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È iniziata la campagna elettorale in Piemonte tra Mercedes Bresso (PD), candidata del centro-sinistra, e Roberto Cota (Lega Nord), candidato del centro-destra. Come mi è capitato di rilevare in un articolo su Libero dell’8 gennaio 2010, Mercedes Bresso offre il raro esempio di una vita tutta consacrata al laicismo. Da questo punto di vista, il rilievo del personaggio è nazionale.
A Mercedes Bresso si deve riconoscere almeno una qualità. Non fa mistero della sua avversione alla Chiesa e del suo anticlericalismo. Sbandiera le origini del suo impegno politico, che viene «da un’antica militanza radicale e dalla collaborazione con Emma Bonino» in nome del «diritto all’aborto»: «con Franca Rame facemmo una dichiarazione di aborto. Fummo incriminate per autocalunnia» (intervista a Gay TV, 5.6.2009). Con la Bonino oggi la Bresso chiede l’abolizione del Concordato con la Chiesa Cattolica: «I Patti Lateranensi?... Sì, sarebbe il momento di abolirli» (Corriere della Sera, 24.2.2009). E presenta francamente anche la sua vita privata: «Mi sono sposata due volte. Entrambe con rito civile» (ibid.). «Non ho figli perché non ne ho voluti. Sensi di colpa? Pas du tout» (Corriere della Sera, 16.4.2008).
Non si rende dunque un buon servizio, oltre che alla verità, neppure alla stessa Bresso quando per difendere l’indifendibile – il sostegno di cattolici alla sua candidatura – si divulgano bugie sperando nella memoria corta di elettori più o meno male informati. Almeno cinque bugie meritano una chiara risposta.
Prima bugia: «Non è vero che la Bresso sostiene il matrimonio omosessuale». Falso: la Bresso afferma che «per il momento credo si debba introdurre un provvedimento simile al Pacs che garantisca diritti veri. In prospettiva, compatibilmente con il necessario cambiamento culturale, credo che si debba pensare ad un riconoscimento vero e proprio come il matrimonio» (Gay TV, 5.6.2009).
Seconda bugia: «Non è vero che la Bresso si sia particolarmente impegnata, in occasione del caso Eluana Englaro, per sostenere che alla vita della ragazza si doveva porre fine sospendendo l’alimentazione e l’idratazione». Falso: la Bresso si è vantata di avere tra le prime in Italia offerto a Beppino Englaro le strutture pubbliche della Regione Piemonte (La Stampa, 20.1.2009), spiegando che per lei «la vita di Eluana è artificiale. Si sostiene che alimentazione e idratazione non sono trattamenti medici e questo è un falso» (L’Unità, 23.1.2009).
Terza bugia: «Sostenere la Bresso alle Elezioni Regionali è una scelta che non tocca la vita e la famiglia perché su queste materie la Regione non ha competenza». Falso: le scelte in materia di aborto e di fine vita in concreto coinvolgono gli ospedali, su cui la Regione ha un’ampia competenza. E infatti la stessa Bresso ci spiega che la Regione Piemonte da lei guidata assicurerà un’ampia diffusione della pillola abortiva RU486 senza badare a spese (dei contribuenti): «un eventuale aggravio di costi per la Regione è del tutto indifferente» (dichiarazione del 6.8.2009, sul suo sito). Quanto alle unioni omosessuali, ancora la Bresso ci assicura che «per quanto riguarda la Regione ci muoveremo per garantire pari opportunità a tutti i cittadini e per combattere ogni discriminazione» (30.9.2005). Altro che materie «non di competenza regionale»!
