BastaBugie n�843 del 18 ottobre 2023

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1 IL GOVERNO DI DESTRA FA LA POLITICA DELLA SINISTRA MODERATA (PERCHE' HA PAURA)
Sbarchi aumentati, il generale Vannacci destituito, un ministro della famiglia imbarazzante (del resto il primo solenne impegno dopo le elezioni fu ''Non toccheremo la 194'', nonostante ci fossero i numeri per abolirla)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Sito di Nicola Porro
2 E' LECITO RISPONDERE AD HAMAS VISTO CHE LORO NON HANNO MAI RISPARMIATO DONNE E BAMBINI?
Occorrono 4 condizioni affinché sia moralmente lecito rispondere militarmente agli attacchi del nemico se questo provocherà la morte di civili innocenti
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 SACERDOTI FEDELI ALLA CHIESA CI SONO ANCORA
Sono pochi, ma ci sono: come riconoscerne uno? Incurante delle mode, si limita a pregare, dir messa, confessare, mantiene le tradizioni, non mette in dubbio chi sia il Papa (anche qualora non gli piacesse)
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Sito del Timone
4 NORMA COSSETTO, LA RAGAZZA STUPRATA E INFOIBATA CHE LA SINISTRA VUOL DIMENTICARE
I partigiani depredarono la famiglia e la rapirono: spogliata e seviziata per ore da decine di partigiani, fu gettata in una foiba (Medaglia d'Oro al Valore nel 2006)
Autore: Giovanni Terrano - Fonte: Sito di Nicola Porro
5 MACRON INSISTE: IL DIRITTO ALL'ABORTO IN COSTITUZIONE
Ricordate? Fu eletto presidente con il voto del 15% dei francesi... eppure si è dato molto da fare per l'agenda dei poteri forti che lo hanno voluto all'Eliseo
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone
6 I DUBIA SPIEGATI A CHI AVESSE ANCORA DUBIA
I dubia sono una via d'uscita dall'impasse perché, anche se il Papa non dovesse rispondere, servirebbero per ribadire comunque le verità di Fede
Autore: Alfredo Maria Morselli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA XXIX DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 22,15-21)
Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

1 - IL GOVERNO DI DESTRA FA LA POLITICA DELLA SINISTRA MODERATA (PERCHE' HA PAURA)
Sbarchi aumentati, il generale Vannacci destituito, un ministro della famiglia imbarazzante (del resto il primo solenne impegno dopo le elezioni fu ''Non toccheremo la 194'', nonostante ci fossero i numeri per abolirla)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Sito di Nicola Porro, 6 settembre 2023

Il governo di destra (e basta col termine ipocrita «centrodestra», che già da solo implica soggezione ideologica alla sinistra!) deve fare i comprensibili salti mortali per non farsi detronizzare da qualche congiura Usa-Ue-toghe rosse. I quali hanno dimostrato più volte che non si governa senza il beneplacito dei poteri forti internazionali e dei loro collaborazionisti nazionali, sbavanti di fronte alla prospettiva di tornare in sella bypassando le elezioni. Infatti, prima di queste ultime, Giorgia Meloni, visti i sondaggi che la davano vincente, è andata previamente a rassicurare gli americani e a farsene benedire. Rimangiandosi tutto quel che aveva detto in precedenza in merito alla guerra ucraina. Comprensibile: o così o Pomì.
Ed eccola, però, tra l'incudine di chi comanda davvero nel mondo occidentale e il martello del suo elettorato. Elettorato che l'aveva eletta a valanga perché ponesse fine agli sbarchi africani, desse una regolata all'arroganza dei Lgbt, riportasse in sicurezza le nostre strade. Invece, detto elettorato che cosa vede? Che gli sbarchi sono, al contrario, aumentati. Che un generale che, interpretando il sentimento popolare, sbotta che non se ne può più viene di corsa quasi destituito con insulti. Che non si può più uscire di casa e le paventate zone off-limits per i cittadini si sono moltiplicate. Che una minoranza infima come quella degli animalisti si permette minacce e ritorsioni ai danni di quanti ritengono che un uomo sia più importante di una bestia (cioè, tutti). E il governo tace. E lascia impazzare le minoranze infime, ma urlanti, e urlanti perché sanno di avere a che fare con dei timidi cacasotto.
Ha contro i media? È vero, ma basta attendere sulla riva del fiume e tra breve scorreranno i loro cadaveri. No, la verità è che il governo di destra ha paura. Ha paura di quel che dirà la sinistra se fa questo o se fa quello. Cioè, se fa ciò per cui è stato votato. Ma uno che ha più paura dell'avversario che dei suoi, che è? E di cosa ha paura? Che gli diano del fascista? Ma sono parole, nient'altro. E se hai paura perfino delle parole mi sa tanto che sei inadeguato. Lo sapevi a che cosa andavi incontro, lo sapevi da sempre. E ora scopri che non sai governare secondo i desiderata di chi ti ha votato? Allora - lo dico con dolore - vai a casa. Se non sai fare il tuo mestiere, torna a cuccia. Se non sei stato capace di dire ai poteri forti: signori, so che comandate voi e cercherò di non deludervi, ma badate che devo dar conto anche al mio elettorato; be', allora che ci stai a fare?
Una sinistra ideologica un po' più moderata di quella che strilla c'era già, penso a Renzi, che bisogno avevamo di un governo di destra di nome e di sinistra moderata di fatto? Se non sapete fare un governo di destra, dimettetevi. Vorrà dire che il popolo si asterrà in massa dal votare e governerà la sinistra come fece Garibaldi, che fu senatore con soli trenta (sic!) voti. Ma almeno, media o non media, tutti vedranno che siamo sotto tirannia. E chi vivrà vedrà.

Nota di BastaBugie: ecco alcuni articoli, da noi rilanciati in questi ultimi anni, per approfondire meglio le tematiche del precedente articolo.

