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Nella Chiesa c’è anche chi invita a non drammatizzare sulla vicenda delle impronte digitali che il Governo vuole prendere ai bambini rom. Come si ricorderà, nei giorni scorsi il settimanale dei Paolini Famiglia Cristiana, che ha inaugurato una stagione di nuovo protagonismo con i suoi editoriali politici, aveva criticato duramente l’intenzione del Governo di procedere con l’identificazione anche attraverso le impronte digitali dei piccoli rom presenti in Italia. Perplessità erano state espresse pure dalla fondazione Migrantes della Cei. Ora l’arcivescovo di Crotone, Domenico Graziani, alla guida di una Diocesi fortemente interessata dal fenomeno immigrazione, prende le distanze dal settimanale cattolico.
«In linea teorica, ma solo teorica, spiega l’arcivescovo, Famiglia Cristiana parla bene. Ma che ne sanno loro? Nel loro servizio partono dal classico buonismo cattolico autolesionista che alla fine premia giochi o interessi criminali molto più forti e presenti. Il parlare chiaro mi impone di dire - aggiunge il prelato - che da tempo la sinistra cavalca la tigre dell’immigrazione clandestina come strumento di lotta politica e non è giusto speculare su drammi tanto forti e penosi». Alla domanda se sia d’accordo con l’iniziativa dell’identificazione a mezzo delle impronte digitali, monsignor Graziani risponde: «Nel concreto, sono favorevole. Ho parlato a lungo con le forze di polizia, con il Prefetto e mi sono fatto un’idea chiara. Le impronte servono per dare un’identità a bimbi che spesso non la hanno. Non possedendo dati documentali si prestano al commercio degli organi, a delitti su commissione da parte di bande di adulti senza scrupoli. Insomma, tutti noi chiediamo collaborazione alla polizia e alle forze dell’ordine, quando qualcuno si muove come ha fatto il governo, ecco le critiche. È necessario dare un’identità a questi bimbi proprio nel loro interesse e per stroncare traffici criminali». Nell’intervista l’arcivescovo parla anche dell’immigrazione clandestina.
«Intanto - precisa Graziani - non mi sembra giusto definire gli immigrati “clandestini”, vanno chiamati “irregolari”. Ovvio che compito dei cattolici e della Chiesa è quello della solidarietà e dell’accoglienza. Quello dell’immigrazione è un fenomeno disumano, un vero business per pochi delinquenti. Credo che il problema vada risolto con la collaborazione dei Paesi rivieraschi, anche se esprimo la mia solidarietà alle forze di polizia. L’esodo ormai è una isteria di massa e produce guadagni spaventosi per pochissimi. Ne parlo con competenza di causa. Nella mia diocesi esiste un Centro di temporanea accoglienza divenuto ormai ingestibile e lancio l’allarme: è una vera bomba ad orologeria». Quanto alle iniziative concrete da prendere, il prelato conclude: «Bisogna coniugare solidarietà e accoglienza, ma ridurre al minimo i tempi di permanenza. Impopolare ma è cosi. Poi scattino i provvedimenti».
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