezzo di sostentamento vitale, perché la fame di ossigeno non è una patologia, ma un'esigenza fisiologica e dunque il respirare non può essere derubricato a terapia. Il respiratore semplicemente aiuta il paziente a soddisfare un bisogno di base. Dunque i giudici esplicitamente hanno permesso ai medici di praticare l'eutanasia commissiva/attiva. Hanno dato il via libera ad uccidere Charlie.

Fonte: Notizie Provita, 03/07/2017

7 - COSA ACCADREBBE A UN CHARLIE GARD IN ITALIA?
La vita di Charlie vale meno di quella di un cane: negli stessi giorni per un cane italiano c'è stata una mobilitazione di massa, governo incluso, ovviamente con il lieto fine (per il cane)
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi, 30/06/2017

In Italia si può già arrivare facilmente a un verdetto letale come quello pronunciato dai medici inglesi sul bambino inglese Charlie Gard. Non sono indispensabili tribunali e sentenze, «sono sufficienti le prassi già in vigore», spiega a tempi.it Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro Studi Livatino.
La "norma" infatti non è amica del malato terminale, grave o impegnativo, e non solo se affetto da una patologia rarissima e semisconosciuta come quella di Charlie: «Nel sistema sanitario italiano accade che un paziente cui viene riscontrata una patologia tumorale sia dissuaso dall'iniziare una cura che potrebbe avere successo se per esempio ha un'età molto avanzata: gli si parla di proporzione tra cure e sofferenze, ma la verità è che le risorse sono limitate, non riescono a garantire a tutti cure costose e impegnative per chi le mette in opera, e, soprattutto, vengono destinate a questioni che si ritengono più importanti. Come la fecondazione artificiale di tipo eterologo».
Mantovano ricorda che approvando i nuovi Lea (livelli essenziali di assistenza pubblica) in cui è inserita la copertura dei costi dell'eterologa, il governo ha di fatto sottratto «ulteriori risorse alla cura efficace di patologie anche gravi per destinarle a una pratica che, al netto di qualsiasi considerazione etica, conosce esiti positivi inferiori al 15 per cento dei trattamenti avviati, ove il "successo" è il "bambino in braccio"». In altre parole, in Italia medici e sanitari sono già costretti a fare selezione perché «sono state fatte delle scelte di tipo ideologico che non orientano le risorse alla tutela della salute dove è necessaria, ma alla tutela dei desideri. Per questo dico che se di una legge c'è necessità oggi non è certo quella sulle Dat, ma una legge che torni a individuare delle priorità giuste, fondate sul rispetto della persona».

TESTAMENTO BIOLOGICO
Mentre si discute del caso di Charlie Gard, in Italia è infatti in corso di approvazione una legge sul testamento biologico che apre all'eutanasia anche dei minori, rendendo possibile la sospensione di idratazione e nutrizione qualificate come trattamenti sanitari: «Nell'articolo 1, comma 6, si legge: "Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali. A fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali". Quest'ultimo periodo è stato inserito come una beffa, spiegando che permetterebbe il riconoscimento dell'obiezione di coscienza; in realtà può essere utilizzato esattamente al contrario. In un caso come quello di Charlie, che non è in grado di esprimersi e per il quale sono i genitori a farlo, verrebbero richiesti trattamenti sanitari che consentano un filo di speranza. Ma proprio per il contesto e le prassi di cui parlavamo sopra, la richiesta avrebbe esito negativo, e così questa norma darebbe pieno fondamento allo stesso risultato a cui si è arrivati in Inghilterra».

