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« Torna agli articoli di Mario Palmaro

1. Il Comitato Verità e Vita ha presentato una denuncia per omicidio volontario nei confronti di Beppino Englaro e di coloro che hanno provocato la morte di Eluana Englaro e così ha reso obbligatoria l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, atto a cui (a quanto sembra) il Procuratore di Udine non aveva ancora provveduto.
È un atto che segue a quanto la nostra associazione ha dichiarato pubblicamente in più occasioni nelle scorse settimane, e coerente con lo statuto del nostro Comitato, che ci impegna a promuovere la difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale. E che quindi è contro la legalizzazione dell’aborto, della fecondazione artificiale e dell’eutanasia.
Noi di Verità e Vita – e non solo noi – affermiamo che non è lecito far morire una persona viva togliendole alimentazione e idratazione.
2. Sarebbe stato davvero tragico se nel nostro Paese, di fronte a un evento che ha sconvolto e turbato tutta l’opinione pubblica, nessuno avesse sentito la necessità di chiedere alla magistratura lo svolgimento di un’indagine seria e accurata intorno a questa vicenda.
Deve essere la giustizia penale a valutare la condotta di coloro che uccisero la disabile: la morte procurata di un uomo non è mai un fatto privato! L’azione penale è chiamata a tutelare i beni giuridici fondamentali, fra i quali primeggia quello della vita innocente.
3. Nel nostro ordinamento l’omicidio del consenziente è un reato, come anche l’istigazione al suicidio. La vita è un bene indisponibile, e non si può toglierla nemmeno a chi ne faccia richiesta. Per di più, nel caso in questione noi sosteniamo – e lo abbiamo scritto nella denuncia – che Eluana Englaro non aveva chiesto di morire, o che quanto meno non esiste una prova di una tale richiesta utilizzabile in un procedimento penale.
Ecco perché parliamo di omicidio volontario: non è stata la volontà della vittima ad indurre la condotta di chi l’ha uccisa.
4. Il giudice penale è autonomo rispetto alle decisioni del giudice civile, tanto più se quest’ultimo ha pronunciato in sede di volontaria giurisdizione: il Comitato chiede che l’autorizzazione rilasciata a Beppino Englaro sia considerata inefficace, non ricorrendo nessuna delle scriminanti previste dal codice penale, e sottolinea che anche le prove assunte in sede civile sono inutilizzabili in un processo penale.
La denuncia contesta che, fino a questo momento, le indagini della Procura di Udine si siano concentrate soltanto sul rispetto del protocollo e chiede, quanto meno e in subordine, di accertare se sia stata tentata la nutrizione per via naturale o tramite PEG: il decreto della Corte d’Appello di Milano non dava a Beppino Englaro il potere di vita e di morte sulla figlia, ma solo quello di rifiutare l’uso del sondino nasogastrico.
5. Il Comitato Verità e Vita ha ritenuto che la denuncia fosse doverosa, di fronte al tentativo di archiviare questo fatto tragico nel silenzio e nella menzogna, spinta al punto di negare la realtà stessa dell’uccisione di Eluana Englaro ad opera di chi doveva avere cura di lei.
Abbiamo operato semplicemente in coerenza con questo dato di realtà, senza alcuna animosità o ostilità nei confronti delle singole persone.
Che si difenda il diritto alla vita di ogni essere umano, sano o malato, cosciente o privo di coscienza: questo è il punto. Questo è il senso della nostra azione.
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