IL CENTRODESTRA SVELA IL SUO VOLTO ABORTISTA
Con 257 sì e tre astenuti la Camera ha impegnato il Governo a non intaccare, nemmeno indirettamente, la legge sull'aborto (del resto la Meloni aveva promesso che non avrebbe abolito la 194)
di Stefano Fontana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7304

LE ABISSALI DIFFERENZE TRA LA MELONI E TRUMP
Il presidente americano ha insegnato come si può vincere persino contro l'aborto, le multinazionali e il mainstream... ma in Italia possiamo scordarcelo
di Benedetta Frigerio
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7166

ROCCO SIFFREDI ALLEATO DEL MINISTRO DELLA FAMIGLIA... QUALCOSA NON TORNA
Altro passo falso di Eugenia Roccella che si accorda con Siffredi nel denunciare la pornografia per i minorenni, ma dimenticando che la pornografia è il suo lavoro (VIDEO: La risposta a Rocco Siffredi)
di Andrea Zambrano
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7524

IL MINISTRO DELLA FAMIGLIA ROCCELLA, OLTRE AD ESSERE ABORTISTA (PROCHOICE), SI DICHIARA ANCHE A FAVORE DELLA STEPCHILD ADOPTION
Ogni volta che si accetta un male minore si apre la porta al male maggiore che, in questo caso, è l'utero in affitto
di Simone Pillon
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7078

L'ARROGANZA DI TRUDEAU E LA REMISSIVITA' DELLA MELONI
Trudeau attacca l'Italia sui diritti Lgbt e il governo che fa? Invece di rinfacciare al premier canadese i suoi disastri come ad esempio la repressione dei camionisti, approva in Senato con la sinistra una mozione antiomofobia
di Andrea Zambrano
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7417


LE DIFFERENZE TRA ITALIA E STATI UNITI NELLE ELEZIONI 2022
Mentre negli Usa le tematiche legate alla vita e alla famiglia sono ritenute importanti da cittadini e politici, in Italia i principi non negoziabili non sono rilevanti
di Tommaso Scandroglio
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7136

ELEZIONI POLITICHE DEL 2022: DOVE SONO I CATTOLICI?
I cattolici sono ormai irrilevanti nella politica italiana, ecco perché molti non andranno a votare (VIDEO: Criteri cattolici per un voto cattolico)
di Stefano Fontana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7126

PUO' UN CATTOLICO VOTARE IL CENTRODESTRA?
Le recenti risposte della Meloni ad attivisti Lgbt mettono in evidenza la debolezza della posizione del centrodestra su vita e famiglia
di Stefano Fontana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7138

LETTERE ALLA REDAZIONE: SONO GIOVANE ED HO DECISO DI NON VOTARE... FACCIO PECCATO?
C'è chi andrà a votare, chi no: l'importante è evitare candidati o partiti con posizioni contrarie ai principi non negoziabili: vita, famiglia, libertà di educazione
di Giano Colli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7148

Fonte: Sito di Nicola Porro, 6 settembre 2023

2 - E' LECITO RISPONDERE AD HAMAS VISTO CHE LORO NON HANNO MAI RISPARMIATO DONNE E BAMBINI?
Occorrono 4 condizioni affinché sia moralmente lecito rispondere militarmente agli attacchi del nemico se questo provocherà la morte di civili innocenti
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16 ottobre 2023

Il ministro della Difesa Guido Crosetto, al termine della riunione dei Ministri della Difesa della Nato, ha dichiarato in merito al conflitto in corso in Israele: all'Italia «preoccupa che non ci sia una escalation, che non ci siano persone che non c'entrano nulla in questo scontro che rimangano in mezzo a quella che è una legittima reazione di Israele».
Da qui un quesito: è moralmente lecito rispondere manu militari agli attacchi del nemico nella consapevolezza che tale risposta comporterà la morte di civili innocenti? Per rispondere occorre applicare il principio del duplice effetto, principio che entra in causa quando un'azione produce uno o più effetti positivi e uno o più effetti negativi. Il principio del duplice effetto consta di quattro condizioni che devono essere tutte congiuntamente rispettate affinché l'azione sia moralmente accettabile.

QUATTRO CONDIZIONI
La prima: l'azione è moralmente accettabile se il suo fine è moralmente buono. Nel caso di cui sopra, Israele usa la forza militare per difendersi. E la difesa, della propria persona o di terzi, compresa un'intera nazione, è un fine buono.
Seconda condizione, implicitamente presente nella prima: gli effetti negativi sono meramente tollerati e non ricercati direttamente. Ad esempio, le eventuali vittime civili del lancio di razzi su obiettivi militari palestinesi devono essere un effetto collaterale, non effetto voluto che si accompagna all'uccisione di militari palestinesi. Un caso contrario, e quindi da condannare, è il seguente: bombardamento a tappeto per colpire obiettivi militari e, congiuntamente, mettere in ginocchio la popolazione civile. Così Gaudium et Spes: «Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato» (80).
Terza condizione (che vedremo rientra implicitamente nella quarta che riguarda il principio di proporzione): lo stato di necessità. Se ci fosse una soluzione per difendersi efficacemente senza spargimento di sangue, nemmeno del sangue dei militari avversari, dovrebbe essere perseguita. Laddove invece fosse necessario rispondere con la forza, si dovrebbe comunque verificare l'esistenza di una soluzione che permetta di evitare la morte di civili innocenti. Qualora fosse assente, allora sarebbe lecito attaccare obiettivi militari pur nella consapevolezza che tale attacco potrà comportare la morte di persone innocenti, ossia di civili.
Quarta condizione, la più rilevante nel caso in esame: la proporzione tra gli effetti positivi e negativi. Occorre soppesare la quantità, la qualità e la probabilità sia dei benefici che dei danni e verificare se il gioco vale la candela. Detto in altri termini, i benefici devono essere maggiori dei danni. Declinato nel nostro caso significa che «il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare» (Catechismo della Chiesa Cattolica, §2309). Ad esempio, un bombardamento a tappeto condotto con lo scopo solo di colpire obiettivi militari sarebbe una soluzione da rigettare perché non rispetterebbe il principio di efficacia: inevitabilmente il numero di civili morti sarebbe certamente superiore a quello dei militari.

UN EFFETTO A CATENA DALLE PROPORZIONI INIMMAGINABILI
All'opposto, se l'obiettivo fosse di natura solo militare e il numero di militari nemici uccisi fosse presumibilmente assai più rilevante di quello dei civili innocenti, l'attacco potrebbe essere giustificato. Usiamo il condizionale perché da alcuni effetti scaturiscono sempre una serie spesso imprevedibile di altri effetti a cascata. Ciò vuol dire, ad esempio, una escalation militare senza fine. E dunque se restringessimo la nostra valutazione morale solo al primo attacco, il quale comportasse la morte di molti militari e di pochi civili, il giudizio sarebbe di liceità dell'attacco. Ma se, doverosamente, allargassimo la valutazione al corso degli eventi futuri dovremmo tener conto di molti altri effetti negativi: l'uccisione degli ostaggi in mano ad Hamas, la risposta dei palestinesi che potrebbe coinvolgere non solo soldati israeliani ma anche le popolazioni civili, gli attacchi di terrorismo anche al di fuori delle zone interessate direttamente dagli scontri, il perdurare del conflitto per molto tempo, etc.
Ecco allora che i criteri indicati dal principio del duplice effetto possono essere anche chiari a livello teorico, ma la loro applicazione nel concreto assai spesso è molto difficoltosa. Arduo infatti prevedere quanti civili innocenti verranno coinvolti dagli attacchi e, soprattutto, quale reazione vi sarà da parte di Hamas nel breve e lungo periodo, sia sul piano interno che internazionale. Un effetto a catena dalle proporzioni inimmaginabili. Qui allora entra in gioco la virtù della prudenza che indica lo strumento più efficace per ottenere il miglior risultato possibile e quindi, nel caso di specie, per evitare danni peggiori.

