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LO PSEUDO-CATTOLICO RENZI A PORTA A PORTA AFFERMA CHE HA GIURATO SULLA COSTITUZIONE, NON SUL VANGELO
A parte il fatto che comunque la Costituzione riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, per un cattolico (vero) ciò vale indipendentemente dalle leggi umane
di Giovanni D'Ercole
 

Quando ieri ho sentito il presidente del consiglio Matteo Renzi affermare che ha giurato non sul vangelo, ma sulla costituzione mi sono venute in mente due riflessioni.
E' vero che ha giurato sulla Costituzione e, proprio per questo, deve vigilare che sia rispettato uno dei cardini della costituzione repubblicana. Dice la Costituzione che la Repubblica riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e gli articoli 29,30,31 sono totalmente dominati da questa concezione dell'istituto famigliare. I diritti della famiglia vengono riconosciuti come originari e non determinati dallo Stato, non può cioè lo Stato decidere che cos'è famiglia e proprio per questo la Costituzione usa il verbo "riconoscere" e non il verbo stabilire o decidere. Ora in molti si chiedono: questa legge rispetta fino in fondo la nostra Costituzione oppure Renzi ha giurato su una costituzione che io non conosco? E se anche questa legge non lede la Costituzione in punto di diritto, ma di fatto nella pubblica opinione oggi una coppia omo non viene reclamata come famiglia e come tale usufruisce di analoghi benefici previsti in questa legge? Chi dice chiaramente che questo è contro la Costituzione? Che si voglia legiferare sui diritti individuali e sulle unioni tra persone omosessuali è totalmente comprensibile, ma perché non farlo in maniera che si rispetti nel contenuto e nell'immagine della pubblica opinione la nostra costituzione. Costituzione che per noi cittadini e per la laicità dello Stato è vangelo?

L'ESEMPIO DI RE BALDOVINO
Quanto al fatto che si trovi del tutto normale che il nostro presidente si dichiari un credente e firmi leggi non in armonia con la morale evangelica, mi viene in mente quello che Re Baldovino di Belgio fece di fronte alla legge sulla depenalizzazione dell'aborto nell'aprile del 1990. II 29 marzo 1990 in Belgio, dopo il Senato, anche la Camera dei Deputati approva una legge, d'iniziativa socialista e liberale, che autorizza quasi senza limiti l'interruzione volontaria della gravidanza nelle prime dodici settimane. Questa legge, che depenalizza l'aborto, giunge al termine di un dibattito durato vari mesi ed è il risultato di un difficile e delicato compromesso tra i due partiti della maggioranza parlamentare che sostiene il governo: quello socialista, favorevole alla legge sull'aborto, e quello cristiano-sociale, contrario. Non rimane che la firma reale perché la legge divenga esecutiva.
Si tratta in apparenza di una formalità, dato che in Belgio, come in tutti i Paesi a monarchia costituzionale, il re non può far altro che approvare le decisioni del Parlamento. Infatti l'art. 69 della Costituzione belga specifica che «il re ratifica e promulga le leggi». Quando il re ratifica una legge, dimostra però anche il suo consenso al testo approvato dalle Camere. E nel nostro caso manca il consenso del re: Baldovino si rifiuta di firmare la legge sull'interruzione di gravidanza. La sua decisione non giunge del tutto inattesa, poiché già in varie occasioni il sovrano aveva fatto sapere che non era disposto a firmare una legge che riteneva lesiva della sua coscienza di cattolico.
Il rifiuto del re crea in Belgio una situazione eccezionale, storica. È la prima volta che un fatto del genere avviene in questo Paese. Baldovino precisa il suo pensiero in merito con una lettera che invia al capo del governo, Wilfried Martens.

