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« Torna agli articoli di Ruben Razzante

La definizione più pungente ma anche più calzante di Beppe Grillo l'ha data nelle ultime ore Luca Bottura, in un intervento pubblicato ieri in prima pagina sulla Stampa di Torino: "Grillo, un Berlusconi che non ce l'ha fatta". Di continuare a parlare del comico avremmo fatto volentieri a meno, se non fosse che lui ci ha messo del suo intervenendo come ospite, domenica scorsa, alla trasmissione di Fabio Fazio "Che tempo che fa" sul Nove.
Molti dimenticano che Beppe Grillo, che voleva moralizzare l'Italia e «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» insieme al suo Movimento 5 Stelle, è un pregiudicato, condannato in Cassazione molti anni fa per omicidio di tre amici in auto. Lo hanno dimenticato anche quelli che per anni si sono fidati di lui, votando per i pentastellati.
Domenica sera nel salotto di Fazio ha candidamente ammesso di essere un fallito e ha di fatto intonato il de profundis al Movimento 5 Stelle, riconoscendo i suoi limiti. «Io sono qui per sapere chi sono e cosa pensate di me e chi siete voi - ha esordito -. Io sono il peggiore, sì sono il peggiore. Io ho peggiorato questo Paese, non c'è battuta. Dopo l'ultima intervista con Vespa abbiamo perso elezioni, quelli che ho mandato affanculo sono al governo quindi sono il peggiore».
CONTRO TUTTI GLI EX AMICI
Ha attaccato i suoi ex compagni di avventura, da Giuseppe Conte a Luigi Di Maio, fino ad arrivare a Davide Casaleggio. Si è meritato, insomma, un bel "vaffa" dal pubblico, quello stesso "vaffa" che lui e il suo esercito di mediocri hanno per diversi lustri rivolto a tutti i cittadini onesti che si vedevano ingiustamente additati al pubblico ludibrio in nome di un qualunquismo becero. Ci riferiamo al cosiddetto ceto medio, che porta avanti il Paese da sempre, che paga le tasse, si sveglia presto per andare a lavorare e rispetta il prossimo senza offenderlo. Invece i compagni di merende del comico autoproclamatosi "fallito" erano i parassiti della società, quelli che non ce l'hanno fatta perché proprio non potevano farcela, perché non avevano nulla per potercela fare. Oggi si direbbe i "rosiconi", che alimentano l'odio sociale e incarnano il nichilismo assoluto, il vuoto pneumatico, la mancanza assoluta di idee e principi.
Hanno approfittato della mediocrità del resto della classe politica per illudere l'opinione pubblica e per circa dieci anni ci sono riusciti. Hanno conquistato il potere e un minuto dopo hanno dimenticato ogni vincolo di correttezza con i cittadini, ogni promessa elettorale per tuffarsi voracemente nella gestione del potere, dimostrando la loro palese inadeguatezza e contribuendo a peggiorare il livello delle istituzioni e della gestione della cosa pubblica. I più lesti come Luigi Di Maio, che erano probabilmente anche i più consapevoli di essere stati sopravvalutati, si sono barcamenati e ora sopravvivono. Degli altri come Danilo Toninelli, solo per fare un nome tra i più emblematici e imbarazzanti, non è rimasta alcuna traccia. E nessuno se ne rattrista.
UNA DELLE PAGINE PIÙ BUIE
Il cielo "stellato" della politica italiana è stato una delle pagine più buie della storia del nostro Paese, per fortuna archiviata o in via di definitiva archiviazione. Se perfino Casaleggio, figlio del fondatore (insieme con Grillo) del Movimento 5 Stelle dichiara che bisognerebbe far scorrere i titoli di coda e mettere fine all'esperienza politica inaugurata dal padre, significa che il fallimento del grillismo può dirsi compiuto.
Quello che in molti credevano poter essere il rimedio alla partitocrazia si è rivelato la manifestazione più acuta della patologia partitocratica. La lottizzazione, anche delle briciole, è stata la cifra dominante dei grillini, mediocri senza né arte né parte che hanno occupato le istituzioni senza sapere neppure perché, trovandosi a guidare in un mare in tempesta senza neppure averne alcuna capacità.
L'Italia del post-grillismo è decisamente peggiore della precedente e l'ultima apparizione del comico pregiudicato Beppe Grillo ne è la più nitida e inequivocabile conferma. L'aver ammesso di essere un perdente non toglie nulla alle sue responsabilità, al male fatto da lui e dai suoi sodali all'Italia che produce. Da Fazio è riuscito anche a pronunciare concetti di stampo sovietico come il dovere di punire chi consuma troppo, tassandolo doppiamente, o quello di distribuire il reddito di cittadinanza universale, per premiare chi non lavora. Frasi inverosimili e offensive nei confronti del popolo italiano, che forse ora ha finalmente capito la vera natura di Beppe Grillo, un comico pregiudicato, e del grillismo, l'antitesi della meritocrazia.
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