Nota di BastaBugie: Anna Bono nell'articolo seguente dal titolo "Hamas non ha mai risparmiato donne e bambini" spiega che se noi cristiani abbiamo una morale anche nella guerra, invece gli islamici non risparmiano nemmeno i bambini, né i suoi né quelli del nemico, come si è visto nell'eccidio che ha commesso Hamas in Israele. I bambini sono usati come terroristi suicidi, indottrinandoli sin da subito. Così come ci sono le donne musulmane che si immolano per compiere attentati.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 ottobre 2023:

I militanti di Hamas non hanno risparmiato neanche i bambini. Ne hanno uccisi decine, persino dei neonati, alcuni decapitati. Le notizie che arrivano da Israele in questi giorni suscitano orrore. Apparteniamo a un mondo in cui non si ammette che si possa infierire così su dei bambini. Chi lo fa è un mostro che non ha giustificazioni e che non merita pietà.
Ma dovremmo ormai sapere che invece c'è un mondo in cui l'infanzia non dà diritti né tutele, in cui si possono considerare nemici da abbattere anche i bambini degli avversari, in cui addirittura si concepisce di sacrificare i propri figli: in guerra, mandati a morire, e in pace, uccisi in nome dell'onore famigliare. Quasi ce ne siamo dimenticati, ma quanti bambini sono morti in Israele, straziati dalle esplosioni, all'epoca degli attentati dinamitardi suicidi. Chi più di un bambino poteva passare inosservato i controlli di sicurezza e così ai piccoli palestinesi facevano indossare dei giubbotti pieni di esplosivi, poi li facevano saltare in aria alle fermate degli autobus e sui mezzi di trasporto. Per questo i genitori israeliani non lasciavano viaggiare i figli sugli stessi mezzi e per questo nel 2002 è iniziata la costruzione quella barriera anti-terrorismo che mezzo mondo ha condannato chiamandola "muro dell'apartheid" o "muro della vergogna", e invece ha salvato la vita di centinaia, forse migliaia di bambini palestinesi e israeliani.
I giovani attentatori palestinesi reclutati da terroristi si chiamavano shahid, martiri testimoni della fede, combattenti della guerra santa, il jihad. "Gli shahid costituiscono la forza fondamentale e vittoriosa del nostro popolo - aveva detto nel 2002 il leader dell'Anp, Yasser Arafat, durante un discorso rivolto a dei bambini - il bimbo che afferra un sasso, che fronteggia un tank, non è il miglior messaggio per il mondo quando quell'eroe diventa shahid?". I filmati mandati in onda dalla televisione palestinese mostravano bambini eroi che lasciavano mamma, casa e giocattoli per andare a morire, madri di piccoli shahid in lacrime, ma fiere e felici della decisione dei loro figli. I piccoli palestinesi imparavano a scuola, sui libri di testo e dalle parole dei loro insegnanti, che il martirio è glorioso, apre la strada del Paradiso.
Trasformare i bambini in combattenti, educarli all'odio è una gravissima violazione dei loro diritti. L'estrema perversione è trasformarli in strumenti di guerra. I terroristi di Hamas li usano tuttora come scudi umani, li mandano in avanscoperta lungo i confini con Israele, esposti in prima linea mentre loro restano al sicuro, oltre il raggio d'azione dei militari israeliani. L'esempio è partito dall'Iran, dal regime sciita degli ayatollah. Furono loro a ricuperare l'antica idea del sacrificio di sé come arma di guerra. Durante il conflitto con l'Iraq, dal 1980-1988, i militari, convincendo le famiglie a cederli o sequestrandoli per strada, hanno arruolato decine di migliaia di bambini e ragazzini e ne hanno fatto degli shahid. A tutti veniva data una chiave dorata di plastica da appendere al collo o da stringere in mano. Si dice che ne avessero acquistate centinaia di migliaia. Se fossero morti, assicuravano ai ragazzi e ai loro genitori, con quella chiave avrebbero aperto la porta del Paradiso. In questo modo li convincevano al sacrificio di sé, per la causa suprema della vittoria in nome di Allah. Poi li facevano camminare sui campi minati, per renderli sicuri prima del transito delle truppe, oppure marciare contro il nemico, davanti a tutti. Sul fronte opposto, a volte i militari iracheni, sconvolti, abbandonavano le mitragliatrici e fuggivano piuttosto che sparare su dei bambini che avevano l'età dei loro figli.
Hamas però ha usato anche delle donne, delle mamme, per compiere i suoi attentati dinamitardi. Una delle prime mamme palestinesi a farsi esplodere è stata Reem Salah al-Rayashi, nel gennaio del 2004. Aveva 23 anni, apparteneva a una famiglia benestante e laica, residente a Gaza, aveva due bambini, uno di tre anni e uno di 18 mesi. Ha ucciso quattro israeliani al valico di Erez. Quella di Reem in realtà è stata una esecuzione. La donna aveva avuto un amante, doveva morire per restituire onore alla sua famiglia. Fu il marito, militante di Hamas, a portarla in auto in prossimità del valico e il suo amante fornì la cintura esplosiva. Con ciò quest'ultimo, anch'esso un comandante di Hamas, potrebbe essersi riscattato, evitando la morte che a seconda dei casi i musulmani infliggono anche al seduttore.
Altre donne invece hanno scelto spontaneamente di diventare shahid. A una di queste, Hanadi Jaradat, 28 anni, che nell'ottobre del 2003 ha provocato una strage ad Haifa nel ristorante Maxim dove era entrata portando un neonato in un passeggino, il cantautore italiano Roberto Vecchioni ha dedicato una canzone, Marika. "Canta Marika canta - dicono i versi - come sei bella l'ora del destino, ora che stringi la dinamite come un figlio in seno... canta Marika canta siamo i tuoi occhi siamo il tuo sorriso, canta che Dio ti guarda che anche sulla terra c'è il paradiso, stringiti forte il fiore che porti sotto il vestito nero". Il "fiore" è la carica di esplosivo che uccise 21 israeliani, tra cui tre bambini di 11, 4 e 1 anno, e ne ferì 60.

