I più letti del mese
I PIÙ LETTI DEL MESE

SCEGLI UN ARGOMENTO

« Torna alla edizione


VINCONO I SI AL REFERENDUM SULL'ACCORDO PER LA FIAT MIRAFIORI, VINCE LA CISL E I SINDACATI RIFORMISTI
Ha perso la Fiom-Cgil che ha dimostrato ancora una volta di essere un sindacato ideologico (contro la crescita economica, favorendo la perdita dei posti di lavoro): adesso tocca alla Fiat realizzare gli investimenti promessi
di Carlo Costalli

La vittoria dei 'sì' al referendum sull'accordo per la Fiat Mirafiori segna una svolta, rappresentando uno spartiacque fra quel vecchio modello sindacale ideologico e antagonista che evidentemente, anche per il contesto storico globale, ha fatto ormai la sua epoca, e un sindacato riformista e partecipativo che in molti da tempo auspichiamo.
Le trattative, lunghe e a tratti dolorose, che hanno portato alla stesura dell'accordo hanno visto in prima linea la Cisl di Bonanni - che in questi mesi è stata sottoposta a vergognosi attacchi e linciaggi inaccettabili con affermazioni che rappresentano un'intollerabile istigazione alla violenza – assumere, insieme agli altri sindacati (escluso la Fiom Cgil), un atteggiamento responsabile e coraggioso.
Ha prevalso una visione realistica e responsabile anche tra gli operai, e non solo fra gli impiegati: è un fatto inequivocabile e importante. E' la prima volta che si vince un referendum a Mirafiori in materia di flessibilità, nonostante l'estrema politicizzazione, le minacce e le provocazioni di questi giorni. Dalla Fiom e da altri ambienti della sinistra la vicenda Mirafiori è stata utilizzata con cinismo per partecipare alla costruzione della sinistra politica in Italia.
Dicevamo che con questo voto i lavoratori si sono assunti una responsabilità. Anzitutto rispetto al loro destino personale, valutando che l'investimento aziendale ed un incremento salariale valgono il sacrificio di una turnazione più impegnativa, dieci minuti di pausa in meno e lo spostamento della mensa a fine turno. E ancora che l'aumento della produzione, un futuro della Fiat (e conseguentemente del lavoro in Fiat) a Torino ed in Italia valgono la sfida di un diverso assetto contrattuale che introduce sostanzialmente due novità: il mancato pagamento dei primi giorni di malattia per gli assenteisti, la sanzione per quei sindacati che dovessero programmare gli scioperi nei turni straordinari.
Ancora una volta si è trattato di assunzione di responsabilità. A fronte di un investimento - che potrebbe essere fatto in molte altre parti del mondo - la Fiat ha chiesto la corresponsabilità dei lavoratori e dei sindacati con un impegno scritto: il nuovo contratto. I sindacati (escluso la Fiom-Cgil) si sono assunti questa responsabilità e hanno gettato le basi di un nuovo rapporto di maggiore partecipazione dei lavoratori ai destini dell'impresa.
Ma intanto diciamo chiaramente che ha vinto la CISL. E ha perso la Fiom che ha dimostrato ancora una volta di essere sindacato ideologico, conservatore che assume posizioni strumentali che nei fatti vanno contro la crescita economica e sociale scoraggiando conseguentemente gli investimenti produttivi con pesanti ricadute occupazionali.
Ha perso, autoescludendosi dalla rappresentanza in fabbrica, ed ha fatto una campagna intrisa di falsità e forzature ideologiche pericolose. E' finita un'epoca. Iniziano nuove relazioni industriali che ci auguriamo più partecipate, non più antagoniste. La vittoria del 'sì' è la risposta di chi ha scelto con senso di responsabilità il lavoro piuttosto che l'incertezza per il futuro.
Questo voto è certamente un bene per i lavoratori Fiat e per tutto l'indotto (spesso non considerato abbastanza) e rappresenta un segnale positivo per tutto il sistema Paese perché vuol dire che in Italia si può ancora investire.
E' auspicabile adesso che tutti abbassino i toni e si impegnino a rispettare la volontà dei lavoratori ritrovando le ragioni del dialogo e dell'unità all'interno di Mirafiori. E' necessario lavorare per più coesione sociale, ma non tornare al consociativismo 'bloccante' che è ben altra cosa. Adesso tocca alla Fiat realizzare gli investimenti promessi. L'Italia che vuole ripartire dal lavoro e dall'industria aspetta e vigila.

 
Fonte: La Bussola Quotidiana, 17-01-2011