DUE CASI OPPOSTI, STESSA SENTENZA
Lo stesso esito che in Italia ebbe un caso opposto, quello di Eluana Englaro. Per Charlie è stata determinante la nomina di un guardian (lo ha spiegato bene il Foglio), nel caso Englaro lo è stata la nomina di un tutore allineato alla decisione del padre Beppino di non farla più assistere: in entrambi i casi ai giudici non è spettato che indagare la "posizione legale" senza entrare nel merito delle due vicende. Per Eluana venne usato l'alibi dell'autodeterminazione delegata a un terzo (la stessa che con la disciplina per i minori prevista dalle Dat realizzerebbe un'eutanasia di non consenziente, non essendo di fatto il paziente a decidere), ma per Charlie questo potere decisionale delegato ai genitori non sarebbe valido. Per Eluana il padre ha chiesto la morte, per Charlie i genitori hanno chiesto la vita. Due casi opposti, stessa sentenza. Cosa accadrebbe a un Charlie Gard in Italia, dunque? Quello che accade già ora, mentre per la prima volta nel nostro ordinamento sta passando una legge che afferma in modo esplicito il principio della disponibilità della vita umana contro quello della sua indisponibilità [leggi: LA STORIA DI CHARLIE GARD E DEI SUOI GENITORI, clicca qui, N.d.BB].

Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nell'articolo sottostante dal titolo "La vita di Charlie vale meno di quella di un cane" fa capire che c'è Charlie e Charlie. L'altro Charlie è un cane che un cuoco italiano aveva inavvedutamente portato con sé a Copenaghen, dove lavora. Le autorità danesi gli avevano sequestrato la bestia, appartenente a una delle razze pericolose che è vietato introdurre in Danimarca. E grazie alla Farnesina e a un imponente tam tam mediatico il cane sarà salvato. Alfano esulta. Ma il vero Charlie invece...
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 30 giugno 2017:
Perfino papa Francesco ha ammonito il popolo, quando si è accorto che certi cani e gatti hanno più cure e coccole dei bambini. Anzi, ormai i pets hanno sostituito i babies nel cuore di troppi. E Bergoglio non è certo uno che ami andare contro il trend politicamente corretto. Ma una volta tanto, nelle sue uscite a braccio, aveva centrato il punto. Quanno ce vo' ce vo' [leggi: PAPA FRANCESCO: CANI E GATTI NON SONO SURROGATI DEI FIGLI, clicca qui, N.d.BB].
Ormai siamo così incancreniti nell'edonismo dell'«attimo fuggente» (cioè, godi oggi, domani si vedrà...) che ci commuoviamo fino alle lacrime per la sorte di un cagnetto mentre non ci importa niente, anzi sbuffiamo infastiditi, per quella di un bambino malatissimo.
Parliamo di Charlie Gard, il bambino inglese affetto da una rara malattia genetica che i genitori, Chris e Connie, vorrebbero sottoporre a una cura sperimentale negli Usa ma a cui l'ospedale inglese dove è ricoverato vuole staccare la spina. I sette giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo, cui i due genitori si erano rivolti contro l'ospedale (il Great Ormond Street Hospital), hanno dato loro torto e adesso il piccolo può essere tranquillamente terminato. In questo caso, a gridare «siamo tutti Charlie» sono stati solo i credenti, soprattutto i cattolici, che hanno inanellato una catena internettiana di preghiere e stilato una supplica al Santo Padre, affinché ci metta una buona parola.
Si erano rivolti anche al presidente della repubblica italiana, perché concedesse al bambino la cittadinanza, così da avere almeno un appiglio in qualche articolo della nostra Costituzione che parla del diritto alla salute. Ma c'è Charlie e Charlie, come profeticamente il pontefice aveva paventato.
L'altro Charlie è, ovviamente, un cane, per l'esattezza un dogo argentino, che il cuoco italiano Giuseppe Perna aveva inavvedutamente portato con sé a Copenaghen, dove lavora. Qui le autorità danesi gli avevano sequestrato la bestia, appartenente a una delle razze pericolose che è vietato introdurre in Danimarca. A parte il fatto che non è chiaro come l'uomo sia riuscito a fare entrare il suo cane nel Paese (gli agenti di frontiera non sapevano che a quella razza era proibito l'ingresso?), la legge è legge anche in Danimarca e per detta legge il cane vietato andava soppresso. Apriti cielo.
Le organizzazioni animaliste hanno inscenato un tam-tam internazionale che, solo in Italia, in pochi giorni ha raccolto 340 mila firme, l'ambasciata danese è stata subissata, la solita Maria Vittoria Brambilla si è messa le mani nei rossi capelli e si è subito mobilitata, la cantante Noemi ha lanciato uno spot supplice per la vita di Iceberg (questo il nome del cane, che i tiggì ci hanno mostrato a lungo mentre affettuoso gioca col suo padrone). Anche il nostro ministro degli esteri, a quel punto, ha dovuto darsi una mossa et voilà: finalmente l'ambasciatore danese Erik Lorenzen ha mostrato il pollice dritto. Il governo danese ha deciso di soprassedere all'esecuzione del cane italiano e tutti stappano bottiglioni di champagne. In effetti, non c'è del marcio in Danimarca: se il dogo italoargentino non si fosse trovato protagonista di una furibonda zuffa con altra bestia, le autorità non se ne sarebbero nemmeno accorte (come le guardie di frontiera).
Comunque, tutto è bene quel che finisce bene. Anche se non si sa come andrà a finire 'sta storia: il cane dovrà essere rimpatriato? il padrone potrà continuare a tenerlo praeter legem? ci sarà alla frontiera danese un affollamento di cani vietati? Boh. E non ci interessa. Quel che ci interessa è l'ammonimento-profezia del papa, qui avverato in pieno: la cosiddetta opinione pubblica si agita più volentieri per la vita di un cane che per quella di un bambino malato. Siamo ormai alla frutta. Che dico? All'ammazzacaffè. Dopo di che, però, viene il conto...