ASSALTO A ISRAELE, PESA IL FALLIMENTO DELLA POLITICA ESTERA DI BIDEN
Biden ha spazzato via la tessitura di Trump che con gli Accordi di Abramo aveva isolato Iran, Hezbollah e Hamas (VIDEO: Biden finanzia l'Iran, che finanzia Hamas)
di Eugenio Capozzi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7585

GRETA THUNBERG SI SCHIERA CON HAMAS
Hamas è il peggior nemico dei palestinesi stessi e intanto il ministro dell'istruzione di Israele annuncia che l'attivista svedese non è più gradita nelle scuole
di Riccardo Cascioli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7579

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16 ottobre 2023

3 - SACERDOTI FEDELI ALLA CHIESA CI SONO ANCORA
Sono pochi, ma ci sono: come riconoscerne uno? Incurante delle mode, si limita a pregare, dir messa, confessare, mantiene le tradizioni, non mette in dubbio chi sia il Papa (anche qualora non gli piacesse)
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Sito del Timone, 17 agosto 2023

C'è ancora. Sì, potete perfino incontrarlo anche in Germania. Così attesta il Die Tagespost, ma la categoria può andare benissimo anche per l'Italia che è sempre più secolarizzata e con fede liquida.
Ma non lo si incontra solo in campagna, c'è anche in città, qua e là. È il prete incurante di tutte le mode ecclesiali e sociali, che non frequenta i dibattiti e perfino, udite udite, non ha un social network nemmeno per sbaglio. Si limita a fare il suo: prega, dice messa, confessa, si preoccupa di stare in mezzo alla sua gente (tutta, anche quella che non ha la patente del cattolico Docg), ride con chi sorride e piange con chi piange. Non disdegna le tradizioni della sua parrocchia/santuario, sta con i giovani e con i vecchi, cura la scuola e il ricovero. Non si fa mancare le benedizioni alle famiglie. Cioè, in poche parole, esistono ancora i veri pastori d'anime e gli uomini di Dio.
In questa temperie ecclesiale e sociale, dove sembra vedersi solo la crisi, dove tutti sono preoccupati di difendere i "buoni", auto nominandosi spesso a salvatori non solo della patria, ma anche della patria celeste (altrui), ecco che a guardar bene i preti veri ci sono ancora. Sono pochi, forse, ma sicuramente ci sono.
Li accomuna il fatto di non farsi troppo vedere e di saper obbedire (senza troppi sofismi), virtù rarissima: conoscono le loro radici e sanno come tenerle fresche. Inflessibili contro lo zeitgeist, che conoscono seppur non lo frequentino, ma nello stesso tempo non si sognano nemmeno lontanamente di lasciare la Chiesa cattolica o di spargere al vento (del web e non) giudizi temerari su di essa (semmai pregano per essa e la sua gerarchia). Resistono alla duplice tentazione di minimizzare e condannare, restano cattolici con uno sguardo che supera le contingenze del tempo. Si preoccupano di salvare anime con i canali di grazia che la Chiesa Cattolica offre.
Questo prete baluardo sa che ciò che conta è santificarsi per santificare, e su questo lavora giorno per giorno, nelle cose di tutti i giorni, prestando innanzitutto fede al compito che gli è stato assegnato dalla Provvidenza. Sa essere fraterno e paterno. Socievole e prudente, apprezza la franchezza di linguaggio e la chiarezza dei ragionamenti, non ama le chiacchiere e le dicerie (preferisce il silenzio, magari sofferto).
È questa la vera deep church, fatta di uomini che non arretrano di un millimetro dalla loro postazione. Non desiderano essere altrove, vogliono proprio essere lì dove sono e di solito restano anche dopo il pensionamento, conoscendo le diverse generazioni dopo averli catechizzati, accompagnati all'altare, confessati...
Quando leggiamo di crisi non dobbiamo eludere i problemi, ma nemmeno dimenticare questi preti di "campagna" (o di città), questa vera deep church che non si erge in articolesse, libri pensosi, video di denuncia, ideologie o partiti. Non dimentichiamolo, quando sentiamo «Il grido rauco di coloro che per la discordia si ergono l'uno contro l'altro, le chiacchiere incomprensibili, il rumore confuso dei clamori ininterrotti (...) falsando, per eccesso o per difetto, la retta dottrina della fede...» (San Basilio, De Spiritu Sancto). Perché è in questo nascondimento di questi servi del Signore che è radicato il futuro, anche se ancora non lo vediamo.

Nota di BastaBugie: come conferma della tesi dell'articolo, cioè del fatto che sacerdoti fedeli alla Chiesa se ne trovano ancora, invitiamo alla lettura del seguente articolo pubblicato l'anno scorso.

COSA FARE SE NON SI TROVA LA PARROCCHIA ADATTA
Occorre tener desto il desiderio, investire tempo e fare diversi chilometri perché dove fiorisce la Chiesa si incontra Gesù, come ad esempio a Staggia Senese
di Miria Ciucci
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7115

DOSSIER "LEFEBVRIANI? NO, GRAZIE!"
Non possiamo andare via dalla Chiesa Cattolica

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Fonte: Sito del Timone, 17 agosto 2023

4 - NORMA COSSETTO, LA RAGAZZA STUPRATA E INFOIBATA CHE LA SINISTRA VUOL DIMENTICARE
I partigiani depredarono la famiglia e la rapirono: spogliata e seviziata per ore da decine di partigiani, fu gettata in una foiba (Medaglia d'Oro al Valore nel 2006)
Autore: Giovanni Terrano - Fonte: Sito di Nicola Porro, 9 ottobre 2023

