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PADRE MARCIAL MACIEL, FONDATORE DEI LEGIONARI DI CRISTO
di Gianpaolo Barra

Padre Marcial Maciel, fondatore della Congregazione dei Legionari di Cristo e del Movimento Regnum Christi, è morto il 30 gennaio scorso. Aveva 88 anni. Lascia in eredità un "patrimonio" cristiano di oltre 700 sacerdoti, 2.500 seminaristi, un migliaio di laici consacrati, 65.000 membri del Regnum Christi, una ventina di centri universitari, 158 istituti scolastici e centinaia di migliaia di cooperatori e volontari.
Un'opera immensa, cominciata nel 1941 nella povertà di una cantina di Città del Messico, e diffusasi in decine di Paesi in tutto il mondo. Opera marcata da una incondizionata fedeltà al romano Pontefice e dal desiderio di guadagnare uomini e donne, di ogni ceto sociale e formazione culturale, a Cristo e al Vangelo.
Se lo ricordo qui è perché Padre Maciel ha avuto a che fare con il Timone. Non solo perché chi scrive questo editoriale appartiene al Movimento da lui fondato, ma perché a lui mi sono rivolto diverse volte per un consiglio, un incoraggiamento, una richiesta di aiuto. Ed è giusto che i lettori sappiano che il sostegno di Padre Maciel è stato importante.
Pregate dunque per la sua anima, affidandola a Dio perché la conduca in Cielo, dove possa godere di quel premio destinato a chi ha «combattuto la buona battaglia». Se leggete e apprezzate queste pagine, un grazie enorme lo dovete anche a lui.
Tra i tanti, affiora nei miei ricordi un episodio "strano", che vorrei raccontarvi. Risale alla fine degli anni Novanta. Allora il progetto di dar vita al Timone era agli inizi e ne parlavo discretamente con pochi amici. Primo tra tutti, è ovvio, con il mio direttore spirituale, che allora era un sacerdote Legionario, Padre Hernan Jimenez, oggi missionario in Messico.
Un giorno padre Hernan mi avvertì che padre Maciel voleva incontrami per avere notizie sul mio progetto. Lo vidi a Gozzano, nel novarese, dove ha sede il Noviziato dei Legionari. In una saletta riservata, parlai per più di un'ora, interrotto saltuariamente da Padre Maciel che voleva qualche chiarimento. Ogni tanto si lasciava scappare frasi come queste: «È un progetto che si deve realizzare».
 Eravamo in tre: io, lui e il mio direttore spirituale. O meglio, io vedevo insieme a me solo loro due. Ma, forse, non eravamo soli.
Infatti, ad un certo punto, mentre stavo parlando, proveniente da un quadro appeso alla parete, un dipinto piuttosto grande con una bella cornice in legno, sentimmo distintamente un botto, una specie di scoppio, forte, secco, improvviso.
Ci voltammo, sorpresi, poi ci guardammo in faccia. Non c'era nessuno e il quadro non si era mosso. Che cosa poteva essere stato? Padre Maciel non si scompose, alzò la mano verso il quadro, tracciò un ampio segno di Croce benedicente e, con un sorriso appena abbozzato, ma tanto rassicurante, mi invitò a continuare la mia esposizione. Cosa che feci, senza pensare - in quel momento - all'accaduto.
Ci pensai dopo, conversando con il direttore spirituale. Secondo me (e anche secondo lui) forse un significato c'era, inquietante - è vero - ma per certi versi "incoraggiante". Senza giri di parole: a parer nostro il diavolo aveva "detto la sua", scocciato per quell'incontro e contrariato per quel progetto. Una benedizione lo aveva messo a tacere.
Non so che cosa ne pensiate, cari amici. Ma io sono convinto di una cosa: quando si lavora per la gloria di Dio e per il bene delle anime (come fa il Timone) il Nemico se la prende a male.
Qualche volta lo fa capire esplicitamente. Potrei sbagliarmi, ma quell'incontro era una di queste.