Fonte: Tempi, 30/06/2017

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: IL PARERE DI DUE MEDICI, UNO A FAVORE E UNO CONTRO LE VACCINAZIONI OBBLIGATORIE
Sono stufo, arcistufo di leggere stupidaggini assurde
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie

Spett. redazione,
sono un medico laureato dal 1973 e sono arcistufo di leggere stupidaggini assurde sulle vaccinazioni obbligatorie: ma ci rendiamo conto che il vaiolo è stato eliminato dalla faccia della terra grazie all'obbligo vaccinale?
Ma è proprio così importante la difesa della libertà (libertà di o da cosa????) cioè, in questo caso, di quello che io continuo a pensare fregandomene di tutto il resto e del vantaggio incommensurabile che deriva dal praticare tutti una cosa semplicissima come una vaccinazione.
Certo, anch'io sono profondamente per la libertà di pensiero, ci mancherebbe!
Il problema è che se il pensiero dei genitori che "preferiscono" (chissà poi su quali basi) non vaccinare i propri figli danneggia direttamente o indirettamente la popolazione italiana perché anche un solo caso di (ad esempio) encefalite da morbillo danneggia gravemente innanzitutto chi ne viene colpito con tutta la sua famiglia che lo deve assistere, senza contare le conseguenze economiche e sociali connesse con tale patologia.
Per carità, poi, se proprio vogliamo discutere sul papilloma virus facciamolo pure, cercando di tener presenti anche gli aspetti sociali ed epidemiologici insieme a quello che ne pensano i genitori.
Grazie in ogni caso per la vostra rara correttezza nella gestione del rapporto con i lettori, che ho molto apprezzato.
Franco