La triste vicenda di Norma Cossetto, uccisa barbaricamente ottant'anni fa tra la notte del 4 ed il 5 ottobre 1943, dai partigiani comunisti, non rientra sicuramente nel "politicamente corretto". Questa storia è stata commemorata unicamente in Parlamento, in un convegno organizzato il 3 ottobre scorso da Alessandro Amorese, Nicole Matteoni, Maurizio Gasparri e Rossano Sasso e ricordata, poi, il 5 ottobre dal vicepresidente della Camera e deputato di Fratelli d'Italia, Fabio Rampelli. La storia delle foibe, si sa, va nascosta perché scomoda per la sinistra italiana in quanto pone in risalto le barbarie e le atrocità poste in essere dai partigiani.
Norma Cossetto, figlia di un dirigente locale istriano del Partito Nazionale Fascista, era una studentessa universitaria di Lettere dell'Università di Padova di 23 anni che stava preparando una tesi di laurea in geografia proprio sul suo territorio, l'Istria Rossa (in quanto ricco di bauxite). Dopo l'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943, i partigiani depredarono la casa della famiglia di Norma e quest'ultima si rifiutò di entrare a far parte del movimento partigiano, cosa che le comportò l'arresto presso l'ex caserma della Guardia di Finanza di Parenzo. Successivamente, la sorella, Licia Cossetto, ha raccontato che prima che Norma fosse infoibata ed uccisa, la stessa fu sottoposta anche a sevizi e stupri ad opera dei partigiani. Il suo corpo fu trovato e recuperato, privo di vestiti, dopo il 10 dicembre 1943, a seguito dell'occupazione dell'Istria da parte dell'esercito tedesco.
La storia di Norma Cossetto è una delle tante storie di infoibati coinvolti in una razzia storica, di coloro, cioè, che hanno affrontato un'impervia prova senza barattare la propria dignità. Norma è un'eroina, suo malgrado, che ha dimostrato un'accettazione fiera e composta delle barbare violenze dei partigiani, privata, tra l'altro, dei suoi sogni di studentessa universitaria e scaraventata in una realtà di incubi e di morte. Se la realtà partigiana fosse stata realmente giusta, non avrebbe costretto donne come Norma Cossetto a diventare "eroine".
Non va dimenticato che il massacro delle foibe, avvenuto tra il 1943 ed il 1945, è un evento storico molto importante, spesso volutamente dimenticato dalla sinistra, che ha dato spazio ad una politica riduzionista se non addirittura negazionista. È noto che sulla strage delle foibe vi sia una forte divisione sul modo di leggere i fatti storici. E, talvolta, alcuni autori hanno tentato di dare palesemente una chiave di lettura faziosa della storia. Vicende tristi come quella di Norma Cossetto non vengono ricordate perché scomode per una certa area politica, e solo il centrodestra ha ritenuto opportuno commemorare gli ottant'anni di tale triste evento, come già detto.
Ed è ancora più curioso evidenziare come, qualche giorno prima, sia stato data molta risonanza alle Quattro Giornate di Napoli e all'Anpi, e il Comune di Napoli ha addirittura intitolato ad Antonio Amoretti, ritenuto l'ultimo partigiano delle Quattro Giornate e scomparso qualche mese fa, i giardini di Piazza Quattro Giornate del quartiere Vomero di Napoli. Ma ci sarebbe tanto da dire, a cominciare dal fatto che le Quattro Giornate di Napoli - e, se vogliamo, l'intera Resistenza -, rappresentano un clamoroso falso storico. Ma questo è un altro discorso. Limitiamoci, ora, a ricordare gli ottant'anni dal tragico evento di Norma Cossetto causato dai partigiani, evidenziando, purtroppo, che la storia, spesso, viene letta come la si vuol leggere.

Nota di BastaBugie: il drammatico episodio delle sevizie con stupro di Norma Cossetto è ricordato nel film del 2018 "Red Land - Rosso Istria".
Per informazioni e per vedere il trailer, clicca qui!

Fonte: Sito di Nicola Porro, 9 ottobre 2023

5 - MACRON INSISTE: IL DIRITTO ALL'ABORTO IN COSTITUZIONE
Ricordate? Fu eletto presidente con il voto del 15% dei francesi... eppure si è dato molto da fare per l'agenda dei poteri forti che lo hanno voluto all'Eliseo
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone, 9 ottobre 2023

Il presidente de la République Emmanuel Macron ha celebrato il 65° anniversario della Costituzione francese con un discorso nel quale ha espresso, di nuovo, il suo fermo desiderio che l'aborto venga inserito nella Carta costituzionale del paese, addirittura «il più presto possibile». Dopo le parole spese sul tema del referendum come strumento di partecipazione popolare al processo legislativo, che deve essere semplificato, ma non può minacciare i confini dello Stato di Diritto, e prima di accennare alla possibilità di inserire «la protezione del clima al centro delle nostre carte costituzionali» - anche questa un'istanza che proprio non trova sostenitori -, ha espresso l'auspicio che la libertà delle donne di accedere all'aborto sicuro sia sancita e protetta dalla più vincolante delle carte, la Bibbia laica delle democrazie occidentali.
Lo aveva già ricordato in occasione della Giornata internazionale della donna l'8 marzo e lui stesso lo ricorda per la celebrazione dell'introduzione della settimana costituzione repubblicana nel 1958, citandosi: «Voglio che la forza di questo messaggio ci aiuti a cambiare la nostra Costituzione per sancire la libertà delle donne di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza», ha detto Macron al Palazzo di Giustizia di Parigi. Che la combo protezione del clima - libero accesso all'aborto sia un'endiade particolarmente cara a Monsieur le President lo avevamo già notato anche durante il semestre di presidenza francese dell'Unione Europea.
Sono questi gli aggiornamenti da installare il più presto possibile nelle carte costituzionali dei singoli paesi e nella Carta dei diritti fondamentali in Europa: è lì che dovremmo leggerli, in grassetto e ben evidenziati e possibilmente scolpirli nei nostri cuori. Difficile ristrutturare un edificio che ha problemi alle fondamenta affidandosi al bonus facciate: come si può aggiornare l'elenco dei diritti fondamentali dei cittadini (leggasi persone) riducendo a laterizi quello che davvero li fonda tutti, il diritto alla vita? In tutti questi discorsi sulla libertà di abortire il co-protagonista, il nascituro, è sempre taciuto, complice il fatto che è provvisoriamente impossibilitato a far sentire la propria voce. Eppure è vita, semplicemente al suo inizio. [...]

DOSSIER "LA FRANCIA DI MACRON"
Eletto presidente con il 15% dei voti

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Fonte: Sito del Timone, 9 ottobre 2023

6 - I DUBIA SPIEGATI A CHI AVESSE ANCORA DUBIA
I dubia sono una via d'uscita dall'impasse perché, anche se il Papa non dovesse rispondere, servirebbero per ribadire comunque le verità di Fede
Autore: Alfredo Maria Morselli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 ottobre 2023

