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Il suo nome era finito sulle prime pagine dei grandi quotidiani, otto mesi fa, e non per il suo decennale impegno contro la pedofilia o le migliaia di siti pedopornografici che ha scoperto e fatto chiudere: 'Don Fortunato Di Noto indagato per falso', gridavano i titoli. Chi andava oltre e leggeva anche l’articolo veniva a sapere che il sacerdote di Avola, fondatore dell’associazione Meter e da tempo raggiunto da minacce varie, aveva subìto un raid vandalico nella sede Meter di Acicastello (Catania) e lo aveva denunciato con un comunicato stampa. Risultato: il procuratore di Catania, Enzo Serpotta, aveva aperto un procedimento contro don Di Noto per 'procurato allarme'. Insomma, secondo il pm il sacerdote parlando di raid vandalico avrebbe usato termini esagerati, diffondendo così un panico ingiustificato... La vittima diventava il 'colpevole' e si metteva in moto un iter giudiziario durato otto mesi. Ieri l’epilogo: il sostituto procuratore di Siracusa, Mario Bisogni, cui era stato trasferito l’incartamento, ha chiesto l’archiviazione. Per il magistrato siracusano, infatti, il comunicato 'non sembra contenere notizie false esagerate o tendenziose' e nel testo 'lo stesso Di Noto afferma di non avere alcuna certezza sulla matrice dell’evento ribadendo la volontà di proseguire comunque le sue attività associative'. Il comunicato non turba dunque l’ordine costituito, grazie anche al 'tenore ampiamente dubitativo dello stesso'. Inoltre per il gip di Siracusa,Vincenzo Panebianco, l’eventuale esagerazione nel titolo è 'scusabile maggiormente perché operato da soggetto che comunque, a cagione di una sua meritoria attività di rilievo sociale, è stato più volte soggetto a pressioni e minacce anche pesanti'. Pratica archiviata, dunque.
Ma resta l’amarezza, molta: «Non dimentico i titoli strillati in prima pagina, come se fossi un criminale ricorda don Di Noto - mentre oggi fatico a far uscire anche in breve la notizia dell’archiviazione da quegli stessi giornali», dice. E racconta: «Per otto mesi io non ho potuto firmare alcun atto pubblico. E le ingenti spese legali che ho dovuto sostenere potevano essere utilizzate per ben altro. Ora che tutto è finito mi chiedo: perché sono stato indagato?
Ancora non lo so».
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