Gentile redazione di BastaBugie,
intervengo sul soggetto vaccinazioni obbligatorie si o no.
La verità, come si sa, non è questione di democrazia, non è detto cioè che perché la stragrande maggioranza delle persone dica una cosa, questa cosa debba essere necessariamente vera.
Nel campo della medicina esiste poi il metodo scientifico che, in una disciplina (quella medica) che solo in parte è scienza, ci può però con buona approssimazione illuminare. Andiamo quindi a vedere come si fa.
Per provare l'efficacia di un farmaco, qualsiasi farmaco, c'è il metodo del cosiddetto "doppio cieco", che consiste nel somministrare una sostanza medicamentosa su di un gruppo consistente di persone e nello stesso tempo somministrare un placebo ad un altro gruppo della stessa consistenza. Alla fine dell'esperimento si guarda se vi è una differenza significativa tra i due gruppi rispetto all'effetto che si vuole ottenere da quella sostanza. Doppio cieco significa che né le persone soggette dell'esperimento sanno se gli viene somministrata la sostanza in esame oppure il placebo (quest'ultimo è un qualcosa che assomiglia esteriormente in colore, consistenza e sapore al farmaco da sperimentare, ma non lo contiene) e nemmeno il medico che va a misurare i parametri deve sapere. Tutto ciò per evitare influenzamenti emotivi.
Facciamo l'esempio di un farmaco anti ipertensivo, che deve avere quindi come effetto quello di abbassare la pressione arteriosa. Questo viene sperimentato su mille persone che assumono realmente il farmaco e su altre mille che non lo assumono. I medici vanno a misurare la pressione a tutti i duemila e alla fine dell'esperimento si deve controllare se la differenza tra i due gruppi è significativa, ovvero se la differenza è almeno superiore al 30% (l'effetto placebo, ovvero la convinzione psicologica di assumere qualcosa di efficace, può arrivare infatti al 30%).
Orbene i vaccini, qualsiasi tipo di vaccino, mai sono stati sperimentati in questo modo, si dice per ragioni etiche. Infatti, se per altri farmaci la loro efficacia è misurabile in breve tempo (vedi esempio sopra), per i vaccini occorrerebbero tempi più lunghi per capire chi si ammala e chi no tra due popolazioni di volontari, la prima che non si vaccina e la seconda sì (e senza saperlo). Quindi come si può privare eticamente del vaccino un gruppo consistente di persone per lunghi tempi?
Ma in questo modo però ci si priva anche di un criterio rigoroso per stabilire se un determinato vaccino è o meno efficace.
Nel campo dei vaccini, viene però invocato il criterio epidemiologico. L'epidemiologia avvalendosi della statistica, collabora con altre discipline come la medicina preventiva e clinica, la demografia, la sociologia. Si occupa di analizzare le cause, il decorso e le conseguenze delle malattie.
Osserviamo statisticamente se una determinata patologia sia stata storicamente e positivamente influenzata dall'introduzione della vaccinazione di massa, per esempio il vaiolo, la poliomielite o altro. È purtroppo un fatto che tutte le statistiche al riguardo dimostrino regolarmente il contrario, ovvero l'andamento di vaiolo, poliomielite e molte altre gravi patologie infettive non sono state minimamente influenzate dall'introduzione in un dato periodo storico della vaccinazione di massa, anzi in molti casi si è verificato un piccolo picco di recrudescenza della stessa patologia che il vaccino intendeva debellare. In altre parole, l'affermazione che i vaccini abbiano debellato determinate malattie è quasi sempre una semplice e colossale bugia. Queste gravi patologie sono state eliminate grazie alle migliorate condizioni di vita e di igiene. Infatti già prima dell'introduzione dei vaccini di massa, le malattie suddette stavano già scomparendo (o comunque in forte calo) grazie appunto ad altri fattori.
Molti medici, la maggioranza non contrari in linea di principio alle vaccinazioni (come il sottoscritto) invitano a fare una verifica tra i soggetti, soprattutto minori, mai vaccinati e quelli già sottoposti a tutte le vaccinazioni (sia obbligatorie che raccomandate). Anche se ciò non ubbidisce al rigoroso criterio del doppio cieco, potrebbe comunque darci un riscontro su quale gruppo sia in miglior salute.
Ciò non è mai stato accettato, con la motivazione che il gruppo dei non vaccinati ha di solito genitori maggiormente responsabili che si occupano cioè con maggiore cura dei propri figli e quindi il raffronto non sarebbe rigoroso. Ciò lascia pensare.
Cordiali saluti.
Giulio

