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Nell'ultimo periodo mi è capitato più volte di discutere di politica con amici cattolici e la domanda di fondo era sempre la stessa: "Ma noi cattolici chi possiamo votare alle prossime elezioni?".
Chiarisco subito che non conosco la risposta a questa domanda e che non ritengo di avere le competenze politiche per dare consigli a nessuno.
La cosa che mi interessa fare è solamente proporre alcune riflessioni.
In primo luogo, è doveroso evidenziare che la Chiesa non dà ai fedeli indicazioni vincolanti circa il partito da votare, anche se qualche giorno fa un amico sosteneva ironicamente che "da qualche parte ci dev'essere scritto che i cattolici non possono votare a sinistra, forse è nella Bibbia".
Quali sono dunque i criteri che i fedeli devono seguire nell'apporre la propria croce sulla carta elettorale? Ebbene, i cattolici sono chiamati a propendere per le fazioni politiche che dimostrano di promuovere e difendere i cosiddetti "principi non negoziabili", che Benedetto XVI ha mirabilmente dettagliato nel corso di un Convegno promosso dal PPE il 30 marzo del 2006. Riportiamo le parole del papa: «Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l'interesse principale dei suoi interventi nella vita pubblica si centra sulla protezione e sulla promozione della dignità della persona e per questo presta particolare attenzione ai principi che non sono negoziabili. Tra questi, oggi emergono chiaramente i seguenti: la protezione della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale; il riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e la sua difesa di fronte ai tentativi di far sì che sia giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo ruolo sociale insostituibile; la protezione del diritto dei genitori ad educare i loro figli. Questi principi non sono verità di fede, anche se sono illuminati e confermati dalla fede; sono insiti nella natura umana, e pertanto sono comuni a tutta l'umanità. L'azione della Chiesa nella loro promozione non è quindi di carattere confessionale, ma si dirige a tutte le persone, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa. Questa azione è anzi ancor più necessaria nella misura in cui questi principi sono negati o fraintesi, perché in questo modo si compie un'offesa alla verità della persona umana, una grave ferita provocata alla giustizia stessa».
A quanto detto fino ad ora vorrei aggiungere un'ulteriore riflessione. Spesso si sente, in riferimento alla classe politica nostrana: "Caio sarebbe bravo, ma è attaccato ai soldi", "Sempronio si dice cattolico, ma poi non va a Messa", e via discorrendo. Tutte cose giuste, ci mancherebbe. Tuttavia fare affermazioni di questo genere significa fermarsi al nudo giudizio riguardo le azioni dei nostri fratelli, atteggiamento che peraltro conferma pienamente l'immagine evangelica per cui la pagliuzza nell'occhio altrui risulta essere molto più evidente della trave presente nel nostro.
Sinceramente, chi di noi può anche solo pensare di elevarsi a modello, sia nella fede che nella coerenza di vita? Ecco quindi che anche con i politici occorre essere clementi, proprio perché sono uomini come noi, peccati e debolezze comprese. L'importante è che, nel loro agire quotidiano in politica, portino avanti la difesa dei valori non negoziabili. Poi a casa loro sono liberi di comportarsi come credono: nella sfera privata, infatti, il giudizio spetta solo a Dio.
In conclusione, lo ripeto: non so in quale partito possa riconoscersi un cattolico oggigiorno. L'importante è che, votando, si tengano a mente i valori non negoziabili sopra esposti e ci si ricordi - per dirla con uno slogan passato alla storia - che "nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!".
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