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La polizia ha arrestato 15 cristiani di Shouwang che domenica 19 giugno 2011 hanno tentato di riunirsi nella piazza Zhongguancun (Pechino) per pregare. Il Movimento patriottico delle tre autonomie visita le stazioni di polizia per aiutare ad "ammonire" e "rieducare" questi cristiani e convincerli ad unirsi alla Chiesa ufficiale riconosciuta dal Partito comunista. Due degli arrestati sono stati "trattenuti", mentre gli altri sono stati inviati in varie stazioni per essere interrogati e diffidati prima di essere rilasciati. Gli interrogatori hanno persino affrontato temi teologici per discutere se le azioni della Chiesa di Shouwang fossero in accordo con la fede cristiana. Dal 10 aprile i seguaci di Shouwang, una delle maggiori chiese "domestiche" cinesi, si riuniscono in strada per celebrare il servizio religioso della domenica protestando così contro le autorità che li hanno fatti cacciare dai locali in affitto dove si riunivano e che impediscono loro di entrare in possesso di un edificio acquistato e pagato da anni. E ogni domenica, da 11 settimane, la polizia li attende e li arresta. Così decine di fedeli e i loro pastori sono agli arresti domiciliari, con divieto di uscire la domenica. Alcuni sono stati minacciati di licenziamento o di sfratto se insisteranno nella protesta pacifica che ha attirato attenzione e consensi, in Cina e fuori.
Il regime comunista tollera solo i gruppi religiosi registrati, ma vi sono più cristiani protestanti non ufficiali (circa 80 milioni) che membri del Movimento delle tre autonomie (20 milioni). Per timore che la situazione sfugga di mano al Partito, da quasi quattro anni è in atto una campagna per eliminare le comunità sotterranee o farle confluire nelle comunità ufficiali. Gli arresti dei cristiani coincidono poi con una serie di azioni contro attivisti democratici e avvocati per i diritti umani, inaugurate a febbraio, la peggiore repressione almeno dal 1998. Pechino teme che ogni movimento non controllato dal Partito possa scatenare la scintilla di una "rivoluzione dei gelsomini" simile a quella che sta scuotendo l'Africa del Nord e il Medio Oriente. Timore rinfocolato dal fatto che molti attivisti per i diritti umani si sono convertiti al Cristianesimo.
Le cose non vanno meglio per i cattolici: da oltre due mesi non si hanno notizie di padre Joseph Chen Hailong di Xuanhua (Hebei), arrestato il 9 aprile mentre si recava a fare visita ai cattolici di Yangqing, contea di Pechino, dove svolge il suo ministero. Il 29 giugno i cattolici di Hong Kong hanno protestato per chiedere la liberazione dei religiosi detenuti e maggiore rispetto per i fedeli cattolici. La famiglia di p. Chen teme che il proprio congiunto venga torturato, come accaduto a p. Peter Zhang Guangjun della stessa diocesi, detenuto tra il 10 gennaio e il 13 aprile 2011, percosso con pugni, bastoni, colpito con un bugliolo, costretto a star sveglio per 5 giorni fino a che ha avuto un collasso, inzuppato con acqua fredda nell'inverno gelido. Una fonte di "AsiaNews" che ha chiesto l'anonimato riferisce che p. Zhang «si è sempre rifiutato di accettare il principio di una Chiesa autonoma e indipendente [dal Papa. N.d.R.] e autogestita».
Il 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, ha presieduto una S. Messa a Hong Kong e ha poi guidato una protesta all'Ufficio di Cina per i rapporti con Hong Kong, domandando il rilascio di p. Chen e di tutti i sacerdoti e vescovi cattolici detenuti e ricordando le sofferenze dei cattolici in Cina. La protesta è stata organizzata dalla Commissione giustizia e pace della diocesi di Hong Kong. Lina Chan, segretario esecutivo della Commissione, dice ad "AsiaNews" che «la scelta della data è per ricordare che, come i santi Pietro e Paolo sono stati perseguitati e incarcerati per la loro fede, così la popolazione della Cina sta soffrendo per la sua fede».
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