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Vestono abiti da maschio, escono liberamente, giocano per strada con gli altri bambini o aiutano il padre nel lavoro. È questa la “vita da ragazzo” di molte bambine afghane a cui la famiglia permette di uscire dalla segregazione e controllo a cui sarebbero condannate, facendole però vestire e comportare come dei bambini.
Non si può dire con esattezza quante siano nel Paese le bambine che conducono una vita da ragazzo perchè non esistono statistiche precise, ma molti afghani, di ogni generazione, «spesso raccontano una storia di una parente, una vicina o una collega che è cresciuta travestita da ragazzo», ha scritto ieri il New York Times. Una pratica, che nessuna misura legale o religione vieta, antica secoli che «rimane poco conosciuta al mondo esterno, ma è diffusa in tutte le classi, zone e gruppi etnici del paese, resistendo alle molte guerre e governi dell’Afghanistan».
Tanto che esiste una parola specifica per queste bimbe, che i genitori chiamano «bacha posh», che in Dari significa «vestita come un maschio ». Sono diverse le ragioni che possono spingere una famiglia senza figli maschi a trasformare una figlia in un bacha posh, a cominciare dalla necessità economica, dal momento che un bambino può andare a lavorare fuori casa e una bambina no. Ma una spinta importante è anche quella dello status sociale: in Afghanistan una famiglia senza figli maschi è spesso oggetto di compassione ed, alcuni casi, disprezzo. «Anche un figlio maschio inventato può aiutare lo status della famiglia» si legge sul Times che spiega come di solito le famiglie interrompono la pratica nel momento della pubertà delle ragazzine, spesso imponendo loro bruscamente di indossare il burqa ed organizzando matrimoni combinati.
E la fine del “travestimento” può costituire un vero trauma per la bacha posh che, protetta dagli abiti maschili, ha potuto godere di una libertà impensabile per una donna e avere una migliore istruzione. Così Zahra, 15enne figlia di un pilota dell’aeronautica afghana che sogna di diventare giornalista ed entrare in politica, continua a volersi vestire da maschio anche ora che la madre vorrebbe vederla in abiti femminili: «La gente usa brutte parole con le ragazze, e io non voglio essere una ragazza, quando sono vestita da ragazzo non mi dicono nulla», spiega Zahra che la mattina indossa il velo per andare alla scuola femminile e poi il pomeriggio torna a indossare abiti maschili.
A riprova di quanto la pratica sia radicata nella società afghana, anche una delle 68 deputate afghane, Azita Rafaat, che da quando è entrata in Parlamento si batte per i diritti delle donne, ha scelto di crescere la sua terza figlia come un ragazzo. «Lo so, questo per voi questo non è normale e capisco che per voi è molto difficile perché una madre debba fare questo ad una figlia, ma voglio dirvi che in Afghanistan vi sono molte cose che non sono neanche immaginabili per voi occidentali», racconta Rafaat.
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