Cari lettori,
abbiamo voluto pubblicare, tra le tante mail arrivate in proposito, quelle di due medici con parere opposto (uno a favore, l'altro contro le vaccinazioni di massa obbligatorie). Il secondo medico ha chiesto esplicitamente di non mettere il cognome e questo la dice lunga sulla dittatura in corso. Si viene perseguitati per le proprie opinioni e quindi emerge chiaramente il carattere totalitario delle nostre "democrazie". Del resto già il cardinal Ratzinger aveva messo in guardia contro la "dittatura del relativismo" in cui siamo pienamente immersi. Papa Francesco l'ha chiamata la "dittatura del pensiero unico".
Comunque ci piace ribadire il pensiero della redazione di BastaBugie, già peraltro espresso in nota nei vari articoli pubblicati: "Ci teniamo a precisare che noi non siamo contro i vaccini. Siamo invece assolutamente contrari all'invadenza dello Stato nelle decisioni che devono essere lasciate alla libera iniziativa delle persone e delle famiglie, anche perché, come mette ben in luce l'articolo, non siamo in presenza di nessuna emergenza sanitaria, né i vaccini risolvono automaticamente tutti i problemi. E' lecito quindi non accedere a tali trattamenti sanitari. Ovviamente lasciando liberi anche coloro che invece preferiscono vaccinarsi."
La maggior parte dei genitori che conosciamo ha vaccinato i figli contro diverse malattie. Ma, pur rispettando la decisione di questi genitori, non vuol dire che lo Stato debba poter obbligare a farlo quei genitori che invece preferiscono non vaccinare i figli.
D'altronde se permettiamo che lo Stato decida che facciamo obbligatoriamente 12 vaccini, cosa impedirà un domani che i vaccini diventino 120? Magari includendo quello contro il Papilloma Virus per il quale ci sono forti implicazioni etiche!
Per chi volesse approfondire ecco i link agli articoli che quest'anno abbiamo pubblicato sul tema dei vaccini:

LA DITTATURA IMPONE VACCINI OBBLIGATORI PER TUTTI
Sull'onda emotiva di una epidemia che non c'è, quella della meningite, stanno passando nuove vaccinazioni spesso inefficaci e immorali, come quella per il Papilloma virus
di Paolo Gulisano
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4559

QUELLO CHE NON HA DETTO REPORT, LA TRASMISSIONE DI RAI 3, SUL VACCINO CONTRO IL PAPILLOMA VIRUS
Le malattie sessualmente trasmesse sono la conseguenza dell'irresponsabilità con cui i giovani vivono la sessualità (il vaccino non risolve il problema, anzi lo peggiora)
di Paolo Gulisano
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4673

L'ITALIA E' LA DITTATURA DEI VACCINI (UNICA AL MONDO!)
Il governo rende obbligatorie ben 12 vaccinazioni: è lo Stato che decide cosa fa bene ai figli, non i loro genitori... e per chi non si sottomette al volere dello Stato scattano sanzioni pesantissime
di Paolo Gulisano
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4710

LE REAZIONI DEI NOSTRI LETTORI ALLO STATO ITALIANO CHE IMPONE 12 VACCINI
La ''scienza'' difesa dogmaticamente dallo Stato per legge è lecitamente sospettata di non avere la forza della verità
di Giano Colli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4747

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie

9 - OMELIA XIV DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 11,25-30)
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 9 luglio 2017)