I dubia sono delle domande che qualsiasi fedele può rivolgere al Santo Padre, analogamente a quanto uno scolaro può fare con la maestra. La Maestra è la Chiesa, e lo scolaro è un qualsiasi fedele.
Il Catechismo, infatti, ci insegna che "La Legge di Dio, affidata alla Chiesa, è insegnata ai fedeli come cammino di vita e di verità. I fedeli hanno, quindi, il diritto [CIC, can. 213.] di essere istruiti intorno ai precetti divini salvifici, i quali purificano il giudizio e, mediante la grazia, guariscono la ragione umana ferita. Hanno il dovere di osservare le costituzioni e i decreti emanati dalla legittima autorità della Chiesa. Anche se sono disciplinari, tali deliberazioni richiedono la docilità nella carità" (Catechismo della Chiesa Cattolica, § 2037).
Il Magistero ordinario è infallibile globalmente preso, ma può contenere errori in pronunciamenti particolari
Mentre l'ispirazione del testo biblico è tale che l'agiografo gode di una tale assistenza per cui egli certamente scrive, come vero autore, senza alcun errore, tutto e solo quello che Dio muove a scrivere, questo tipo di aiuto divino non si estende in modo così perfetto al Magistero.
Infatti, i pronunciamenti magisteriali possono in qualche modo, e in base al tenore con cui sono pronunciati, essere redatti in modo più o meno perfetto e talvolta possono contenere o favorire l'eresia o altre forme di errore.
Neppure le definizioni infallibili, che certamente non contengono errori e richiedono necessariamente da parte del fedele l'assenso interno della fede, godono dell'assistenza propria dell'ispirazione biblica.
Nella storia della Chiesa si sono verificati rari casi in cui i Pontefici si sono pronunciati in modo erroneo. Il caso più eclatante è stato quello di Onorio I (585-638), che favorì l'eresia monotelita asserendo che in Gesù Cristo ci sarebbe una sola volontà: per questo fu condannato da quattro Concilî, dopo la sua morte, senza che nessuno mettesse in dubbio che fosse vero Papa o che fosse decaduto dal Pontificato, o ipotizzasse la sede vacante dopo l'affermazione contraria alla vera fede.

IL MAGISTERO ORDINARIO DEL PAPA È LA NORMA PROSSIMA DELLA FEDE
Immaginiamo una libreria con dieci scaffali, su cui ogni credente e ogni teologo va a prendere gli argomenti per credere e per argomentare: Melchior Cano ha chiamato questi scaffali "luoghi teologici": sette luoghi teologici propri - Scrittura, Tradizione, Magistero della Chiesa, Concili, decisioni dei Papi, SS. Padri, Teologi - , e tre impropri e annessi - la ragione umana, la filosofia e la storia.
Ebbene, il Papa ha l'ultimissima parola su tutti questi luoghi; è lui stesso che interpreta il suo Magistero e quello dei suoi predecessori, che convalida le opinioni dei Padri, che interpreta la S. Scrittura, che dice se un sistema filosofico può svolgere una funzione ancillare nei confronti della fede etc. Ovviamente la sua è una funzione di interpretazione, di esplicitazione e di trasmissione, non di creazione del deposito rivelato.
Questa funzione è un servizio indispensabile perché altrimenti ci troveremmo davanti non a una rivelazione certa, ma a una interpretazione o a un cerchio gnostico di interpretazioni che rimandano ad altre interpretazioni. Contro questo pericolo, ci metteva in guardia San Giovanni Paolo II: «L'interpretazione di questa Parola [e, aggiungo io, analogamente, di una testimonianza autentica della Tradizione, la quale, insieme alla Parola, costituisce la Rivelazione] non può rimandarci soltanto da interpretazione a interpretazione, senza mai portarci ad attingere un'affermazione semplicemente vera; altrimenti non vi sarebbe rivelazione di Dio, ma soltanto l'espressione di concezioni umane su di Lui e su ciò che presumibilmente Egli pensa di noi» (Fides et Ratio, § 84).

È NECESSARIO UN PRIMUM MOVENS INGIUDICABILE NELLA TRASMISSIONE DELLA RIVELAZIONE
Possiamo applicare alla catena della trasmissione della Rivelazione il principio comune alle cinque vie di San Tommaso d'Aquino, cioè delle sue dimostrazioni dell'esistenza di Dio: si deve risalire a un primo principio, che è Dio, perché non si può andare all'infinito - Hic autem non est procedere in infinitum (S. Th. Iª q. 2 a. 3 co.) - nella serie di moti, di causa-effetto-fine, e nell'ordine delle perfezioni.
Cerco di semplificare: un treno che parte dall'infinito non arriverà mai; se parte da molto lontano, ci metterà molto tempo, ma prima o poi arriva. Noi ci siamo e siamo arrivati, quindi è necessario che ci sia un punto di partenza: e questo è ciò che gli uomini chiamano Dio.
Analogamente, per una fede certa e convinta, ci vuole anche il punto di partenza certo e sicuro della proposizione a credere: questo principio è Dio che si rivela, non senza la mediazione del Romano Pontefice.
Non si può procedere all'infinito, in un loop testo-obiezione privata: «...è cosa impossibile valicare l'infinito. Se dunque la ricerca del consiglio fosse infinita, nessuno inizierebbe mai una deliberazione, contro ogni evidenza».
E se ci troviamo di fronte a quei pochi casi in cui è per noi evidente che il Papa sbaglia?
A questo punto sorgono le difficoltà e possibili obiezioni. Siccome il Papa non è sempre infallibile, e non tutto quello che dice richiede il grado massimo dell'assenso (assenso interno di fede), non potrò forse mettere in dubbio o contestare il Papa quando sbaglia, oppure quando non definisce o non si esprime in forme particolarmente solenni nel suo magistero ordinario?

DUE SOLUZIONI SBAGLIATE
Di fronte a questo problema, ci sono due soluzioni entrambe sbagliate: attribuire al Papa infallibilità in tutte le Sue affermazioni (un'intervista sull'aereo avrebbe lo stesso valore di una definizione dogmatica e un'esortazione post-sinodale varrebbe come una dottrina da tenersi in modo definitivo), oppure nell'attribuire al Papa un'infallibilità estremamente limitata - e quindi prestare l'assenso solo alle definizioni ex cathedra: in questo caso, ci troveremmo, nell'ultimo secolo, a dover credere incondizionatamente solo all'Assunzione in Cielo della Madonna (recentemente alcuni teologi hanno messo in dubbio persino l'infallibilità delle canonizzazioni).
Quest'ultima ultima posizione trova alleati per diametrum, da un lato, teologi progressisti ed episcopati che, ad esempio, hanno accolto e valutato Humane vitae contestandola come un incidente di percorso non infallibile, e, dall'altro, pseudo-tradizionalisti, frammentati in varie forme di contestazione: un ventaglio che abbraccia sedevacantisti (vari gruppi), resistenti, Fraternità Sacerdotale San Pio X, Mons. Viganò, altri gruppi minori. Sono tutti concordi nel dire che il Papa (vero o presunto) sbaglia, ma pure sono un contro l'altro armati, per decidere quanto e come si può accettare o rifiutare Papa e Magistero. La tragicità di questa frantumazione mostra la debolezza delle premesse: di fatto, se non sono sedevacantisti, sono magistero-vacantisti, cioè scelgono che cosa va bene o no del Magistero, subordinandolo alla loro analisi, a cui attribuiscono un valore maggiore di quello del Magistero stesso.
Si vede chiaramente l'errore comune delle due posizioni solo apparentemente contrapposte: rifiutare il primato e l'ingiudicabilità definitiva del punto di partenza.
Come uscire dalle due false soluzioni? Appurato che non è contro la fede ritenere che un Papa non è sempre infallibile, come collocarsi, rimanendo cattolici, di fronte a un Papa di cui si potrebbe avere la certezza morale che sbaglia (ammesso e non concesso che sbagli realmente)?
Premettendo la valutazione qualitativa del valore di una certa affermazione (se si tratta di verità definite o proposte a credere in modo definitivo ogni difetto di assenso è illecito), una via d'uscita potrebbe essere costituita dal metodo dei dubia, cioè porre al Papa una domanda analoga a quella di uno scolaro (Chiesa discente) alla propria insegnante (Chiesa docente): "Signora Maestra, non ho capito; mi sembra che Lei stamattina abbia spiegato diversamente da quello che Lei stessa ci ha detto ieri e che hanno dettole maestre degli anni scorsi. Mi può spiegare come non c'è contraddizione?"
Questo atteggiamento interlocutorio non si pone né al posto, né al di sopra del primum movens della trasmissione della rivelazione. Ci si pone come figli che attendono una risposta dal Padre. E, se il Padre non risponde, è responsabilità e inadempienza del Padre, non disobbedienza dei figli.

