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Una delle più diffuse problematiche degli ultimi anni è la convinzione di moltissimi che si possa aderire solo a quel che piace della fede cattolica.
Il Cristianesimo è sempre più visto come qualcosa di personalizzabile, di modificabile nei modi che più piacciono. Il divorzio? "Non devo decidere per gli altri". Non mi sta bene la Confessione? Non è necessaria, "parlo direttamente con Dio".
In molte di queste situazioni c'è spesso di mezzo la comodità e/o la necessità di giustificare qualcosa della propria vita: chi ha divorziato, per orgoglio o per altro, dirà che non è peccato; chi non ha voglia di andare in chiesa a confessarsi o non vuole "umiliarsi" di fronte a un confessore, dirà che basta pentirsi internamente.
Di solito, a sostegno di questo, mettono spesso di mezzo Cristo: "dove sta scritto che Gesù ha condannato il divorzio?", "non è vero che Gesù ha voluto la Confessione".
Ovviamente sono affermazioni senza reali appigli scritturali. Il problema vero semmai è che trovano la sponda in molti documenti e dichiarazioni della Chiesa postconciliare che lasciano la possibilità di equivocare.
LA SINDROME DA CONTRADDITTORIO
Per sintetizzare, chi scrive chiama questo fenomeno "sindrome da contraddittorio".
Il contraddittorio è una «discussione pubblica fra due persone che sostengono e difendono opinioni contrarie» (Treccano online). In parole semplici è un dire la propria su qualcosa in un dialogo.
La "sindrome da contraddittorio" è dunque la libertà, di un numero sempre più grande di persone, di mettersi a tavolino con Dio come fosse la discussione e la trattativa che precede la stesura di un contratto. Ci si immagina la scena: Nostro Signore e il contraddittore di turno ai capi di un tavolo, con il secondo a dire "perché la Confessione così e non cosà?", "il divorzio è meglio facoltativo o caso per caso"... Sembra un'esagerazione o una immagine da fantareligione, ma alla fine dei conti chi ha l'atteggiamento suddetto questo fa...
Quando chi scrive si trova a parlare con qualcuno che ha questa "sindrome", molto spesso cita San Paolo: «O uomo, chi sei tu, da entrare in discussione con Dio? Dirà forse il caso di terra al vasaio: perché mi hai fatto così? Non è dunque il vasaio padrone della creta, per far della medesima pasta un vaso per uso onorevole, un altro per uso vile?» (Romani 9, 20-21).
L'Apostolo delle genti con 11 parole mette queste persone di fronte al paradosso in cui si sono messe.
«O uomo, chi sei tu, da entrare in discussione con Dio?». Tu che sei solo una creatura, invece di ringraziare Chi ti ha creato gratuitamente, per puro amore, senza necessità di doverlo fare, ti metti a contestare quel che Lui ha fatto? Allora ... potrebbe esser criticato anche l'aver creato l'uomo, quindi anche te che critichi!
Il Sales nel suo commento (versione italiana Martini) a questo passo così interpreta: «O uomo, pieno di ignoranza, di miseria e di peccato, che quanto di bene possiedi tutto hai ricevuto da Dio, chi credi tu di essere da voler misurare con la tua mente la sapienza di Dio?».
L'UOMO AL LIVELLO DI DIO
Con la "sindrome del contraddittorio" l'uomo si mette al livello di Dio, si ritiene tale da poter contrattare con Lui. È sempre il solito motivo: l'uomo si fa Dio.
Con le due domande successive San Paolo approfondisce ancora meglio con una comparazione tipica della Sacra Scrittura. Evidenzia come il rapporto Dio-uomo, Creatore-creatura, non sia paritetico. E non potrebbe essere diversamente.
Se un vaso non ha facoltà di dire al vasaio "perché mi hai fatto così o per questi usi?", men che meno può l'uomo (creatura, vaso) decidere a tavolino con Dio (Creatore, vasaio) se e cosa accettare di quel che Lui gli ha dato e che Lui ha voluto. L'unica facoltà che l'uomo ha è quella di ringraziare tutti i giorni di esser stato creato e di tutto quel che di buono, bello e santo ha nella sua vita.
Siamo sempre lì.
Quel che gli uomini ritengono normale nei rapporti con gli altri, non lo ritengono necessario nel rapporto con Dio. In questo modo non si mette Dio addirittura al di sotto dell'uomo nella scala dei valori? Se quel che ritengo importante e necessario con un altro uomo non lo ritengo importante e necessario con Dio, non ho messo Dio non al livello dell'uomo, ma addirittura sotto?
Quando si riceve un dono da qualcuno, ci si sente in dovere di ringraziarlo e non certo in diritto di criticarlo o di storcere il naso. Anche se il dono non piace, ci si sente in dovere di mostrare comunque gratitudine e gioia per quanto regalato. Questo avviene per la gratuità della cosa, per il gesto di affetto che il dono manifesta. E anche per convenzione, direi.
Non ci si sente però in dovere di ringraziare Dio per il dono più importante di tutti, la vita, e le cose belle che in questa abbiamo, anzi ci si sente in diritto di criticare e decidere di storcere il naso, non credendo o non accettando qualche verità da Lui rivelata o qualche Comandamento da Lui dato.
Ci si preoccupa più degli uomini che di Dio.
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