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L'8 agosto a Beijing (Pechino) si svolgerà la cerimonia di apertura dei Giochi della XXIX Olimpiade. Restano meno di cinque mesi ai grandi protagonisti dell'impegno umanitario per lanciare una vera campagna contro le violazioni dei diritti umani in Cina. Ma il cantante Bob Geldof è occupato a incalzare George W. Bush affinché aumenti gli aiuti all'Africa e a livello nazionale Alex Zanotelli, il missionario no global, dopo aver aderito alle giuste campagne contro l'acquisto dei «diamanti insanguinati» della Sierra Leone e della Liberia, è assorbito da quella, per la verità assai meno convincente, contro i «fiori insanguinati» del Kenya, secondo lui prodotti al prezzo della vita di decine di migliaia di braccianti mal pagati e avvelenati dai pesticidi. Poi, fino a maggio, a stornare l'attenzione di molti militanti dalla Cina, c'è la priorità assoluta del boicottaggio dei Saloni del Libro di Parigi e Torino, che hanno osato scegliere come ospite d'onore Israele.
Così fino ad ora la risposta all'appello di Amnesty International affinché si cogliesse l'occasione delle Olimpiadi per ottenere dal governo cinese concreti passi a tutela della dignità umana è stata tutto sommato debole. Persino gli Stati Uniti, pur mantenendo una ferma posizione critica, hanno attenuato il giudizio negativo su Pechino: nell'ultimo rapporto del Dipartimento di Stato americano, benché vi siano denunciati l'esistenza dei laogai, l'intensificazione di controlli e censura su internet e i frequenti atti violenti e repressivi commessi dal governo, accusato di continuare a «negare i diritti umani basilari e le libertà fondamentali dei cittadini», la Cina infatti non compare più tra i 10 peggiori paesi per violazioni dei diritti umani, una «top ten» nella quale era stata inclusa nel 2005 e nel 2006. Questo non ha impedito al governo cinese di offendersi: per bocca del portavoce del Ministero dell'Interno, Pechino ha ammonito l'Occidente di evitare che l'avvicinarsi dei Giochi Olimpici diventi ulteriore motivo di critica nei propri confronti.
Per fortuna c'è chi non si lascia intimidire: ad esempio, l'agenzia italiana di stampa «AsiaNews», diretta dal missionario del Pime Bernando Cervellera, che continua a documentare, giorno dopo giorno, i misfatti cinesi. Il 12 marzo ha riportato una sintesi del rapporto dell'associazione Human Rights Watch intitolato «Un anno del mio sangue», nel quale sono descritte le condizioni di lavoro degli operai migranti impiegati nella realizzazione delle opere olimpiche e nella ristrutturazione urbanistica di Beijing: circa un milione di persone, pari al 90% della manodopera utilizzata. Il quadro che ne emerge - assenza di contratti, giornate da 10 a 16 ore per 360 giorni all'anno con salari anche dimezzati rispetto alla paga minima prevista dalla legge, nessuna assistenza sanitaria e antinfortunistica, alloggiamenti malsani in stanzoni o tende privi di riscaldamento, corrente elettrica e acqua potabile, il tutto in violazione non soltanto degli standard internazionali, ma delle stesse leggi cinesi - spiega l'insistenza dell'associazione affinché il Comitato internazionale olimpico rompa il silenzio e si decida finalmente ad esercitare il proprio diritto e dovere di sorvegliare le condizioni di lavoro degli addetti alle opere olimpiche.
Imperterrito, Pechino annuncia i prossimi eventi preolimpici e svela man mano i dettagli della cerimonia inaugurale nel corso della quale saranno rievocati i momenti più importanti dei 5.000 anni di storia del paese. L'evento a quanto pare si concluderà con i canti e le risa di 10.000 bambini di tutto il mondo, «simbolo di amore e di speranza». Mentre nessuna indiscrezione è ancora trapelata su come verrà presentata l'epoca del Grande Timoniere, è confermato che nel periodo aprile-maggio, quando la torcia olimpica salirà sul tetto del mondo, è stata vietata la scalata del lato cinese del monte Everest. Lo scopo è di evitare che degli attivisti pro Tibet si appostino con i loro striscioni sulle pendici della montagna e siano ripresi dalle televisioni di tutto il mondo. Alla notizia, John Ackerly, presidente del movimento «Campagna per il Tibet» ha commentato: «Pechino utilizzerà il percorso della torcia, che dovrebbe rappresentare la libertà e la dignità umana, per sostenere le sue pretese territoriali sul Tibet». (AsiaNews, 13-3-2008)
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