IL MAGISTERO AFFERMA LA LICEITÀ DEI DUBIA
Il Magistero stesso afferma la liceità di questo criterio: riporto uno stralcio della Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, del 24 maggio 1990, §§ 24 e 29-30 (grassetto e corsivo redazionale):
«Il Magistero, allo scopo di servire nel miglior modo possibile il Popolo di Dio, e in particolare per metterlo in guardia nei confronti di opinioni pericolose che possono portare all'errore, può intervenire su questioni dibattute nelle quali sono implicati, insieme ai principi fermi, elementi congetturali e contingenti. E spesso è solo a distanza di un certo tempo che diviene possibile operare una distinzione fra ciò che è necessario e ciò che è contingente. La volontà di ossequio leale a questo insegnamento del Magistero in materia per sé non irreformabile deve essere la regola. Può tuttavia accadere che il teologo si ponga degli interrogativi concernenti, a seconda dei casi, l'opportunità, la forma o anche il contenuto di un intervento. II che lo spingerà innanzitutto a verificare accuratamente quale è l'autorevolezza di questi interventi, così come essa risulta dalla natura dei documenti, dall'insistenza nel riproporre una dottrina e dal modo stesso di esprimersi [...]. In ogni caso non potrà mai venir meno un atteggiamento di fondo di disponibilità ad accogliere lealmente l'insegnamento del Magistero, come si conviene ad ogni credente nel nome dell'obbedienza della fede. Il teologo si sforzerà pertanto di comprendere questo insegnamento nel suo contenuto, nelle sue ragioni e nei suoi motivi. A ciò egli consacrerà una riflessione approfondita e paziente, pronto a rivedere le sue proprie opinioni ed a esaminare le obiezioni che gli fossero fatte dai suoi colleghi. Se, malgrado un leale sforzo, le difficoltà persistono, è dovere del teologo far conoscere alle autorità magisteriali i problemi suscitati dall'insegnamento in se stesso, nelle giustificazioni che ne sono proposte o ancora nella maniera con cui è presentato. Egli lo farà in uno spirito evangelico, con il profondo desiderio di risolvere le difficoltà. Le sue obiezioni potranno allora contribuire ad un reale progresso, stimolando il Magistero a proporre l'insegnamento della Chiesa in modo più approfondito e meglio argomentato».
E se il Papa non risponde oppure fa rispondere in modo tale da non chiarire i dubbi piamente e devotamente presentati?

UN'UTILITÀ STRAORDINARIA
A quanto ho scritto finora, si potrebbe obiettare che i dubia, qualora il Papa non risponda, o risponda in modo improprio, "non servono a niente".
Nonostante questa apparente misera fine, i dubia hanno una utilità straordinaria.
Innanzi tutto, essi lasciano nella pace la nostra coscienza, perché una domanda sincera che attende filialmente una risposta non è mai un peccato contro la fede: proprio perché essa non pretende di sovrastare l'autorità, ma ne rimane sempre al di sotto, pronta a ritornare sui propri passi, in base al grado della eventuale risposta.
Chi presenta un dubium, può sempre sospendere l'assenso alle affermazioni che non lo convincono, in attesa di risposta certa, perché è un principio del diritto e della morale: "Nessuno è tenuto a ciò che è incerto".
Chi presenta un dubium può obbedire all'esortazione dell'Apostolo, quando dice "annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento" (2 Tim 4,2). In altre parole, possiamo e dobbiamo lavorare sodo per ribadire al popolo di Dio verità che vengono nascoste e aiutarlo a cogliere pericolosi errori.
In conclusione, i dubia non sono tempo perso, anche se non ci danno la vittoria immediata; sono invece utilissimi, perché permettono il buon combattimento, da veri cattolici, fino alla vittoria, la quale potrà essere anche molto lontana, ma è certissima.
Si tratta di una buona battaglia condotta senza sotterfugi, con pietà e sincerità: la Sapienza «condusse per diritti sentieri il giusto in fuga dall'ira del fratello, gli mostrò il regno di Dio e gli diede la conoscenza delle cose sante; gli diede successo nelle sue fatiche e moltiplicò i frutti del suo lavoro» (Sap 10,10).

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 ottobre 2023

7 - OMELIA XXIX DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 22,15-21)
Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