Quarta bugia: «Molti cattolici, senza che i vescovi protestassero, hanno sostenuto nel 2008 il candidato alla presidenza del Friuli Venezia Giulia del PDL, Renzo Tondo, il quale – come avrebbe poi praticamente dimostrato sul caso Eluana – in materia di fine vita aveva posizioni molto diverse da quelle della dottrina cattolica. Se hanno sostenuto Tondo, possono sostenere anche la Bresso». Falso: il fatto di avere sbagliato una volta non è un buon motivo per sbagliare di nuovo la seconda. Ad hominem, a politici che vengono dalla Democrazia Cristiana – con tutto il rispetto per le tante persone degnissime che ne hanno fatto parte –, si sarebbe tentati di ricordare una vecchia battuta di Giovanni Guareschi: «sbagliare è umano, perseverare è democristiano». Inoltre è ingeneroso paragonare Tondo, le cui posizioni in materia di fine vita sono certo inaccettabili, alla Bresso, la quale fa del laicismo un tratto dominante di tutta la sua esperienza politica e si schiera contro le posizioni care ai cattolici non solo sul fine vita ma su tutti i temi «non negoziabili»: aborto, RU486, matrimonio omosessuale.
Quinta bugia: «La Bresso sarà pure l’equivalente della Bonino ma anche il suo avversario Cota, esponente della Lega Nord, sull’immigrazione ha posizioni diverse da quelle dei vescovi. Sì, la Bresso ha le stesse posizioni della Bonino ma in Lazio l’alternativa alla Bonino è l’accettabile Polverini, in Piemonte è l’inaccettabile Cota, e per fermare la deriva xenofoba della Lega i poveri cattolici piemontesi sono dunque costretti a votare Bresso». Falso. E falso, in questo caso, tre volte. Falso in linea di principio, anzitutto perché chi fosse convinto che entrambi i candidati in caso di vittoria opereranno contro il bene comune non dovrebbe sostenere nessuno dei due.
Ma soprattutto perché per i cattolici i temi che determinano le scelte politiche non sono affatto tutti uguali. Come scriveva la Congregazione per la Dottrina della Fede in una nota trasmessa ai vescovi americani durante la campagna elettorale statunitense del 2004 ci sono temi su cui «ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici» – gli esempi indicati riguardano il campo della sicurezza e la guerra in Iraq, temi certo non meno gravi dell’immigrazione – «non però in alcun modo riguardo all’aborto e all’eutanasia» e ai principi non negoziabili di ordine morale. Ammettendo anche che Cota sia in dissenso dalla posizione dei vescovi italiani – o di qualcuno di loro – sulle materie dell’immigrazione, si tratterebbe comunque di temi «negoziabili», appunto su cui «ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici», mentre la Bresso è in totale e radicale opposizione alle dottrina della Chiesa su principi «non negoziabili» – aborto, fine vita, unioni omosessuali – da cui un cattolico non può dissentire «in alcun modo».
Ma – in terzo luogo – l’argomento è falso anche in linea di fatto. La posizione del governo Berlusconi – che certamente Cota sostiene e condivide – in tema d’immigrazione è oggetto di critiche da parte di alcuni vescovi. Come tutti i problemi complessi e tecnici se ne può e se ne deve discutere seriamente e pacatamente. La tesi del governo secondo cui l’Italia non può accogliere un numero illimitato d’immigrati e tale numero deve essere limitato trova sostegno nel Catechismo della Chiesa Cattolica, certo più autorevole delle interviste di questo o quel monsignore, il quale afferma al n. 2241 che la nazioni ricche sono tenute ad accogliere gli immigrati «nella misura del possibile» e che «le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche». Quanto alla tesi del governo secondo cui il miglior modo di aiutare i cittadini dei Paesi poveri è aiutarli a vivere dignitosamente a casa loro, assomiglia molto a questa affermazione sul problema dell’immigrazione: «La soluzione fondamentale è che non ci sia più bisogno di emigrare, perché ci sono in Patria posti di lavoro sufficienti, un tessuto sociale sufficiente, così che nessuno abbia più bisogno di emigrare». L’affermazione non è né di Berlusconi né di Cota. È di Papa Benedetto XVI, 15 aprile 2008.
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