La pagina del Vangelo di questa domenica è un'autentica perla preziosa. Per comprenderla e assaporarla come si deve, dobbiamo a lungo meditarla e dobbiamo farci piccoli nell'umiltà. Gesù ce lo fa capire chiaramente con queste sublimi parole: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).
Vogliamo essere anche noi tra questi piccoli, ai quali sono dischiuse le ricchezze del Vangelo. Lo saremo se imiteremo Gesù, il quale ci dice: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). L'umiltà e la mitezza aprono il nostro cuore alla Sapienza di Dio.
Con questo commovente rendimento di lode al Padre, Gesù ci fa entrare nel segreto più profondo del suo Cuore e ci fa comprendere quelle che sono le sue preferenze. Egli predilige i piccoli, i poveri e gli umili, che accolgono con semplicità la dottrina del Vangelo, e così vengono premiati con la rivelazione dei misteri del Regno dei Cieli.
Vero sapiente non è colui che sa molte cose, ma colui che comprende l'unica cosa veramente importante, anzi fondamentale per la nostra vita, ovvero la nostra totale dipendenza da Dio. Siamo stati creati per conoscere, amare e servire Dio; e, senza di Lui, noi siamo come un ramo distaccato dall'albero, destinato a seccare.
Chi è mite ed umile di cuore sente una attrattiva irresistibile per le dolci parole di Gesù, il quale ci invita ad andare a Lui senza timore, per trovarvi il ristoro: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Dove potremo trovar riposo se non presso il Signore? Gesù stesso diceva a santa Margherita Maria Alacoque riguardo a tutti i devoti del suo divin Cuore: «Li consolerò nelle loro pene». Il Cuore di Gesù, trafitto per i nostri peccati, è la fonte purissima della grazia, che disseta l'arsura del nostro cuore. Questa fonte è stata aperta dalla lancia di Longino e continua a riversare su di noi fiumi di misericordia.
Questa fonte che ci ristora dalle nostre fatiche, non è lontana da noi: la troviamo in chiesa, presso ogni Tabernacolo dove è custodito il Santissimo Sacramento dell'Altare. È lì che Gesù ci aspetta. L'umile di cuore avverte chiaramente questo invito e non indugia. Il superbo, al contrario, vaga per le strade di questo mondo, ansimante e agitato, e non riesce a trovare riposo.
Se si comprendesse davvero che Gesù ci aspetta per farci grazia, non lo faremmo attendere così tanto e non lo lasceremmo solo nelle nostre chiese. Come una fonte limpida e tranquilla ristora il viandante che da lungo tempo cammina; così la Presenza eucaristica di Gesù dona a noi sempre nuove energie per affrontare il peso della giornata, serenamente, con la pace nel cuore. Il nostro divin Maestro ci dice infatti: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me [...]. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,29-30). La nostra croce diviene leggera se staremo vicini a Gesù e se attingeremo alla fonte sempre aperta del suo Cuore trafitto.
Quando ci sentiamo oppressi e sfiniti per il carico che grava sulle nostre spalle, andiamo da Gesù. Anche se ci sembrerà di non riuscire a pregare e di perdere il nostro tempo, non scoraggiamoci; anche se ci sembrerà di aver un cuore di pietra, rimaniamo vicini a Gesù: le pietre al sole si arroventano; così i nostri cuori alla presenza di Gesù Eucaristia si scalderanno un po' per volta e si trasformeranno.
Gesù diceva a santa Margherita: «Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini, che nulla a risparmiato fino a consumarsi per manifestare loro il suo amore; eppure in ricambio, io non ricevo, dalla maggior parte, che ingratitudini con irriverenze e sacrilegi». Queste parole devono scuoterci dal nostro torpore e devono farci comprendere che Gesù rimane nei nostri Tabernacoli per amore nostro, e noi siamo tenuti a ricambiare questo immenso amore del nostro Salvatore.
A santa Margherita, Gesù disse che san Francesco d'Assisi era stato il Santo più vicino al suo Cuore, colui che lo aveva di più amato. San Francesco volle essere infatti perfetto imitatore della povertà e dell'umiltà del Figlio di Dio. Così, vivendo in povertà e umiltà, il Poverello di Assisi entrò nel Cuore di Gesù per mai più uscirvi. Egli, che aveva in orrore la superbia, diceva: «Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli altri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio» (FF 199). San Francesco non si limitava soltanto a dire queste belle parole ma, per primo, le voleva mettere in pratica. Con piena convinzione, egli si riteneva l'ultimo di tutti e il servo di tutti, per questo motivo fu il Santo più vicino al Cuore di Gesù.
Come quando sotto il sole cocente, istintivamente cerchiamo l'ombra; così l'anima umile, di fronte alle vanità di questo mondo, ricerca il silenzio e il nascondimento. Impariamo anche noi da Gesù e ripetiamo spesso durante la giornata: "Gesù, mite ed umile di cuore, rendi il nostro cuore simile al tuo". Solo così potremo trovare ristoro per le nostre anime.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 9 luglio 2017)

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