Si deve o non si deve pagare le tasse ai Romani? Questa era davvero, per gli Ebrei dei tempi di Cristo, una questione scottante. Evocava anche un problema generale di comportamento di fronte all'occupazione straniera: bisognava realisticamente accettare il dominio di Roma o si doveva organizzare la resistenza e la ribellione? Era per molti un caso di coscienza. Il caso viene sottoposto a Gesù, in termini che fanno appello, oltre che alla sua sapienza, alla sua schiettezza, alla sua libertà di spirito, alla sua imparzialità, alla sua passione per la giustizia: Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Era difficile riconoscere in modo più esplicito e lusinghiero l'autorità morale e la dirittura di carattere del giovane profeta di Nazaret. Ma non era un elogio fatto in buona fede. È interessante notare che, per formulare l'arduo quesito, si erano messi insieme e accordati tra loro due gruppi di persone che normalmente vivevano in reciproca ostilità: i farisei (conservatori e nazionalisti) e gli erodiani (che accettavano la politica spregiudicata e collaborazionista del re). Gesù, dando subito un bell'esempio della franchezza che gli era stata lodata, smaschera le loro cattive intenzioni, chiamandoli senza tanti complimenti "ipocriti": Ipocriti, perché mi tentate? Tuttavia non sfugge al problema. Anche se conosce la loro malizia e il loro desiderio di metterlo negli impicci, acconsente a rispondere. Il rischio era grave: si trattava o di lasciarsi coinvolgere delle beghe politiche (tradendo così la sua missione tipicamente religiosa) o di invitare la gente a pagare le tasse (perdendo così tutta la sua popolarità). Questa, di pagare le tasse, è una cosa che non si è mai fatta volentieri in nessun tempo e in nessun paese. Un predicatore che invita la gente a pagare le tasse, è destinato a un sicuro insuccesso. Qui però l'insidia era ancora più grave. L'interrogativo: è lecito o no pagare il tributo a Cesare?, nella sostanza voleva dire: "Ti rassegni alla dominazione straniera o ti decidi a combatterla come ingiusta?". Farisei ed erodiani sembrano dirgli: "Discendi un po' dalle altezze, lascia stare gli argomenti dei quali tu parli così spesso e che a noi interessano così poco (come il Regno di Dio, il Padre, il giudizio, l'amore del prossimo), e òccupati delle questioni vive del tuo tempo e del tuo popolo. Non evadere dalla morsa dei problemi terrestri, non rifugiarti sempre nella tranquillità alienante della prospettiva religiosa: rispondi, impégnati, compromettiti". Gesù risponde, ma non si impegna nel campo politico. Risponde, ma non si compromette in una contestazione attiva della prepotenza di Roma. Risponde, ma non propone affatto l'obiezione fiscale. Non dice: "Detrai dal tuo pagamento quanto prevedi che andrà a finire ad acquistare le armi dell'oppressore" (come forse a qualche cristiano dei nostri giorni piacerebbe che avesse risposto). Dice: "Se accettate per i vostri traffici e per i vostri guadagni la moneta dell'imperatore, voi riconoscete all'imperatore l'autorità di gestire la cosa pubblica, e quindi anche il suo diritto a raccogliere i tributi". Ma sottolinea subito - l'autorità politica non è illimitata: è circoscritta dall'autorità prevalente di Dio. E arriva in tal modo ad enunciare un principio fondamentale, che costituisce la fonte della vera liberazione dell'uomo da ogni possibile prevaricazione del potere e da ogni tirannide.

L'INVIOLABILITÀ DELLA COSCIENZA DI FRONTE AD OGNI AUTORITA' MONDANA
Lo Stato antico era sempre totalitario: disponeva di tutto l'uomo, perfino della sua vita religiosa. Anche gli atti di culto erano regolati dalle leggi ed erano funzionali all'azione e ai progetti dello Stato. È una inclinazione che rispunta sempre tra gli uomini politici. Molti di essi sono persuasi di poter stabilire loro che cosa sia giusto e che cosa non sia giusto in faccia a Dio; che cosa si debba e che cosa non si debba fare per essere coerenti con le verità della fede; che cosa possano e che cosa non possano dire coloro che hanno ricevuto la missione di guidare il popolo dei credenti. Contro questa sempre rinascente tendenza, Gesù afferma la necessità di fare spazio a Dio e di dargli un posto che non può non essere il primo e il prevalente. E tale affermazione diventa premessa di salvezza dell'uomo di fronte a ogni esorbitanza dei potenti. Egli insegna: alle autorità terrene dovete tutto e solo quello che compete a loro. Nessun organismo dello Stato, nessuna forza politica, nessun partito può pretendere ciò che appartiene soltanto a noi come persone (alle quali anche lo Stato è finalizzato) e a Dio, come Signore dell'universo. Nessun organismo dello Stato, nessuna forza politica, nessun partito può impadronirsi della vostra anima o manipolarla, può interferire nelle vostre convinzioni morali, può imporvi una sua concezione del mondo: Date a Cesare quel che è di Cesare, ma niente di più. Come si vede, il Vangelo non insegna affatto la rivoluzione o la contestazione del sistema; al contrario, predica la lealtà e l'obbedienza verso l'autorità, le sue leggi e le sue decisioni. Ma impone a qualunque autorità mondana (statale, governativa, partitica, sindacale) di non oltrepassare il suo campo specifico, che è tutto racchiuso nell'ambito del bene terreno, e non può toccare la sfera sacra della coscienza, la quale può essere illuminata solo dalla luce che viene dall'alto. E nell'ottica cristiana l'ambito del bene terreno è molto ristretto e non è mai primeggiante, perché ciò che conta davvero per l'uomo è il rapporto col Padre che è nei cieli, è l'avvento del Regno di Dio, è la vita eterna; e alla luce di questi valori tutto va giudicato. Nessun ambito dell'esistenza deve rimanere estraneo a Dio. Ciò che sta a cuore a Gesù, ciò che è lo scopo vero del suo insegnamento, ciò che è il senso profondo dell'episodio, riferitoci dalla pagina evangelica che abbiamo ascoltato, è l'ultima frase: Date a Dio quel che è di Dio, cioè tutto. Poiché Dio è il Creatore e il Signore di tutto, tutto a lui in definitiva deve essere rapportato. Non c'è angolo dell'esistenza, non c'è attività umana, da cui il Creatore di tutte le cose possa essere legittimamente estromesso. Niente di quello che l'uomo fa o dice o pensa, è indifferente alla sua essenziale indole religiosa. Tutto - anche il necessario impegno terrestre, nei suoi vari settori e nei suoi vari momenti - deve essere compiuto intenzionalmente per Dio e in oggettiva conformità al suo volere. Poiché tutto proviene da Dio, tutto a Dio deve essere riferito e ricondotto, nell'affetto sincero del cuore e nell'obbedienza della vita. È la lezione che abbiamo raccolto anche dalla pagina del profeta Isaia, che ci è stata proposta come prima lettura: Io sono il Signore e non c'è alcun altro. Gli uomini che pretendono di diventare nostri padroni o nostri maestri di vita contro o anche solo al di fuori dell'unico vero Signore, sono un'insidia e un ostacolo al primato, nella nostra esistenza, del Dio vivo e vero, il solo che merita la nostra adorazione e l'adesione di tutto il nostro essere; e sono un'insidia e un ostacolo anche all'affermazione della nostra libertà di persone e alla nostra inalienabile dignità. Perché proprio inginocchiandosi davanti all'unico Dio e donandosi all'unico Signore Gesù Cristo, l'uomo, di fronte a ogni autorità terrena, si mantiene libero e può liberamente usare di tutti i beni del mondo. Come ha detto san Paolo: Tutte le cose sono vostre, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio. Lo Spirito Santo, luce vera delle coscienze, ci conceda di capire questa essenziale verità, in mezzo alle mille menzogne che ogni giorno ci vengono da ogni parte proposte.

Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.

ALTRA OMELIA XXIX DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 22,15-21)
da Il settimanale di Padre Pio
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Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

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