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Il mondo, scrive Piergiorgio Odifreddi nel suo ultimo libro, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), è fatto in gran parte di «cretini», cioè, etimologicamente, di «cristiani». Il cristianesimo, infatti, «è indegno della razionalità e dell’intelligenza dell’uomo», ma per fortuna della Chiesa «metà della popolazione mondiale ha una intelligenza inferiore alla media» èd è dunque adatta a farsi buggerare da Cristo e dei suoi stupidi seguaci. In poche righe, ecco già il succo di un libro di 240 pagine.
Anzitutto però, una considerazione, su Odifreddi matematico: lui, che scrive, e che cristiano non è, ha una intelligenza certo superiore alla media. E si vede: infatti padroneggia l’ebraico, il greco e il latino, parla con disinvoltura di problematiche filologiche, di filosofia, di teologia, di religioni orientali, induismo e buddismo, e di qualsiasi altra materia dello scibile umano. Senza aver mai affrontato, né a scuola, né all’università, una sola lingua antica, un solo corso di filologia ebraica o classica! Straordinario personaggio autodidatta. Forse, se lo avesse letto, Socrate non avrebbe mai filosofeggiato sulla consapevolezza propria del saggio, il «sapere di non sapere». Odifreddi, infatti, sa!
Essendo poi il più grande specialista in odifreddure della storia, scrive, scrive di greco e di latino e di ebraico con una sicurezza che fa invidia. Nel suo precedente Il vangelo secondo la scienza, cimentandosi col latino, scriveva che il «cristianesimo è parte integrante del potere capitalista, razzista, sessista, e come tate andrebbe combattuto e abbandonato»: infatti «per i Padri della Chiesa la donna esiste solo per procreare (ad opus generationis ordinata)». Non si vede, traducendo dal latino, dove Odifreddi abbia preso quell’avverbio, «solo», che cambia tutto il significato dell’espressione. In realtà è una sua fissa quella di spiegare che il cristianesimo ha oppresso la donna, e che il «mito di Eva», la storia della costola, «non è altro che una delle innumerevoli variazioni sul tema della subalternità biologica e morale della donna rispetto all’uomo» (Repubblica, 19/3/2007). Peccato che la posizione della Chiesa sia sempre stata un po’ diversa: «Non c’è più giudeo né greco, né maschio né femmina…». Lo diceva San Paolo, mentre San Tommaso affermava che Dio ha creato Eva da una costola di Adamo: non dalla testa, perché non gli è superiore, né dai piedi, perché non è inferiore, ma dalla metà del corpo, a significare l’eguaglianza, in dignità, dell’uomo e della donna.
Ma il divertente, nel nuovo libro di Odifreddi, è l’interpretazione filologica e storica della Genesi. Secondo l’esimio matematico, che cretino non è, la Bibbia erra già al principio: infatti nell’originale ebraico la parola Dio, Elohim, è plurale e il verbo barà, creò, è al singolare. Questo significherebbe che gli ebrei erano in fondo politeisti come tutti gli altri popoli! Odifreddi non capisce, o finge di non capire, che l’espressione è di una profondità immensa, e inaccessibile, all’epoca, per qualsiasi altro popolo che non avesse avuto la Rivelazione: dice, infatti, della Trinità e Unità, allo stesso tempo, del Dio cristiano. Un concetto filosofico profondissimo, che non ha nulla a che vedere col banale politeismo! Un redattore politeista, infatti, avrebbe usato soggetto e verbo al plurale.
Ma non è finita. Odifreddi spiega anche che il Dio della Genesi «non è altro che un povero Demiurgo, come quello del Timeo platonico», cioè non un Dio creatore, ma un semplice plasmatore, modellatore di una materia eterna, preesistente. In questo modo si vorrebbe liquidare la grande novità filosofica del cristianesimo: il concetto di creazione e di Dio trascendente! Quali sono le disquisizioni linguistiche e filologiche cui si ricorre per arrivare ad una conclusione così rivoluzionaria? Nessuna: non sono citati nessun codice, nessuna lezione controversa, nessuna interpretazione filologica particolare, a sostegno della tesi balzana. Eppure, a non conoscere l’ebraico, bastava prendere un’edizione scientifica, con testo a fronte, del «Timeo» di Platone (Oscar Mondadori), e leggere dall’introduzione: «l’opera del Demiurgo non ha nulla a che vedere con la creazione ex nihilo propria del Dio ebraico-cristiano». Anche perché, sebbene Odifreddi non lo sappia, il Demiurgo platonico non è l’unica divinità presente nel Timeo, in quanto egli si serve di divinità subalterne per plasmare esseri viventi e divinità astrali. Per Platone, infatti, il mondo stesso è dio, e le stelle sono «dei visibili». Si può dire lo stesso per i cristiani, o si deve ammettere, al contrario, che l’assenza di divinità immanenti, di divinità astrali, ha permesso al cristianesimo di combattere, dal principio, la magia e l’astrologia, cosa che non è avvenuta in nessun altra religione della Terra? Odifreddi, per il quale tutte le religioni, compresi buddismo e Islam, sono più aperte alla scienza del cattolicesimo (Panorama, 4/12/2006), benchè la scienza moderna sia nata da noi (soprattutto per merito del cristianesimo, come ha documentato il Timone con il dossier del mese scorso) e non da loro, prosegue, spiegando che Dio creò Adamo ed Eva «simultaneamente», e «vegetariani»: uno scoop di cui, giustamente, va fiero, e di cui non vuole rivelare la fonte.
A pagina 31 deve poi ammettere che le teorie odierne sulla genesi dell’universo, in particolare la teoria del Big Bang, sono particolarmente in sintonia con la Genesi biblica. Il Big Bang, infatti, è stato teorizzato dall’abate Georges Lamaitre, e fu chiamato così dall’ateo Fred Hoyle, che «la riteneva spregevolmente conforme alla teologia giudeocristiana». Ma, dice Odifreddi: siccome in realtà il Big Bang sottintende un atto di creazione, ma come io vi ho detto la Genesi non parla di creazione, ma di una sorta di Demiurgo, il «trionfalismo» dei cristiani-cretini, e di Pio XII, di fonte al Big Bang, è assolutamente assurda. Inoltre si potrebbe immaginare il Big Bang non come un «inizio assoluto», proprio di un atto di creazione, ma «come un inizio relativo». Esattamente come spiegava il già citato scienziato ateo Fred Hoyle. Per mancanza di spazio, sono costretto a fermarmi: non prima di aver ricordato il passo in cui Odifreddi imputa ai cattolici, i più retrogradi, e non ai protestanti calvinisti, più evoluti, il genocidio dei pellerossa (p.83 e 209), o quello in cui in polemica coi cattolici pone Giordano Bruno, un mago, accanto al Progetto Genoma (p.224), omettendo di dirci che il responsabile di quest’ultimo, F. Collins, è credente ed autore di The language of God.
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