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Proposta interessante di Umberto Eco:”Se esistono le condanne a morte, devono essere fatte vedere in televisione alle otto di sera, mentre la gente mangia. Dice:”mai poi vomitiamo”. Benissimo. Almeno si vede cosa vuol dire ammazzare una persona” (La Repubblica, 1/11/2010, p.38). Potrà sembrare provocatoria, ma l’idea avanzata dal celebre semiologo, in realtà, rispecchia una posizione cristallina e difficilmente contestabile: sei favorevole a questa o a quella pratica? Perfetto, allora abbi la decenza di sorbirti, anche visivamente, ciò che approvi. Così, tanto per assumere più consapevolezza delle tue convinzioni, per chiarirti meglio le idee. Un ragionamento che non fa una grinza. Qualcuno può obbiettare, semmai, che l’idea di mandare in onda le esecuzioni capitali sarebbe, almeno in Italia, fuori luogo dal momento che qui la condanna a morte è stata abolita da tempo. Ma la sostanza del pensiero di Eco rimane comunque intatta: chiunque ritenesse opportuna una data pratica, foss’anche la più cruenta, avrebbe tutto il diritto – e il dovere – di rendersi conto pienamente delle proprie posizioni. Perchè impedirlo?
Per analogia, non sarebbe male estendere l’idea di Eco anche all’aborto. Che, a differenza della pena di morte, è una realtà assolutamente attuale nell’Italia di oggi: ogni giorno oltre 350 madri, assistite gratuitamente presso le strutture sanitarie pubbliche, ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza. Un’operazione, questa, che ha un costo ad intervento che oscilla, a seconda della regione, da un minimo di 1.000 a circa 2.500 euro. Ecco perché filmare e mandare in onda un aborto - ovviamente preservando in toto la privacy della donna di turno mediante l’oscuramento del volto – non sarebbe solo il modo migliore per consapevolizzare maggiormente quanti sposano la causa abortista, ma servirebbe anche ad informare meglio i contribuenti italiani su come lo Stato “investe”, per così dire, i loro denari. Tutto questo, ovviamente, alle otto di sera, mentre la gente mangia. Eco ci sta?
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