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"Non avevamo idea di cosa fosse un uragano e, incollate alle tv, abbiamo seguito tutte le indicazioni istituzionali – dicono –: abbiamo fatto le file al supermercato per le scorte di cibo, acqua, pile elettriche e candele, abbiamo preparato lo zaino di emergenza, abbiamo cercato per quanto possibile di tranquillizzare i nostri genitori oltreoceano, anche se le prime ad essere terrorizzate eravamo noi. I media, soprattutto quelli italiani, prospettavano scenari apocalittici – proseguono -, si diceva che la città era impreparata all'uragano e dovevamo aspettarci il peggio. Quale fosse questo 'peggio', poi, non era chiaro".
Questa la descrizione testuale dell'esperienza appena passata da due turiste italiane a New York, che finiscono affermando: "Gli ultimi tre giorni sono stati davvero surreali – concludono Natalia e Valentina -. Da un lato c'erano le comunicazioni istituzionali per prepararsi ad affrontare la calamità, dall'altro le notizie riportate da alcuni media che, soprattutto in Italia, secondo noi hanno solo alimentato il panico. Tra quello che abbiamo vissuto e quello che abbiamo letto c'è un abisso, ma la cosa più importante, ora, è che il peggio sia passato".
Ora che il peggio è passato sembra opportuno analizzare alcune cose lette sui cosiddetti mezzi d'informazione che hanno visto l'occasione per cercare ascolti e vendite utilizzando un filone catastrofista, detto da alcuni "pornografia climatica", che dopo il cinema sembra aver fatto breccia nei telegiornali.
L'arrivo di un uragano su New York è un evento raro ma non unico, in passato sulla città sono giunti uragani molto più intensi di Irene, che quando ha fatto sentire i suoi effetti sulla Grande mela era "ridotto" a sola tempesta tropicale. Dal XVII secolo ad oggi, l'area metropolitana è stata investita da ben 84 uragani tropicali. Il primo fenomeno intenso del tipo uragano che rilevò quello che allora era solo una piccola colonia dell'impero britannico avvenne il 25 Agosto 1635, ma le ricerche paleoclimatologiche hanno rilevato gli effetti di un uragano molto intenso che colpì la zona tra il 1278 e 1438. Dei recenti il più intenso è probabilmente quello del 1938 con Categoria 3. Fu rovinoso anche quello del 21 settembre 1821, che ripete dopo pochi anni la famosa "Great September Gale of 1815" (all'epoca il termine uragano non era ancora usato). Quello del 21 settembre 1938, detto The Long Island Express per la velocità eccezionale in cui viaggiava, 80 km/h, sconvolse la morfologia della costa di Long Island. In totale causò 600 vittime e tutta l'area fu interessata da venti eccezionali, piogge torrenziali e un'alta onda di tempesta. Il conoscere che l'arrivo di uragani in quest'area è un evento storico, che questi talvolta si spinsero fino in Canada, avrebbe dovuto scoraggiare facili ed inutili connessioni tra Irene e l'eccezionalità dell'attuale riscaldamento del pianeta.
In ogni caso le previsioni dell'arrivo dell'occhio dell'uragano sulla città avevano una probabilità del 10%, mentre per il restante 90% gli scenari erano meno catastrofici. Visto che la paura spesso serve più a creare confusione ed a bloccare che a far agire con buon senso, pur preparandosi al peggio non sarebbe stato meglio informare correttamente i lettori dei quotidiani?
Per quanto riguarda il vento la sua intensità ha raggiunto i 100 km/h, certamente molto intenso ma forse si può avere un termine di paragone pensando che contemporaneamente la Bora a Trieste spirava a 80 km/h senza alcuna allarme per catastrofe imminente. Quest'anno su Trieste si sono toccate punte di vento di 170 km/h. Stiamo parlando di punte di vento eccezionali, che non renderebbero possibili dirette televisive in quanto il cronista sarebbe spazzato via insieme con gli alberi circostanti.
Gli effetti peggiori dell'uragano generalmente sono vicino la costa, quando viene dal mare, in quanto spinge davanti a se un'onda che può danneggiare pesantemente la zona interessata. Nel classificare l'intensità dell'Uragano nelle 5 categorie previste dalla scala Saffir-Simpson si tiene conto di tre grandezze: massima velocità del vento, minima pressione atmosferica ed altezza dell'onda. Nel caso l'uragano Irene avesse mantenuto la categoria 1 si trattava di un'onda dell'ordine di 1-1.7 m; ma come sappiamo Irene poi ha perso potenza trasformandosi in tempesta. Tali valori dell'onda sono preoccupanti, ma niente a che vedere con l'arrivo dello Tsunami alto 13 metri dato come molto probabile su alcuni telegiornali, mentre la voce del giornalista era accompagnata dalle immagini di "the day after tomorrow" in cui l'acqua sommergeva anche la Statua della Libertà.
Quando si è parlato dello spegnimento delle due centrali nucleari per il passaggio di Irene su almeno dieci che Irene ha incontrato lungo la sua traiettoria - un impianto nel New Jersey e di un altro impianto in Maryland - poche volte si è precisato che nel caso dell'impianto di Exelon's Oyster Creek in New Jersey si è anticipata una chiusura già prevista della centrale per lavori di manutenzione. Per l'altra centrale nucleare di Calvert Cliffs in Mayrland, si è avviata per sicurezza la procedura per il "shut down", il blocco temporaneo della centrale. Tutti i dipendenti starebbero bene. Non ci sarebbero immediati pericoli, afferma la società che gestisce la centrale.
I raffronti tra Irene e l'uragano Katrina sono stati a dir poco sommari: Katrina aveva raggiunto la massima categoria 5, molto maggiore dell'intensità di Irene (nonostante questa venisse detta l'uragano "mostro" più potente della storia). Non è vero che a New York si è prevenuto mentre nel 2005 c'era stata trascuratezza. A New Orleans fu fatta un'evacuazione molto più consistente di New York, si parla di circa 1,2 milioni di persone contro le 370.000 di New York. I danni e le vittime a New Orleans non avvennero per effetto diretto di Katrina: dopo il suo passaggio per i pochi effetti iniziarono le polemiche sulla non necessità delle misure d'emergenza. Ma dopo poche ore cedette una delle dighe che circonda la città, e purtroppo New Orleans è sotto il livello del mare di ben 8 metri. La trascuratezza ci fu nel mantenere le infrastrutture, non nel gestire l'emergenza. (...)
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