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L’agenzia di informazioni “AsiaNews” del 7 giugno, bene informata, ha offerto questa attendibile ricostruzione dell’assassinio di mons. Padovese:
«Mentre i giorni passano, si aggiungono nuovi particolari alla vicenda dell’assassinio e alla presunta “insanità” dell’uccisore.
I medici che hanno effettuato l’autopsia hanno rilevato che mons. Padovese presentava coltellate in tutto il corpo, ma soprattutto dalla parte del cuore (almeno 8). La testa era quasi completamente staccata dal tronco, attaccata al corpo solo con la pelle della parte posteriore del collo. Anche la dinamica dell’uccisione è più chiara: il vescovo è stato accoltellato in casa. Egli è riuscito ad avere la forza di andare fuori, sulla soglia della casa, sanguinante e gridando aiuto e là avrebbe trovato la morte. Forse solo quando egli è caduto a terra, qualcuno gli ha tagliato la testa.
Testimoni affermano di aver sentito il vescovo gridare aiuto. Ma ancora più importante, è che essi hanno sentito le urla di Murat subito dopo l’assassinio. Secondo queste fonti, egli è salito sul tetto della casa è ha gridato: “Ho ammazzato il grande satana! Allah Akbar!”.
Questo grido coincide perfettamente con l’idea della decapitazione, facendo intuire che essa è come un sacrificio rituale contro il male. Ciò mette in relazione l’assassinio con i gruppi ultranazionalisti e apparentemente fondamentalisti islamici che vogliono eliminare i cristiani dalla Turchia. Del resto, secondo un giornale turco, il Milliyet del 4 giugno, l’assassino avrebbe detto alla polizia di aver compiuto il gesto “per rivelazione divina”.
Davanti a questi nuovi e agghiaccianti particolari sono forse da rivedere le dichiarazioni del governo turco e le prime convinzioni espresse dal Vaticano, secondo cui l’uccisione non avrebbe risvolti politici e religiosi. Fermo restando che, come ha detto Benedetto XVI nell’aereo in viaggio per Cipro, questo assassinio “non può essere attribuito alla Turchia e ai turchi, e non deve oscurare il dialogo”.
Davanti alle giuste preoccupazioni del Pontefice, si assommano anche le richieste dei cattolici e di alcune ong turche, per i quali occorre che la polizia non fermi l’indagine alla sola spiegazione sulla “insanità” di Murat, ma proceda ed approfondisca i suoi possibili legami con organizzazioni dello “Stato profondo”, che sfuggono anche al governo turco.§
La presunta insanità del 26enne che da oltre quattro anni viveva a fianco del vescovo è ormai indifendibile. Ercan Eriþ, l’avvocato della Chiesa, sostiene che l’omicida non può essere diventato depresso in un giorno e che non esiste nessun rapporto sanitario che lo dichiari tale. Ormai é certo che il giovane è sano di mente. Non c’è alcun certificato medico che attesti la sua invalidità mentale. Negli ultimi tempi egli stesso diceva di essere depresso, ma ormai si pensa che questa fosse tutta una strategia per potersi difendere in seguito».
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