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L’hanno ingannata con uno stratagemma per farle confessare che possedeva delle Bibbie. Quindi l’hanno massacrata con alcuni colpi di pistola. È stata uccisa così Mariam Muhina Hussein, una cristiana somala di 46 anni, uccisa nel villaggio di Marerey, a una decina di chilometri dalla città di Jilib. Si tratterebbe quindi di un nuovo caso di violenza delle famigerate squadre delle milizie al-Shabaab, gruppi di estremisti islamici che attanagliano con il terrore la Somalia di oggi.
L’episodio – riferito dall’agenzia Compass Direct ma che non ha altre conferme dirette – è avvenuto il 28 settembre scorso nella regione centrale di Juba. Tutto è stato determinato da un capo degli Shabaab, lo sciecco Arbow, il quale, essendo venuto a conoscenza delle attività della donna, (...) le ha inviato a casa sua moglie con la scusa di voler «conoscere qualcosa del cristianesimo». Alla domanda della donna di poter ricevere una Bibbia, Mariam Muhina Hussein ha sorprendentemente rifiutato: «Non è una cosa sicura per me» avrebbe risposto la donna cristiana alla visitatrice, secondo quanto riferito da fonti contattate da Compass Direct in Somalia e in Kenya.
Dopo la visita della moglie, che aveva accertato la presenza di queste Bibbie in casa della signora Hussein, si è mosso lo sceicco Arbow, presentatosi a casa della donna cristiana domandando pure lui di voler conoscere qualcosa della Bibbia. Appena dopo aver preso in mano il libro sacro, l’esponente islamista avrebbe estratto una pistola e ha sparato tre colpi contro la Hussein, morta sul colpo. In base alle testimonianze raccolte, le Bibbie della Hussein erano scritte in Swahili: la donna apparteneva alla minoranza Bantu. In attesa di conferme ulteriori, il fatto testimonia comunque l’inasprimento dell’applicazione della sharia imposta dagli shabaab che utilizzano anche gli strumenti della controinformazione per terrorizzare la popolazione: in passato si sono diffuse infatti notizie di lapidazioni di cristiani poi rivelatesi infondate.
E che la situazione a Mogadiscio resti drammatica lo testimonia anche un fatto inedito, denunciato in questi giorni da alcune fonti Onu. Per la prima volta il principale ospedale della capitale somala, il Madina Hospital, è stato preso di mira da minacce – comparse su volantini anonimi – perché non curi «i nemici». A darne notizia è stato lo stesso direttore generale del centro medico, Mohamed Yusuf, che già all’inizio dell’anno è sfuggito ad un attentato. «I volantini hanno delle foto di granate e ci avvisano di non prenderci cura di quelli che gli autori di questi fogli descrivono come “nemici”», ha detto Yusuf.
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