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ETTORE GOTTI TEDESCHI NON MERITAVA DI ESSERE ALLONTANATO IN QUESTO MODO DALLA PRESIDENZA DELLO IOR, L'ISTITUTO PER LE OPERE DI RELIGIONE
E' stato trattato con inusuale brutalità: gli sono amico e posso testimoniare la sua generosità d'animo
di Gianpaolo Barra

Considero Ettore Gotti Tedeschi un amico. Credo che anch'egli mi ritenga tale.
Della sua generosità d'animo, ho avuto prova in occasione di una "Giornata nazionale del Timone", svoltasi nello splendido scenario della cascina "La Lodovica" di Oreno di Vimercate, nei pressi di Milano, nel 2009.
Era da poco terminato il toccante racconto di Suor Rosangela, una delle religiose Misericordine che avevano curato amorevolmente, fin quando fu loro permesso, Eluana Englaro, lasciata morire – io dico: assassinata – da un intreccio di circostanze che tutti ricordano e qui è inutile richiamare.
Alle Suore, il Timone aveva destinato un "riconoscimento speciale" per la straordinaria testimonianza offerta al mondo. Lo consegnai loro personalmente. V'era compreso – e lo dissi pubblicamente davanti a parecchie centinaia di lettori e abbonati presenti – un assegno che per le nostre finanze era piuttosto consistente. Le suore però lo meritavano. Lo avrebbero impiegato per fare ancora del bene.
Tanti gli applausi, segno che il "popolo del Timone" apprezzava questa scelta.
Ad un certo punto, qualcuno mi chiama a lato del palco. Lo conosco, mi avvicino, mi ringrazia vivamente, mi abbraccia con fraterno calore e poi, visibilmente commosso, mi mette tra le mani quello che credo essere un biglietto. Si volta e torna al suo posto. La giornata proseguiva con altri appuntamenti.
Era Ettore Gotti Tedeschi. E tra le mie mani aveva deposto un assegno di 1.500 euro, l'esatto corrispettivo del premio dato alle Suore.
Racconto questo episodio che Gotti Tedeschi avrebbe di sicuro preferito tenere riservato. Il bene è più meritevole quando è nascosto, secondo la logica del Vangelo, e lui certamente lo sa.
Ma credo che ora sia giusto renderlo pubblico, proprio alla luce di quanto gli è accaduto in questi giorni e che tutti voi conoscete.
Sono così lontano da faccende che riguardano "il palazzo" – anche quando si tratta di quelli "sacri" – che sul merito di quanto gli è stato contestato, pur sembrandomi molto inverosimile, non posso dire granché. Sono del tutto a digiuno di come si debba condurre una banca. Mia moglie vi direbbe la stessa cosa riguardo la mia "capacità" di gestire le finanze di famiglia.
Ma sul metodo con il quale Ettore Gotti Tedeschi è stato allontanato dalla presidenza dello Ior, l'Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana, v'è qualcosa da eccepire.
Per esempio, l'inusuale brutalità con la quale è stato trattato. Non s'era mai verificato prima che un istituto, un organismo, una realtà strettamente collegata alla Santa Sede utilizzasse un metodo tale. E poi, l'inqualificabile, palese tentativo di distruggerne la fama e l'onorabilità, morale e professionale. Una procedura inaccettabile.
E infine, l'evidente assenza di carità cristiana, che pure è dovuta ad ogni fratello nella fede, come a qualunque essere umano.
C'è da rimanere senza parole.
Non so come finirà questa storia. E il mio giudizio si arresta ai margini della vicenda, non conoscendo personalmente alcuno dei protagonisti. Se avranno agito bene, lo dirà il futuro.
Ma ad Ettore Gotti Tedeschi una cosa posso assicurare: egli può contare sull'amicizia solidale e orante del sottoscritto, per quel poco che vale. Credo di potergli garantire altrettanto da parte di tanti lettori e abbonati. E questo vale molto di più.

 
Fonte: Il Timone, Luglio/Agosto 2012 (n. 115)