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Nel Vangelo di oggi Gesù annuncia ai suoi Discepoli le sofferenze che dovrà sopportare per la salvezza del mondo, e fa loro comprendere che il dolore è la strada obbligatoria per tutti coloro che vogliono essere suoi discepoli. Lungo il cammino, Gesù domanda loro: «La gente, chi dice che io sia?» (Mc 8,27). I Discepoli rispondono che le folle pensano che Egli sia Giovanni Battista, Elia o un altro profeta. Infine, Gesù domanda: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). Allora Pietro, a nome di tutti, dice: «Tu sei il Cristo» (ivi), ovvero il Messia. La risposta è certamente giusta, si tratta solo di vedere in che senso i Discepoli intendono questo Messia. A quei tempi, in Israele, tutti attendevano il Messia, ma molti pensavano che il Messia promesso dovesse essere un uomo valoroso e vittorioso, un trionfatore che liberasse Israele dall'odiato dominio straniero. Forse nessuno si attendeva un Messia mite e pacifico che salva gli uomini dal peccato attraverso lo scandalo della sofferenza. Anche gli Apostoli non avevano ancora un'idea precisa. Per questo motivo, Gesù iniziò ad ammaestrarli e a dire «che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (Mc 8,31).
Questo discorso risultò piuttosto ostico ai Discepoli, al punto che Pietro, preso in disparte Gesù, si mise a rimproverarlo, sembrandogli impossibile che il Messia dovesse soffrire così tanto. Pietro, che in precedenza fu così illuminato da dare la giusta risposta e da meritarsi l'elogio da parte del Signore stesso, ora riceve un aspro rimprovero: «Va' dietro a me - ovvero vattene -, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33).
Anche noi tante volte ragioniamo secondo la sapienza di questo mondo e non sappiamo vedere nella croce l'espressione dell'amore di Dio. Anche noi vorremo entrare nel Regno dei Cieli senza passare attraverso il mistero della sofferenza redentrice.
Anche a noi Gesù insegna che chi vuole essere suo discepolo deve seguire le orme del Maestro fino al Calvario: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuol salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,34-35).
L'amore alla croce diventa una esigenza per tutti coloro che amano davvero Gesù. Se, infatti, si ama una persona, si vuole condividere tutto di questa persona, soprattutto le sue sofferenze. Se, talvolta, si può rimanere indifferenti di fronte alle gioie della persona amata, non si rimane mai insensibili di fronte ai suoi dolori. Per questo motivo i Santi, a volte, hanno domandato di essere resi partecipi, per quello che era possibile, del mistero della croce. Così fece san Francesco d'Assisi, il quale, salito sul monte della Verna per una quaresima di preghiera e penitenza, si sentì ispirato a domandare al Signore una grazia molto grande: quella di sentire nel suo cuore e nel suo corpo tutto l'amore e tutto il dolore che Lui ebbe quando pendeva dalla Croce. Il Signore accolse questa generosa preghiera e san Francesco, primo tra i Santi che si conoscono, ebbe il prezioso dono delle stigmate.
Un altro Santo che ebbe le stigmate fu San Pio da Pietrelcina, il quale accolse con riconoscenza questo dono, domandando solo una cosa: che fossero tolti i segni esterni che la gente vedeva, che per lui erano motivo di molta confusione, ma che non gli fosse tolto il dolore che gli era molto caro in quanto lo rendeva ancora più simile a Gesù.
Noi non siamo così generosi come san Francesco o come San Pio, tuttavia, anche se non abbiamo la forza di domandare simili grazie, cerchiamo sempre di accogliere il dolore nella nostra vita con sguardo di fede, scorgendo in esso il segno della misericordia di Dio che, in questo modo, ci dona la possibilità di scontare i nostri peccati, di offrire qualche cosa per la salvezza delle anime, e di essere maggiormente simili a Gesù.
Nella nostra vita, il Signore non viene per toglierci la croce, ma per aiutarci a portarla generosamente dietro di Lui. Una croce rifiutata ci schiaccerà, una croce accolta diventerà più leggera. Infine, il segreto per portare generosamente le inevitabili croci della vita è quello di nutrire una tenera e costante devozione alla Madonna. Sulla via del Calvario, Gesù incontrò la Madre sua: sia così anche per noi. Sarà la Madonna a rendere dolci queste croci in modo che le possiamo portare sino alla fine, per amore di Dio e per una grande nostra gloria in Paradiso.
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