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Ogni fecondazione artificiale deve essere proibita dalle leggi dello Stato, perché sacrifica esseri umani innocenti. Per sei anni lo ha detto e ripetuto una piccola associazione pro-life italiana, fondata nel 2004, che si chiama Verità e Vita. Oggi lo dicono –molto più autorevolmente- i vescovi polacchi, e lo spiegano a chiare lettere, con toni che purtroppo non eravamo più abituati ad ascoltare.
Sarebbe una ‘non notizia’, perché la dottrina della Chiesa sulla materia è sempre stata inequivocabile. La Congregazione per la Dottrina della Fede l’ha ribadita con maggior forza nel documento Dignitas Personae del 2008 (cfr. CS di Verità e Vita numero 61 e 62.): fare figli in provetta è illecito sul piano morale (per la frattura dell’aspetto procreativo con quello unitivo), ma è anche contrario al bene giuridicamente tutelato della vita umana, poiché la FIVET [Fecondazione In Vitro e Trasferimento Embrioni] implica sempre un sacrificio previsto e voluto di esseri umani innocenti (oltre 90 embrioni su 100), e la riduzione dell’uomo-embrione a oggetto, usato come mezzo per raggiungere il fine del “bambino in braccio”.
Sarebbe una non notizia, se non fosse che in questi sei anni il Comitato Verità e Vita ha dovuto subire un durissimo ostracismo proprio da una parte importante del mondo cattolico italiano, che non ci ha mai perdonato di sostenere la antigiuridicità della FIVET omologa. Schiacciati dalla preoccupazione politica di difendere ‘senza se e senza ma’ la legge 40 del 2004, autorevoli ambienti cattolici –intellettuali, politici, giornalisti, esponenti del mondo pro-life e dell’associazionismo– hanno tentato in ogni modo di mettere la mordacchia ai comunicati di Verità e Vita, negando la nostra stessa esistenza.
In questi anni, Verità e Vita è stata accusata, nell’ordine: di dire la verità ma di esseri fuori dalla linea della Conferenza episcopale italiana; di non dire la verità, perché la FIVET omologa è sì immorale, ma è lecita sul piano giuridico; di essere fuori dalla linea del Movimento per la Vita; di non dire la verità, e di essere fuori dalla dottrina della Chiesa; di non avere senso politico; di non avere senso della realtà; di essere degli integralisti.
Ora c’è un problema: che queste accuse dovrebbero essere trasferite, in base alla proprietà logica transitiva, da Verità e Vita alla Conferenza Episcopale Polacca. La quale in questi giorni ha diffuso documenti che sembrano la ripetizione in lingua slava dei Comunicati di Verità e Vita. I fatti sono presto detti: in Polonia è in discussione l'approvazione di una legge sulla fecondazione in vitro, attualmente non regolamentata. I vescovi polacchi sono scesi in campo, e non certo per perseguire ‘il male minore’ o per spiegare che l’importante è vietare la FIVET eterologa, o il congelamento in azoto liquido, o la diagnosi reimpianto. I Vescovi "mettono in guardia" contro l'adozione di leggi che l permettono la FIVET, e sottolineano che, dal momento del concepimento, nasce un essere umano. Il costo in termini di vite umane – dice la conferenza episcopale polacca - con la fecondazione in vitro è altissimo: "Per giungere alla nascita di un bambino in ogni caso arrivano alla morte, nelle diverse fasi della procedura, molte vite"; sottolineano, poi, che molti embrioni vengono congelati; che le ricerche dimostrano che la fecondazione in vitro è un metodo pericoloso per i bambini, poiché alte sono le percentuali di bambini sottopeso, con minore capacità di resistenza, con anomalie genetiche o che affrontano complicazioni varie.
I vescovi polacchi puntano il dito contro l'ideologia che sorregge la fecondazione in vitro: "la fecondazione in vitro è la sorella minore dell'eugenetica" di non lontana memoria (implicito è il riferimento all'eugenetica nazista): essa presuppone la selezione degli embrioni e, quindi l'uccisione degli embrioni più deboli.
I vescovi non si limitano a ciò: prevedono che le conseguenze sociali che la diffusione della fecondazione in vitro può produrre sono "incalcolabili" e aggiungono che: "La separazione della procreazione dal matrimonio porta sempre cattive conseguenze sociali ed è particolarmente dannoso per i bambini venire al mondo come conseguenza di azioni da parte di terzi. Autorizzare per legge la fecondazione in vitro comporta inevitabilmente una ridefinizione della paternità, della maternità, della fedeltà coniugale. Essa introduce inoltre confusione nei rapporti familiari e contribuisce a minare le basi della vita sociale".
I vescovi concludono ricordando "la necessità urgente della prevenzione della sterilità, le cui cause sono conosciute e dipendono dall'azione cosciente dell'uomo; la fecondazione in vitro non è la cura dell'infertilità". L’Arcivescovo Henryk Hoser, responsabile per l'episcopato delle questioni di bioetica, egli stesso medico di formazione, in un'intervista ha affermato che "Chiunque voterà leggi a favore della fecondazione in provetta si metterà automaticamente fuori dalla Comunità della Chiesa. Il concepimento di un bambino dovrebbe avvenire solo in modo naturale". L’uso dell'avverbio "automaticamente" sembra equiparare - sul piano del diritto canonico - la fecondazione in vitro all'aborto.
E’ molto probabile che qualcuno adesso si affretterà a spiegare che le parole dei vescovi della Polonia sono pronunciate ‘in un contesto diverso da quello italiano’. Ma l’argomento è debolissimo: i prelati polacchi hanno espresso un giudizio veritativo di ordine morale e giuridico, hanno sillabato una valutazione di principio. E nessun ‘contesto’ può relativizzare o addirittura smentire la verità. Una verità semplice, che dice che ogni FIVET dovrebbe essere vietata dalla legge civile.
La Chiesa che è in Polonia non vuole un’altra legge 40. Non vuole il (reale o presunto) meno peggio. Vuole il bene per quella nazione e per quel popolo, e lo chiede alla sua classe politica.
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