LA LETTERA DEL RE
Signor Primo Ministro,
in questi ultimi giorni ho potuto manifestare a numerosi esponenti politici la mia grande preoccupazione circa il progetto di legge relativo all'interruzione di gravidanza. Questo testo sta per essere votato alla Camera, dopo esserlo stato al Senato. Mi rincresce che non sia stato raggiunto un accordo fra le principali forze politiche su un argomento così fondamentale.
Questo progetto di legge suscita in me un grave problema di coscienza. Temo infatti che esso venga recepito da una gran parte della popolazione come un'autorizzazione ad abortire durante le prime dodici settimane dopo il concepimento.
Nutro anche una serie di preoccupazioni circa la disposizione secondo la quale l'aborto potrà essere praticato al di là delle dodici settimane se il nascituro è affetto "da una menomazione di particolare gravita e riconosciuta come incurabile al momento della diagnosi". Si è meditato come tale messaggio sarebbe avvertito dagli handicappati e dalle loro famiglie?
In sintesi, temo che questo progetto porti a una sensibile diminuzione del rispetto della vita nei confronti dei più deboli. Comprenderete, dunque, perché io non voglio essere coinvolto da questa legge. Ritengo che firmando questo progetto di legge e dimostrando nella mia qualità di terzo ramo del potere legislativo il mio accordo con questo progetto, assumerei inevitabilmente una certa corresponsabilità. E questo non posso farlo, per i motivi sopra esposti. So che agendo così non scelgo una strada facile e che rischio di non essere capito da un buon numero di concittadini. Ma è la sola via che in coscienza posso percorrere. Chiedo a quelli che si stupissero della mia decisione: "Sarebbe normale che io fossi il solo cittadino belga costretto ad agire contro la propria coscienza in una questione essenziale? La libertà di coscienza vale per tutti, salvo che per il re?".
Capisco peraltro molto bene che non sarebbe accettabile che, a causa della mia decisione, venisse bloccato il funzionamento delle nostre istituzioni democratiche. Per questo invito il Governo e il Parlamento a trovare una soluzione giuridica che concili il diritto del Re a non essere obbligato ad agire contro coscienza con la necessità del buon funzionamento della democrazia parlamentare. Vorrei terminare questa lettera sottolineando due punti importanti sul piano umano. La mia obiezione di coscienza non vuole esprimere alcun giudizio sulle persone che sono favorevoli al progetto di legge. D'altra parte, la mia decisione non significa che io sia insensibile alla situazione molto difficile e talora drammatica con la quale alcune donne sono messe a confronto. Vi chiedo, signor Primo Ministro, di rendere nota questa lettera, nei modi che riterrete più opportuni, al Governo e al Parlamento".

LA SCAPPATOIA GIURIDICA
Di fronte a questa crisi politica e istituzionale il governo belga si riunisce e dopo febbrili trattative trova una scappatoia giuridica, appellandosi all'art. 82 della Costituzione. Dice infatti questo articolo che «se il re si trova nell'impossibilità di assolvere alle sue funzioni di Capo dello Stato», può subentrarvi il governo stesso. La pratica e la dottrina avevano finora individuato due casi in cui far ricorso all'art. 82: la malattia grave e la privazione della libertà personale. Questo secondo caso si era verificato una sola volta, nel 1940, quando il governo belga in esilio aveva esautorato il re Leopoldo, arresosi ai tedeschi e da loro imprigionato.
Nel caso di Baldovino i termini sono però diversi e il governo, interpretando in modo estensivo l'art. 82, ha allora parlato di «impossibilità morale» per il re, poiché la sua coscienza gli impediva di compiere il dovere costituzionale di accettare le decisioni del Parlamento in materia di aborto. Baldovino viene quindi sospeso dalle sue funzioni per la giornata di giovedì 4 aprile e fino alle ore 15 del giorno successivo. In questo modo, mentre il re è fuori campo, il governo belga può promulgare e mettere in vigore la legge sull'aborto. Venerdì 5 aprile, appunto alle ore 15, le due Camere, riunite in seduta comune, con 245 sì e 93 astensioni, restituiscono al re i suoi poteri e pongono fine allo stato di emergenza.
A parte la sostenibilità tecnica e giuridica, la soluzione escogitata dal governo belga ha il pregio di rispettare il valore delle posizioni morali del re, la sua netta e precisa obiezione di coscienza nei confronti dell'aborto, pur senza aprire un conflitto politico e istituzionale, che sarebbe stato lacerante per il Belgio.
Secondo il cardinale Leo Suenens, primate della Chiesa cattolica belga dal 1962 al 1980, amico e confidente di Baldovino, «questo re pastore è stato soprattutto il modello del suo popolo. Gli ha dato l'esempio di una coscienza fine, sensibile, infinitamente delicata, docile alle minime ingiunzioni morali e spirituali. Per lui la coscienza era un assoluto: era la voce dell'uomo profondo e la voce di Dio. Egli l'ha seguita sempre, anche a rischio dei suoi interessi personali, a rischio della sua posizione di re. La vita umana, pensava, valeva questo prezzo».

Nota di BastaBugie: per approfondire il grande gesto di Re Baldovino si può leggere il seguente articolo cliccando sul link sottostante
RE BALDOVINO DI FRONTE ALLE LEGGE BELGA SULL'ABORTO
Un sovrano amato dal popolo
di Anselmo Palmi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=802

 
Titolo originale: A proposito di Renzi a Porta a Porta
Fonte: Cristiano Cattolico, 13/05/2016