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Svolta strategica di Angela Merkel. Il multiculturalismo modello tedesco – ha affermato ieri – ha «fallito, fallito del tutto». Sono quarant’anni di politiche di integrazione degli immigrati, dall’inizio del primo miracolo economico tedesco, sui quali la Cancelliera ha voluto mettere inaspettatamente una pietra.
Il dibattito che infuria in Germania dall’estate, innescato da un libro di un socialdemocratico accusato poi di razzismo, sta avendo i suoi primi risultati: l'Unione tra Cdu e Csu si è accorta di essersi scoperta sul fianco destro dello schieramento politico e cerca di correre ai ripari su un argomento tra i più delicati nel Paese, l'atteggiamento nei confronti degli stranieri e di chi è etnicamente e culturalmente diverso
In Germania il multiculturalismo è stato la risposta che i governi democratici hanno dato all'arrivo di manodopera necessaria a sostenere il miracolo economico, dagli Anni Settanta soprattutto turca e più di recente araba. Ha significato cercare forme morbide di integrazione dei nuovi arrivati, rispetto della loro cultura e della loro religione, ma integrazione effettiva scarsa: comunità cospicue di turchi e di arabi vivono isolate nei loro quartieri, molte famiglie non parlano il tedesco nonostante siano in Germania da decenni, alcuni padri musulmani costringono le figlie a non andare a scuola. «Questo approccio ha fallito, fallito del tutto», ha detto la signora Merkel tra gli applausi della platea di giovani dell' Unione: non si deve solo dare ma anche chiedere.
Nel discorso, duro, ha chiarito che gli immigrati devono imparare il tedesco per potere trovare lavoro. «Chiunque non parli immediatamente tedesco non è benvenuto – ha detto –. Chi vuole essere parte [della nostra società, ndr] non deve solo obbedire alle nostre leggi ma deve anche padroneggiare la lingua».
Frau Merkel non vuole chiudere le porte della Germania agli immigranti, soprattutto a quelli con alte competenze di cui l'economia ha bisogno. Tuttavia – ha specificato – i tedeschi anziani non devono essere sacrificati a favore degli immigrati, i quali non dovrebbero essere assunti «finché non abbiamo fatto tutto quello che possiamo per aiutare la nostra gente a qualificarsi e ad avere una chance».
Inoltre, gli immigrati che già vivono Germania devono fare di più per integrarsi.
Il dibattito sul multiculturalismo – in sostanza la parificazione delle diverse culture e provenienze in un Paese che a quel punto considera se stesso “di immigrati” - monta da settimane. Un libro di Thilo Sarrazin, nel quale sosteneva che gli immigrati non studiano e non lavorano con il risultato di istupidire e impoverire il Paese, ha suscitato tra agosto e settembre un dibattito fortissimo che ha preso di sorpresa la politica ufficiale. Nonostante l'establishment l' abbia accusato di razzismo, percentuali molto alte di cittadini si sono detti d' accordo con le sue teorie. Al punto che, per la prima volta, si è iniziato a parlare della possibilità di formare un partito alla destra dell'Unione Cdu-Csu proprio partendo dalla questione immigrati: i sondaggi dicono che potrebbe raccogliere il dieci per cento dei voti. È a questo punto che i cristiano-democratici hanno iniziato a reagire.
La ministra della Famiglia Kristine Schröder ha denunciato le vessazioni che molti giovani tedeschi subiscono dai coetanei turchi. Quando il presidente federale Christian Wulff ha detto che l'Islam è parte integrante della vita tedesca, mettendolo sullo stesso piano del cristianesimo e dell'ebraismo, ha sollevato reazioni contrarie fortissime. E venerdì sera, sempre davanti ai giovani dello schieramento conservatore, il capo della bavarese Csu, Horst Seehofer, ha sostenuto che «l'Unione sta con la cultura tedesca dominante, è contro il multiculturalismo: il multiculturalismo è morto». E ha proposto sette punti per cambiare direzione, dall'introduzione di un sistema di chiamate a punti per gli immigrati alla penalizzazione delle famiglie che non si integrano. La maggioranza di governo terrà a breve un vertice sull'immigrazione, ma contro Frau Merkel sono già partite le critiche, anche dal suo partito.
È evidente – conclude Danilo Taino su “Il Corriere della Sera” del 17 ottobre – che la Cancelliera, in enorme difficoltà politica, sulla questione integrazione può giocarsi il futuro.
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